20 ~ Mancanza di te
Botti, fuochi, rosso e blu, una notte non stellata ma magica, risate e sorrisi, piccoli sguardi e tante parole, tanti sussurri. Fuori dalla finestra, il sole brilla più che mai. Volto il busto per notare che è ancora presto ma la mia testa non pulsa, segno che nonostante ieri sera abbiamo fatto tardi per seguire bene le strade e non perderci, alla fine il mio corpo si rifiuta di dormire fino all'ora di pranzo. La casa è silenziosa e anche la strada fuori. Guardo Diego nel letto accanto al mio, ha metà busto coperto dalle lenzuola, le gambe che escono fuori dal letto e il petto nudo che si alza e si abbassa regolare. Ha la faccia incassata nel cuscino, per un momento mi chiedo come faccia a respirare, poi continuo a sentire il suo forte respiro e scosto le coperte da me. M'infilo i calzini giusto per non dover fare i conti con il gelido pavimento mattutino ed esco dalla stanza cercando di non sbattere la porta e non svegliare il mio amico. Come pensavo, la casa è immersa nel silenzio quindi tutti stanno ancora nel mondo dei sogni. Decido, con spirito altruista e genuino, di voler preparare la colazione. Mi sono svegliata felice, entusiasta, con un gran sorriso sulle labbra; non dormivo così bene da qualche giorno e mi sento riposata. Mi avvicino risoluta al bancone e scovo tra le varie credenze il caffè, il latte, le tazzine e tutti i biscotti che Elena si è presa la premura di comprare. Guardando nel frigorifero, però, noto una particolare assenza dei cibi primari e mi annoto mentalmente di avvertire gli altri per poter andare a fare la spesa; dovremmo essere responsabili in questi mesi e non abbandonarci al caso e sperare di sopravvivere attraverso panini e pizza.
Ahimè! Per quanto la vita sarebbe migliore se ci potessimo nutrire esclusivamente di cibarie spazzatura, le arterie poi si farebbero sentire nel futuro e addio cuore sano.
Prima metto un po' in ordine, lavando il ripiano cottura e dando una sistemata al tavolo. Sistemare l'esterno serve a sentirmi ordinata in testa, per mettere chiarezza nel groviglio di pensieri che da sempre mi caratterizzano. Questa volta, però, ho bisogno di tenere a bada l'entusiasmo e non l'angoscia. Sono euforica, stranamente su di giri, come se avessi mangiato troppo zucchero la sera di halloween.
Dopo qualche tempo, sentendo i grilli lontani e qualche stormo pullulare nel cielo, decido di intrattenermi con della musica. Entro di nuovo nella stanza in punta di piedi, afferro le cuffiette nello zaino stando attenta non disturbare il sonno di Diego che si gira e sospira, poi me ne torno in cucina. Appena attacco la presa al cellulare, lo immergo nella tasca dei pantaloncini da ginnastica e preparo la colazione.
Di mia spontanea volontà decido di assentarmi completamente nelle parole di Louis Armstrong e muovo i fianchi lentamente, perdendomi nelle melodie del 'mondo meraviglioso' che descrive.
The colors of the rainbow
So pretty in the sky
Are also on the faces
Of people going by
Chiudo gli occhi per un momento, immaginando la bellezza della vita che mi aspetta, così, di punto in bianco. Mi tuffo in questa vacanza spensierata, con i miei amici, con l'ignoto ad attendermi. Dovrei avere paura? Forse. Dovrei pensarci? No.
E ringrazio una sola persona per avermi fornito la risposta a molte domande che prima mi ponevo e alle quali non potevo rispondere. Continuo a sorridere da sola, in questa cucina troppo piccola per i miei gesti ampi, i movimenti delle mie braccia che si aprono lente, come fosse un passo di danza classica. E poi il bacino e le gambe, mi sposto di mattonella in mattonella, stando attenta a non far scivolare i calzini sulle piastrelle lucide.
I see friends shaking hands
Saying, 'How do you do?'
