28 ~ Molto rumore per nulla
La sala è parecchio illuminata, già dalle insegne che danno sul parcheggio si può intuire che è un luogo vistoso. La sera è ormai calata e ha mandato a dormire il sole ma dentro il negozio la differenza tra giorno e notte non si percepisce. Ci sono lampade al neon lungo tutto il soffitto che danno fastidio agli occhi. Per questo li socchiudo e mi guardo intorno curiosa. Le pareti sono essenzialmente bianche ma appesi a esse ci sono una serie di disegni stilizzati di tutti i colori, forme e dimensioni. C'è una saletta d'aspetto che funge anche d'ingresso. Seduti su delle poltrone logore di pelle nera, ci sono appostati un paio di uomini dall'aria rude e selvaggia e i loro occhi scuri guizzano su di noi come fossimo ragazzini in cerca del pericolo.
<<Niente cani.>> Dice un ragazzone dietro il bacone delle prenotazioni fissato al lato destro della sala-ingresso. Il suo busto è coperto dallo schermo di un portatile grigio e porta un capello di lana nero che gli copre le orecchie e dal quale spuntano ciuffi castani e biondi. Per un momento ho la voglia di chiedergli perché diamine indossa un capello di lana in piena estate ma le parole si bloccano in gola perché non è il momento di fare domande del genere. Diego, ai cui piedi giace seduto e con la lingua a penzoloni Blot, carezza il capo del cane e si stringe nelle spalle. <<Aspetto fuori.>>
<<Vengo con te.>> fa Andrew, dando un buffetto alla mano di Lavinia che annuisce rassicurata. Mentre li osservo scivolare fuori dall'abitacolo attraverso la porta nera, la mia mano cala in quella di Chris per non farlo andare via.
Il ragazzo al bancone si gratta il retro del collo guardandoci da sotto le sue grandi sopracciglia inarcuate e folte. <<Come posso esservi d'aiuto?>>
Stefano si fa avanti per primo mentre noi rimaniamo alle sue spalle, poggia le mani sul bancone e sporge un po' il busto verso il corridoio dietro le spalle del ragazzo, sperando di vedere una chioma bionda spuntare da qualche sala.
<<Stiamo cercando una ragazza, alta circa così, bionda, occhi azzurri.>>
<<Ariel?>>
<<Chi? No, si chiama Elena. Non è stato molto tempo fa, dieci minuti forse, al massimo un quarto d'ora.>>
Il ragazzo si gratta ancora il capo e poi gira sulla sua panca a rotelle, chinando il capo e gridando verso il corridoio. <<Sebastian, ti ricordi della ragazza bionda?>>
All'inizio temo che il ragazzo al bancone sia impazzito, che abbia gridato solo per farci un dispetto, poi un ragazzo di stazza simile, se non più grossa e con un taglio da militare un po' buffo a causa dei ciuffi corti e rossissimi, spunta dal corridoio con in mano una macchinetta grigia e il collo interamente tatuato.
Il presunto Sebastian si avvicina al tipo del bacone lisciandosi il retro dei jeans scuri con le mani. <<Parli di Ariel?>>
<<Ma chi è Ariel?>> mormora Lavinia al mio orecchio sporgendosi oltre la mia spalla per bisbigliare. Prima che Stefano perda le staffe e sbraiti contro i tatuatori –per sua fortuna, visto che la loro stazza non prometteva una vittoria per i nostri- Elena saltella verso di noi venendo fuori dalla stessa stanzetta dalla quale era uscito Sebastian.
<<Eccovi, finalmente. Vi sto aspettando da cinque minuti. Cinque minuti lunghissimi, in realtà.>>
Non sembra più ubriaca, solo entusiasta e matta come al solito. I suoi occhi brillano immensamente in questa stanza nebbiosa e ha sulle labbra un sorriso dispettoso, tipico dei bambini.
