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1 ~ La parola amore

Credo che la parola "amore" sia sopravvalutata. Ecco cosa penso. Penso che l'amore sia sopravvalutato.

Ma chi sono io per giudicare se nemmeno lo conosco, non davvero.

Perché lo dico?

Perché seduta davanti al libro di letteratura cercando di finire di preparare la mia scheda da presentare domani all'esame. Il tema che ho scelto è proprio l'amore. Ho già studiato, sono pronta, sono preparata. Aspetto questo momento da quando ho iniziato il liceo. Aspetto di andarmene da cinque lunghi anni. Domani, finalmente, lo potrò fare. Ho passato gli scritti, manca solamente l'orale e poi la mia estate assieme alle mie amiche inizierà e finalmente sarò libera. Io e Step abbiamo già organizzato una vacanza assieme, lui si prende una pausa dall'università e noi ci godiamo gli ultimi giorni da vere adolescenti. Ovviamente verranno anche Elena, Lavinia con Andrew e forse Diego. Quest'ultimo deve ancora darci la sua disponibilità.

Il cellulare trema e io lo afferro senza aspettare che suoni la suoneria. Sono la prima a parlare sapendo già di chi si tratta.

<<Sì, sto studiando e no, non mi disturbi.>>

Sento una risata in sottofondo e sono felice di potermi distrarre per un po'.

<<Stavo per darti un buongiorno con i fiocchi ma hai rovinato il momento.>> borbotta facendomi sorridere.

<<Buongiorno.>> esclamo lentamente, rilassandomi sulla sedia.

<<Buongiorno, fiore. Programmi per il pomeriggio?>> chiede Diego, e sento una bottiglietta contorcersi in sottofondo.

<<Studiare.>> rispondo ovvia.

<<Il giorno prima degli esami non si studia.>> ribatte lui.

<<Ah sì?>> chiedo, fingendomi ingenua. <<E cosa si fa?>>

<<Ci si diverte, fiore, come tutti i giovani di diciannove anni dovrebbero saper fare.>>

<<Non voglio divertirmi, voglio studiare. Ho un'intera estate per divertirmi.>>

<<Ma io voglio farlo.>> Sbuffa.

<<Nessuno ti vieta di farlo.>>

<<Lo voglio fare con te.>> precisa.

<<Pizza e film per cena?>> chiedo speranzosa. Ultimamente lo facciamo molto spesso. Non lo vedo, ma lo sento sorridere.

<<Prepara la coperta e il mio cuscino preferito. Sono da te per le sette.>>

Non ho voglia di uscire e festeggiare. Quando uscirò dall'aula appena finito il mio orale potrò festeggiare. Prima di allora starò incollata ai miei libri e mi terrò stretta l'opportunità di uscire con un po' di gloria. Ho faticato tanto in questi anni, mi merito un bel finale.

Studio a intermittenza tutto il pomeriggio, preparandomi ogni eventuale discorso, ricordandomi tutti i passaggi, gli interventi, gli argomenti.

Alle sette di sera puntali suona il campanello di casa.

Diego entra senza troppe cerimonie con un bel cartone di pizza.

<<Non è presto per cenare?>> chiedo, mentre chiudo la porta.

<<Possiamo sempre riscaldarla, ho pensato che una volta entrato a nessuno dei due sarebbe venuta voglia di uscire.>>

Gli do un buffetto al braccio con il gomito. <<Ottima pensata.>>

Poggio il cartone della pizza in cucina e poi ci sistemiamo sul divano. Ci sono già le coperte, non dobbiamo far altro che sederci e scegliere un film.

Ormai questa è diventata una routine dal mio diciannovesimo compleanno. Quando le mie amiche sono impegnate, Step non c'è e non mi posso far aiutare da nessun altro, chiamo Diego.

Lui riesce a capirmi in un modo che è sconosciuto a molti. Anche lui ha passato qualcosa di simile a ciò che ho passato io e ci piace parlarne.

Sento che è l'unico con cui posso davvero aprirmi sugli eventi passati l'anno scorso.

