Capitolo 10 - Whispers In The Dark
2018
No, non posso!
Aveva desiderato colpirlo, farlo a pezzi.
Il suo volto si era macchiato di rosso, il suo sguardo non racchiudeva dolore ne sorpresa, ma cieca rassegnazione.
Jules si svegliò di soprassalto quando il treno passando fischiò, transitando veloce lungo i binari.
Rimase ad ansimare colmo di sensi di colpa.
Si premette con forza le mani sugli occhi.
Continuava rivedere quel momento, non accettava di aver reagito a quel modo ferendolo.
Davvero poteva biasimarlo per essersi ritratto alla fine?
L'immagine che si era fatto nella mente di Aleksander ormai si era completamente dissolta lasciando un ragazzino non troppo dissimile da lui, ancora bloccato in un bosco e in attesa di un genitore mai giunto a prenderlo.
Lo aveva invitato ad avvicinarsi e al primo cenno di diniego era andato via, ma sapeva cosa avesse mosso i suoi piedi, il terrore di fargli ancora del male.
Il telefono squillò.
Kate, ovvio!
Quella ragazza aveva un radar per avvertire la sua infelicità.
Lasciò scorrere il dito sullo schermo e rispose con voce incerta.
«Ho fatto un disastro!»
L'amica sospirò all'altro capo del telefono. «Racconta!»
Jules si massaggiò le tempie.
Da dove poteva cominciare?
Le disse ogni cosa senza trattenersi, in ogni orribile dettaglio.
Voleva ricevere il suo odio, sentirsi dire quanto fosse stato mostruosa la sua aggressività verso Al che giustamente si fosse rifiutato di seguirlo.
«Era così smarrito... Mi ero preso cura di lui e nel momento in cui più aveva bisogno di sostegno l'ho aggredito tanto quel vampiro che si ritrova come madre... Lei lo tiene tra gli artigli lo usa come una marionetta ma rimane sua madre... Ovvio che brami il suo affetto, suo padre non c'è mai stato, lo ha abbandonato prima ancora che nascesse... Ma non è giusto che lo incastrino in un matrimonio accusandolo di qualcosa che non ha compiuto!»
Jules si prese un attimo.
Lo rivide chiuso in se stesso, sedutogli davanti, subendo le sue cure.
Aveva medicato le ferite che lui stesso gli aveva causato, ciò lo faceva vergognare oltre l'immaginabile.
«Jules stai bene?»
«Sai mi sono accorto che avevi ragione, mi ero infatuato di un'idea... Di quell'immagine di uomo bello e perfetto... Ma amo il ragazzo che vi è al di sotto... Ma non lo merito...»
Sono orribile!
«Volevi aiutarlo...»
«E come? Ferendolo con dei vetri?»
«Volevi spronarlo a reagire, salvarlo da un mostro... Non puoi salvare tutti Jules, capisco che la cosa tri faccia infuriare...»
Perché lo consolava? Non voleva quella pena.
«Sono stanco...»
L'amica sospirò «Hai fatto quello che potevi! Torna a casa Jules io sono qua!»
Lui annuì e riattaccò.
Strinse con forza il telefono tentando di ricacciare indietro quel sordo dolore.
Una folata di vento colpì la sua borsa che cadendo a terra sparse tutti i suoi documenti.
Il cuore di Jules sobbalzò.
Le lettere... Billy... Stava perdendo anche lui?
Si precipitò a recuperare ogni cosa quando un uomo corse in suo soccorso.
Lui lo ringraziò e recuperò tutto quello che gli venne passato carezzando con affetto ogni pagina.
Il buon samaritano aveva capelli rossicci e una balba curata.
Raccolse con cura ogni foglio e infine si soffermò su una foto di Al.
«Conosci il piccolo Sasha?»
Jules annuì incerto, riordinando i suoi fogli.
L'uomo gli restituì la foto.
«Ricordo bene quando lo ritrovai nel bosco, credevo che fosse morto tanto era magro e pallido. Non ho mai capito perché nessuno abbia indagato su quella donna! Quale madre si disinteressa tanto a un figlio? Non so come si fosse smarrito, ma quando mi ha fissato ho capito che aveva passato in solitudine ben più di una notte. Ormai si sarà fatto uomo! Spero che adesso stia bene...»
