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Capitolo Tre: Derealization

Evelyn

...

Derealizzazione: esperienza distorta, d'irrealtà, di estraneità e distacco dal mondo esterno, dalle persone e dagli oggetti, come se ci si sentisse dentro una bolla, dietro a un velo o un vetro che dividono la persona dal resto.

Se dovessi, trovare una parola per descrivere i miei ultimi anni di vita, sarebbe proprio questa.
So benissimo che, la derealizzazione, sia una malattia mentale che fa parte dei disturbi dissociativi, ma se questa parole fosse un aggettivo sarebbe la parola perfetta.

Fino allo scorso capodanno, giorno in cui la mia vita è cambiata drasticamente, la mia ''bolla'' era la mia vita stessa. Ero proprio io.
Vivevo la mia vita da spettatore, come se la stessi guardando sul grande schermo, e io non ne avessi il libero arbitrio. Erano delle scene già fatte, che io stavo semplicemente guardando.

O almeno così mi sentivo, la maggior parte delle volte.

Negli ultimi mesi, la mia bolla, è diventata la camera di un vecchio motel nei sobborghi di un paesino in provincia di Roma. Lì vivevo la mia vita con una quotidianità perenne che col tempo mi è parso essere uno squallido loop.

Anche ora, che sono sdraiata sul mio nuovo letto, nella mia nuova stanza, mi pare di star vivendo in un film. Non l'ho scelta io questa casa, io non ho scelto di venire qui, il mio nuovo nome o come dovessi condurre la mia vita d'ora in poi.
Ho un copione già scritto, che devo seguire parola per parola.

Solo le emozioni sembrano appartenermi ancora.

Mi sono rinchiusa in camera, con la scusa di dover sistemare i bagagli, ma sono più di quindici minuti che guardo il soffitto.
Sperando che, almeno lui, sia in grado di darmi delle risposte su come uscire da questa situazione.

Qualche minuto prima...

Alzo gli occhi al cielo, leggermente infastidita dal soprannome, ma non posso fare a meno di sorridere leggermente.

≪ Sei venuto per controllare che, non mi fossi fatta male durante la caduta? ≫ domando facendo un passo verso di lui, senza mai interrompere il contatto visivo.

≪ Scusami per prima, non volevo. Ero parecchio nervoso afferma, passandosi una mano sul retro del capo, con fare imbarazzato.

Mi fermo per un attimo a guardarlo, ha un aria così familiare. Dove l'ho già visto?

≪ Sono Charles comunque. Charles Lerclerc, abito qui alla porta accanto≫ dice allungando la mano verso di me, che afferro prontamente.
≪ Sono E-Stephanie, Stephanie Morris≫
≪ Per un secondo, mi è sembrato di capire Norris≫
≪È un male?≫
≪ Solo se non vuoi essere scambiata per una parente di Lando≫ afferma, come se conoscessi questo Lando, di cui sta parlando.

Faccio per chiederglielo, ma una chioma rossa dietro di lui, mi distrae. Ha lo sguardo più cupo rispetto a prima, come se avesse appena avuto un incontro con un dissennatore. Ma appena nota il ragazzo di fronte a me, mette su un sorriso finto e nasconde le emozioni di prima, come se non volesse dargli preoccupazioni.

≪ Charlie, cosa ci fai qui? Non dovresti essere al Paddock ora? ≫ domanda Arielle, andando però ad abbracciare il ragazzo.
≪ Buongiorno anche a te Elle. Ero passato per vedere, se ti servisse un passaggio in aeroporto visto l'arrivo della tua nuova coinquilina. ≫ dice Charles, ricambiando l'abbraccio e lasciandole un tenero bacio sulla guancia.

Sembrano quasi...intimi.
E poi, cos'è un Paddock?

≪ Non dovevi preoccuparti, avrei preso un taxi! Ma ora va su, è già tardi e poi non ti voglio subire mentre ti lamenti delle sgridate di Mattia. ≫
≪ Mi stai cacciando Elle?≫ ride lui, mentre lei lo spintona verso la porta.
≪ No, mi assicuro che tu non venga cacciato a suon di calci da Mattia≫
≪ Non lo farà, Mattia mi adora. Ma sì, ho capito ora vado. Però, prima devo avere conferma che domani ci sarai. ≫

Arielle lo guarda dispiaciuto, mentre lo sguardo di Charles si tramuta in uno triste
≪L'avevi promesso Elle, sia a me che a Pierre. Oramai, non vieni quasi più alle gare≫
≪ Hai ragione, ma Caleb non può venire. E da sola, non posso esserci. ≫
≪Caleb, sempre colpa sua. Sei cambiata da quando sei con lui Elle. Ti prego, trova un modo per esserci. Ho bisogno di te, lo sai. Ora devo andare o Mattia mi fa fuori davvero ≫ le lascia un bacio tra i capelli mentre a me riserva un semplice saluto accompagnato da un sorriso.