Si toglie le scarpe e io accovaccio le gambe pronta a scegliere un film.

<<Il resto della famiglia?>> mi chiede dando uno sguardo in giro.

<<Step sta con Elena per farla rilassare. Mamma e papà hanno potato Emmanuel dalla nonna, stanno lì già da una settimana. Mi hanno detto che volevano lasciarmi spazio e tempo per studiare senza disturbi. Tornano questa notte in tempo per il mio esame.>>

<<Nervosa eh.>> si sfrega le mani.

<<Il tuo a che ora è?>>

<<Due ore dopo il tuo, suppongo.>>

Cambio canale assiduamente, non sembra esserci niente d'interessante. <<Bene, ti aspetto e poi andiamo a farci una bella bevuta.>>

Gira lo sguardo e alza un sopracciglio. Allora gli sorrido. <<Sai che voglio dire, andate a farvi una bevuta tutti insieme e vi portate dietro me, così vi controllo. È sempre la stessa storia, non c'è bisogno che fai quella faccia ogni volta.>>

<<Questa tua fissazione con l'astemia dovrai spiegarmela prima o poi. Uh, ferma qui!>>

Blocco la mia ricerca di un film per lasciare su un canale che trasmette nientepopodimeno che 'Mamma mia'.

<<Vuoi vedere Mamma mia?>> chiedo con una smorfia.

<<Perché quella faccia, non è il tuo film preferito? E poi non lo abbiamo mai visto insieme.>>

<<Preferirei non vederlo, non sono in vena al momento.>>

Mi guarda con un cipiglio sul volto ma alla fine asserisce e io cambio. Non ho intenzione di vedere questo film con qualcuno accanto, non più almeno. Altro danno che ho subito, purtroppo.

Alla fine decidiamo di vedere un film d'azione misto a un comico, la storia di una spia che però fa danni ovunque. Mi fa bene questo tipo di distrazione, mi fa proprio bene. Dopo un po' di tempo decidiamo persino di mangiare e così passa la serata in sua compagnia. Così sono passate molte nostre serate.

Quando la sera tardi se ne va, rimango sola in casa con i libri aperti sul letto e un disordine assurdo per tutto il resto della camera. Non mi sono preoccupata molto di sistemare dato che sono stata occupata con lo studio. Ma adesso che la mia mente non reggerebbe lo studio e non reggerebbe nemmeno il distendersi e addormentarsi rilassata, decido di mettere apposto.

Metto in moto il mio giradischi su un disco comprato di recente e comincio il mio lavoro.

Inizio con i panni sul pavimento e sulla scrivania, per poi passare alla libreria e al comodino. Quando trovo il pigiama, lo rammento per bene e poi alzo il cuscino, schiacciando il foglietto giallo posto al disotto sotto il peso degli indumenti da notte. Non metto a posto il letto perché adesso lo disferò di nuovo. Riorganizzo la scrivania e poi mi siedo sulle comode lenzuola.

Sono stressata. Ho l'ansia a fior di pelle. Ripeto a me stessa che andrà tutto bene domani, ma sono ugualmente agitata. Vorrei tanto trovare il modo per rilassarmi un po'. So che il latte questa volta non funzionerà e per quanto mi abbia distratta il film o Diego, adesso è tornata tutta la paura. Quando ricevo un messaggio da Stefano che mi dice che sarà a casa in una decina di minuti decido di accostarmi alla finestra per vederlo arrivare. Sicuramente si saluterà con Elena sulla soglia di casa e poi prenderanno le due porte opposte.

La musica suona ancora per la stanza e mi rilassa la mente ma non il corpo. Il mio piede continua a battere sul pavimento incessantemente.

Le luci della casa di Elena sono accese, segno che la madre probabilmente è ancora sveglia. Le luci della mia casa invece sono spente, eccetto quelle della mia camera. Mi sono accorta della differenza perché sul parcheggio della signora Firenzi la luce illumina l'intero piazzale mentre la luce che viene dalla mia camera illumina solamente un piccolo spiazzo di giardino sotto il portico. L'albero, ad esempio, e tutt'intorno a esso, è coperto di scuro.