<<Sono loro i tuoi amici?>> le chiede Sebastian, alzando un sopracciglio alla vista di Stefano. Questo non ricambia l'occhiata, è troppo occupato a protendersi verso il bacone e chiamare Elena verso di se. Lei non tarda a raggiungerlo, aggrappandosi al suo braccio e lasciando un piccolo bacio sul bicipite. <<Ecco Eric, con i capelli più chiari e nessuna nomina di principe. Sebastian, lui è Stefano, il mio principe.>>
Elena guara tutti noi e ci sorride, come fosse un saluto normalissimo, come se non fosse scappata o scomparsa e noi non la stessimo cercando per metà arrabbiati e per metà preoccupati. L'importante è che sia qui e che stia bene.
Per un momento credo per davvero che Sebastian il tatuatore voglia allungare la mano per conoscere Stefano ma alla fine ci rinuncia, lancia un'occhiata a tutti noi e fa qualche passo indietro. <<Va bene, principessa, sei stata salvata. Attenta al marchio, tieni la benda almeno per questa notte. Ci vediamo, ragazzi.>>
Detto questo, scompare nel corridoio, il ragazzo al bancone ci guarda per congedarci, e decidiamo in fretta di uscire dalla sala.
Con il torpore della notte, scatta la ramanzina di Stefano. <<Principessa? Ariel? Chi cazzo è Sebastian? Che cazzo hai fatto, Lel?>>
Scioglie ogni presa che ha su di lei ed Elena si limita a guardarlo sconcertata, ignara del perché di questa sua rabbia. Diego e Andrew si avvicinano subito, Blot che gironzola sotto i nostri piedi.
<<Adesso camati, va tutto bene.>> La bionda porta le mani sul suo petto nella speranza di calmarlo. Solo adesso la benda bianca che le circonda il polso è ben visibile. Stefano la nota per primo, le afferra il gomito e lo alza.
<<Mi spieghi come ti è venuto in mente di farti un tatuaggio?>>
A causa della sua voce alta, Elena strattona via il braccio dal suo. Noi restiamo fermi a guardarli, come facciamo sempre quando si esibiscono in una sessione di confronto o litigio. Anche se, questa volta, ho la sensazione di dover farmi avanti; primo a poi.
<<Non mi hai chiesto nemmeno di cosa si tratta o se sto bene. Perché ti devi arrabbiare tanto?>>
<<Forse perché sei ubriaca, sei scappata per la città e ti sei fatta un tatuaggio da sola, con la mente annebbiata? Forse perché te ne pentirai domani mattina?>>
Come colpita da una scossa, Elena cammina all'indietro fino ad avvicinarsi a me. A quel punto le tocco un braccio, lei sente il contatto ma non si sposta. Credo abbia bisogno del mio sostegno e, anche se una piccola parte di me è arrabbiata con lei, adesso preferisco esserci e sostenerla come posso. Continua a fissare Stefano.
<<Non sono ubriaca. E no, non mi pentirò domani.>>
Afferro la sua mano, lasciando quella di Chris che non mi ero resa conto avessi tenuto per tutto il tempo e lei comincia a camminare trascinandomi via. Tutti ci vengono dietro, Lavinia si affianca a noi e prende l'altra mano di Elena. Stiamo tutti tornando a casa.
Verso metà tragitto le chiedo a bassa voce cosa si è tatuata e lei si fissa il polso, poi, senza farsi vedere da nessuno dei ragazzi che parlottano dietro di noi –a eccezione di Stefano che è rimasto in silenzio tutto il tempo-, lentamente si scioglie la benda.
Osservo la piccola macchia d'inchiostro così tenera e uniforme, così semplice.
Lavinia la osserva altrettanto con le sopracciglia tanto aggrottate che quasi si uniscono. <<Perché ti sei tatuata una corona?>>
Elena si risistema la benda e si stringe nelle spalle, riprendendo le nostre mani; sembra una bambina sperduta, ha sempre quest'immagine quando succede qualcosa con Stefano.