They're really saying
'I love you'
Un click mi fa ridestare, spalanco gli occhi e mi volto. Elena è davanti a me con la macchinetta alzata tra le mani, un sorriso sulle labbra e Stefano che ridacchia alle sue spalle. Hanno entrambi i capelli scompigliati, la faccia assonnata ma gli occhi vispi e divertiti. Mi tolgo le cuffiette piegando un fianco e assumendo un'espressione da madre scocciata. << Vi sembra questa l'ora di svegliarsi?>>
Entrambi osservano la tavola poi di nuovo la macchinetta. Elena mi si avvicina, mi stampa un bacio sulla guancia e poi, poco delicatamente, prende posto a tavola. <<Hai preparato tutto tu?>>
Anche Stefano si siede accanto a lei ed entrambi ignorano la mia domanda. <<Tutto con le mie mani.>> rispondo fiera, alzando il mento e un cucchiaio. <<O almeno tutto con gli appositi utensili.>>
Un attimo dopo ecco che fa il suo ingresso anche Diego, uscendo dalla nostra stanza con solo un paio di boxer neri addosso e la mano incastrata tra i capelli, intento a grattarsi la cute.
<<Buongiorno.>> sbadiglia subito dopo, coprendosi con il palmo aperto. Ha grandi occhiaie sulle guance, forse il suo non è stato un buon riposo.
Quando si siede a tavola, osserva il cibo e le bevande, poi con una smorfia socchiude gli occhi e rifiuta di mangiare.
<<Qualcosa non va?>> domando avvicinandomi. Lancio un'occhiata anche agli altri due, che parlottano ma non mangiano nulla.
Diego alza lo sguardo verso di me, l'espressione intorpidita gli regala un volto più fanciullesco e la barba scura dà un contrasto quasi pittoresco. <<Ho la nausea, mi sono svegliato con i crampi questa mattina.>>
Le sue lamentele sono accompagnate dalla sua mano che si regge lo stomaco e il suo ventre che si piega in avanti, come a darsi conforto. Elena, dall'altra parte del tavolo, lo guarda di sottecchi. <<Attento, sono sintomi di gravidanza.>>
Stefano si strozza con il sorso di caffè che sta sorseggiando, io alzo lo sguardo svelta su di lei. Diego, accanto a me, semplicemente non la guarda e ignora il suo tono. <<Fino a prova contraria, non possiedo utero e ovaie.>>
Elena non si lascia intimorire, si rannicchia sulla sedia, tenendosi i piedi fasciati dai calcini bianchi con le mani. <<Allora dovresti fare una visita per i controlli delle malattie veneree, non si sa mai.>>
Uno sbuffo da parte di Diego mi da il giusto input per fulminare Elena che con un ghigno alza le spalle e ignora la mia frecciatina.
<<Oppure,>> continua il ragazzo sentendo il nervosismo aumentare in lui. <<ieri ho bevuto molto e oggi il mio stomaco è diventato sensibile.>>
Stefano si alza, lascia la tazzina dentro il lavandino, passa accanto ad Elena sfiorandole la schiena con la mano e se ne torna in camera. Sono in procinto di fermarlo per chiedergli quali sono i programmi di oggi ma la sua espressione stanca mi fa desistere.
Dopo l'ennesima alzata di spalle di Elena e il continuo borbottio di Diego, anche quest'ultimo si alza da tavola e decide di tornare in camera, per ficcarsi sotto le coperte. <<Allora perché vi siete alzati?>> urlo alle loro spalle, sentendomi ferita dai loro comportamenti. Potevano starsene soli nelle loro stanze e non disturbare il mio buon umore. Elena continua a osservare la tavola senza mangiare niente, così mi accomodo accanto a lei. <<Nemmeno tu vuoi mangiare?>>
<<Mi dispiace, i tuoi panini sembrano deliziosi e i biscotti in quella vaschetta sono molto invitanti, ma credo che mi farò una doccia adesso. Ho bisogno di sciacquare via da me ogni cattivo pensiero.>>
Si alza e abbandona la tavola in fretta lasciandomi sola a domandarmi se quei biscotti lì, tutti soli, non siano tristi. Nel dubbio, ne afferro un paio.