Mi sembra di veder un'ombra accostata a un albero, la figura di un uomo, altro frutto della mia immaginazione, ma comunque sussulto. Erano quasi tre mesi ormai che non mi immaginavo più niente. Dal mio compleanno, in realtà, e dalla lettura di quello stupido post-it giallo che ancora tengo ripiegato sotto il cuscino.

Non so bene il perché io lo faccia ma è come se mi desse tranquillità averlo a portata di mano, sotto la testa, ogni notte; quasi come un acchiappasogni fatto di fievole carta colorata imbrattata d'inchiostro nero.

Scuoto energicamente la testa, sono stanca e stressata. Domani mi sarò dimenticata della visione di quell'immagine. Appena vedo mio fratello salutare Elena sulla soglia di casa sua mi scosto e torno di sotto, appena in tempo per vederlo entrare.

<<Ehi.>> mi saluta lui accendendo la luce. <<Credevo stessi dormendo, ho visto tutto spento.>>

<<Stavo di sopra.>> rispondo soltanto.

<<Elena è davvero terrorizzata, ti prego, dimmi che almeno tu sei tranquilla.>> mi fa un sorrisone tirato timoroso della mia risposta.

Gli faccio un segno con la mano, come per liquidare il discorso. <<Non ti preoccupare. Ci ha pensato Diego a tranquillizzarmi, non devi fare niente. Come avete passato la serata voi, piuttosto?>>

Mi fa un sorrisetto eloquente e poi scuote la testa. <<Ho semplicemente cercato di farla distrarre.>>

Gli do subito le spalle. <<Okay, nessun dettaglio. Vado di sopra.>>

Con una piccola risata lui mi segue. <<Gli altri tornano questa notte.>>

<<Lo so.>>

Entrambi entriamo nella mia camera. <<Hai messo tutto in ordine a quanto vedo.>>

<<Dovevo distrarmi.>> rispondo con un'alzata di spalle.

Una quindicina di minuti più tardi siamo entrambi sotto le coperte del mio letto. Step mi tiene un braccio intorno alle spalle. È stato lui a propormi di dormire insieme, così che potesse starmi vicino.

<<Vedrai che andrà tutto bene, l'orale è molto più facile di quello che sembri.>> mi sussurra tra i capelli mentre siamo avvolti dall'oscurità.

<<Non sono preoccupata per l'esame.>> rispondo con uno sbuffo, ammettendo la verità ad alta voce per la prima volta.

<<Allora cos'è che ti preoccupa?>>

Vorrei poter essere sincera, con lui, con me stessa, ma ancora non ce la faccio, non del tutto. Come posso spiegargli che dopo essermi fatta un progetto di vita, e dopo averlo visto raso al suolo a causa di una forza maggiore che mi ha condizionato il passato cambiando il mio futuro, adesso devo affrontare qualcosa d'inaspettato?

Non mi so spiegare nemmeno da sola.

È da un anno che ci penso in realtà, un anno preciso. E adesso che sono sul punto di finire il mio primo percorso di vita, mi si aprirà il vero mondo davanti; sono pronta?

Non ho protezione, non ho agganci, non ho supporti. Come farò?

<<Credo si tratti semplicemente del futuro.>> mormoro infine aggrappandomi alla sua maglietta.

Lui mi lascia un tenero bacio tra i capelli. <<Lo so, ci sono passato anch'io.>> dice infine. <<Nemmeno io credevo ce l'avrei fatta e invece eccomi qui, guarda dove sono arrivato.>>



<<Le facciamo le nostre congratulazioni!>>

Stringo la mano al commissario esterno e poi stringo quella di tutti gli insegnanti lì presenti.

Sento un applauso esplodere dietro di me, dalle sedie di chi ha assistito all'esame e noto le mie due amiche in piedi che sorridono e sbattono le mani. Mi volto verso di loro arrossendo, benché abbiamo fatto sorridere tutti i presenti.

Alla fine, con un sorriso stampato sul volto, mi allontano dal tavolo d'esame e il sospiro di sollievo che esce fuori dalla mia bocca viene bloccato dall'abbraccio di mia madre.