Quando Charles va via, lo sguardo di Arielle torna a farsi cupo, proprio come quello di poco fa, e io non so cosa fare.
Non sono stata mai brava a consolare le persone.
≪ Dai, vedrai che troverai una soluzionela rassicuro, avvicinandomi a lei.
≪ Perché non vieni tu?≫ domanda all'improvviso alzando lo sguardo verso di me.

IO? Ma dove tra l'altro?
≪ Non sono la persona più adatta Arielle, non so nemmeno di cosa stavate parlando≫ affermo, sentendomi un po' imbarazzata per la situazione.
≪È una gara di Formula 1. Charles e Pierre, il ragazzo che ha nominato prima, sono due piloti. Andiamo, vedrai che sarà divertente e poi un po' di adrenalina non ha mai fatto male a nessuno≫

Oh cara Arielle, se solo sapessi dove mi ha portato quell'adrenalina di cui parli, cambieresti idea.

Ne ero quasi dipendente, in certi aspetti lo ero sul serio.
Secondo alcuni, l'adrenalina, causa in molte persone una vera e propria dipendenza. Loro, vivono la vita come un'avventura costante; in un'euforia che fa provare loro un intenso desiderio di trovare eventi che li portino al limite.

Io il limite l'ho sfiorato con le mie mani, ho quasi toccato il fondo e ora, eccomi qui.
Ma questa è tutta un'altra storia.

≪ Charles, il nostro vicino, è un pilota di una delle più grandi categorie nel mondo automobilistico?! ≫ affermo sorpresa mentre Arielle ride leggermente, scuotendo la testa.
≪ Già, in più guida nel team con più vittorie mondiali di tutte, la Ferrari. Figo, vero? ≫

Ecco dove l'ho visto!
Il mio fratellino, Marco, aveva il poster appeso in camera sua. Per mesi, non ha fatto che parlare di lui.

≪ Allora, vieni con me? Ti prego≫ mi supplica Arielle, ricordandomi una bambina e io non posso fare a meno di annuire.

Arielle mi abbraccia, mentre io mi pietrifico al gesto non essendo più abituata, ma Arielle non sembra accorgersene.
≪ Grazie!Grazie! Ora mando un messaggio a Pierre, per la conferma. Già ti adoro Stef, sappilo≫ dice con euforia, prendendo il suo cellulare.

≪Pierre eh? E perché non Charles? ≫

Il viso di Arielle, diventa dello stesso colore dei suoi capelli e inizia a balbettare: ≪P-perché...beh...Charles è appena arrivato al paddock, anzi forse non è nemmeno arrivato ancora, quindi non voglio fargli perdere altro tempo. Già ecco. ≫ afferma, anche se poco convinta.

La guardo parlare al telefono, con una felicità che le dipinge incornicia il volto. La tristezza di prima, sembra essere sparita sul serio.

Non sarà io però, a spegnere quella felicità.

Attiro la sua attenzione, facendo più silenzio possibile, le dico che mi sarei diretta in camera e indico i miei bagagli come scusante.

Lei mi guarda un po' incerta, ma alla fine annuisce e torna alla sua conversazione.

...

Mi alzo dal letto, capendo che è giunto davvero il momento di sistemare le cose; ma prima di farlo, mi avvicino alla porta e la chiuso a chiave.

Non si sa mai.

Afferro il borsone, che è stato preparato da Colin, e lo appoggio sul letto. Levo i vestiti, appoggiandoli sul materasso, perché come immaginavo sono solo una copertura.
Sotto di essi, si nascondono infatti un vecchio passaporto e una pistola.

Il passaporto, è a nome di: Evelyn Montanari.
Ovvero me, o meglio, la vecchia me.

Lui, nonostante non potesse, ha decido di farmelo tenere con me. In mondo tale da ricordami chi ero, ma sopratutto chi sono. Così, da non perdermi in questa nuova vita. Così, da non perdere di nuovo me stessa.

E io, gli sono grata per questo.

Per quanto riguarda la pistola, è sempre una sua idea ma io ne sono contraria. Non riesco a sopportare la vista di quell'oggetto, nonostante la sappia usare.Ma secondo lui, è il caso che io abbia un'arma con cui proteggermi, nel caso lui non ci fosse.

Prendo i due oggetti, che metto nell'armadio vuoto, appoggiandoci poi sopra alcuni vestiti.

