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2 ~ Nel viaggio

Varcata la porta di casa mi lascio cadere a terra. Non ho il coraggio di aprire il cellulare perché l'ho sentito vibrare almeno una ventina di volta da quando sono scappata da Chris.

Chris

È reale, è finalmente di nuovo reale e io sono arrabbiata. Quasi ogni notte nei primi tempi mi chiedevo come avrei reagito a una sua ricomparsa e in tutti i sogni immaginavo un epico bacio finale, l'happy ending, la favola nascosta.

Ma non siamo in una favola e non c'è un finale felice.

Non siamo altro che respiri di sopravvivenza, alla costante ricerca di qualcosa di perfetto che sappiamo non arriverà mai. Ed è per questo che lo cerchiamo, perché nella sua impossibilità di ottenerlo crediamo di poter essere gli unici a raggiungerlo. Ci diamo un pretesto per essere migliori, i soli, ma la verità è che ci sono almeno un migliaio di ragazze che soffrono per amore, altrettanti ragazzi, e nessuno di loro ha avuto un finale felice.

I miei genitori sono a casa, appena chiudo la porta e mi accascio sul pavimento vengo raggiunta da Emmanuel che ha dell'impasto sulle dite.

Le sporge verso di me con un sorriso entusiasta prima di portarsele in bocca.

Sorrido e gliele tolgo. <<Non si mangia.>>

La mamma spunta dalla cucina. <<Oh, tesoro, come mai sei già qui?>>

Si avvicina a noi con uno straccio in mano e pulisce le dita di Emmanuel mentre questo continua a ridere. Un aspetto che amo maggiormente del mio fratellino è che qualsiasi cosa lo fa ridere, persino quando viene sgridato si mette a ridere un attimo prima di sciogliersi in lacrime. In quelle occasioni Step lo prende sulle sue ginocchia e con tono risoluto gli dice: <<Sei un uomo. Gli uomini non piangono. Su, asciugati questo faccino imbronciato e andiamo a fare qualcosa da veri maschi.>>

Mi alzo da terra e raggiungo la mamma in cucina. <<Stavi cucinando la pasta al forno?>>

Lei annuisce contenta, tornando al suo lavoro. <<Per stasera, dobbiamo festeggiare giusto?>>

Mi sono completamente dimenticata della cena in famiglia, mia madre ha persino cucinato il mio piatto preferito.

<<Certo.>> affermo fingendo entusiasmo. <<Mi vado a cambiare e scendo per darti una mano.>>

Salgo in fretta le scale e appena sono in camera mi tuffo sul letto, abbracciando un cuscino. Mi ero immaginata di rimanere qui dentro isolata fino all'arrivo di dopodomani, quando finalmente partirò e mi lascerò ogni problema legato a questo posto esattamente dove è nato.

Faccio un paio di grandi respiri, cercando di calmare il mio cuore che non ha cessato di battere forte contro le costole.

Non mi scioglierò in lacrime, sono forte.

Non scaglierò qualcosa contro il muro, sono forte.

Non diventerò uno zombie ambulante, sono forte.

E ho imparato, con il tempo, a non farmi influenzare così tanto da lui.

Deve smetterla di avere questo potere su di me, devo imparare io a farlo smettere.

Tutto parte e finisce con me, quindi mi devo dare una mossa.

Mi sciacquo la faccia in bagno, mi lego i capelli e m'infilo il pigiama –si sa che in casa è il miglior indumento.-

Tra un paio d'ore è l'ora di cena perciò non vedo perché no.

Quando scendo, Stefano ed Elena sono in cucina a parlare con mia madre. Non li ho nemmeno sentiti entrare. La mia amica è la prima a vedermi e io mi irrigidisco.

Viene verso di me in fretta, allargando le braccia per avvolgermi ma io la blocco, le prendo il polso e la trascino nel salotto, lontana dalle orecchie dei miei familiari.