Non risponde, ma io ho capito. Ricordo il giorno in cui mi accompagnò a cercare il regalo perfetto per i diciannove anni di mio fratello, quasi un paio d'anni fa, e fu lei a consigliarmi un bracciale di cuoio con una corona sopra –bracciale che Step indossa ostinatamente al polso ogni giorno- perché quello era il significato del suo nome. Elena non si è tatuata il nome di Stefano, non è così stupida da bruciare sulla sua pelle una promessa che il tempo potrà sempre rompere, ma ha fatto qualcosa di tanto simile da sembrare sciocco. E romantico. E bellissimo, per lei. Non si è tatuata solamente una corona, o il simbolo del significato del nome del ragazzo. Si è tatuata il significato di Stefano e di quello che prova lei. E questo va oltre ogni sciocchezza commessa.
Quando raggiungiamo casa, i ragazzi non si trattengono nemmeno un attimo dal far entrare Blot e lo coccolano sul divano come fosse un vecchio amico o il cucciolo che tutti stavamo aspettando. Elena e Stefano si rifugiano subito nella stanza chiudendo la porta, e tutti noi, fuori dal loro mondo.
Chris non entra, si ferma in prossimità del furgoncino che ha lasciato parcheggiato davanti all'appartamento, si poggia su una fiancata e aspetta che io lo raggiunga.
<<Sei stanca?>> mi chiede appena gli sono vicina. Mi permetto di sorridergli, forse perché gli eventi dell'ultima ora hanno un po' eclissato il momento che siamo riusciti a ritagliarci e tutte le parole che sono scorse tra di noi fino al punto di legarci, ancora.
<<No, nemmeno un po'>>
<<Allora vieni con me.>> mi offre la mano alla quale mi aggrappo subito, felice che non voglia andare via, che ci sia ancora qualcosa da fare, o di cui parlare, tra di noi. Mi porta fino al cassone e abbassa subito la sponda ribaltabile, poi mette le mani sui miei fianchi e mi aiuta a salire. Mi accoccolo subito sul fondo, accanto alla finestra che interagisce con l'interno del furgoncino e aspetto che lui mi raggiunga. Ma invece di salire subito e mettersi accanto a me, torna indietro e apre uno sportello. Quando finalmente è al mio fianco, ha tra le mani un piccolo libricino con la copertina marrone.
<<Mi sono scordato di dirti che l'altro giorno, per strada, mentre tornavo all'hotel, ho visto su un piccolo bancone del mercato cittadino un reparto dedicato ai libri classici. Ho dato un'occhiata e alla fine ho comprato questo.>> Alza il libro oltre il suo mento e io lo prendo subito tra le mani, vogliosa di scoprire cosa gli sia venuto in mente. Appena leggo il titolo del libro che ha scelto, o meglio, dell'opera, m'illumino come una lucciola nella notte più ombrosa.
<<L'ho letto in una notte e stranamente mi è piaciuto. Ma forse solo perché ho pensato a te tutto il tempo.>>
Le sue parole hanno la potenza giusta per farmi girare verso di lui, il busto già inclinato verso il suo. <<Non ci crederai mai, ma è la mia opera preferita.>>
<<Davvero?>> Sembra affascinato ma anche divertito dalla nuova scoperta, e soprattutto entusiasta di aver azzeccato. È come se, anche nell'inconsapevolezza, riuscisse a sapere tutto, a capire tutto; a conoscermi meglio di quanto chiunque altro abbia mai fatto.
<<'Molto rumore per nulla' di Shakespeare? Assolutamente sì, la sua commedia più bella. Poi, ovvio, le tragedie sono su un altro livello.>>
Mi guarda per un po', restando in silenzio, poi allunga le gambe per mettersi più comodo e riprende il libro che stavo sfogliando. <<Facciamo un gioco, ti va?>>
Ascolto tutta orecchie, girando il busto per stare più attenta.
<<Ma prima, quanto conosci questo libro?>>
Inclino un po' il volto, l'espressione più ovvia che riesca ad assumere mi dipinge. <<Secondo te?>>
Ride un po' e mi da un buffetto sulla spalla. <<Va bene, va bene. Perfetto. Tu dici qualcosa e io cercherò di risponderti con delle frasi dei personaggi.>>
Lo fisso a occhi sgranati, un po' confusi, un po' euforici. <<Vuoi farlo davvero?>>
<<L'ho proposto io.>> risponde come fosse la cosa più ovvia al mondo. È strano, perché solitamente questo tipo di atteggiamenti sono proprio da me, infatti adoro questo gioco, potrebbe diventare una cosa divertentissima. Mischiare il dialogare con Chris con l'aggiunta di frasi dettate dai personaggi di Shakespeare è un'esperienza che non posso perdermi.