Dopo pranzo, un pasto sofferto poiché cucinato contro voglia dai membri maschili del nostro ampio gruppo d'amici, tutti sono ritornati nelle proprie stanze, stanchi di vedersi o anche solo di dialogare civilmente e hanno deciso di sfruttare il pomeriggio stando a letto o semplicemente riposandosi. È passata da qualche tempo l'ora del caffè, dopo aver mangiato abbondantemente, ma nel paio d'ore successive mi sono dilettata a cambiare posizione sul divano. Ho provato a concentrarmi leggendo ma rischiavo di addormentarmi se mi sdraiavo e stando seduta ero scomoda, così ho chiuso il tomo e ho provato con la televisione; nessun programma televisivo però era all'altezza.
Così ho sbuffato, tante volte, e mi sono data ai social; ma non è durata più di dieci minuti perché il mio essere si è rifiutato di sottostare alla dipendenza alla tecnologia e, per natura, non riesco a intrattenermi piacevolmente con il cellulare o il computer. Nel mezzo della noia ho persino preso in considerazione l'idea di afferrare il cellulare solamente per chiamare Chris e chiedergli se voleva venire oppure fare una passeggiata assieme. Il mio coraggio ha vacillato davanti al suo numero, mi sono martoriata le unghie e alla fine mi sono ritrovata sconfitta, a fissare un punto indefinito nella stanza e probabilmente assumendo l'espressione da pensatore assorto. Nessuno mi è venuto a svegliare dall'intorpidita stasi e alla fine, quando sentivo che la noia cominciava frustrarmi tanto da rendermi nervosa, ho preso in mano le redini del pomeriggio e mi sono trascinata nel bagno, per una lunga e rilassante doccia.
L'acqua, non solo mi ha sciacquato il corpo accaldato, ma mi ha anche liberato la mente, proprio come aveva detto Elena, e sono potuta giungere a una conclusione piacevole.
Così, dopo essermi vestita, asciugata i capelli in fretta e averli raccolti in uno chignon rapido, sono entrata esuberante in ogni stanza e ho trascinato nel soggiorno tutti quanti facendoli lamentare e innervosire. Dopo aver rovistato tra i fogli che conserva Elena per annotare ogni spostamento e programmazione di queste vacanze, ho cerchiato con un pennarello rosso la tappa che ho intenzione di visitare questo pomeriggio e ho costretto tutti ad ascoltarmi facendo loro un breve resoconto sulla giornata. Sarà stato il mio tono risoluto e autoritario, oppure le mie suppliche successive, a convincerli a vestirsi e portare fuori le loro chiappe stanche per poter stare tutti assieme e goderci una bella giornata di sole. Ormai, il tramonto vien di sera e abbiamo a disposizione giornate magnifiche da poter sfruttare al massimo. Invece, loro vogliono restare a letto.
Adesso, sto aspettando che tutti siano pronti per poter uscire di casa e andare a visitare le Grotte Blu della costa. Ricordo che quando Elena ne ha accennato, durante la stesura del programma, io ero rimasta affascinata dall'idea di poter fare un viaggio per le grotte e visitare quei confini frastagliati e turchesi.
<<Credi che ci potremmo bagnare?>> domanda Lavinia allo specchio, mentre si poggia sulle spalle un vestitino arancione in tinta con i suoi capelli stravaganti, mentre ondeggia i fianchi per vederselo meglio addosso. Osservo la sua figura snella e delicata e sorrido. <<C'è la possibilità, ma è pur sempre una visita turistica, non andremo con i motoscafi contro le scogliere quindi la possibilità che le onde siano tanto potenti da bagnarti si riducono alle minime.>>
Convinta, s'infila veloce il vestito che le sta un incanto addosso, esaltando i suoi occhi scuri e il suo volto gioviale. Si lascia i capelli sciolti sulle spalle, così come Elena che invece ha optato per un look più alla Maggie –canottiera e jeans-.
Sul calar del giorno accecante, siamo usciti, diretti alla nostra gita e lasciando a casa Diego dolorante che si è lamentato ancor di più quando gli abbiamo proposto di uscire e improvvisamente si è fatto pallido. Per un momento, quando si è affacciata la possibilità di lasciarlo solo, mi sono quasi convinta a lasciar perdere la gita e rimandare il tutto a un altro giorno ma poi lui si è preso una medicina, è tornato spedito a letto e ci ha convinti a uscire lasciandolo in pace con i suoi dolori.