Lei fa un verso stupito, come se non si aspettasse la mia reazione ma allo stesso tempo sapesse che non avrei potuto reagire in nessun altro modo.

<<Come?>> è la mia unica domanda e la sua faccia mortificata mi fa quasi tremare le labbra.

<<È venuto a casa mia ieri sera, dopo cena. L'ho schiaffeggiato, te lo giuro.>>

La blocco prima che continui. <<L'hai schiaffeggiato?>>

<<Sì, beh, non meritava altri trattamenti.>>

Abbasso la testa e le intimo di andare avanti. Le afferra una mia mano e ci guida entrambe sedute sul divano. <<Ti giuro che stavo per sbattergli la porta in faccia ma l'ha bloccata con un piede e allora mi sono fissata su di lui. Maggie, stava uno schifo. Mi guardava come se non meritasse attenzioni e io ho deciso di ascoltare le sue parole.>>

<<Cosa ti ha detto?>>

<<L'unica cosa che mi ha convinto a lasciarlo avvicinare a te.>>

<<Ovvero?>>

<<Maggie?>> Mio fratello ci raggiunge squadrandomi. <<Che cosa è successo all'Angel? Ho chiesto spiegazioni a Lel ma non mi ha risposto. Allora?>>

Quando guardo Elena, capisco che lei non gli ha parlato di niente e la ringrazio silenziosamente per questo.

<<Niente.>> Non ci credo nemmeno io alle mie parole.

<<Niente?>> ribatte lui incrociando le dita al petto. <<Mi prendi per un coglione?>>

<<Stefano!>> Sentiamo la mamma sgridarlo dalla cucina ed Elena sorride.

Lui fa rotolare gli occhi verso l'alto.

<<Step, nulla di cui devi preoccuparti. Sto benissimo, è l'unica cosa che ti dovuta sapere.>>

Mio fratello aggrotta le sopracciglia fissandosi prima su di me e poi sulla ragazza. <<Non me la raccontate giusta voi due.>>

<<Semplicemente non te la raccontiamo.>> Poi scuoto le mani così che capisca che ci deve lasciare sole e lui ritorna in cucina imbronciato.

Sto per aprire la bocca quando mia madre urla dalla cucina: <<Elena, resti a cena con noi?>>

Lei mi sorride, stringendomi le mani. <<Torno subito.>>

Si alza e raggiunge mia madre, così come faccio io subito dopo.

<<La vostra è una cena in famiglia, sarei di troppo.>>

<<Non sei mai di troppo.>> ribatto accasciata sullo stipite della porta. La mia amica si volta e mi sorride raggiante mentre Stefano fa passare un braccio sulle sue spalle e se la avvicina. Adesso sa che l'ho perdonata, anche se non ero davvero arrabbiata con lei. <<Vi lascio comunque mangiare in famiglia. Va bene così.>>

<<Ma sei della famiglia.>> ribatte questa volta mia madre ed Elena abbassa il capo, forse vergognandosi, o forse compiacendosi.

<<Anche mia madre ha preparato la cena della maturità.>>

Sia io sia Stefano sappiamo che è una bugia, la madre non farebbe mai niente del genere eppure mia madre non dice niente. <<Oh, allora è giusto che tu vada, salutami tua madre.>> Il sorriso che mia madre le regala si riversa in tutta la cucina, dando pace e dolcezza.

Elena si stringe al fianco di Stefano.

<<Va bene, allora io vado. Torno domani per fare le valige?>> La bionda si scioglie dall'abbraccio di Stefano nonostante questo la prenda subito per mano e poi esce dalla cucina, con noi al seguito.

<<Ti aspetto quando vuoi, sono sempre qui io.>>

<<Anch'io.>> afferma subito Stefano.

