Capitolo 6, 2016
La luce del sole splendeva fuori dalla finestra.
Le serrande di quest'ultima erano abbassate, lasciando filtrare piccoli fasci di luce nella stanza.
Era una stanza abbastanza grande, e non c'era una singola cosa al proprio posto. Quella che un tempo doveva essere la scrivania era coperta di quaderni, trucchi, libri e c'era addirittura una maglietta buttata sulla sedia. Il pavimento, poi, non era meglio.
Si potevano vedere libri e vestiti sotto il letto.
Il comodino era pieno di carte di cibo vario e bicchieri. La parete accanto al letto era tappezzata di foto e biglietti dei concerti, e sul grande letto poco più in là, era distesa con fare annoiato una ragazza.
I lunghi capelli mossi e castani non avevano un vero e proprio senso, ed erano sparsi sul cuscino.
La ragazza fissava il soffitto con sguardo perso. Dopo una manciata di minuti passati così si mise a sedere, appoggiando la schiena alla testa del letto.
Allungò la mano sul comodino, tastandolo per cercare qualcosa. Rendendosi conto che quello che cercava non era lì, provó a cercare prima sul letto, sempre tastandolo totalmente a caso, poi cercò sotto il cuscino, trovando il telecomando.
Accese la televisione che era attaccata al muro proprio davanti il letto e con un movimento rapido si aggiustò gli occhiali neri e abbastanza rotondi sulla sua faccia.
Dopo qualche minuto passato a fare zapping, si alzò lasciando la televisione accesa su un canale che trasmetteva una partita di football.
Uscì dalla camera e attraversó lentamente e silenziosamente il corridoio.
Scese le scale e andò in cucina; aprì la dispensa e fissò a lungo l'interno, analizzandone il contenuto.
Dopo un attimo di riflessione, afferrò il pacco di biscotti e la richiuse.
Salì le scale con la stessa lentezza di prima e appena raggiunto il letto ci si buttò sopra. Riprese a fissare il soffitto, e di tanto in tanto si metteva un biscotto in bocca.
Oramai era diventata una routine vera e propria: si svegliava a mezzogiorno, guardava la TV, e si alzava dal letto solo per andare a prendere da mangiare. Dopo essere stata in cucina ritornava sul letto, e questo processo si ripeteva giorno dopo giorno, da tre anni ormai.
«THERESA!«
La voce tremendamente fastidiosa di sua madre si poteva sentire dal piano di sotto.
La ragazza la ignorò.
«THERESA! DEVO VENIRE IO LÀ?»
Continuò ad ignorarla.
«GUARDA CHE SE CONTINUI COSÌ TI STACCO TUTTO, DALLA TV AL WI-FI!»
«TANTO NON SEI CAPACE»
Urlò di risposta Tessa.
«TI RICORDO CHE HAI UN PADRE!»
Tessa sbuffó. Odiava quando sua madre faceva così.
Quindi di malavoglia scese dal letto, senza nemmeno preoccuparsi di mettersi le ciabatte,disperse sotto il letto.
«Che c'è?» Chies affacciandosi alla porta della sala da pranzo.
«Non ti rivolgere a me così.»
«Che c'è?» Chiese di nuovo, ignorandola.
La madre sospirò.
«Perché non esci un po'? Mi basta anche fuori in cortile, ma ti prego Tess, vai a prendere una boccata d'aria! Non puoi vivere così per sempre!»
Tessa ruotò gli occhi e strinse i pugni. Sua madre le ripeteva sempre di uscire, di farsi una vita, ma lei non ne aveva la minima voglia.
«Mi chiamo Theresa. Niente diminutivi.» Disse stringendo i denti.
«Potresti trovarti almeno un lavoro! Guarda i tuoi fratelli, tua sorella va al college ed ha ottimi voti, tuo fratello sta nella squadra di basket e..»
«Quando la smetterai? Quando la smetterai di rinfacciarmi il fatto che i miei fratelli abbiano concluso più di me? Di figli perfetti già ce ne hai due, uno difettoso puoi pure sopportarlo.»
Concluse infastidita Tessa alzando notevolmente il tono di voce, prima di risalire le scale.