<<Okay.>>
<<Okay?>>
Annuisco ancora, come una bambina e lui mi sorride raggiante, aprendo il libro e facendo finta di sfogliare le pagine. <<Bene, parliamo come facciamo sempre, molto naturali.>> Reprime un sorriso e mi guarda di sottecchi. <<A cosa stai pensando?>>
Se dobbiamo essere naturali e dobbiamo semplicemente parlare, mi accoccolo sul finestrino rannicchiando le gambe contro il petto e guardando la strada buia attorno a noi. È Chris, e io sarò sincera, soprattutto perché ho bisogno di sfogarmi un po' e sembra il momento perfetto.
<<Sto pensando a Elena e al suo gesto. Come si è comportato Step, poi...>>
Vedo Chris con la coda dell'occhio che indica una frase di una pagina di destra. <<Pareva un agnello e si comportò da leone.>>
<<Chi, Elena? Forse sì, hai ragione. Sembra sempre così persa in se stessa. E poi invece, se la si conosce un po' più profondamente, si può comprendere quanto sia forte e stabile, con i piedi per terra. È capace di dare consigli perfetti agli altri ma non è mai stata in grado di aiutare se stessa.>>
<<Gli occhi ce l'ho buoni, zio; vedo quel che c'è da vedere.>>
<<Zio?>>
Chris abbassa gli occhi sul libro e poi sorride, divertito. <<Scusa, riformulo. Gli occhi ce li ho buoni, Maggie; vedo quel che c'è da vedere.>>
Questo gioco mi sta divertendo più del dovuto e la parte migliore è che ricordo i dialoghi a cui Chris fa riferimento e da cui prende spunto. Ricordo il contesto, il personaggio che le pronuncia e anche se la situazione è totalmente differente e i personaggi sicuramente dettavano fiato alla bocca per altri scopri, Chris fa di tutto per assicurarsi di adottare una frase che riesca ad andare in accordo con le mie parole. Per ora le sta azzeccando tutte.
<<Cos'è che vedi?>>
Chris chiude le pagine del libro ma tiene il segno con il pollice, poi volta il mento verso di me e poggia anche lui la testa al finestrino. Il suo prossimo sussurro mi entra nelle vene come fosse anfetamina. <<Parlate piano se parlate d'amore.>>
Cerco di cogliere il più velocemente possibile il significato delle sue parole e alla fine rimugino su una teoria tutta mia che non vedo l'ora di esporgli. Perché è così per me, parlare con Chris di teorie, assurde congetture, sogni, speranze e pensieri creati sul momento, pensieri per cui perdiamo la notte, è sempre stata un'esperienza quasi mistica. Proprio questa esperienza mi ha permesso di amarlo come faccio.
<<Hai azzeccato le parole, diamine. Non credevo saresti riuscito a farlo. E comunque, hai ragione. Sto parlando d'amore, del loro amore, e ne devo parlare con cautela. Purtroppo, la situazione sta diventando ingestibile e sta sfuggendo dalle loro mani. La parte peggiore è che io non sono a conoscenza dei veri problemi, di quelli per cui non dormono la notte, di quelli di cui loro stessi non parlano. Hanno entrambi il brutto difetto di non vedere i problemi finché non arrivano a rovinare qualcosa. È solo che si amano così tanto e io non capisco proprio cosa stia accadendo.>>
Mi sono sfogata altre volte con Chris riguardo alla situazione di Elena e Stefano, altre volte è capitato un loro litigio, la mia confusione, e successivamente il mio sfogo con Chris. Come allora lui è al mio fianco, ma adesso recita parole britanniche che non solo mi stanno a cuore, ma che riescono ad alleggerirmelo in questa notte un po' burrascosa.