<<Va bene, vi raggiungo appena posso.>> Mi stringe in un abbraccio e la sento respirarmi nei capelli. Poi si volta verso Stefano che l'attira a se per un braccio facendo combaciare le loro labbra. È incredibile come anche se si baciando stando l'uno davanti all'altra ogni parte del volto coincide con quella dell'altro. Il naso di Elena s'incastra perfettamente sotto quello di Stefano così come le labbra; se lo disegnassi verrebbe una linea a zigzag fatta di saliva e passione. Che immagine romantica...

Apro la porta alla mia amica e quando si staccano entrambi stanno sorridendo sornioni. Elena esce di casa spinta da una sonora pacca al sedere da parte di mio fratello.

Lei ride, lui anche. E io sto per vomitare.

Non è che lo amo ancora, o che non l'ho mai dimenticato, o che è sempre stato nel mio cuore... No, non c'entra tutto questo. Solo che mi sento una bugiarda a negarlo. E questo mi da sui nervi.

Quando mi immaginavo il ritorno di Chris immaginavo lui, dopo anni, diventato un uomo che chiedeva il mio perdono, donna che si era realizzata. Invece è tornato dopo un anno.

E nonostante sembri poco tempo rispetto a ciò che mi ero immaginata, in realtà è come se per tutto questo tempo non avessi respirato. Come se il mio organismo si rifiutasse di far pompare il cuore in sua assenza.

Non ho respirato per un anno eppure sono ancora viva. Questo perché anche se Chris mi ha ferita, profondamente, sono ancora in piedi.

Sono giovane, ho la vita davanti, non poteva certo fermarsi per la sua fuga.

No, non sono fatta così. Sono stata male, ho sofferto, ma mi convincevo che niente può ferirmi irreparabilmente, perché tutti i giovani sono invincibili, capaci di essere rigenerati dopo essere stati tagliati da un enorme dispiacere.

Sono così, ferita ma viva.

<<Ti porti anche questa?>>

<<È una delle mie felpe preferite.>> ribatto afferrando la maglia dalle mani di mia madre.

<<Tesoro, perché credi che userai la felpa? Siamo a Luglio, starai sempre in canottiera.>>

<<E se fa freddo una sera?>>

<<Portati i pantaloni lunghi.>>

Stefano ride, seduto sulla sedia della mia scrivania con i piedi sul mobile. <<È incredibile come la nostra famiglia funzioni al contrario. Ogni volta che parlate tu e mamma sembra che tu sia il genitore e lei la figlia. Se la mamma ti da il permesso di non portare qualcosa di pesante, Maggie, tu non lo porti.>>

Sbuffo mentre la mamma sorride fiera a quel demonio di mio fratello maggiore. L'altro è un angioletto. Sì, un angioletto che sta giocando con i miei dischi.

Mi avvicino svelta ad Emmanuel, glieli tolgo dalle mani, e lo riposiziono sul tappetto in mezzo alla camera, subito dopo si affretta a giocare con i colori che gli ho lasciato.

La mamma sta aiutando me e Stefano a fare le valige nonostante mio fratello abbia finito da un pezzo e manco solo io.

Quando mi vibra il cellulare, lo afferro e apro il messaggio che ho appena ricevuto.

Da Diego: Cavolo, mi sono svegliato adesso!

Controllo l'ora, è quasi l'una di pomeriggio.

Dormito bene, bell'addormentato?

Da Diego: Una favola! ;)

Poi Stefano sobbalza dalla sedia con il cellulare in mano. <<È arrivata Elena, vado a prenderle la valigia.>> Scompare a grandi passi fuori dalla mia camera e lo sentiamo correre per le scale.

Io e mamma ci guardiamo e poi ridiamo. <<È completamente pazzo di quella ragazza.>>

<<E lei di lui.>> confermo con un gran sorriso.

Subito dopo Stefano entra posando una grande valigia rossa accanto al letto, dove la mia è aperta ed Elena spunta dietro di lui con dei pantaloncini e un top bianco.

