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DALIDA (1933 - 1987)

Era Iolanda Cristina per papà e mamma Gigliotti, calabresi della provincia di Catanzaro.

Per il mondo dello spettacolo sara' Dalida.

Non cominciò e non finì bene l'esistenza terrena di questa donna, in mezzo invece tanto successo shakerato con troppe disavventure drammatiche.

Non iniziò bene perché, da bambina, venne sottoposta a diverse operazioni chirurgiche per una grave infezione agli occhi.

Per questo veniva spesso bendata.
Per questo non voleva mai dormire con la luce spenta.

Aveva paura del buio.
Sarà così per sempre.

Per fortuna c'era il suono melodioso del vìolino suonato da papà Pietro, musicista di primo piano all'Opera del Cairo, ad allietare quei giorni neri della bimba.

Ma quella musica stava per essere sconquassata da un altro dramma.

Non parti' bene questa esistenza perché nel 1939, allo scoppio della seconda guerra mondiale, si portarono via quel suono di violino e suo papà.

Come tutti gli immigrati italiani, lui fu internato dalle truppe del Regno Unito, e  tornò dal campo di prigionia nel 1944.

Sofferente a causa di quella tremenda esperienza, l'uomo morì l'anno dopo a causa di un ictus.

Mamma Filomena rimase con Dalida e gli altri due suoi fratelli: Orlando, più grande, e Bruno, il piccolo.

Poi divenne ragazzina.
Bella.

Il titolo di Miss Egitto, nel 1954, le aprì le porte del mondo del cinema.

La capacità di cantare le diede la doppia chance artistica: registrò il suo primo vinile con "Madona", versione francese di "Barco negro" di Amália Rodrigues.

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I discografici capirono subito che le sue origini italiane le sarebbero servite a livello promozionale.

Così fu sfruttato un inesauribile filone di canzoni classiche e autori di primo piano, per invadere il mercato internazionale con cover di motivi già noti al pubblico.

Con "Bambino" fece boom.

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Era la traduzione della famosissima canzone napoletana "Guaglione", portata al successo da Aurelio Fierro, che ebbe grande successo in Francia nel 1957.

Poi reinterpretò "Come prima", appena portata al successo da Tony Dallara e "Piove" di Domenico Modugno.

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Dietro tante delle sue scelte professionali c'era Lucien Morisse, direttore di Radio Europe 1.

Dal rapporto lavorativo a quello sentimentale il passo fu breve, anche se Lucien era già sposato.

All'uomo servì del tempo per decidere di separarsi dalla moglie, ma nel 1961 si rituffò in un altro matrimonio: quello con Dalida.

Mai scelta fu più errata per entrambi.

Lei era alquanto volubile nei sentimenti: cercava ma, forse, non sapeva neanche lei cosa.

Per questo, nel giro di pochi anni, la donna ebbe delle storie con uomini diversi tra loro.

Il risultato dell'errore di Lucien arrivò dopo appena un mese, quando Dalida incontrò Jean Sobieski.

Era un giovane pittore e attore alle prime armi, di cui Dalida si innamorò e col quale andò a convivere solo per qualche mese.

Nel 1963 invece ebbe una storia con Christian de la Mazière, un uomo di dieci anni più grande col quale restò insieme per tre anni.

Intanto si era ufficialmente concluso, dopo sei anni, il rapporto con Lucien.
Anche se, dopo il divorzio, rimasero buoni amici.

Nel 1965 probabilmente toccò l'apice artistico interpretando "La vien en rose" (inserita nel video iniziale), cavallo di battaglia di Edith Piaf che era scomparsa due anni prima.

Stava per arrivare anche l'apice dell'incrocio tra la cantante e la donna: il momento inevitabile in cui avrebbe fatto i conti con il semaforo della sua vita.

L'incontro con Luigi Tenco.

Avvenne nell'autunno 1966, durante una gara tv al varietà Scala Reale": Dalida presentava in concorso "Bang Bang".

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Lì presero la decisione di collaborare andando in coppia a Sanremo.

Non andarono in coppia solamente a condividere un palco, ma anche un sentimento in questo breve tratto di vita in comune.

27 gennaio 1967.
"Ciao amore, ciao" non conquista la giuria del Festival.

