7.
Harry si svegliò coprendo gli occhi con una mano, disturbato dai raggi del sole.
Percepì un movimento alle sue spalle e si girò scoprendo il volto rilassato di Louis, il quale dormiva ancora beatamente.
Aveva una mano infilata sotto il cuscino, l'altra aperta e appoggiata sul ventre.
Da quando aveva conosciuto Louis, il mondo gli sembrava meno bastardo.
E se l'altro si era aperto a lui tanto facilmente, forse non lo considerava una persona qualunque.
"Sento le rotelline del tuo cervello girare sin da qui" biascicò Louis nel sonno.
Harry si sistemò su un fianco. "Non sei pentito di avermi detto quelle cose ieri?"
"Non ne parli finchè qualcuno non è stato in grado di tirartele fuori. È questione di abitudine, sono sempre stato propenso a tenerle per me" sorrise mantenendo gli occhi chiusi.
Harry ne approfittò avvicinandosi per baciarlo. Gli circondò la vita con un braccio, afferrandogli il sedere con entrambe le mani.
Louis passò le dita sulla spalla di Harry percependo sotto la propria pelle, quella dell'altro farsi subito d'oca.
Poi incastrò le dita nei suoi morbidi capelli rendendo il bacio meno casto, più intenso e passionale.
"Quindi sono il primo?" chiese Harry quando si staccarono per riprendere fiato.
"Tu sei diverso da tutto il resto" lo fissò negli occhi Louis.
Harry gli catturò di nuovo la bocca e lo fece stendere a pancia in giù, incastrando una gamba fra le sue e sollevandogli il busto.
Scivolò con la lingua lungo la spina dorsale fino alla nuca, dove lo morse leggermente. Louis sospirò e abbandonò la testa in avanti.
All'improvviso un cellulare emise un suono ed Harry si irrigidì all'istante.
"Devi rispondere?" gli chiese Louis spezzando il silenzio.
Harry deglutì a fatica. "Scusa" gli soffiò in un orecchio spostandosi dal suo corpo. Si sedette al bordo del letto e afferrò il cellulare posato sul comodino.
"Il mio messaggio potrebbe arrivarti quando meno te lo aspetti"
Harry prese un respiro profondo: quel giorno era arrivato.
Simon: Ho tutto. Ti aspetto fra cinque minuti.
Louis si sporse verso di lui e lo baciò dolcemente tra le scapole. "Devi andare?"
"Sì" rispose laconico Harry. "Noi ci vediamo dopo, vero?"
"Se tu lo vuoi."
"Altrochè, non ho finito con te" gli morse il labbro inferiore e iniziò a vestirsi.
Harry spense la macchina e guardò la villa di fronte a sé. Prese coraggio, uscì dal veicolo mettendo le sicure e raggiunse l'abitacolo.
La porta come sempre era aperta. Percorse il corridoio camminando spedito verso l'ufficio di Simon, dove l'uomo disponeva di una lavagna interattiva.
Senza tergiversare troppo, abbassò la maniglia della porta e appena varcò la soglia, la terra gli scomparve magicamente sotto i piedi.
Sullo schermo erano proiettate diverse immagini di un ragazzo, ripreso in situazione diverse. Ognuna distanziava dall'altra solo qualche giorno. Come se qualcuno lo avesse pedinato tutto il tempo, tentando di coglierlo in circostanze anche più piccanti.
"È nato a Doncaster, nel South Yorkshire, da Johannah Poulston e Troy Austin. La madre è morta per leucemia all'età di quarantatrè anni. Ha vissuto dai quattro ai sei anni nella città costiera di Poole, nel Dorset, per poi tornare nella sua città natale."
Niall spostò gli occhi su Harry, osservandolo preoccupato.
Se ne stava appoggiato alla porta, da quando era entrato non aveva ancora spiccicato parola.
"Ha una sorella minore dal lato paterno, Georgia Austin, mentre dal lato materno cinque sorelle ed un fratello, tutti minori: Charlotte, Félicité, le gemelle Daisy e Phoebe, infine i gemelli Doris ed Ernest Deakin."
"Vuoi sterminare un'intera famiglia dopo che Harry avrà fatto fuori quel ragazzo. Dico, sei fuori di testa?!" chiese alla fine Niall visibilmente adirato. "Non permetterò-"
"Ti prego di continuare Simon" disse Harry con una nonchalance quasi invidiabile, interrompendo l'amico.
"Non è una famiglia, ma la sua famiglia e da noi esiste la regola del tutti o nessuno. Viene eliminato il familiare della vittima fino al ventesimo grado, compresi i bambini e le donne. Detto questo" Niall mutò e contrasse la mascella, "ha lavorato come cameriere nella suite dello stadio di Doncaster e attualmente è dipendente in un cinema. E canta, l'hanno visto in molti locali del centro, suona con una chitarra elettrica solid body, bianca e nera."
Harry avvertì la gola bruciare, per tutte le lacrime che stava cercando invano di trattenere.
"Dopo che la madre divorziò, ha preso il cognome del patrigno Mark Tomlinson, che lo ha cresciuto. Dell'uomo me ne sono già occupato io, era lui la vera minaccia."
"Come si chiama il ragazzo?"
Invece lo sapeva già.
Simon spense la lavagna interattiva e il buio li avvolse.
"Louis. Louis Tomlinson."
Harry non si accorse di star piangendo quando ringraziò Simon -solo perchè avrebbe dato nell'occhio se non l'avesse fatto- e lasciò la villa.
Raccolse la macchina e si allontanò il più possibile, arrivando su una piccola spiaggia.
Il mare produceva un rumore quasi ipnotico, che condusse Harry ad inginocchiarvisi davanti. Poi si lasciò cadere sulla schiena.
E urlò, mentre calde lacrime scorrevano sulle guance.
Harry distese la braccia e chiuse gli occhi.
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