Concluse l''uomo prima di allontanarsi senza ascoltare la risposta, era arrivato il suo treno.
Jules rimase ad osservare lo spazio lasciato vuoto davanti a se.
Riusciva a vederlo, il piccolo Al, rannicchiato sui se stesso, perso e dimenticato.
Si rialzò e stretto alla sua borsa iniziò a correre.
Non si fermò finché non intravide la sagoma della casa, sapeva bene dove lo avrebbe trovato.
Al era seduto nella serra con in mano la scatola vuota che suo padre si era lasciato alle spalle.
Quando lo vide i suoi grandi occhi scuri si accesero di speranza, lo aspettava?
Jules incespicò e per poco non crollò a terra ma si protesero l'uno verso l'altro riuscendo ad afferrarsi per tempo.
«Non ho intenzione di lasciarti nel bosco!» ansimò Jules prima di stringersi ad Al.
2018
Al per un attimo esitò, ma lo sguardo speranzoso di Jules lo convinse a inoltrare la chiamata.
L'attesa parve infinita. Non riusciva a sentire lo squillo, ne altro.
Era a un soffio dalla verità che sempre aveva saputo ma solo Jules era riuscito a indirizzarlo in quella direzione.
Ricordava zio Val, l'uomo che gi aveva donato il suo primo piano.
Che lo aveva ribattezzato Sasha e che lo aveva aiutato a trovarsi una propria identità che non appartenesse a nessun altro, Morozov.
Un cognome rubato da un libro che aveva intravisto a scuola di cui aveva divorato le pagine, che aveva amato nel profondo, che Val aveva supportato.
Sua madre non gli aveva voluto donare il proprio e Al si rifiutava di usare quello del padre fantasma. Così quello stano uomo dai capelli d'onice e dai lineamenti regali era giunto in suo aiti suggerendogli di crearsi una propria identità in cui avrebbe potuto riconoscersi e nascondersi.
Jules gli strinse la mano con un sorriso, le sue dolci fossette apparvero ricordando ad Al quanto non sarebbe mai riuscito a fare quel passo senza quel ragazzo.
Non riusciva a credere che fosse veramente tornato.
Quando lo aveva visto andare via si era convinto di meritarsi quell'ennesimo abbandono. Doveva esser apparso così miserabile ai suoi occhi, di certo non l'uomo su cui doveva aver fantasticato. Aveva deluso anche lui, si era mostrato debole, manipolabile...
Ma Jules sera tornato e adesso lo incoraggiava a compiere quel passo.
In fondo al suo spirito aveva sempre sospettato che zio Val potesse sapere la verità, ma per forzare il muro della paura avrebbe avuto bisogno di una spinta e Jules lo aveva riafferrato più di una volta, spazzando via i sussurri, era lui il momento giusto.
E finalmente lo schermo del suo iPhone si illuminò.
L'uomo dai tratti asiatici non dimostrava affatto la sua età Al notò quanto Jules fosse positivamente impressionato dall'eleganza che mostrava e si sorprese a provare gelosia.
Valentine Mandragoran sorrise attraverso lo schermo.
«Devi scusarmi piccolo Sasha se ti ho fatto aspettare»
Aleksander annuì cercando di nascondere il proprio nervosismo.
Si aggrappò al suo salvagente e gli strinse la mano, Jules ricambiò all'istante.
Nella sua mente intravedeva suo padre che spariva nella folla, mentre il piccolo sé si aggrappava speranzoso ai suoi occhiali.
Scrutò Jules e due fossette apparvero ad incorniciare un sorriso incoraggiante.
Il cuore di Aleksander accelerò ma ricacciò quei pensieri e tornò a concentrarsi sull'uomo oltre lo schermo.
«Mi dispiace disturbarti Zio Val... Jules... Il Signor Kaminsky mi ha detto che avresti qualcosa da dirmi in merito a...»
Aleksander si ritrovò impossibilitato a dire quel nome davanti all'uomo che gli aveva voluto bene come un parente, benché tra loro non vi fossero legami di sangue.