<<Ho assolutamente bisogno di mettere qualcosa nella tua valigia, la mia sta scoppiando. Oh, buongiorno Angela.>>

<<Buongiorno tesoro.>> la risaluta mia madre prima di girarsi verso di me. <<Allora io vi lascio finire, potete farcela senza di me?>>

Annuisco e così fa Elena. Poi mia madre ed Emmanuel escono.

<<Vieni qui.>> dico alla mia amica mentre questa porta la sua valigia sul mio letto e la apre. Sta effettivamente scoppiando.

Afferro un paio di sue magliette e le infilo nella mia, assieme a un beauty-case. La mia valigia è praticamente vuota, riempita meno del giusto, perciò entra molto di suo.

Poi Elena alza lo sguardo sulle nostre valige adesso riempite per bene e afferra un foglietto dalla tasca posteriore dei pantaloncini.

<<Creme?>> chiede.

<<Prese.>> rispondo.

<<Trucchi?>>

<<I tuoi ci sono.>>

<<Caricatori per i cellulari?>>

<<Presi.>>

<<Assorbenti?>>

<<Assorbenti?>> ribatte mio fratello schifano. Elena si gira verso di lui con le mani sui fianchi. <<Siamo tre ragazze che staranno al mare due mesi, secondo te non ci verrà mai il ciclo? Ah, pensi proprio come un maschio.>>

<<Io sono un maschio!>>

<<Presi.>> li interrompo io.

<<Lavinia ci raggiunge questa sera con la macchina di Andrew.>>

<<Perché non arrivano domani mattina?>> chiedo chiudendo la valigia.

<<Partiamo questa notte.>> risponde Stefano.

Porta la valigia a terra ed Elena segue il mio esempio. <<Perché questa notte?>>

<<Così arriviamo in spiaggia in mattinata. Ah, dovremmo metterci già il costume così siamo pronti.>> mi risponde Elena, scuotendo i capelli mossi.

Bene, questa notte partiamo e domani starò in spiaggia, lasciando quello che devo lasciare proprio dietro le mie spalle.

Lasciata la valigia nella macchina di mio fratello, la chiudo con le chiavi come mi ha ordinato Step e faccio per tornare indietro.

Un foglietto sul prato cattura la mia attenzione. Mi avvicino, lo raccolgo e lo stritolo tra le mani. È un altro post-it giallo. Mi alzo subito e mi guardo attorno, cercando di scovare la sua figura, non trovandola da nessuna parte.

Allora riapro il foglietto per vedere se c'è scritto qualcosa.

Ti

Ci sono scritte solo queste due lettere e accanto a loro una freccetta che indica in alto. Rialzo lo sguardo ma davanti a me non c'è niente e nessuno. Faccio un passo avanti finché i miei occhi non trovano un fogliettino lontano, attaccato all'asfalto della strada. Mi affretto a raggiungerlo. Potrebbe essere una semplice cartaccia e per un momento spero sia così. Poi lo raccolto e leggo cosa c'è scritto.

ricordi

(continua ad andare avanti)

Stringo anche questo foglietto nel palmo e continuo ad andare avanti. Altri trenta passi e trovo un altro biglietto.

il

Vado avanti così fino a raggiungere un viale, altro foglietto.

nostro

Svolto l'angolo e vado avanti.

primo

Sono arrivata all'inizio del parco e l'ultimo foglietto è attaccato a una ringhiera verde. Lo strappo e lo unisco agli altri.

bacio?

Cerco di trovare un senso a tutti i bigliettini finché la frase è completa. Ti ricordi il nostro primo bacio?

Mi volto, lo sguardo fisso sui miei palmi che contengono quella frase scritta quasi al vento. So che è vicino.

Finalmente alzo lo sguardo e una fiancata blu balza ai miei occhi. Il suo furgoncino.

Quante volte mi sono immaginata di vederlo passare nella mia via, o in quella della scuola o in quella dell'Angels; in tutte le vie vicine, in realtà.