Quando siamo già in prossimità del molo e abbiamo chiamato gli addetti alle gite turistiche per quella fascia oraria, afferro il cellulare e chiamo Chris, volendo avvertirlo della nostra gita. Squilla a lungo senza che riceva risposta e poi chiamo nuovamente.
Nel frattempo, i ragazzi si siedono su delle panchine in una piazza decorata da festoni e palloncini, dove i bambini ridono e corrono a ritmo della musica trasmessa da un locale sul lato della strada.
Lavinia mi si avvicina poco dopo, domandandomi cosa succede.
<<Non risponde alle chiamate.>> le dico, rifacendo nuovamente il suo numero.
All'ennesimo rifiuto, sbuffo.
<<Vedrai che starà bene, magari è uscito e ha dimenticato il cellulare nella stanza. Oppure sta riposando.>>
Non sbuffo perché sono preoccupata, o almeno non solo per quello; sbuffo perché se lo chiamo e non risponde non posso avvertirlo della gita e non ci può raggiungere.
Alla fine, notando quanto sia tardi, lascio perdere e mi avvio assieme agli altri verso il traghetto che ci farà da mezzo. Assieme a noi ci sono altri turisti, pochi perché la barca è piccola e accogliente: una famiglia dai caratteri chiari e dei capellini con vista –composta da madre, padre e figlioletto con un massimo di dieci anni- e una coppia matura, probabilmente italiana per i tratti marcati del volto e l'abbronzatura statica del nostro paese.
Il traghettatore, che scopriamo essere anche una guida turistica a tutti gli effetti per quel che riguarda le coste e i litorali scogliosi di questo paese, inizialmente ci mette a nostro agio guidandoci verso l'alta marea con leggiadra. Tutti insieme osserviamo l'orizzonte lontano, immergendoci nella bellezza della tranquillità del mare in questo pomeriggio d'estate che a tutti gli effetti sa di riposo.
<<È bellissimo.>> sento mormorare a Elena, accanto a me, mentre stringe forte le mani a Stefano e sorride a tutti noi. Mi sento bene, respirando l'aria salina, stando accanto alle persone che più amo.
Ridiamo quando qualche onda, dovuta alla potenza dello scafo, bagna leggermente le frange del vestito di Lavinia ed Elena cattura ogni istante delle nostre risate con la sua macchinetta. Questa volta, mi lascio fotografare un paio di volte perché sarebbe davvero una disdetta sprecare questa bella vista.
Le parole di un grande poeta mi balzano alla memoria, trasformando questo bel momento in una citazione che in futuro, sono sicura, verrà ricordata.
Devo viverlo dentro,
me lo devo sognare*
Vivo questo momento, chiudo gli occhi e sogno di viverne ancora molti, sperando in un futuro ancora migliore. In un futuro che sa di speranza, amore e tanta gioia.
Quando torniamo dalle grotte con un bel sacco di risate, foto e meraviglia, decidiamo di cercare un posto dove mangiare e goderci la serata in pace, lasciando che i nostri umori viaggino su quest'onda. Sono contenta di essere riuscita a risollevare il morale a tutti –meno che a Diego, purtroppo- e che adesso non mi sento più tanto annoiata e angosciata, ma l'entusiasmo con cui mi sono alzata è potuto riaffiorare. Elena fa dondolare le sue mani come fosse una bambina, Lavinia si diverte a roteare nel suo vestito, i ragazzi commentano l'ambiente, le ragazze e persino i locali che hanno attorno.
Tutto mi sa d'immortale.
Questo momento, questa spensieratezza, la leggerezza di camminare per le strade di un paesello lontano da casa, sentendo l'odore e il rumore del mare, osservando decide e decine di sconosciuti che, come te, stanno vivendo l'immortalità del momento. Ma come ogni momento immortale è destinato a terminare, il mio viene brutalmente interrotto dalla vibrazione del cellulare.
Da Chris: Ero sotto la doccia e cinque chiamate perse mi stanno spaventando. Qualcuno è morto?
Sorrido mio malgrado, fermando la mia camminata per rispondere.