Passo così quasi mezza giornata, a sistemare un luogo che per un periodo di tempo sarà la mia casa, aggiungendogli cose che non sento nemmeno mie. Fatta eccezione, per la fotografia sul mio comodino, scattata il giorno del mio 18esimo compleanno, in cui ci siamo io, il mio gruppo d'amici e la mia famiglia.

Non potrei averla con me, o almeno non in bella vista, ma ho bisogno di tenerla qui accanto a me.
...

Quando esco dalla stanza, è ormai tardo pomeriggio.
Dopo aver finito di sistemare, mi sono buttata sul letto provando a riposarmi un po' ma inutilmente, quindi ho deciso di riprendere una vecchia serie: Doctor Who.

Un urlo di gioia però, ha risvegliato la mia curiosità e ciò mi ha spinto a uscire dalla mia tana:
≪ Arielle? Tutto ok? ≫ domando entrando in cucina.
Lei mi guarda sorridendo, mentre annuisce con entusiasmo.

≪ Ti ho disturbato per caso? Scusami, è che Charles ha fatto pole position e non ho saputo trattenermi. ≫
≪ No, non ti preoccupare. È una cosa positiva giusto? Scusami, ma non sono pratica in queste cose. ≫ dico, sedendomi accanto a lei sul divano.
≪È la prima posizione, sono soltanto le qualifiche ma è pur sempre un ottimo risultato. Se fa come oggi, domani il podio è suo≫ afferma, spiegandomi alcune cose.

Non è così complicato...vero?

Arielle, continua a spiegarmi alcune cose finché non veniamo interrotte dalla vibrazione del suo cellulare. Alla vista della notifica, il suo sorriso si spegne leggermente ma non risponde e gira il telefono, con lo schermo verso il basso. Come se volesse nascondere qualcosa.

≪ Cosa stavamo dicendo?≫ mi chiede, rivolgendomi un piccolo sorriso. Faccio per parlare, ma il telefono ci interrompe nuovamente. Arielle, mi porge un sorriso di scuse mentre afferra di nuovo il cellulare.
≪ Rispondi pure Arielle, io vado a fare una doccia ok? Riprendiamo dopo, se non è un problema≫
Lei annuisce e mormora un 'scusa' prima di rispondere al telefono.

Mi allontano, lasciandole un po' di privacy e per procurarmi dalla stanza lo stretto necessario per la doccia.

Una volta preso, afferro anche il mio cellulare e decido di mandare un messaggio così da mettere a tacere i miei dubbi:
'Ho bisogno di più informazioni su Arielle, c'è qualcosa che non quadra'

Butto il cellulare sul letto, senza attendere risposta, mi dirigo verso il bagno.

Chiudo la porta alle mie spalle, e apro subito il getto d'acqua della doccia sperando che l'acqua calda, esca in fretta.

Mi spoglio velocemente, cercando di non incrociare il mio riflesso nello specchio.

Mi butto sotto il getto caldo, facendo rilassare i muscoli tesi. Le gocce d'acqua, percorrono ogni curva del mio corpo, bruciando in alcune zone. Alzo il viso, facendo scendere anche l'acqua su di esso, sento il corpo in fiamme e le cicatrici bruciare. Mi passo le mani fra i capelli, come se quel gesto aiutasse a lavar via quelle sensazioni. Chiudo gli occhi, mentre migliaia di flashback mi inondano la mente.
È come se stessi rivivendo quei momenti nella realtà, non sono soli ricordi lontani. Sento ogni singolo dolore provato in quelle notti. Ora anche i polsi bruciano, ma quando apro gli occhi non c'è nessun segno, se non quello di cicatrici bianche oramai guarite, come tutte le altre d'altronde. Anche se alcune, sono ancora ben visibili.

È un po' come la sindrome dell'arto fantasma; nonostante l'amputazione di quest'ultimo, continui a percepirne la presenza, senti ancora il dolore pur non avendo una fonte. Ti senti come se stessi impazzendo.

Mi siedo nel box doccia, portando le ginocchia al petto; la doccia continua a scorrere, l'acqua calda si mischia alle lacrime mentre io spero che questa sensazione sparisca presto.

...

Sono rimasta per parecchio tempo chiusa in quel bagno. Al tal punto che, Arielle è venuta a bussarmi, chiedendo se fosse tutto ok. Ho fatto cadere il discorso, buttando la scusa che ho perso tempo con lo shampoo e infine quando mi ha chiesto se avessi fame, ho semplicemente detto che ero troppo stanza e che sarei andata a dormire.

Sto diventando brava con le bugie no?

Mi appoggio sul letto, controllando le notifiche ma ancora nessuna risposta; spero si faccia sentire presto.

Pian piano, contro ogni mia aspettativa, i miei occhi iniziano a farsi pesanti per poi chiudersi e farmi crollare in un sonno profondo.

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