Usciamo dall'aula e poi è il turno di mio padre e dei miei fratelli di abbracciarmi.

Ce l'ho fatta, ho finito il liceo!

Con ancora Emmanuel in braccio ci dirigiamo nel corridoio del secondo piano dove trovo un Diego addosso alla parete che si contorce le mani. Poso mio fratello a terra che subito va dalla mamma e io abbraccio il mio amico.

<<È una cazzata.>> gli mormoro all'orecchio facendolo ridacchiare.

<<Ti aspettiamo fuori.>> gli dico infine. Lui deve ancora sostenere l'esame, come Andrew d'altra parte, mentre io, Lavinia ed Elena abbiamo finito. Loro due lo hanno avuto questa mattina presto, io subito dopo pranzo. Benché venisse a quell'ora, non ho mangiato niente tanta era l'ansia e adesso mi brontola lo stomaco. Quando siamo nel parcheggio all'aria aperta, mia madre mi porge un pezzo di pizza. <<Pensavo potessi essere affamata.>>

Vorrei tanto abbracciarla di nuovo per la sua gentilezza ma mi fiondo subito su cibo.

Ho finito! Ho finito! Ancora non ci posso credere.

Io e le mie amiche ci riuniamo subito in cerchio, lasciando i miei familiari a parlare con le madri di Elena e Lavina, che sono rimaste a scuola assieme alle figlie anche quando loro avevano finito.

Elena avvolge un braccio intorno alle mie spalle e l'altro attorno a quelle di Lavinia. Esseno la più alta di noi tre non le riesce difficile.

<<Ragazze! Merda, siamo fuori!>>

Ridiamo tutte assieme abbracciate.

Da quant'è che aspettavamo questo momento. Ricordo ancora il primo anno in cui sognavamo di essere diciannovenni, ed uscire da scuola con grazia e con grandi sorrisi sui volti. Ed ora eccoci qui, segnate da una maturità più che benevola con grande felicità.

<<Ci aspetta l'ignoto.>> mormora Lavinia con un tono cantilenante. Ha proprio ragione, ma per quanto mi spaventi, sono anche davvero emozionata.

<<Un ignoto futuro.>> concorda Elena. <<Che affronteremo tutte insieme, come abbiamo già fatto.>>

<<Promettetemi una cosa.>> le interrompo io, ancora avvolta dalle loro braccia. <<Non ci lasceremo mai, qualsiasi saranno i nostri futuri. Noi rimarremmo sempre noi, così, per sempre. Promettetemelo.>>

Le supplico negli occhi, sperando che capiscono ciò che intendo dire.

'Non abbandoniamoci' vorrei gridare. 'Restate sempre con me'.

Lavinia si fionda tra le mie braccia, e poi facciamo spazio a Elena.

<<Non importa cosa succederà.>> mormora una delle due ma la voce esce attutita a causa dell'abbraccio. <<Staremo sempre insieme.>>

<<Se una di voi due muore, giuro che chiamerò la mia prima figlia con il suo nome!>> questa è la chiara voce di Elena.

Ci stacchiamo subito, guardandola con i volti inclinati. Lei sorride. <<Andiamo, è una cosa carina.>>

E nonostante tutto, ridiamo ancora insieme, come fossimo bambine.



Un paio di ore dopo io, la bionda e la rossa siamo sedute sui gradini della scuola aspettando che i nostri amici finiscano. Ci sono altri alunni qui nel parcheggio nonostante le nostre famiglie siano tornate a casa. Ci aspetterà una cena questa sera tutti insieme, per ora mi hanno lasciato il tempo di godermi i miei amici. Step è rimasto, sia per stare con Elena sia con me.

<<Chi sono i due bastardi che finalmente hanno sfanculato la scuola e hanno due pollici alzati?>> urla una voce da appena fuori le porte della scuola. Tutti ci giriamo nella direzione di Andrew che affiancato da Diego se la sta ridendo.

<<Questi de bastardi qui!>> risponde Diego mentre noto i loro pollici rivolti a se stessi.

