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JANIS JOPLIN (1943 - 1970)

Per capire Janis Joplin e la sua battaglia con la vita bisogna comprendere il contesto in cui crebbe.

Nacque a guerra in corso con gli USA che, da un paio d'anni, partecipavano al secondo conflitto mondiale.

Ma soprattutto aveva meno di vent'anni quando i ragazzi della sua età parlavano solo di pace e libertà, in contrapposizione alle lotte razziali interne nel suo paese e alla sanguinosa  guerra del Vietnam.

Ma noi dobbiamo fare un passo indietro e partire dalla sua famiglia.

I genitori risulteranno, nel bene e nel male, determinanti per la storia che andiamo a raccontare.

Sua madre, Dorothy Bonita East, era una cristiana devota.

Suo padre ateo.
- Mio padre mi ha indotto a pensare. Lui è la ragione per cui sono come sono - disse Janis in un'intervista.

I genitori litigavano e lei ne soffriva.

Ma se il padre le trasmise l'anticonformismo, la madre è colei che la fece avvicinare alla musica con un pianoforte acquistato quando Janis aveva quattro anni.

Per poco, però.

Causa un tumore benigno alla gola, mamma perse la voce e la bimba il piano: fu venduto dal padre perché gli dava sui nervi il picchiettare di Janis sulla tastiera.

Il secondo input musicale venne dalla frequentazione della congregazione della Churches of Christ: Janis andava con la madre e cantava nel coro della chiesa.

Poi arrivano gli anni sessanta e il peace & love del movimento hippy.

E la nostra Janis?

Studiava, ma ancora per poco.

Bullizzata da ragazzina, ben presto perse interesse.
Nel 1960 ritirò il diploma, ma le cronache registrano che quel giorno fosse completamente ubriaca.

Con l'università la situazione non migliorò.
Tra l'altro, la musica stava entrando sempre più nei suoi interessi.

Diversi i provini per band dai generi più disparati, ma il blues cominciò ad essere quello più preferito: dimostrava già un'intensità interpretativa che si adattava splendidamente al genere.

Il richiamo di questo mondo diventò sempre più forte.
L'ultimo barlume di "normalità" fu un fidanzamento che stava per trasformarsi in matrimonio.

Mentre sua madre organizzava le nozze, Janis entrò a far parte di una band country western: la ragazza decise che, almeno per il momento, non sarebbe stata una marcia nuziale
la musica della quale essere protagonista.

Mollò tutto e continuò a fare esperienze in varie band.

La svolta decisiva ha un nome specifico: Big Brother and the Holding Company, un gruppo di San Francisco che faceva rock psichedelico.

Si erano costituiti nel 1965 ma cercavano una ragazza come solista.

Si trovarono alla perfezione.
Purtroppo anche nell'uso dell'eroina.

1967.
Un altro bivio amore/musica si ripresenta sulla strada della sua vita, ma questa volta il matrimonio saltato non dipendera' da lei.

Proprio a San Francisco, Janis s'innamoro' di un uomo, comunicò la sua gioia ai genitori e iniziò a farsi cucire l'abito da sposa.

- Spero d'apparire abbastanza carina agli occhi della tua famiglia - gli scrisse prima di scoprire che quell'uomo fosse sposato e con prole.

Non si fiderà mai più di nessuno che le dichiari il suo amore.

Sesso e alcool saranno i suoi inseparabili compagni quotidiani.

Si catapultò sulla musica e, da quello stesso anno, si susseguirono una serie di eventi senza pause: cominciò ad esibirsi con i Big Brother e venne pubblicato il loro primo album.

Tre pezzi sono firmati interamente da lei.
Tra questi c'è "Down on me".

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Un inno alla pace in cui Janis si rispecchiava: "Credi nel tuo fratello, abbi fiducia nell'uomo. Aiutatevi a vicenda perché sembra che tutti in tutto questo vasto mondo ce l'abbiano con me".

L'anno successivo è la volta di "Cheap Trills", il secondo 33 giri.

Janis Joplin scrive il brano autobiografico "I need a man to love" in cui urla: "Ho bisogno di un uomo che mi ami. Ho bisogno di un uomo da amare. Devo trovarlo, devo averlo come l'aria che respiro".

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Ma il pezzo che celebrerà maggiormente la cantante dalla voce di carta vetrata sarà "Piece of my heart".

In realtà era un brano blues già edito l'anno precedente da Erma, la sorella di Aretha Franklin, ma senza successo.