Sussulto perché è più ammaccato di quanto ricordassi, o forse non lo vedo da così tanto tempo che mi ero dimenticata di quanto fosse scassato.

<<Io lo ricordo bene.>> la sua voce mi fa sussultare. Mi volto di scatto verso la fiancata del pick-up dove Chris era poggiato. Si da un piccolo slancio con la gamba alzata e si muove in avanti, aggirando la macchina e finendomi davanti.

<<Mi dicesti che ti avevo rubato un finale, scommetto che lo ricordi anche tu.>>

Se ieri era lui a non avere parole, adesso io ho perso la lingua. Rimango a fissarlo.

Porta una canottiera blu e la giacchetta di pelle legata in vita sopra i jeans scuri. Si è fatto la barba, adesso sembra proprio il ragazzo che è. I capelli sono ancora corti e gli occhi sono ancora spenti. Come se l'immagine di ieri non fosse davvero un'illusione. Nella notte quasi ci avevo creduto fino in fondo.

<<Lo ricordo bene, come ricordo qualsiasi altra cosa è successa l'anno scorso per via del nostro patto. Ricordi anche quello? Io dico di sì.>>

Fa un paso avanti, le braccia incrociate al petto, le dita delle mani che si reggono sul tessuto liscio della maglia, il mento alto.

<<Ieri quando mi hai detto se sapessi pronunciare solo il tuo nome avrei dovuto darti ragione. Mi sono immaginato così tante volte quello che ti volevo dire, lo ripetevo nella mia testa da giorni, eppure le parole erano completamente scomparse, evaporate.>>

Altro suo passo avanti, altro mio sguardo confuso verso di lui. Ho il cervello in vacanza, la lingua si è sciolta, le labbra secche perché aperte da cinque minuti buoni. Non riesco nemmeno a muovere un passo. L'unica cosa di cui sono sicura è del battito del mio cuore, impetuoso e rumoroso come sempre in sua presenza, e dei miei polmoni che si riempiono e svuotano a ogni respiro.

<<Non le ho nemmeno adesso, le parole, solo...>> Abbassa un secondo lo sguardo e quando lo rialza, i suoi occhi sono socchiusi. <<Ti prego, dì qualcosa.>>

Come se le sue parole mi avessero colpito al petto, prendo un grande ed esauriente respiro, facendo uscire tutta l'aria dal naso. <<Sei tornato.>>

Parole stupide, dettate dalla mia confusione.

<<Sono tornato.>> risponde lui come se lo avessi soddisfatto.

<<Perché?>>

Lui apre le labbra per parlare ma adesso è il mio turno di dire qualcosa. Lo interrompo alzando una mano.

<<Perché sei andato via? Perché non mi hai lasciato un messaggio, un biglietto o una chiamata? Perché non ti sei fatto sentire per un anno. Un anno, Chris, sei andato via per un anno, nessuna lettera, nessuna e-mail, niente che mi facesse credere che tu fossi ancora vivo. Quindi dimmi perché, Christian, sei tornato adesso con qualcosa da dirmi?>>

Le mie parole lo spiazzano ma rimane fermo, immobile, a guardarmi. So che è stato colpito da come ha mosso le labbra, una smorfia impercettibile, un tremolio quasi inesistente per chi non le conosce a fondo.

<<Non ho niente da dirti.>> ribatte dopo pochi secondi lui. <<O meglio, ho così tante cose da dirti che non trovo le parole.>>

Accartoccio i post-it nella mano stringendoli con tutte le mie forze e infilzandomi il palmo della mano con le unghie fingendo che sia il suo viso. <<Io però non voglio ascoltarne nemmeno una.>>

Mi giro, faccio per andare via, poi mi blocco. Quando torno a guardarlo so che lui non ha tolto un attimo gli occhi da me. <<Parto, questa sera, con gli altri; non avremmo comunque avuto il tempo di parlare. Sono felice che tu sia tornato da tua madre, almeno a lei potrai dare spiegazioni. Non avremmo comunque potuto farlo, non posso ascoltarti, non voglio. Preferisco rimanere nel mio bozzolo di risentimento. Facciamo finta che tu non sia mai tornato, va bene?>>

Faccio un passo indietro, tenendo stretto il pugno chiuso sui post-it al petto e cercando di cacciare indietro le lacrime. <<Buona vita, Chris.>>

Le valige sono tutte in macchina, questa è carica, Lavinia e Andrew ci hanno appena raggiunto.