Sento Lavinia urlare mentre ride e un attimo dopo è saltata in braccio al biondino. Diego corre verso di me e mi abbraccia.

<<Diamine, devo bere qualcosa, andiamo a festeggiare come si deve!>>



Il pomeriggio di noi maturandi liberi e mio fratello passa spensierato all'Angels. Ci sta molto baccano, quasi tutti gli alunni dell'ultimo anno che hanno terminato gli esami stanno qui a festeggiare.

Elena, seduta sulle gambe di Stefano, sta sorseggiando una birra mentre io rido per una cavolata che ha appena detto Diego.

<<Mare, sole, spiaggia... non vedo l'ora!>> mormora Andrew stringendo il braccio intorno alle spalle di Lavinia che con aria sognante asserisce.

<<Bagnini, costumi e cocktail.>> ribatte Elena, appiattendo la schiena al petto di mio fratello che subito l'avvolge tra le sue braccia.

<<Bagnini?>>

Lei posa la birra sul tavolo e gira il busto verso di lui, posando le mani sulle sue spalle. <<Potrei fingere di annegare e tu, sexy ragazzo che cammina casualmente sulla costa, potresti salvarmi.>>

<<Non hai più ossigeno nei polmoni, propongo una respirazione bocca a bocca.>>

Elena sorride mentre si avvicinano e io allungo le mani. <<Vomito.>>
Subito si staccano ed Elena rivolge a me un sorriso di scuse.

Ancora non sono abituata, non ci posso fare niente. Sarà anche passato un anno, ma vederli appiccicati mi fa venir voglia di diventare suora. Per quanto il mio lato di shippatrice seriale di coppie faccia strani versetti quando si dicono cose sdolcinate, il mio lato di sorella minore prende il sopravvento. Ma voglio un gran bene a entrambi e li sosterrò sempre.

<<Ne ho parlato con i miei. Vi raggiungo una settimana più tardi.>> dice Diego, pulendosi con un fazzoletto.

Stiamo agli inizi di Luglio e rimarremo al mare fino alla fine di Agosto, perciò una settimana in meno per Diego non è comunque un gran male.

<<Ricordami cosa devi fare.>> chiedo io stringendo le mani sul mio bicchiere di succo.

<<Compleanno di mia nonna. Mia madre non vuole che me lo perda. Ma appena sono libero salto sul treno e vi raggiungo.>>

Tutti assentiamo. Ormai è tutto pagato. Abbiamo preso un piccolo appartamento con tre stanze, cucina e bagno. Il soggiorno consiste in un ingresso precario con una poltrona e una televisione satellitare. Poco importa, l'appartamento ci serve solamente per dormire. Credo che il resto del tempo lo passeremo in spiaggia o per la città.

Andremo con la macchina di Stefano e quella di Andrew, così possiamo muoverci facilmente anche quando siamo lì.

Con molta fatica, alla fine dell'estate scorsa, ho preso anch'io la patente e in realtà possiamo guidare tutti, così possiamo anche darci il cambio.

Partiamo tra due giorni, domani faccio la valigia e dopodomani già starò fissando il paesaggio che cambia attraverso il finestrino.

<<Maggie?>> Quando Elena mi chiama mi volto verso di lei e noto che sta in piedi. Fa un cenno con la testa verso la porta.

<<Posso parlarti un attimo?>>

<<Certo.>> mi alzo e con poca agilità sguscio fuori dal tavolo, accostandomi a lei.

La seguo finché non esce dall'Angels con le mani in tasca.

<<Ei, come mai qui fuori? Mi devo preoccupare?>>

Mi volto verso di lei giusto per vedere dalla sua espressione se riesco a capirne qualcosa. Ha un piccolo cipiglio sul volto ma non sembra particolarmente agitata. I suoi capelli, adesso corti sulle spalle ma pur sempre mossi, vengono scompigliati dalla sua mano.

Subito mi chiedo se sia successo qualcosa con Step ma dalla scena a cui ho assistito poco fa mi sembra che vada tutto alla grande.

Elena continua a camminare aggirando il locale e finendo sul suo retro.