Non esiste video di quelle due esibizioni della serata finale, ma solo degli audio e qualche filmato fatto durante le prove.

Sembra quasi che si sia voluto dimenticare per sempre ciò che avvenne.

Sarà l'ultima canzone composta dal cantautore genovese.

Finita la sua esibizione Tenco andò in albergo e decise che non ci sarebbe stato un domani per lui.

Il cantautore genovese si sparò un colpo di pistola alla testa, lasciando un biglietto in cui condannava il mondo della musica.

Non c'era alcun cenno alla storia d'amore con Dalida.

- Io la canto, ma non la posso ascoltare.
Lo ripete' spesso Dalida nella sua vita, riferendosi a quella canzone che ci divide con Luigi.

Già il mese dopo la morte del suo ex amante e collega, vestita con il lungo abito nero che aveva portato a Sanremo, ricantò "Ciao amore, ciao" alla trasmissione televisiva "Palmarès des Chansons" in una versione tradotta in francese.

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Qualche giorno dopo questa commovente esibizione, il 26 febbraio, la donna tentò di suicidarsi.

Si recò all'albergo Prince de Galles, dove aveva soggiornato con lo stesso Tenco prima di Sanremo, e ingerì una dose letale di barbiturici.

Trovata per caso da una cameriera, verrà portata in ospedale per risvegliarsi dal coma sei giorni dopo.

Sarà un appuntamento solamente rinviato.
Di quanto tempo lo vedremo.

La voglia di vita tornerà quasi subito, grazie ad un amore inconsueto.

Qualche mese dopo il tentativo di suicidio, iniziò infatti una relazione con uno studente ventiduenne italiano di nome Lucio.

Lei ne aveva dodici in più, per cui non sarebbe stato accettato dal mondo dello spettacolo.

Il fratello minore Bruno, che nel 1970 diverrà suo manager, le sconsigliò di rendere pubblica la relazione.

Ancor di più quando rimase inaspettatamente incinta.

Dalida decise di rinunciare al figlio, ma dal momento che l'aborto non era ancora legale si sottopose a un intervento clandestino in Italia.

Non so se la donna pensò mai che il fato pretendesse da lei che dovesse pagare delle pene per la sua condotta terrena, sta di fatto che a causa di complicazioni durante l'aborto rimase sterile.

- Dalida rimpianse quella decisione per tutta la vita - dichiarerà in seguito il fratello.

Certe esperienze graffiano in profondità.
La donna ebbe bisogno di ritrovare se stessa.

Tra la fine degli anni sessanta e l'inizio degli anni settanta, intraprese una serie di viaggi in Nepal come percorso di ricerca interiore.

Negli stessi anni, cominciò una relazione con il filosofo Arnaud Desjardins.

L'uomo giusto al momento giusto?
Magari l'avrebbe fatta riflettere sui grandi sistemi al di fuori di sé in relazione alle tante incertezze che pulsavano nella sua mente.

Pero' Arnaud, come il suo primo marito, era sposato.
Non un particolare da poco, tenuto conto del matrimonio precedente fallito.

A proposito di Lucien, stava per arrivare una nuova bomba nella vita di Dalida.

1970.
Come Tenco, anche Morisse si suicida sparandosi un colpo in testa.

L'anno dopo Dalida, forse influenzata da questo nuovo epilogo tragico travestito da polvere da sparo, chiude la relazione con Arnaud magari per evitare un ulteriore sbaglio.

Dopo tante storie fugaci è, però, in arrivò quella più lunga della sua vita sentimentale: nel 1972 incontra Richard Chanfray, con il quale starà insieme quasi per un decennio.

Due anni dopo che si chiuse questa relazione si ripeté il dramma: nel 1983 Chanfray si suicido'.

Cosa passò dalla testa della donna?
Ebbe la sensazione che la morte la seguisse imperterrita?

Pareva in effetti un inseguimento senza sosta che le faceva trovare l'impietosa falce sul proprio cammino.

L'anno del terzo suicidio dei suoi ex cantò una canzone che parve forse un brano emblematico e che sarà sicuramente premonitore: "Mourir sur scène".

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"Io che ho scelto tutto nella vita,
voglio scegliere anche la mia morte. Noi due ci conosciamo ormai,
ci siamo visti da vicino, ricordati. Morire senza il minimo sforzo
di una morte bene orchestrata.
Io voglio morire sul palco,
è lì che sono nata io."

