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WHITNEY HOUSTON (1963-2012)

Milioni di dischi venduti nel mondo; conquiste stabili delle prime posizioni nelle classifiche di tutti i continenti; premi conquistati in giro per il pianeta.

Parliamo di Whitney Houston.

Tralascio appositamente le cifre esatte del suo curriculum professionale per mettere in primo piano il talento vocale di "The Voice": i record prima o poi finiscono, ma la voce di Whitney resta impressa a volteggiare tra le note più complesse e affascinanti del pentagramma.

Purtroppo a soli quarantotto anni finirà di cantare in questo mondo.
Ma la sua anima aveva già smesso di emettere note serene già da tempo.

Ufficialmente muore quell'11 febbraio del 2012 per annegamento nella sua vasca da bagno.

In realtà era morta già da diversi anni, schiava di una vita tortuosa in cui aveva dovuto rinunciare alla felicità per piegarsi ai voleri dell'industria discografica.

Tutto parte da molto lontano. L'obiettivo dei coniugi Houston era farla diventare famosa.

E l'affetto?
Non era necessariamente previsto.

Con la madre insegnante di canto tanto spirito di sacrificio e full immersion nel lavoro.

Col padre manager un rapporto ancora più conflittuale che arrivò persino in tribunale per una sporca questione di soldi.

L'affetto l'aveva trovato altrove.

E non sicuramente in un rapporto di passaggio. Una relazione che, in realtà, durò vent'anni.

Ma ci arriveremo dopo a questa foto.

Per il momento facciamo un balzo indietro al tempo in cui ancora Whitney non esiste.

Non fu sempre triste la sua storia.
Anzi.

Le prime pagine del "romanzo Whitney" sono armoniose come lo fu il suo canto.

Sua madre Cissy Drinkard è una cantante con qualche piccola esperienza in gruppi d'appoggio per tour di due nomi non qualsiasi: Aretha Franklin ed Elvis Presley, la regina del gospel e il re del Rock and Roll.

Isolate esperienze con i grandi a parte, Cissy è una brava cantante che si esibisce in chiesa con un gruppo gospel a conduzione familiare con le sorelle, i fratelli e un paio di nipoti.

Tra un provino e l'altro non è il gruppo che viene notato, ma la nipote ventenne più talentosa: Dionne Warwick.

Burt Bacharach, pianista compositore e produttore discografico, ne farà in breve una cantante di successo: "I say a little prayer" e "I'll never love this away again" furono composte per lei.

Cissy, quindi, è sfiorata dal vento del successo, ma non tocca mai a lei.

In compenso diventa mamma.

Quando Dionne scalava le classifiche, sua cugina Whitney arrivo' in questo mondo nel torrido caldo d'agosto del 1963.

Ma Cissy non voleva essere solo mamma.
Proverà e riproverà, ma senza grosse occasioni.

Intanto seguiva la figlia che pareva indirizzata verso la carriera di piccola modella.

Ancora Cissy non lo sa, ma la sua vera occasione sarà l'occasione che avrà un giorno sua figlia.

Oltre che comparire sulle pagine delle riviste, sin da piccola, entusiasmava gli avventori dei locali notturni in cui si esibiva la madre: - Canta con la mamma! - insistevano le persone incuriosite.

E Cissy duettava con la sua bimba.

Poi, pian piano, conquisto' con la sua voce ispirata da bambina/adulta anche i frequentatori della chiesa divenendo subito leader del gruppo gospel.

Una predestinata.

Whitney sembrava sulla rampa di lancio, ma la madre scansava diverse proposte che venivano da varie parti ritenendole ancora non adatte alla figlia.

Erano già tanti, nel frattempo, i sacrifici fatti da questa ragazzina di diciassette anni che non poteva godersi tranquillamente la sua adolescenza perché doveva impegnarsi per sfondare.

Erano pochi, al contempo, i momenti di divertimento puro e poche le persone con cui parlare dei suoi dubbi.