<<No, non ti devi preoccupare. Credo.>

La blocco per un polso. <<Dove stiamo andando?>>

<<Tu seguimi e basta, adesso ti spiego.>>

Più tranquilla, lascio che mi conduca verso il piccolo parcheggio posteriore dove ci aspettano un paio di grossi bidoni verdi e l'uscita d'emergenza dell'Angels. Qui solitamente ci si parcheggiano i motorini, infatti un paio sono immobili tra le strisce bianche sul pavimento.

Elena si blocca e si gira verso di me, prendendomi le mani nelle sue.

Apre le labbra per parlare, ma l'anticipo.

<<Non dirmi che sei incinta.>>

Lei abbassa le spalle sconfortata. <<Cosa?>> quasi urla e io sospiro di sollievo.

<<Okay, vai avanti.>>

<<Perché hai pensato una cosa del genere?>>

<<Non lo so, mi sembri strana. Scusa, non t'interrompo più. Procedi.>>

Con un piccolo sbuffo si aggiusta una ciocca sulla fronte e poi prende un bel respiro.

<<Devi promettermi una cosa.>> esordisce, buttando fuori dell'aria.

Aspetto che continui. <<Qualsiasi cosa, promettimi che non ce l'avrai con me.>>

<<Di cosa stai parlando?>>

<<Promettimelo.>> insiste lei stringendomi le dita. Sussulto.

<<Ma certo, te lo prometto. Non ce l'avrei mai con te.>>
Subito mi abbraccia e le sue braccia mi stringono il collo. <<Bene. Allora rimani qui per altri cinque minuti prima che me ne sono andata e appena giro l'angolo, voltati verso il muro.>>
Scoppio a ridere, pensando che stia scherzando. <<Per caso vuoi farmi ammazzare da qualche assassino? Qualcuno ti ha offerto una ricompensa se mi consegni alle autorità? Anche se non credo pagherebbero molto per me...>>

Elena si stacca e mi stringe le mani sulle spalle. <<Sono seria. Adesso vado.>>

Mi lascia un bacio sulla guancia e sguscia via. Mi volto subito, cercando di correrle dietro, ma il muro cattura effettivamente la mia attenzione.

Un pezzo di carta vi è appiccicato sopra e ricordando le parole di Elena, mi ci avvicino.

È un post-it. Un post-it giallo.

Il bastardo è tornato

La calligrafia. Le parole. Il post-it. Tutto mi grida cose che non vorrei sentire, capire, vedere. Tutto grida che dovrei girarmi ma io afferro il foglietto, fissandomi su quelle parole, su quell'inchiostro.

Non lo vedo, né lo sento. Ho un muro davanti e il suono delle macchine alle spalle.

Ma lo percepisco. È l'aria che mi suggerisce la sua presenta.

È da un anno che non sento questa sensazione, che il mio stomaco non prova alcun tipo di emozione, così come il mio cervello, o il mio cuore.

Lo percepisco, e come se fosse la cosa più naturale del mondo, il mio corpo reagisce alla sua presenza. Le gambe mi tremano, la mano stringe assiduamente il foglietto, volendolo ridurre in cenere. Strizzo gli occhi un paio di volte e alzo lo sguardo. I mattoni rossi sono sporchi, reduci di anni dalla costruzione. Mi mordo il labbro, sentendo il desiderio di girarmi. Mi oppongo, non ce la faccio.

Non sono pronta, non adesso. Non così.

Il sole colpisce la mia maglietta facendomi sentire caldo sulle spalle, sto iniziando a sudare.

Non è possibile, cerco di convincermi. È di nuovo la mia immaginazione, sono di nuovo tutte illusioni. Ma ho il foglietto in mano, questo è reale, tangibile.

Poi un sussurro portato via dal vento. Il mio nome.

Le mie labbra fremono mentre strabuzzo gli occhi.

Mi giro, con gli occhi già lucidi ma senza ombra di una lacrima. Non me ne farò sfuggire nemmeno una.

Sei forte, ripeto a me stessa, hai aspettato questo momento da tanto tempo.