Nel 1985 accettò l'invito di Patrick Sabatier al programma francese  "Il gioco della verità" in cui si rispondeva in diretta a domande poste dal pubblico in studio dai telespettatori.

Lì disse che non si sentiva responsabile della morte dei suoi tre ex, ma già doversi discolpare non sarà stata una cosa simpatica.

Del resto non era la prima volta che si ritrovava a condividere con il pubblico in tv le fratture del suo cuore, senza riuscire a dare argini alle sue lacrime in piena.

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Dalida pareva avere sempre bisogno di una figura di riferimento maschile accanto a lei.

Probabilmente le mancava un surrogato di quel melodioso suono di violino che, quando era bimba, aveva sopperito con tenerezza alle difficoltà di vista: quel papà mai vissuto appieno.

Psicologia ipotetica a parte, restano i fatti.

In quello stesso 1985 Dalida iniziò una nuova relazione con un medico di nome François Naudy.

Sarà la sua ultima storia d'amore.

Non ci stiamo avvicinando solamente all'ultimo episodio sentimentale della sua vita, ma anche alla fine del suo passaggio su questa terra.

Nel 1986 Dalida tornò a casa, al Cairo, per partecipare al film "Le Sixième Jour".

Fu un'occasione per rivedere volentieri i luoghi della sua infanzia.

Non sapeva allora che il viaggio in rewind nel passato l'avrebbe fatto appena in tempo prima di morire.

Nel 1987 avvenne la rapida conclusione dell'amore con François, dopo soli due anni.

Aprile 1987.
Dalida registrò la partecipazione al programma musicale tedesco "Melodien für Millionen", ma non andò in onda subito.

Non ebbe mai l'opportunità di rivederla.

Perché?
Esattamente un mese dopo, c'è per lei un appuntamento non più rinviabile.

Ricordate quel tentativo di suicidio dopo l'addio del suo Luigi alla vita?

Vent'anni e tre mesi.
Tanto è passato da allora.

Nel frattempo quante storie felici aveva vissuti tra parentesi tragiche?

E' ora di fare i conti col proprio passato.

L'appuntamento è a Rue d'Orchampt 11bis sulla Butte di Montmartre, casa di Dalida.

Il 2 maggio 1987 a Parigi c'era una serata particolarmente fredda.

Così tanto che il manager fratello la chiamò per rinviare un servizio fotografico.

Scattò in quel momento un clic alla donna o era già tutto previsto?

In rapida successione Dalida diede la serata libera alla propria cameriera e usci'.

Con l'auto fece il giro dell'isolato per imbucare tre lettere: una per il fratello Bruno, una per il suo ultimo compagno François e una ad un suo amico.

Poi tornò velocemente nella sua abitazione, scrisse qualcosa su un bigliettino e s'infilo' tra le coperte.

Lì per in momento avrà sentito riparo dal freddo parigino, quel calore che durante la vita non era mai stato stabile nelle sue relazioni, per un motivo o per l'altro.

Di certo c'è che non durò tanto questa sensazione di protezione: quando finì, ingerì una massiccia dose di barbiturici accompagnati da un bicchiere di whisky.

Ricordate l'inizio della storia?
Iolanda non voleva mai dormire al buio.

Per la prima volta, quella notte tra il 2 ed il 3 maggio 1987, spense la luce della camera: aveva smesso di aver paura dell'oscurità e di qualsiasi cosa ci sarebbe stato oltre la vita.

Non abbiamo mai saputo cosa avesse scritto in quelle tre lettere spedite poco prima di morire, probabilmente qualcosa di simile al bigliettino lasciato sul comodino: "La vita mi è insopportabile. Perdonatemi."

A sei mesi dalla sua morte, Dalida tornò in tv con la sua ultima apparizione vista postuma.

Quella partecipazione televisiva che aveva registrato e mai rivisto.

Tornò con il brano "J'attendrai".

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"Aspetterò il tuo ritorno. Torna molto presto: i giorni sono freddi e senza fine. Le notti senza di te, quando ci si lascia si dimentica tutto. Ma ritornare è così dolce".

L'infelice Iolanda Cristina se n'era andata, Dalida era tornata e sarebbe rimasta per sempre.

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