Ti sei perso una gran bella gita alle Grotte Blu. Ricordi? Elena ne ha parlato l'altro giorno.
Da Chris: Quelle con il motoscafo e tutto? Diamine, capita una volta nella vita!
Il suo sarcasmo mi fa imbronciare e ripenso al fatto che forse non sarebbe nemmeno stato interessato a partecipare alla gita. Allora, perché la sua presenza avrebbe migliorato indissolubilmente questa esperienza già di per sé meravigliosa?
Ci metto qualche istante in più a rispondere e Chris interpreta diversamente il mio silenzio.
Da Chris: Scherzavo, mi dispiace.
Non ti preoccupare, quello che ci rimette sei tu :) Ora che sei profumato, vuoi raggiungerci a cena?
Da Chris: Siete già tornati a casa?
Stiamo passeggiando per il centro in cerca di un locale.
Da Chris: Allora credo che vi lascerò alla vostra passeggiata, introdurmi così sarebbe poco carino. Buona cena :)
Quando ripongo il cellulare nella tasca, sono ancora più delusa di quanto mi aspettassi, o di quanto dovrei. Se mi aspettavo di vederlo oggi, ho ricevuto una bella lezione. Non posso pretendere che venga ogni giorno, per voglia e per diletto, solo per seguire i nostri programmi. Non vedo cos'abbia da fare tutto solo in un'omonima stanza d'albergo ma le ragioni possono anche rimanere sconosciute alla qui presente, perché non ne ha alcun diritto di scoperta.
Raggiungo presto gli altri che nel frattempo sono andati avanti e presto raggiungiamo una piccola trattoria che da vista porto, scoviamo un tavolo fuori, sulla balconata, e ci accomodiamo.
<<Oggi manca qualcuno.>> mormora la bionda, osservandosi attorno mentre prende posto sulla panca di legno accanto a un muretto di marmo. Io, vicina a lei, afferro subito il menù. <<Diego è rimasto a casa.>>
<<Non lui.>> risponde subito sventolando la mano in aria, palesando quanto per lei, la presenza di Diego, non sia per nulla rilevante. Poi fa scoccare la lingua sul palato e gli occhi le si illuminano. <<Dov'è finito Chris?>>
Tutti mi osservano, in attesa e io alzo le spalle. <<Non è voluto venire.>>
<<Ti ha risposto, alla fine?>> domanda Lavinia, dall'altra parte del tavolo, l'unica che può sapere quante volte l'ho chiamato per informarlo di raggiungerci. Annuisco veloce. <<Mi ha risposto con dei messaggi.>>
<<È successo qualcosa?>> Questa volta è il turno di mio fratello di osservarmi più attentamente ma i miei occhi sono ancora fissi sul menù senza che però lo leggano seriamente. Ancora una volta, un piccolo cenno negativo con la testa è la mia risposta.
Nelle due ore successive ci saziamo con pasta, carne e una buona abbondanza di pane che, nella trattoria, abbiamo scoperto essere buonissimo. Ho chiamato un paio di volte Diego per sapere come stesse e lui mi ha chiesto della gita, per cui mi sono persa in chiacchiere a metà serata ma poi sono subito tornata dagli altri, riallacciandomi ad ogni possibile conversazione.
<<Dovremmo chiamare a casa.>> mi ha detto a un certo punto Stefano e io gli ho dato ragione.
<<Facciamolo domani, adesso è troppo tardi.>>
Ho capito che aveva ragione e che avrei dovuto sentire al telefono i miei genitori ed Emmanuel, giusto per tenerci in contatto in questi giorni che ci separano.
Dopo cena, ancora entusiasti per la giornata, non ci siamo dati per stanchi e abbiamo continuato a passeggiare. Quando ho adocchiato una gelateria, non ho saputo resistere ed io, Lavinia ed Elena siamo dovute entrare per abbuffarci di cioccolato.
Infine, sazi, spensierati e con lo strascico delle nostre risate immonde su argomenti altrettanto discutibili, abbiamo deciso di tornare a casa.
Mentre Stefano imbocca il viale di casa, il mio occhio cade su un furgoncino parcheggiato sulla strada, con i fari spenti ma le lucine interne accese. Chris è dentro, lo sguardo chino sul volante, le mani abbandonate sul manubrio in una posa stanca.