Non ora, un'altra voce si ripete nella mia testa, è troppo tardi.

Ho le palpebre chiuse, serrate. Se le apro ed è un'altra illusione potrei non sopportarla.

<<Maggie...>>

Scoppio. Strappo il foglietto e scappo senza aver aperto gli occhi, senza averlo visto.

Quasi inciampo quando rientro all'Angels, la faccia sconvolta, il viso impallidito. Lo so dalle espressioni che mi regalano i miei amici appena sono vicina a loro.

<<Come lo sapevi?>> domando rivolta a Elena con la voce un po' troppo alta. Qualcuno si gira verso di noi.

<<Maggie, mi dispiace. Che cosa è successo?>>

Scuoto la testa, ancora frastornata. <<Tu lo sapevi e...>>

Non finisco la frase. Afferro la mia giacca, la borsa, entrambe vicine a Diego, e a grandi passi mi dirigo fuori dal locale. Sento la mia amica chiamarmi e mio fratello chiedere cose è successo. Poi chiudo la porta alle mie spalle e ogni voce scompare.

Maggie. Maggie. Maggie.

Se è ancora su retro, è troppo vicino.

M'incammino veloce verso la strada, devo allontanarmi il più possibile.

M'infilo la giacchetta con movimenti frettolosi e trasandati e scuoto la testa cercando di dimenticare la sua voce che mi chiama.

Questa volta devo convincermi che è un'illusione e che non è qui. Non è tornato.

Non dopo un anno.

<<Maggie, aspetta.>>

Sussulto e cammino più veloce.

Continuo a scuotere la testa. Non è vero, non mi sta rincorrendo. Non mi sta venendo dietro. Non è lui.

È un'illusione.

<<Maggie!>>

Quando comincio a correre, vorrei poter urlare. La mia testa si sta affollando.

Poi vengo bloccata, immobile, il sussulto che esce dalle mie labbra sembra un singhiozzo implorante ma so di non star piangendo. È solo il mio respiro che d'un tratto torna nei polmoni. Ne sono sicura quanto sono sicura che due braccia mi stanno tenendo stretta, ancorata ad un petto che non vedo, ma che sento. Lo riconosco.

<<No.>> sussurro talmente piano che nemmeno riesco a sentire la parola. Se non fossi sicura che le mie labbra si fossero mosse avrei giurato di essere rimasta in silenzio.

Stringo gli occhi per costringermi a crederci.

Smettila. Girati, affrontalo.

Non ci riesco, non ancora, non adesso.

Ora sono libera, lo sono quanto lo era lui. Per questo se n'è andato.

Adesso voglio fare lo stesso ma vengo trattenuta. È il colmo.

<<Maggie.>>

Se sento un'altra volta il mio nome, urlo.

Allora rimango immobile, consapevole che se continuo a dimenarmi lui non mi lascerà.

Appena sento la sua presa farsi più debole, con uno strattone mi libero, faccio due passi avanti e mi rifermo.

Ho gli occhi fissi sulla strada davanti a me consapevole che a lui basterebbe allungare le braccia e riprendermi ancora.

Ma non credo lo farebbe di nuovo.

Allora stringo le mani in due pungi, affondando le unghie nella carne dei palmi, forse lasciandomi il segno. Poi mi giro.

Il riflesso del sole mi fa socchiudere gli occhi appena, quando mi volto, poi li riapro più sicura e punto sull'unica immagine che ho di fronte.

Dietro di lui c'è la strada. Nessuno mi è corso dietro, a parte lui.

I capelli sono la prima cosa che noto. Li ha più corti, qualche ciocca ancora spunta da sopra le orecchie ma so che se provassi a infilarci la mano adesso le sue onde non s'impiglierebbero tra le mie dita. Se l'anno scorso avevo solo visto un accenno di barba sulle sue guance adesso sono consapevole che può crescere molto di più, gli delinea la mascella e sale leggermente sugli zigomi, segno che se la deve fare a breve.

Faccio di tutto per non rincontrare i suoi occhi, che so rimasti invariati.