La versione rock della Joplin resterà, invece, nella storia del rock.

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L'altra cover che ho scelto è decisamente più nota in precedenti versioni: parliamo di "Summertime" di George Gershwing.

Però è esemplificativa di come riuscisse a personalizzare qualsiasi brano, anche di generi lontani anni luce, come questo particolare arrangiamento partendo dal jazz.

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Ma il 1967 fu anche l'anno della cosiddetta "Summer of Love", del movimento hippie che ebbe nel Festival di Monterey il suo punto culminante.

I Big Brother & The Holding Company vi parteciparono, ma fu Janis Joplin a spaccare il palcoscenico in due con la sua voce roboante (nel video eseguono "Ball and chain").

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Ci fu anche un evento nell'evento che cambio la scena musicale dell'epoca e il futuro del rock.

Alla manifestazione duecentomila persone videro per la prima volta sul palco anche Jimi Hendrix.

Lo vide pure lei mentre bruciava la chitarra sul palco.

Condividendo già la passione per il blues e per l'eroina, fecero lo stesso con il sesso.

Non fu l'unica star contemporanea con cui ebbe una storia lampo.

Incontrò un altro "uomo dannato" dalla vita interrotta.

Parliamo di Jim Morrison.

Sesso veloce e storia turbolenta, narrano le cronache: lui che ad una festa le sbatte "gentilmente" la faccia sul tavolo e lei lo colpisce "amorevolmente" in testa con una bottiglia.

Quando si dice il sentimento non ha limiti...

Un po' più poetico il ricordo legato a Leonard Cohen che le dedicò una struggente  "Chelsea Hotel #2" post mortem ("Ma sei andata via, tesoro, non è così? Hai gettato tutto alle ortiche").

Quello di Monterey non fu l'unico evento di massa a cui partecipo'.

Era l'epoca dei festival e, sostenitrice dell'uguaglianza tra gli uomini, non mancherà al concerto in memoria di Martin Luther King.

Ma la data più importante che rimarrà nella storia sarà la tre giorni di pace e musica rock per eccellenza: 15 agosto 1969, Woodstock (il video iniziale si riferisce a quell'occasione).

Più del doppio di giovani rispetto a Monterey e trentadue musicisti che si alternarono sul palcoscenico, tra i quali Janis Joplin.

Ma non andò lì con i Big Brother.

Aveva una nuova band con la quale stava preparando il primo disco da solista.

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Al Festival cantò quattro brani in anteprima, tra cui "Kozmic Blues" che era contemporaneamente il nome del nuovo gruppo e il simbolo del suo particolare concetto di malinconia che descrive nel testo parlando dei suoi venticinque anni: "Il tempo continua a passare. Gli amici ti voltano le spalle. Continuo ad andare avanti, ma non capisco mai il perché. Continuo a spingere duramente il sogno. Continuo a provare a renderlo giusto. Attraverso un altro giorno solitario".

Un po' per distanziare da se' questa cosmica malinconia, un po' per ribadire ogni volta la sua completa adesione all'amore libero, il sesso non mancava mai nel suo letto.

Eppure in amore aveva, al momento, una relazione insolitamente più lunga: a Woodstock era insieme a Peggy Caserta con cui condividerà eroina in quei giorni e anche in seguito.

Anche durante la sua esibizione era totalmente fatta di droga e alcool e venne portata a braccia sul palco.

Sfidava la morte ogni giorno: fra il luglio del '68 e il dicembre del '69 pare che ebbe sei overdose salvandosi sempre per poco.

Se la persona stava crollando, l'artista non doveva fermarsi.

A settembre dello stesso anno vide la luce, quindi, il suo primo album da solista dal titolo "I Got Dem Ol' Kozmic Blues Again Mama!"

Un'altra cover brilla fra le tracce: "To love somebody" dei Bee Gees, scritta dai fratelli Gibb.

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Quel 1969 si chiuderà a novembre con un'esibizione che sarà ricordata anche per il post live.

Tampa, Florida: mentre Janis canta, la polizia fa accendere le luci e le chiede di dire al pubblico di sedersi e stare tranquillo.
- Vaffanculo - risponde lei.

Dopo il concerto, Janis viene denunciata, schedata e arrestata, passando un'ora in cella prima di essere rilasciata.

1970.
Siamo quasi ai titoli di coda del romanzo di quella bambina che, affascinata dal piano di sua madre, pressava quei buffi tasti bianchi e neri quasi a caso.