Stefano parcheggia senza notare nulla e quando scendo, li avverto che li raggiungerò tra qualche minuto. Osservano la direzione in cui mi volatilizzo, lo so perché sento i loro sguardi bruciarmi la schiena. Quando sono in prossimità della sua auto, la apro senza indugio.
Chris sobbalza, evidentemente non si era accorto del nostro ritorno.
<<Non si usa più bussare?>> Mi accoglie con un cipiglio, sicuramente dovuto alla sorpresa.
Io, dal conto mio, mi accomodo sul sedile e sbatto la portiera con tutta calma, strizzando gli occhi per la luce forte dell'abitacolo.
<<Siamo in una macchina, avrei dovuto bussare al finestrino?>>
<<Sarebbe stato carino.>> ribatte pronto, ma sento dal suo tono che si sta già calmando e che, n realtà, non è per niente adirato.
<<Ti saresti spaventato ugualmente.>> sono le mie ultime parole che indicano la fine anche del discorso. Allora, mi volto verso di lui.
<<Quindi, cosa ci fai parcheggiato qui tutto solo con i fari spenti ma la luce accesa?>>
Molla la presa sul volante e anche lui raddrizza la postura. <<Dopo aver rifiutato il tuo gentile invito a cena, mi sono ricordato che da un po' di giorni di avrei voluto dare una lettera ma ormai era troppo tardi per richiamarti. Quindi sono venuto qui e ti ho aspettato.>>
Mi mordo un labbro, colpita dalla novità che portano le sue parole. Una lettera, una nuova; è da un po' di tempo, effettivamente, che non leggo le sue parole.
<<Avresti potuto raggiungerci ugualmente.>> non riesco a trattenere il moto di delusione per la sua assenza di oggi e per la mancata ciliegina sulla torta in questa deliziosa giornata soleggiata.
<<Come ho già detto, avrei creato disturbo.>>
Non vorrei proprio dover entrare in discorsi complicati, pieni di spiegazioni e chiarimenti al momento; adesso che mi ha ricordato della lettera, sono concentrata sul fine di leggerla. Mi sporgo un po' verso di lui. <<Avanti, allora, dammela.>>
<<Quanta fretta>> borbotta mentre si piega verso di me per aprire il vano porta oggetti ed estrarre un grande foglio a righe ripiegato e con i bordi un po' smussati, forse per il luogo nel quale è stato trattenuto. Non fa in tempo e spiegarlo per bene che già l'ho afferrato e mi sono immersa nella scoperta di ciò che, questa volta, ha voluto raccontarmi.
12 Marzo
A Maggie
Questa volta è passato meno tempo... giusto? Scusami, ho perso la cognizione dei giorni. Perché ti scrivo questa lettera? Questa volta ho qualcosa di serio da raccontare e non prendermi per matto. Inizierò dal principio.
Mi sono davvero fermato in Umbria agli inizi di Febbraio e ho vagabondeggiato per una settimana circa. L'Umbria è una regione piccola, piena di campi, tanto sole e tanto verde; piena di colline e qualche monte, con cieli limpidi e notti stellari. Anche qui scommetto che ti piacerebbe vivere, tra la natura e tra colline quasi romanzate. Mentre vagabondeggiavo, per l'appunto, mi sono imbattuto in un annuncio: Lavoro manuale con retribuzione, chiamare il seguente numero...
Mi sono presentato in questa casa in campagna, una tenuta di quelle antiche, con anni di storia alle spalle e una famiglia numerosa. Si chiamano i Rossi. La tenuta è del signor Gianmarco Rossi, un uomo un po' austero con lo sguardo sempre imbronciato ma di un animo buono come pochi ne ho incontrati nella vita. Ha una moglie, cinque figli e dodici nipoti. E abitano tutti nella tenuta!