<<Ho il cuore pesante assai.>>
Rievoco alla memoria in quale momento ho letto questo dialogo e dopo qualche sforzo, rimembro di Eco, uno dei personaggi principali, e delle sue parole rivolte a Margherita, una donna al suo servizio e sua amica. Se la memoria non m'inganna, adesso ci sta la sua battuta e senza pensarci due volte cerco di recitarla.
<<E tra non molto sarà più pesante, del peso d'un uomo.>> Lo osservo, lui mi sta già guardando e mi fa l'occhiolino. Ho azzeccato la battuta. <<Non stiamo più parlando di Elena, vero?>>
Lui scuote la testa.
<<Parliamo di me?>>
Nega ancora e io assottiglio gli occhi.
<<Parliamo di noi?>>
Altro occhiolino, ho azzeccato ancora. Ho un fremito al petto, sento il sangue scorrermi nei polsi più forte, pulsando come il potente ticchettio di un orologio.
<<Hai scelto la battuta di Margherita per un motivo preciso?>>
Chris, piuttosto che rispondere, sfoglia le pagine del libro fino a trovare la frase che gli serve. La legge con la mente e poi la rivolge a me, usando il suo solito tono; quello per cui impazzisco. <<Ciò che il cuore pensa la lingua dice.>>
Basta parlare. Ci scontriamo come due stelle in collisione, e un attimo dopo mi sta già baciando. È stato inevitabile e nessuno dei due ormai sembra restio a evitare che queste situazioni sfocino in altro. Una sua mano è subito tra i miei capelli, carezzandomi la nuca e le mie sulle sue spalle, aggrappandomi a lui. Quando mi avvicino, faccio scontrare i nostri petti, sento un gorgoglio formarsi dalla sua gola e finire nella mia, mischiato ai nostri fiati. Decido di avvicinarmi ancora, sedendomi sulle sue gambe e le sue mani sono subito pronte ad afferrarmi i fianchi e ad aiutarmi. Sento il rumore del libro che finisce accanto a nostri corpi, sul freddo metallo del cassone, mentre io piego la testa e formo una tenda con i capelli attorno a noi. Stiamo nel nostro rifugio fatto di sospiri e gemiti e parole non dette ma espresse in moltissimi altri modi. Sento il suo cuore pompare a ritmo con il suo respiro e il mio che vorrebbe raggiungerlo ed esplodere insieme. Le sue labbra mi cercano come se non avessimo mai smesso di giocare. Per stare più comoda cerco di spostare le gambe e abbracciare il suo bacino con i polpacci e Chris mi aiuta alzando per il sedere –al che mi strappa un sussulto- e spostandosi di lato. Così lo abbraccio, con arti inferiori e superiori, creando un riparo nel quale si può rifugiare. Le sue mani indugiano sui miei fianchi fino a che non si spostano sulla schiena, poi sulle gambe e di nuovo sulla schiena. Gli piace far scontrare il mio seno con il suo petto e io assecondo il movimento, perché piace anche a me.
La nostra è lussuria, totale e travolgente, gioco e seduzione, incredibile alchimia. Tutte queste consapevolezze mi fanno galoppare il cuore oltre l'orizzonte della soddisfazione. Non si può essere così felici e non aspettarsi niente di brutto dopo. Ma cosa ci può mai essere di brutto se ho Chris tra le braccia, e lui ha me, e ci stiamo baciando perché vogliamo farlo, subito dopo aver parlato di tutto e di niente e dopo aver riso e passato una notte come l'abbiamo passata noi? Cosa potrà mai spezzare l'incantesimo?
Quando molliamo la presa sulla bocca dell'altro, quasi in contemporanea, assaporo l'idea di inviarlo a dormire da noi ancora per questa notte. So che non potremo dormire insieme perché Diego non gli cederebbe mai il suo letto; tantomeno Stefano sarebbe d'accordo. Potrei sempre dormire sul divano assieme a lui, o potremmo non dormire. Ma sarebbe scomodo e richiederebbe così tante spiegazioni che la mia mente dovrebbe mettersi in moto e al momento, è come se stessi sognando. Non voglio svegliarmi e perdere questo.