Mi concentro sulla giacca di pelle nera, la sua stupidissima giacca di pelle nera e i jeans che porta, senza nessuno strappo. Mi concentro sulle sue mani ancora aperte e leggermente in avanti, reduci di aver appena lasciato le mie braccia.

Accenna un sorriso appena mi concentro sulla sua fronte e sulle sue sopracciglia da uomo, pensando forse che sto guardando i suoi occhi, ma non è così. Non ancora.

Nessuno dei due accenna a dire una parola e io mi concentro sulle sue labbra.

Sempre rosee, sempre carnose, eppure leggermente screpolate.

Poi sospiro e i suoi occhi sono lì che mi aspettano.

Sono consapevole di essere rigida, immobile, all'erta e con un cipiglio sul volto che farebbe allontanare qualsiasi sconosciuto. Ho persino paura di avere i capelli da pazza dato come sono corsa via.

Mi aspettavo di vederli espressivi, luminosi, suoi. Eppure non lo sono e la cosa mi sorprende quasi quanto il fatto che ce l'ho davanti, realmente.

Ho sempre pensato che rivedere i suoi occhi sarebbe stato come un miraggio, un miracolo evanescente, una botta di ossigeno fresco e genuino.

Ma adesso sembrano spenti, in stand-by, privi della loro immagine così trasparente. Quasi mi rendono triste.

Sono la prima a dare fiato alla bocca e mi costa anche molto. Prendo prima un profondo respiro e poi porto i piedi sullo stesso livello.

<<Hai un aspetto orribile.>>

Al contrario di quanto credessi, Chris non scoppia a ridere, quasi ci avevo sperato.

Rimane in silenzio, come se si aspettasse altre parole.

Incrocio le braccia al petto, cercando di assumere un'espressione infastidita. <<Dopo tutti quei 'Maggie' ti è esaurita la voce?>> Chiedo sarcastica.

Affrontarlo così è il mio unico modo per non saltargli addosso e fargli male. Non posso fare altrimenti.

<<Maggie...>> fa lui, la voce più rauca di tutte le altre volte in cui mi ha chiamato.

<<Eccolo un altro. Sai dire solo il mio nome? Cosa, scappando via sei stato preso in pieno da un treno, hai subito un'operazione lunga dodici mesi e adesso sei capace solo di dire il mio nome? In un'altra situazione sarebbe stato ironico e crudele, ma non ho voglia di pensare all'ironia al momento.>>

Non so cosa mi stia succedendo. Sono completamente andata in pappa. Il mio tono sicuro e sprezzante nasconde invece le mie urla interiori. Vorrei darmi mille botte in testa e almeno un milione in testa a lui.

Resto immobile a fissarlo, gli occhi iniettati di sangue.

Lui arriccia le labbra, sorpreso dalle mie parole, come se non si trovasse di fronte a me, ma avesse sbagliato persona.

L'ho sorpreso e ho sorpreso persino me stessa.

<<Non hai parole.>> affermo infine sciogliendo le braccia, incurvando le spalle. <<Non le hai mai avute. Lasciamo perdere.>>

Con grande rigidità gli do le spalle, pronta a camminare a passo spedito verso casa mia, lasciandolo in silenzio a fissarmi la schiena.

Come immagino, lui non mi viene dietro.

Non chiama più il mio nome.











****

Mi avete resa così felice quando ho postato il prologo che ho deciso di farvi questa sorpresa. Mi annoiavo e ho pensato potesse essere di vostro gradimento.

Purtroppo per il prossimo aggiornamento dovrete aspettare di più, avevo detto che mi sarei voluto avvantaggiare con i capitoli e così voglio fare; capitemi, lo faccio anche per voi.

Ovviamente cercherò di fare quanto prima perché mi siete mancate davvero tantissimo e riparlare con voi mi ha dato una botta di felicità, ve lo giuro. Quindi mi sento felice e condivido questo con voi. Spero davvero che non vi dispiaccia. 

Commentate, commentate, commentate!

Siete uniche!

Alla prossima (quanto prima), baciotti caprette e buonanotte
P.S. Scusate eventuali errori

Xoxo 

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