Sua madre la paragonava sempre ai suoi fratelli, e questo le dava particolarmente fastidio.
«Prima non eri così.» Continuó Marjorie, con l'intento di smuovere qualcosa.
E in effetti era vero. Prima sorrideva spesso, sempre, aveva tanti amici e una vita tranquilla.
-Le persone cambiano.- Rispose fredda la ragazza, prima di ritornare in camera sua, sbattendo la porta.
Tessa aveva smesso di andare a scuola a 18 anni, dopo il diploma, e si era rifiutata di continuare gli studi al college.
La giornata passò lentamente, e come al solito Tessa andò a dormire tardi.
Prima di andare a letto il suo sguardo si posò sulla finestra. Guardò di fuori, avvicinandosi lentamente e tenendo lo sguardo fisso. Una volta avvicinatasi, il suo sguardo andò a finire sulla casa accanto alla sua, ormai abbandonata da tre anni.
Un ricordo le attraversó la mente e le venne un momento di malinconia.
Sentì le lacrime agli occhi, ricordandosi di lui.
La mattina seguente, di malavoglia, Tessa fu costretta da Marjorie ad uscire. Si mise dei jeans, degli stivali e la sua immancabile camicia rossa a quadri neri. Quando usciva, quelle poche volte, era solita mettersi le camicie.
Appena arrivata in cortile, prese una boccata d'aria e si guardò intorno.
Erano forse due settimane che non usciva fuori.
Davanti a lei si estendeva la vasta distesa verde di alberi, l'inizio del bosco. Ricordava perfettamente quando da piccola lei e sua sorella andavano a giocare lì dentro. L'ha sempre inquietata quel bosco, anche se quando stava con qualcuno quell'inquietudine diminuiva.
«Theresa!»
Non appena sentì il suo nome si girò, e riconobbe subito chi l'aveva chiamata: Ted e Ryan, i figli di una coppia del quartiere. Erano due gemelli dai capelli biondissimi e con una smisurata passione per gli scherzi.
Tessa sorrise, e si abbassò alla loro altezza. Non si dovette abbassare di tanto, considerando che non era una ragazza particolarmente alta.
«Ciao ragazzi.» Li salutò passando una mano tra i capelli di Ryan.
«Come mai non ti abbiamo più visto?» Chiese l'altro.
«Non sono stata tanto bene.» Rispose mentendo Tessa.
I fratelli si scambiarono un'occhiata complice, e Ted fece segno all'altro di parlare.
«Vedi... La nostra bella palla è andata a finire lì, non è che potresti andare a prendercela?» Disse il biondo indicando la casa alle spalle di Tessa.
Quest'ultima si girò e un senso di inquietudine l'attraversó.
«Vedi» continuó l'altro «i nostri genitori ci hanno detto che lì ci abitano i fantasmi.»
La ragazza continuò a fissare la casa, notando che effettivamente sulla finestra che dava sul cortile c'era un buco.
«Io non...»
«Daiii»
«Ti prego Theresa!»
La ragazza sospirò, e dopo aver dato un ultimo sguardo ai bambini davanti a lei, si avviò verso la casa.
Appena mise un piede sul pavimento il legno scricchiolò. Si guardò intorno, notando che la casa era rimasta proprio come se la ricordava.
Quanti pomeriggi passati lì dentro a fare i biscotti, a giocare ai videogiochi, a ridere e scherzare.
Fece un bel respiro e proseguì, salendo le scale.
Appena avvistò la palla dei due fratelli si diresse in fondo al corridoio.
Si fermò davanti ad un mobile con una foto incorniciata sopra. La prese tra le mani: rappresentava la famiglia di quella casa al completo, e rabbridì quando vide che il volto di tutti era cancellato con una croce, tranne quello della madre. Deglutì e rimise la foto a posto.
Raggiunta la palla, si chinò per prenderla, e appena si rialzò, volse lo sguardo verso la camera alla sua sinistra. La porta era aperta, e sulla parete accanto al letto c'era scritta una frase, con del sangue probabilmente:
''Ricorda di non dimenticarti mai del sole, tesoro''
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