3.
Harry rimase incantato dallo stile d'epoca di quella casa. I mobili antichi gli piacevano molto, dai cassoni massicci alle poltroncine dorate e apprezzò il fatto che Louis avesse deciso di non accumulare roba sopra ognuno di essi.
Passò di fianco alla libreria e scoprì che l'altro era un grande amante di Stephen King. Storse il naso: i thriller non facevano per lui.
"Uno come te, grosso e alto non legge romanzi da paura?" ridacchiò Louis.
"Non sono poi così grosso. E comunque sì, preferisco le storie d'amore."
"Non me la racconti giusta."
Harry scoppiò a ridere e Louis lo seguì a ruota. Quest'ultimo versò il thè che aveva precedentemente preparato per se stesso, in due diverse tazze. Poi ne porse una ad Harry, che accettò con piacere.
"Studi?" chiese Harry.
"No, lavoro."
"Di cosa ti occupi?"
"Sono dipendente in un cinema. Sto cercando di guadagnare qualcosina, vorrei frequentare una scuola di musica. Abitavo prima a Doncaster, per questo motivo mi sono trasferito qui" l'altro annuì. "E tu?" gli domandò alla fine.
Harry sgranò gli occhi e bevve un sorso di thè caldo prima di rispondere. "Sono un avvocato."
"Quindi hai conseguito una laurea in giurisprudenza?"
"Sì, ehm... ho studiato psicologia, medicina legale e statistica."
"Quindi sei un criminologo."
Harry si bagnò le labbra, adesso secche. "Sì, diciamo così."
"Lavori alle dipendenze di qualcuno?"
"No... sono un libero professionista, anche se di per sé il criminologo è una figura di supporto ad altre. E-" deglutì, "quindi canti?"
"Ho scritto qualche canzone e l'ho registrata, ma non mi sono mai ascoltato. Odio la mia voce."
"Questo lascialo dire a me."
Louis spalancò la bocca. "N-No. Sarà per un'altra volta."
Harry lo afferrò per il bavero del maglione con una mano, mentre con l'altra gli teneva stretto il mento con due dita.
"È da quando sono entrato da quella porta che ho il desiderio di scoparti, sono libero di farlo e tu non avresti il coraggio di opporti. Quindi, se vuoi evitare che i vicini si preoccupino delle tue urla, fammi ascoltare l'audio."
Louis fece per aprire bocca, ma un ringhio alle loro spalle gli fece voltare. Louis sorrise alla palla di pelo, ringraziandola nella mente di averlo salvato da quella situazione scomoda. "Lui è Clifford" lo presentò ad Harry.
Quest'ultimo allungò il palmo della mano verso l'animale, che d'istinto gli abbaiò contro allontanandosi.
"È solo molto protettivo nei miei confronti, ma stai tranquillo che non ti odia."
"Avrei giurato il contrario" accennò un sorriso Harry. "I cani fiutano il pericolo."
"Fammi indovinare: saresti tu il pericolo."
"Chissà."
"Aaaaaah! Non propinarmi l'immagine del duro senza cuore, incapace di amare e farsi amare... andava di moda secoli fa. Adesso fa colpo il criminale che prende in ostaggio la vittima e cerca di farla innamorare di lui in trecentosessantacinque giorni."
Harry lo guardò serio, poi gli fu impossibile non scoppiare a ridere. Subito dopo incollò le labbra alle sue.
Louis sgranò gli occhi. Inaspettatamente, fu veloce a ricambiare. Poi gli tirò i capelli per guardarlo in viso. Le labbra sempre vicine e gli occhi incatenati. "E sei curioso di sapere cosa fanno la maggior parte del tempo?"
"No" rispose Harry riprendendo a baciarlo.
"Scopano."
"Figo."
"Romantico, non credi?" chiese Louis fra i baci.
"Credo."
"Il sesso è un fatto fisico, non è amore" obiettò Louis interrompendo ancora il bacio.
"E l'amore è un atto emotivo, anche questa definizione è di secoli fa. Aggiornati."
"Fare l'amore ha un significato di appartenenza e di alleanza perché è un'offerta non solo relativa al dare e al ricevere piacere" replicò Louis.
Harry sospirò. "Se io voglio fare l'amore con il mio ragazzo in un sudicio bagno di un cazzo di locale per soli quindici minuti, lo faccio!" si alterò. "Perchè lo desidero e lui desidera me! Siete fisicamente ed emozionalmente insieme nello stesso istante, è questo che importa."
Louis stavolta non sapeva come ribattere. Non lo avrebbe fatto.
Harry sbuffò e si allontanò. Tornò verso la porta d'ingresso, l'aprì e se la chiuse dietro le spalle, lasciando Louis a bocca aperta e con il senso di colpa di essersi lasciato scappare la più grande ed eccitante limonata che gli fosse mai capitata.
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