L'orologio segna quasi l'una di notte. Emmanuel sta sonnecchiando nel suo lettino, l'abbiamo salutato durante la cena, mentre mamma e papà stanno sul divano a chiacchierare sotto voce. Stefano finisce il suo caffè e spunta in soggiorno. <<È ora di andare.>>

Elena entusiasta mi stringe le mani e raggiunge la macchina mentre i miei genitori salutano noi.

<<Guidate piano e appena arrivate inviateci un messaggio.>>

<<Siate prudenti.>> interviene mio padre.

<<E non fateci preoccupare.>> continua la mamma prendendomi per le guance. <<Non date confidenza agli sconosciuti, chiudete sempre a chiave la porta dell'appartamento, non perdete i soldi e non fate cavolate.>>

Mio padre mi abbraccia. <<Divertitevi.>>

Altri convenevoli, altre raccomandazioni e poi chiudiamo la porta di casa alle nostre spalle.

Lavinia e Andrew stanno fuori dalla macchina. La mia amica sta sonnecchiando sulla sua spalla mentre Elena si è già infilata sul sedile del passeggero.

<<Forza vecchietti, è l'ora di partire.>> trilla la bionda particolarmente arzilla abbassando i finestrini. Lavinia si ridesta e sbadiglia. Quando siamo tutti nelle macchine, accendono i motori e partiamo.

Io sono accoccolata sui sedili posteriori che sono tutti per me, accanto alle mie cosce c'è già la borsa da mare e sotto i vestiti abbiamo tutti i costumi così raggiungeremo la spiaggia.

<<Il primo bagno senza crema, così mi abbronzerò subito.>> mormora Elena acciuffandosi i capelli.

<<Poi rischi di arrostirti come un tacchino. Primo bagno con crema.>> Sembra un papà che parla con la sua figlioletta. Elena mette il broncio da matura diciannovenne. <<Mi metterò la crema quando avrò paura di scottarmi. La mia pelle è stata creata per stare al sole, non ti preoccupare.>>

Gli afferra la mano e carezza il retro con il pollice, portandosela sulle ginocchia. È un gesto così tranquillo e amorevole che mi viene da sorridere.

Stefano, ovviamente, non sembra tanto tranquillo. <<E secondo te io dovrei correre il rischio di sopportarti mentre ti lamenti di qualche irritazione? No signore, te la metterò io la crema al costo di legarti al lettino.>>

Elena sorride, non teneramente, non d'imbarazzo. Sorride come un diavolo. <<Dov'è che mi vuoi legare?>>

Allungo le mani, cercando di ripararmi dalla loro conversazione. <<Stop, ci sono anch'io in macchina. Non mi fate vomitare proprio adesso.>>

M'infilo subito le cuffiette selezionando su alcune canzoni nuove che mi stanno particolarmente a cuore.

Le strade di notte sembrano tutte uguali, i paesaggi all'inizio non sono particolarmente entusiasmati. Vie, case, quartieri che già conosco. I lampioni per strada, la luna nel cielo, qualche nuvola sfocata. Tutto mi concilia il sonno.

Quando mi risveglio è ancora notte, Elena ha la testa posata sul sedile, le gambe rannicchiate vicino al busto e gli occhi chiusi. Una leggerissima melodia suona dallo stereo e io, togliendomi le cuffiette, mi avvicino al sedile di mio fratello.