Una di queste era l'amica Robyn Crawford, diciannove anni, conosciuta nel 1980 in un campeggio estivo nel New Jersey.
E' la ragazza della foto che abbiamo visto ad inizio racconto.

In seguito avrà una parte determinante nel film della sua vita.
Ma non corriamo troppo.

1983.
A vent'anni, arrivo' l'esordio televisivo di Whitney in duetto con la madre: sarà l'ultima volta in cui sarà considerata la figlia di Cissy.

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Da qui in poi gli eventi felici si susseguiranno velocemente.

Solamente due anni dopo il boom arrivo' con il suo primo 33 giri.

Contiene grandi successi melodici appositamente composti per far risaltare le sue innate doti canore, ben supportate da un corposo studio tecnico.

I brani? Molto belli, ma forse passano in secondo piano rispetto alla sua voce.

Cominciamo da "Saving all my love for you".

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Tanta estensione anche in "Greatest love of all" che, qualche anno prima, era stata interpretata dal chitarrista George Benson.

Una versione piacevole, ma che con la superba voce di Whitney si arricchisce di sfumature inedite.

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In Italia il brano di maggior successo sarà, però,  "All at once".

Invitata a Sanremo si esibirà live con bis annesso richiesto a gran voce dal pubblico acclamante in sala.

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Infine, in quel primo Lp, un produttore lucidamente volpone come Narada Michael Walden le scolpi' addosso una commercialissima "How will I know" con cui Whitney conquisto' il pop e le discoteche.

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Altri due anni e anche il secondo album irrompe nuovamente nelle classifiche di tutto il mondo.

Whitney non aveva avversari nel mercato.

Anche qui si balla con "I wanna dance with somebody".

Fu ratificata la nascita di una nuova icona dance.

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Ma a farla da padrona sono sempre le ballad da cantare a squarcia gola.

Ascoltiamo "Didn't we almost have it all" in un'interpretazione durante un concerto.

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Un'altra?

Non può mancare "Where do broken hearts go".

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Quel 33 giri si chiude, infine, con "I know him so well" in cui c'è spazio persino per un duetto con la madre Cissy.

Il cerchio si è chiuso.

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Bel quadretto eh?
Ma non è tutto oro quello che luccica e gli eventi stavano per prendere una piega negativa.

Tour, promozioni in Tv e interviste per la stampa si moltiplicavano.

Nel 1988 incise l'inno delle olimpiadi "One moment in time", brano che apre questa storia.
E' un titolo perfetto per ciò che stava vivendo Whitney.

"Un momento nel tempo" è un segmento involontario della condizione emotiva celata della ragazza, scolpito casualmente nelle parole di alcuni passaggi di questo testo: "Il mio giorno più bello è ancora sconosciuto. Il mio cuore è spezzato per ogni cosa guadagnata. Per assaggiare il dolce. Ho affrontato il dolore. Dammi ancora un momento quando sto correndo con il destino. Allora in quel frammento di tempo io sentirò l'eternità. Sarai vincitore per tutta la vita se tu afferri quel momento. Fallo splendere."

Quel frammento di eternità Whitney lo canta, ma non può farlo suo.

Lei è l'emblema della bellezza e del talento giovane.
Ma questa immagine deve essere perfetta.
Nulla deve scalfirla.

Cissy aveva un sospetto.
Notò che la figlia aveva un rapporto eccessivamente amichevole con Robyn che, nel frattempo, era diventata anche l'inseparabile assistente.

Forse sua madre sospetto' qualcosa. Qualcosa che, lo sapremo solo tanti anni dopo, era una vera e propria relazione.
Un rapporto che, se svelato in quel momento, avrebbe messo a rischio il ruolo perfetto di Whitney Houston super diva.

La madre non l'avrebbe mai permesso.

Cissy, dopo la morte di sua figlia, a domanda diretta rispose: - Se Whitney fosse stata gay mi avrebbe dato fastidio, non lo avrei accettato!

Il successo della figlia intanto raggiunse l'apice completandosi con quello di attrice: nel film "The bodyguard" del 1992 è accanto a Kevin Costner.