<<Ti inviterei ad entrare ma forse è meglio darci la buonanotte così e aspettare un altro giorno e un altro sole.>>
Entrambe le sue mani raccolgono i miei capelli per poi intrappolare il mio viso nella sua morsa. Mi avvicina a lui. <<Allora buonanotte. Sognami.>>
Oh, non c'è problema.
Il giorno dopo riesco a chiarire la questione tatuaggio mentre io e Elena ci facciamo una passeggiata mattutina lungo il litorale marino. Blot ci scorrazza accanto, a volte rincorre i gabbiani, altre segue la nostra andatura.
<<Ho cercato di spiegargli tutto prima che vedesse il tatuaggio ma solo allora è riuscito a placare un po' d'ira.>>
Non indossa più la benda, il tatuaggio è piccolo e a sua detta non le ha fatto nemmeno molto male, perciò adesso lo può esibire liberamente. <<Era solo molto preoccupato.>>
<<Forse prima che mi trovaste era preoccupato, poi è subentrata l'incazzatura.>>
Forse ha ragione; resto in silenzio e ascolto tutta la storia.
<<Ha visto la corona e mi ha chiesto spiegazioni. Gli ho parlato della conversazione con Chris, anche se forse non è stata una buona idea, poi di tutto quello che mi è frullato per la testa ieri sera. Quando ho visto te e Chris discutere mi sono allontana per darvi lo spazio che vi serviva ma ero già lontana con la mente. La mia testa era un accumulo di pensieri da qualche giorno e quando ho visto la sala tatuaggi, lungo il marciapiede, è come se tutta la nebbia fosse scomparsa. Sono entrata e ho detto che mi chiamavo Ariel e che volevo una corona perché mi sentivo una principessa. Quando ho scoperto che il tatuatore sarebbe stato quell'omaccione dai capelli ramati e che si chiamava Sebastian, bè, sono scoppiata a ridere e lui mi ha preso in simpatia.>>
Pensare all'ironia della situazione fa piacere anche a me. Blot si accascia sulla sabbia e noi decidiamo di fermarci, buttandoci sul tenero terreno e osservando il mare quieto di questa mattina fresca.
<<Non so perché l'ho fatto, Maggie, al momento mi sembrava davvero un'idea perfetta. Finalmente gli avrei fatto capire che lo amo, tantissimo, e che non ho intenzione di andare via. Magari, tutti i dubbi che ci stiamo portando dietro da mesi sarebbero potuti scomparire con una garanzia.>>
Si porta una mano dietro il collo, i capelli raccolti in una coda alta la fanno sembrare più seria e gli occhiali scuri che riflettono il sole alto, invece, la fanno sembrare solo triste e malinconica. <<Ma non è servito a niente, perché lui non mi crede, non mi crederà mai. Pensa che farmi il tatuaggio sia stato stupido e incosciente, e come dargli torno? Ha ragione, per questo nella vita bisogna imparare a lasciar andare.>>
Le sue parole mi allarmano, pulsano nella mia testa come bombe pronte ad esplodere. <<Lo vuoi lasciare?>>
<<No.>> rispende troppo diretta, come fosse un copione che ripete di continuo, fino a crederci. La voce è potente, com'è sempre stata, ma mente, come riesce a farlo troppo bene. Non credo voglia davvero lasciare Stefano, non credo che siano arrivati a un punto tanto tragico, ma ormai è evidente che la situazione è ingestibile. Lo è per me che non riesco a comprendere ancora affondo tutti i dettagli. Per loro sarà dieci volte peggio.