Ma in fondo Val era il solo che gli aveva parlato bene del padre, era stato suo amico e non aveva mai negato di essergli stato molto affezionato.
La voce di Valentine gli venne incontro.
«So che ti è stato consegnato un pacco da parte del mio caro Benjamin!»
Attese un cenno da Aleksander e quando lentamente gli giunse riprese a parlare.
«Quando è morto il mio cuore si è spezzato, perché sapevo che ormai non avrebbe più potuto parlarti, vedersi in te...»
Aleksander aprì e chiuse la bocca incredulo «Tu lo hai... Visto in questi anni?»
Val annuì.
«Non ci siamo mai davvero persi. Benjamin avrebbe voluto starti più vicino, purtroppo sarebbe stato rischioso. Vedi, tua madre Julia ha fatto di tutto per tenervi lontano. Troppe persone avrebbero rischiato...»
«Troppe? Di pure UNA! La sola di cui importasse davvero a mio padre, William! Billy Russo, giusto?»
Aleksander si bloccò accorgendosi di avere l'affanno.
Val lo scrutò serio.
«Era certo che senza di lui saresti stato meglio, che tua madre si sarebbe presa cura di te...»
Aleksander lo interruppe con un movimento brusco del braccio ma Val riprese a parlare.
«Se li avessi visti assieme! Benjamin era sempre al suo fianco, in ogni momento, aggrappato alla sua mano... Come anche Bill era alla sua... Sono rimasti stretti l'uno all'altro per tutto il tempo che gli è stato concesso, non troppo purtroppo. Ogni volta che li andavo a trovare nella loro casa in Scozia e passeggiavamo quell'affetto era lampante ai miei occhi! Avresti dovuto vederli camminare stretti assieme, sorreggersi l'un l'altro in ogni istante. Anche quando Benjamin si è ammalato sono sempre stati uniti! Se avessi potuto vedere mai avresti pensato di dividerli, sarebbe stato come immaginare ti tagliare in due un unico individuo! Benjamin è rimasto con Billy anche dopo la morte, era sempre in lui e nei suoi pensieri, fino alla fine!»
Val chiuse gli occhi, sembrava che li potesse scorgere davanti a se in quel momento, il loro ricordo lo commuoveva enormemente.
«Rivedo spesso nei miei sogni Benjamin, con la sua fidata macchina fotografica mentre cerca di catturare un'espressione serena sul volto segnato di Billy... Non avrò mai un legame come il loro, così totalitario!»
Jules lo osservava con sguardo carico di apprensione, Al si chiese se le sue ferite si fossero riaperte... O se potesse intravedere in lui il se bambino ancora smarrito nel bosco.
Dal canto suo se ne restava stretto alla sua mano, sperando di non sprofondare in un mare di sussurri.
«Li hai ancora?» chiese Val all'improvviso.
Aleksander non rispose ma il suo cuore accelerò, Val sapeva di quell'ultimo incontro? Che gliene avesse parlato Benjamin?
«Portavi quegli occhiali ovunque... Julia non deve aver mai notato la cosa, d'altro canto prestava davvero poca attenzione a ciò che desideravi...»
Quella voce solenne si macchiò di tristezza.
Jules guardò Aleksander interdetto, di certo doveva ver notato quei vecchi e logori occhiali perché Aleksander li teneva in borsa o in tasca, sembravano vecchi e malmessi, ma non li aveva mai indossati.
Al si aggrappò alla sua ancora e chiuse gli occhi mentre i ricordi fluivano rapidi nella sua mente.
«Erano venuti a vedermi suonare, erano assieme... Quella è stata l'ultima volta che ho potuto esibirmi in pubblico... Quegli occhiali me li ha dati mio padre, mi chiese di conservarli per lui...» farfugliò Aleksander come udendo i dubbi di Jules.
«All'epoca non sapevo di aver intravisto William... Mi aveva incuriosito quell'uomo al suo fianco, mi sembrava persino simpatico nonostante quel volto inciso... Mio padre mi promise che sarebbe tornato, ma non è mai successo... Quel giorno persi sia lui che la mia musica!»