<<Tutto bene?>>

Lui non toglie gli occhi dall'autostrada dritta e poco trafficata davanti a noi.

<<Alla grande, torna a dormire se vuoi.>>
<<Quando vuoi il cambio fammi un fischio.>>

Mi riaccascio sul sedile, con ancora la musica nelle orecchie.

Il cielo si è un po' rischiarato, ma so che ancora non è mattina. Adesso fuori dal finestrino, oltre la strada e oltre l'artificialità, ci sono dei monti verdeggianti, qualche collina, piccole fattorie sui pendii e tetti spioventi di agricoltori.

Le montagne sembrano onde di terra sul punto di cadere addosso a noi, il cielo scuro è un retroscena tetro e pauroso ma mi basta immaginare la vita tra le verdeggianti foglie, l'aria fresca che sicuramente tira sulle cime di quelle onde, e subito mi calmo.

Dal mio mp3 suona Panic Cord di Gabrielle Aplin e io chiudo gli occhi.

You kept all the things I threw away
A leaf I picked a birthday card I made
Holding on to memories of you and me
We didn't last a year, oh
We're just a box of souvenirs
'Cause

Maybe I pulled the panic cord
Maybe you were happy, I was bored
Maybe I wanted you to change
Maybe I'm the one to blame

Cambio posizione, appoggiandomi al finestrino e sospirando, cercando di non concentrarmi tanto sul testo quanto sul dormire.

This meant more to you than it did to me
I was full of doubt and you believed
The more that you keep coming over
The more I know it's over, dear
We're just a box of souvenirs

Maybe I pulled the panic cord
Maybe you were happy, I was bored
Maybe I wanted you to change
Maybe I'm the one to blame
Maybe you were just too nice to me
Maybe it took me way too long to leave
Maybe once we felt the same
Maybe I'm the one to blame
Maybe I'm the one to blame

Mi ridesto solamente nel momento in cui il testo della canzone si fa soffocante e sono costretta a cambiare, concentrandomi su qualcosa che non mi ricordi il passato o non mi faccia venire in mente una sola persona.

Forse però mi è davvero difficile.

Ti ricordi il nostro primo bacio?

Sì, non potrò mai dimenticare il nostro primo bacio; così avrei voluto rispondere.

Era sotto la pioggia, un finale scontato, una scena da film romantico, una smanceria senza misura. Allora eravamo ancora sconosciuti. Allora lui voleva solo farmi un dispetto e io ero troppo ingenua per non cadere nel tranello. Allora io non conoscevo le sue labbra né i suoi occhi o la sua pelle. Allora lui non era ancora entrato così irreparabilmente nella mia vita da poter lasciare un segno.

Allora, tutto era più semplice. Il nostro primo bacio, l'unico senza impegno, l'unico senza paura o inganno. Il bacio più soffice e indolore, quello che mi ha solo provocato qualche brivido e un mero ricordo. Un bacio casto e puro

Il nostro primo bacio.

Sì, me lo ricordo bene.
















****

Avevo promesso sì o no un aggiornamento in settimana? Eccomi, sono coerente.

Non è il massimo come capitolo ma credetemi che negli altri ne vedrete delle belle. Pazientate, e presto proseguiranno gli aggiornamenti. Vi amo per il modo in cui mi sostenete sempre, non smetterò di ripetere che siete i migliori!

E niente, fatemi sapere cosa ne pensate anche di questo nuovo capitolo e quali sono le vostre supposizioni su come continuerà la storia. Maggie è impazzita oppure no? Eheheh, ci sto ancora pensando.

Ciancio alle bande e cioccolato a Martina! No, okay, vado via.

Vi amo!

🐳 Te però no, aspetto sempre con moooolta poca voglia i tuoi commenti super intelligenti (si fa per dire)

Commentate, commentate, commentate!
Buona giornata, caprette

P.S. Scusate eventuali errori

Xoxo 

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