<<Ma tu, piuttosto, cosa porti in panetteria?>>
La guardo con la fronte aggrottata, le labbra increspate in una smorfia di incomprensione. <<In panetteria?>>
Lei ride della mia confusione. <<È un modo di dire, quali novità hai di cui aggiornarmi?>>
Non ho mai sentito questo modo di dire, forse perché se lo è appena inventato, ma lascio correre e mi stringo nelle spalle. <<Il solito, la situazione non è cambiata.>>
Elena prende un grande respiro e carezza il capo di Blot come stesse accarezzando i capelli di sua sorella Eleonora, la persona cui vuole più bene al mondo. <<E ancora una volta, le bugie di Maggie sono evidenti quanto una macchia di cioccolato sulle labbra di un ingordo. Razza di spara cazzate, devi dirmi tutto adesso.>>
Rido per il modo in cui si pone, in cui parla, con cui pensa. Rido per lei e per com'è fatta. Rido perché nonostante tutto, è proprio fantastica. <<Davvero, nessun aggiornamento. Ho deciso che non voglio perdermi troppo in pensieri e congetture, vado dove mi porta il vento.>>
Elena mi guarda con un cipiglio sul volto, delle ciocche bionde che calano sugli occhi e attorno alle orecchie. Accanto a Blot, è buffa.
<<Quindi cosa siete adesso?>>
<<Che cosa intendi?>>
Il vento soffia tra di noi e mi fischiano un po' le orecchie, così decidiamo di alzarci e tornare indietro.
<<State insieme?>>
Non mi prendo del tempo perché equivarrebbe a dire che analizzerei la situazione e non voglio farlo, rispondo di getto. <<Oh, no. Non è che ci siamo dichiarati o cose del genere, solo che proviamo qualcosa l'uno per l'altra e sono sentimenti che ci inseguono dall'anno scorso. O meglio, da quando è andato via. Il tempo che ha a disposizione per farmi capire tutte le sue motivazioni ancora non è finito e io voglio andare fino in fondo a questa storia.>> Ci immettiamo di nuovo sul marciapiede, l'aria attorno a noi carica di nuove scoperte e nuovi dubbi.
Elena fa qualche verso di assecondamento poi increspa le labbra. <<Mentre cercate di capire se vi amate o vi amate, che ne dite di un po' di sesso della pace? Credo possa fare bene a tutti e due. Il sesso fa sempre bene.>>
La spingo per un braccio mentre lei ride e Blot abbaia felice accanto ai nostri piedi, come se fosse d'accordo, come se stesse ridendo anche lui. Mi costringo a ridere anch'io, anche se in realtà solo al pensiero di quello che detto Elena, sento il basso ventre finalmente svegliarsi e una carica di adrenalina pronta per espandersi nel mio corpo e farmi vivere esperienze che aspetto di assaggiare da molto, molto tempo.
****
So cosa state per dire: "E che palle con 'sto Shakespeare!" E avete persino ragione. Ma cosa ci posso fare, I'm in love with him! Ed è un amore impossibile, me ne rendo conto, la sua morte e i seicento anni che ci dividono sono solo una piccola parte dell'impossibilità che fa fremere il mio cuore di dolore. Eeee, a parte ciò, ciao! :) Se trovate ripetitivi i miei riferimenti all'autore britannico, mi dispiaccio di ciò, ma davvero, è parte della mia cultura, parte persino di ciò che voglio raccontare, quindi non ne posso fare a meno. Dovrete sopportarmi, ahh.
Torniamo alle cose serie, va bene. Allora, come state piccoli mostriciattoli? La mia vita va avanti più monotona di quella di Maggie prima che incontrasse Chris. Anzi, aggiungiamoci il carico dei compiti, degli amici pazzi (e non nel senso buono del termine), dei ragazzi che non mi filano per i corridoi di scuola anche se cerco di camminare in maniera sexy (Eh, imbarazzante, lo so. Non immaginate nemmeno quanto.)
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, commentate, commentate, commentate! Speravo di poter aggiornare in maniera più rapida in realtà, per farvi un paio di sorprese, ma, ahimè, a quanto pare continuo ad essere una persona brutta e antipatica e il destino non mi aiuta a trovare del tempo in più per voi. Quindi, ringrazio ancora una volta (fino a che non vi viene la nausea!) chi mi segue e chi mi sta leggendo nonostante tutto.
All the ❤
All the 🐳
Al prossimo aggiornamento, spero arrivi davvero presto, aah
P.S. Scusate eventuali errori
Xoxo❤
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