Li ho conosciuti uno a uno ma non te li elencherò, altrimenti spreco tutto l'inchiostro della penna. La tenuta si affaccia su dei campi d'ulivo e su degli orti grandissimi; hanno un fienile, una casupola per le abitazioni con tre piani, una dependance separata e una mezza fattoria. Non ho chiesto retribuzione monetaria, solamente vitto e alloggio. Li ho aiutati con i campi, con i motori degli strumenti e ho persino guidato un trattore! Ho aggiustato qualche porta e qualche casupola, l'impianto idraulico e una o due finestre. In compenso ho dormito nel fienile e mangiavo con loro a ogni pasto.
La sera il posto è magico. Accendono le luci sotto l'immenso portico, i bambini corrono sull'asfalto e gli adulti chiacchierano ai grandi tavoli. Per le sere in cui sono stato ospite, almeno, ho potuto godere di questo tipo d'esperienza; c'era della musica cantata e suonata da loro, un figlio suonava la chitarra, un altro delle percussioni artigianali e una nipote cantava. Qualche bambino ballava. Si raccontavano storie di famiglia, qualche leggenda campagnola. È stato bello poter fare la loro conoscenza ed essere coinvolto in un ambiente tanto caloroso e tanto amabile. Io, che a malapena vedevo mia madre durante il giorno, che preferivo non restare a casa ma uscire, che mi perdevo in ore e ore di autostrada assieme a mio fratello...
Tra di loro, tra i nipoti, ho conosciuto Beatrice. Ha diciassette anni, adesso solo un anno in meno rispetto a te ma ha la stessa età di quando ti ho conosciuto. Mi ha ricordato così fervidamente te, che mi hanno cominciato a prudere le dita per la voglia di scriverti. Era timida, non si è mai avvicinata a me più del dovuto né mi ha intrattenuto con chiacchiere di piacere. Era una delle maggiori tra i nipoti di Gianmarco, quella più responsabile quindi sorvegliava i bambini, aiutava la madre in cucina e rimaneva sulle sue a tavola. Era estremante educata e gentile. Non mi ha ricordato te solamente per questi aspetti, che per primi ti hanno contraddistinta ai miei occhi; il colore dei suoi capelli, tanto simile al tuo seppur leggermente più chiaro, mantenevano il taglio lungo e frastagliato delle tue ciocche; gli occhi, che seppur erano di un mandorla stantio e non conservavano il verde lucente dei tuoi, erano pieni di gioia e meraviglia, pieni di giovinezza.
Una sera, a tavola, dal tanto ridere, si è coperta la mano con la bocca e si è spostata una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Allora ho visto te, ho visto solamente te davanti ai miei occhi. E la voglia di tornare a casa era tanta da avermi scosso per l'intera serata. Ho avuto nostalgia di te per la prima e vera volta, strano vero? Mi sei mancata, tanto, in questi mesi; ma consapevole di ciò che stavo, e sto, facendo mi costringevo a non tornare indietro. Quella sera avrei abbandonato tutto: il mio viaggio, il mio orgoglio, il tuo. Sarei voluto tornare da te e chiederti mille volte scusa, dirti non so cosa per ricominciare, qualsiasi cosa avessimo lasciato in sospeso. Tu lo sai, vero, cosa c'è sempre stato tra di noi? Beh, io l'ho realizzato forse per la prima volta proprio quella sera, quando la mia mente ti ha immaginata –letteralmente- davanti ai miei occhi. L'ho sentito per la prima volta pesante sulla mia pelle, l'ho sentito entrarmi dentro, plasmarmi. Vorrei che fossi con me, vorrei essere con te. Ma sono qui e so che adesso non posso tornare indietro.
Quella sera, scappando dalla tavola, ho ricevuto la visita di Beatrice. Mi aveva portato un pezzo di pane chiedendomi se stessi bene. Non ho visto più te ma ho visto la tua premura; come se il karma –infame- avesse mandato il tuo spirito nel corpo della ragazza per parlarmi, per farmi sentire che tu c'eri, lì con me. Le ho sorriso, cercando di rassicurarla, ho accettato il suo pane. Il giorno dopo ho annunciato a Gianmarco che me ne sarei andato. Sarei potuto restare di più, forse ne avevo bisogno, ma dovevo completare il mio viaggio, dovevo tornare da te il prima possibile.
Perché adesso l'ho capito. Tutto questo è per te, e per me; è per noi.