Quando aprì gli occhi rivide la sua stessa tristezza nello sguardo dorato di Jules.
«Mi ha aiutato a smettere di essere un bambino illuso... Di credere nei sogni...»
Al apprezzò il controllo della sua ancora, se solo lo avesse stretto sarebbe andato in mille pezzi.
«Sasha, mi duole doverti dire questo perché è pur sempre tua madre... Ma è giusto che tu sappia la verità...»
Aleksander sollevò i suoi grandi occhi scuri sullo schermo rinnovando la stretta a Jules. Mentre quelle mani rapaci tentavano di soffocarlo.
«Benjamin tornò da te su sollecitazione di Billy... Lo amava e lo comprendeva più di quanto Benjamin facesse con se stesso... Nel 1981, prima della tua nascita fuggirono pensarono di non avere scelta ma quando dissi loro della tua nascita Billy lo spinse a tornare. Sapeva bene quanto il suo amato lo desiderasse. Tuo padre voleva davvero far parte della tua vita anche se stando in secondo piano. Tentò anche di riappacificarsi con Julia ma quando si confrontò con lei trovò solo odio e ostilità...»
Aleksander scosse la testa «Puoi forse biasimarla?»
I sussurri che affollavano la sua mente erano aumentati ferendolo come un migliaio di aghi.
Sei così simile a lui, puoi esserlo per me...
Si strinse terrorizzato.
No! Doveva allontanarli, era solamente un incubo!
«Minacciò di ucciderti»
La voce dell'uomo oltre lo schermo lo colpì come uno schiaffo.
Al deglutì il suo volto ridotto a soli occhi ricolmi di dolore, quelle parole piantate nel cuore.
Val lo guardò pieno di compassione.
«Tua madre gli disse che se non fosse sparito ti avrebbe ucciso, denunciato Billy e distrutto la loro esistenza! Billy avrebbe voluto portarti via, ma Benjamin temeva che avrebbe solo peggiorato le cose... Mi chiese di vegliare su di te e così ho fatto! E ti ho amato come fossi mio! Mi spiace di non aver fatto di più... Ho potuto solo osservarla mentre demoliva sistematicamente ogni cosa che amassi. Mentre ti allontanava da chi ti si affezionasse... Si insinuava...»
La sua voce si affievolì e Aleksander lasciò la mano di Jules portandosela al petto, gli si stava chiudendo la gola, soffocava. Quelle mani continuavano a stringerlo.
Sei così simile a lui, puoi esserlo per me...
«Mi piccolo Sasha, tuo padre ti amava! Sperava solo che la sua lontananza potesse proteggerti! Ma non voleva mentirti così ti ha inviato quella scatola...»
Al fu grato che Jules decise di prendere in mano la conversazione.
«Ho trovato la lettera di William in un libro di Benjamin...Quella dove gli chiedeva di fuggire con lui... è datata a poco dopo l'incidente di Benjamin eppure sembra che ci siano voluti quasi otto anni perché il loro amore si potesse realizzare... Perché?»
Al si sforzò di riaprire gli occhi, di scacciare i sussurri, doveva sapere e non poteva lasciarsi trascinare giù dai suoi incubi.
Val sorrise «Julia...»
E la verità gli balenò agli occhi...
Era entrata nel suo appartamento, aveva portato via quel libro, eppure in qualche modo aveva trovato il modo di tornare da lui. Forse non era riuscita a prendere altro altrimenti avrebbe fatto sparire anche tutta la scatola...
Era sempre là, per insinuarsi in lui, portargli via ciò che contava...
Sei così simile a lui, puoi esserlo per me...
Jules che lo osservava timoroso, come se potesse spezzarsi e crollare da un momento all'altro.
«Al... Mi dispiace!» sussurrò infine.
L'altro scosse la testa «No! Non mi avrebbe mai fatto...»
Jules rimase immobile incerto sul da farsi.
Era ceto che stesse per crollare, oscillava avanti e indietro stringendosi le mani al petto.
Alla fine cercò di alzarsi ma le gambe gli cedettero.
Julian fu rapido nel riafferrarlo e Al si rintanò tra le sue braccia.
Rimasero in silenzio sotto lo sguardo triste di Val.