La colonna sonora risulterà la più venduta nella storia della musica e la cantante contribuirà interpretando pezzi memorabili come "I have nothing".

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Il brano riceverà la nomination agli Oscar come migliore canzone originale insieme ad un'altra, altrettanto bella: "Run to you".

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Ma la traccia che conquista il mondo è una cover di un country western rimodellato sulle sue corde vocali soul di Whitney Houston, dal titolo "I will always love you".

Ne ascoltiamo una versione live per apprezzare ancor di più le potenzialità vocali della cantante.

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Poi qualcosa comincio' ad andare storto.

Il successo, come sempre capita, è una parabola che sale sale per poi cominciare a discendere.

Robyn era sempre lì accanto a lei, anche troppo secondo chi curava gli interessi di Whitney.

Meglio allora organizzare subito un matrimonio utile per lo star business e la scelta cadde sul  cantante hip hop Bobby Brown, sei anni più giovane di lei, che andava per la maggiore in ambito R&B.

Matrimonio da favola.

Quello stesso 1992 si sposeranno ed avranno una figlia, Bobbi Kristina, dopo solo un anno.

Una famiglia da favola.

Poi la favola fini'.

Si rincorsero subito le voci di un matrimonio pieno di problemi.

Botte, dipendenze, tradimenti e poco amore.

Una sola certezza: "Sento davvero che se Robyn fosse rimasta nella vita di Whitney, lei oggi sarebbe ancora viva".
Così dirà in seguito il marito pentito.

Nel 1999 Cissy allontano' per sempre Robyn dalla vita di sua figlia.
Per Whitney fu un duro colpo da accettare.

Da qui in poi le nubi grigie si addenseranno nel cielo di "The Voice".

Nel 2003 mori' suo padre, che ne curava gli interessi.
Lui la accuserà di averlo truffato e la citerà in tribunale per una causa che non andrà avanti solo per la sua sopravvenuta scomparsa.

Non avranno il tempo di chiarirsi, ne' in tribunale ne' in privato.

Senza possibilità di recuperare il rapporto col padre, degenero' definitivamente anche quello con Bobby.

Nel 2003 i problemi personali di droga e di maltrattamenti della moglie dovranno fare i conti con la giustizia.

Nel 2006 la separazione, ma ormai anche Whitney era nel tunnel della dipendenza: un mix di droga, farmaci e alcool che le daranno il colpo di grazia.

Avrebbe una figlia da crescere come ancora da salvataggio, ma il passato uggioso non le permetteva di vivere serenamente il presente.

Non riusciva più ad essere un'artista integerrima: ritardi, assenza e persino stonature sul palco.

Il mondo che le crollava addosso e un distacco sempre maggiore dalla realtà che ormai era ben chiaro anche ai media.

E siamo lì.

In quella vasca da bagno in cui l'ex ragazza di successo è immersa tra sogni infranti, schiuma in abbondanza e cocktail di sostanze che danno la morte.

La vita, a volte, è crudele.

"Canta con la mamma!" - urlavano tanti anni prima i frequentatori di quei locali che venivano per Cissy e scoprivano Whitney.

"Canta con la mamma!" - chiedeva anche alla piccola figlia Kristina sul palco dei suoi ultimi live la stessa Whitney Houston.

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Adesso Whitney non cantava più: la schiuma la sommergeva.
Ma purtroppo non era finita qui.

Sono passati appena tre anni dalla morte della madre: Kristina ha ventidue anni.

Anche lei, come la sfortunata madre, verrà trovata priva di sensi in una vasca di bagno intossicata da un mix di droghe.
Morirà in ospedale, sei mesi dopo.

La vita, a volte, è particolarmente crudele.

Dopo aver condiviso la fine, adesso "The Voice" e sua figlia riposano l'una accanto all'altra.

Resta la speranza che Whitney fosse pronta ad accoglierla tra le nuvole con una delle sue coinvolgenti interpretazioni gospel...

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