Chissà se anche tu vedi la mia immagine, talvolta, riflessa negli occhi di chi ti sta intorno.
Christian
Quando finisco di leggere, mi rendo conto di aver quasi trattenuto il fiato per tutta la lettura. Non mi aspettavo queste parole. Di tutto ciò che avrebbe potuto dirmi, di tutto ciò che avrei potuto sopportare, non mi sarei mai immaginata questo. Rileggo avida quei tratti del discorso che più mi hanno colpito, facendo scorrere gli occhi veloci sul foglio e notando quanto sia vicino al mio volto, come volessi immergermi dentro la sua scrittura.
<<Maggie?>>
La sua voce mi ridesta, il mio respiro mozzato percuote l'abitacolo mentre gli occhi di Chris si fermano così ardentemente su di me che sento il peso delle insicurezze che lo agitano.
Beatrice, il futuro, me, te, noi, nostalgia, mancanza, orgoglio, cosa c'è sempre stato tra di noi... Sono tutte parole che mi hanno penetrato la pelle e adesso sono dentro di me, plasmando un lato dei miei pensieri che è irreversibile smontare.
<<Dì qualcosa.>> mormora a bassa voce.
Allora lo guardo, riuscendo a staccare il contatto con la pagina ingiallita e l'inchiostro secco e fissandomi su un paio di occhi che, tanto simili ai miei, mi stanno guardando con altrettanta sorpresa. Mi rendo conto che siamo vicini dalla direzione che prende il suo sguardo quando cade sulle mie labbra, sono così in prossimità del suo mento che quasi ho l'istinto di tirarmi indietro. Ma sono immobile, non riesco a pensare lucidamente figurarsi riuscire a capire che dovrei allontanarmi, o che non dovrei guardare le sue labbra a mia volta.
Il nostro è un gioco di sguardi, abbasso le ciglia e lui le alza, io le alzo e lui le abbassa, così per un po' di tempo finché la sua bocca non si distende in un sorriso.
Restiamo ancora in silenzio, le sue parole scritte hanno parlato per noi, adesso è tempo di elaborarle e attendere che ci diano risposte, qualunque queste siano.
Sento il suo braccio lentamente alzarsi e carezzarmi una guancia. Il contatto brucia e culla, cerco di non accompagnare il movimento con un sospiro né chiudo gli occhi, ma adesso li tengo fissi nei suoi. Così come ha scritto nella lettera, mi sposta una ciocca di capelli caduta sulla fronte e sfuggita allo chignon di questo pomeriggio che adesso deve aver assunto dei caratteri molli e stanchi.
<<Ecco, così avrei voluto fare.>> La sua voce è come un ago che infilza l'acqua, non fa rumore né scheggia la sua superficie, ma irreparabilmente la sua caduta si ripercuote a onde concentriche sempre più ampie, sempre più potenti; finché l'ago non tocca il fondale, le onde cessano, e la luce accecante sul tettuccio non si spegne, lasciandoci al buio con i nostri respiri a separarci.
****
Ed ecco la quarta lettera servita e riverita! Eh sì, sono in ritardo, chi l'avrebbe mai detto? Ma, infondo, dovreste essere abituati ai miei aggiornamenti che cadono o di domenica o di lunedì... Comunque, spero che l'attesa sia stata ricompensata :)
*Per chiunque fosse interessato, il poeta in questione è Pedro Salinas nella sua raccolta di poesie "La voce a te dovuta"
Allora, come vi è sembrato questo capitolo? Commentate, commentate, commentate!
Spero di non avervi deluso. Ah, questa settimana a scuola non farò niente e sono felice di ciò perché le vacanze si stanno annunciando e nonostante detesti il Natale, potrò dormire!! E anche aggiornare, ovviamente 😆
Ora, purtroppo, vi devo lasciare per farmi una bella doccia e presentarmi decente a scuola.😱
Buonanotte caprette adorate, fate sogni argentati e pieni di cioccolato! Io spero di sognarlo, l'unico amore in questa vita fredda.
🐳 Sì, perché tu non sarai mai il mio amore!
Vi amo immensamente (Sì, ragazzi miei, continuo a farlo)❤
P.S. Scusate eventuali errori
Xoxo❤
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