Nel frattempo la miglior cantante bianca con la voce da nera di sempre è divenuta grande.

Un punto di riferimento artistico nero l'ha e si chiama Bessie Smith: - La copiavo molto, ho cantato tutte le sue canzoni - dice due mesi prima di morire.

Storia di vita anche quella: drammi da inferno e voce da paradiso.

Per quella donna che non aveva trovato pace neanche da morta, acquistò una lapide: la tomba di Bessie Smith, infatti,  dal 1937 era rimasta anonima.

Le sue compagnie sembravano ormai un cimitero: tutti i suoi amici ed amanti erano tossici, intorno a lei un sacco di gente moriva giovanissima.

Conscio del pericolo, il suo produttore stipulo' per lei un'assicurazione sulla vita da 200.000 dollari e poi la mandò a disintossicarsi da uno psichiatra.

Per questo motivo, nel febbraio del 1970, partì per il Brasile.

Ma se la vita di Janis andava a rotoli, avrebbe avuto bisogno anche di un vero amore piuttosto che solamente di medici bravi.

L'ultima ancora di salvezza sembro' David Niehaus.

Proprio in quel viaggio, a Rio de Janeiro, incontrò questo giovane insegnante.

S'innamorarono, ma lui non gradiva che lei si drogasse.
Per questo si erano lasciati quasi subito.

Ma Janis gli scrisse una lettera per dirgli che si stava disintossicando e che lo avrebbe voluto avere di nuovo vicino a lei.

In attesa della sua risposta, cominciò a registrare il suo secondo album da solista.

Gruppo nuovo (Full tilt boogie band) e abitudini vecchie: era libera per l'ennesima volta dall'eroina, forse, ma non sarebbe durato a lungo.

Per non farsi mancare nulla, nel frattempo, Janis ricomincio' anche a bere in modo devastante.

Il countdown di quell'ottobre che durerà pochissimo per lei era già cominciato.

1 ottobre.
"Pearl" era praticamente pronto.
Non lo sapeva ancora, e probabilmente non gliene sarebbe fregato nulla, che in quella mattinata registrerà per l'ultima volta la sua voce su un nastro.

Tra le canzoni di quest'ultimo 33 c'è anche "Me and Bobby McGee", scritta da Kris Kristofferson, uno dei suoi tanti amici/amanti.

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2 ottobre.
Aspettò la risposta di David che non arrivava.

3 ottobre.
Finito di lavorare tornò alla camera 105 del Landmark Hotel di Los Angeles.

Oggi girano fiumi di quattrini per visitare quella stanza d'albergo e lasciare una scritta sull'ultimo letto sul quale dormi' la povera Janis Joplin.

Lì aspettò che arrivasse la sua amica/amante Peggy.

Aspetto' che arrivasse chiunque a tenergli compagnia.

Forse, non aspettava più la risposta di David.

Eppure quella risposta che poteva darle  voglia di vita era lì.

C'era un suo telegramma alla reception: - Scrivimi. Se riesci, vieni fra qualche settimana. Mi manchi davvero. Le cose non sono le stesse quando sei da solo. Ti amo più di quanto pensi.

Troppo tardi.
Janis aveva finito di aspettare che arrivassero le parole o la compagnia di qualcuno.

Aspettava solo che si presentasse qualcosa: sua Maestà La Morte.

4 ottobre.
Viene trovata il corpo di Janis che se n'è andata da diciotto ore prima, per l'ennesima overdose di eroina.

Il suo secondo album da solista vedrà la luce all'alba del 1971, tre mesi dopo la sua dipartita, e schizzerà al primo posto in classifica in varie parti del mondo.

L'ultimo brano che registrò Janis aveva un titolo profetico: "Buried Alive in the blues (Sepolta viva nel blues)".

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Arrivati alla sua ultima nota, torniamo a quella iniziale di questo racconto.

A ben pensarci, la sua fine non la si poté leggere solo in questa sua ultima canzone ma, addirittura, già nella primissima che registrò.

"What Good Can Drinkin' Do" aveva un testo lucidamente malinconico, come un tunnel volutamente senza uscite: "A cosa serve bere? Signore, bevo tutta la notte, ma il giorno dopo mi sento ancora triste. C'è un bicchiere sul tavolo, dicono che alleviera' tutto il mio dolore. Ma lo bevo giù e il giorno dopo mi sento lo stesso".

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