Jules ascoltava il respiro ansante e frammentato dell'altro.
Gli carezzò la nuca e affondò le dita tra i capelli.
«Perché stavi correndo nel bosco Al?»
La domanda di Val parve sorprendere Jules e sembrò desiderare lanciare via quel telefono.
Al osservò smarrito lo schermo.
Era come se Val vedesse nel suo panico qualcosa da tempo premeva per emergere.
Mani rapaci e sussurri sibilanti.
Sei così simile a lui, puoi esserlo per me...
Al singhiozzò fu scosso dalla nausea.
Era più che certo che fossero solo incubi...
«Non può essere successo... Era solamente un brutto incubo... Lei non... Non potevo essere lui... Ma non riuscivo a muovermi... Era una delle prime volte che io... Ma non può essere successo veramente...»
Jules lo strinse bloccando le sue parole.
Sua madre, era davvero da lei che stava scappando da anni?
Dalla sua folle richiesta?
Val aveva inciso quella ferita liberando qualcosa che era rimasto a imputridire nel suo cuore.
«Perdonami piccolo Sasha, ho sempre sospettato che fosse successo qualcosa di orribile, avrei voluto portarti via ma sono riuscita solo a far peggio! Vorrei solo aiutarti a liberarti, ma nessuno può farlo se non sei tu a volerlo...»
Aleksander annuì, la verità aveva un sapore amaro.
«C'è un'altra cosa che devi sapere. Il motivo per cui Benjamin fu costretto a tornare in Scozia senza di te è perché non poteva rischiare che Billy la perdesse, che la separassero da lei...»
Aleksander chiuse gli occhi cercando invano di ritrovare la calma.
«Billy era diventato tutore della bimba di un suo ex commilitone, ovviamente sotto falso nome... Era come una figlia per lui e se tua madre avesse attuato anche parte delle sue minacce avrebbe rischiato di perderla e Benjamin non lo avrebbe permesso... Quella piccola aveva già sofferto tanto alla morte dei genitori. In Billy vi era tutto il suo mondo... È stata lei a portarti il pacco, per onorare una promessa...»
1974
Nel silenzio ondeggiante poteva sentire l'orologio ticchettare, scandendo i minuti in modo placido.
Lo osservò oscillare davanti alla sua faccia standosene rannicchiato nella sua cuccetta, cercando invano di rinchiudere ogni cosa dentro se stesso.
Se avesse chiuso gli occhi sarebbe potuto tornare nel suo letto d'ospedale, in quella bolla protetta, quando lui ancora era al suo fianco, il peso del suo braccio che gli si appoggiava al fianco. Lo aveva osservato mentre lasciava scorrere la catena nella mano per riafferrarlo solo all'ultimo impedendogli di cadere dal letto solo per un soffio.
«Lo farai cadere...» lo aveva rimbeccato con voce gracchiante.
«Non accadrebbe niente» era stata la sua risposta mesta «Non ha mai segnato l'ora giusta... Se anche cadesse lo riprenderei comunque, non mi importa quante crepe possa a vere...»
Quando a quelle parole Billy aveva cercato di sorridergli ogni cellula del suo volto aveva urlato, un dolore che riverberava dal passato confinandolo nel suo orrore personale.
«Sono a Pezzi Ben...»
Ogni volta Benjamin gli si era stretto sussurrandogli con voce rassicurante.
«Li rimetterò assieme io... Non ti lascerò cadere...»
Ricordava le mani di Benjamin, il freddo orologio che scivolava sul palmo della sua mano.
«Tienilo per me ok?»
La nave squillò e la voce della sirena lo riportò alla realtà.
La voce di Benjamin svanì completamente nell'oblio della veglia e Billy aprì gli occhi.
La mancanza era una ferita costantemente sanguinante.
Aveva atteso invano... Alle 11:11 erano susseguiti molti minuti, Anthony aveva atteso pazientemente senza dire nulla. Avevano perso il volo ed era astato necessario trovare una nuova via di fuga. Ma niente importava quanto il fatto che Benjamin aveva scelto di lasciarlo andare.
Solo quando Anthony aveva tentato di giustificarlo Billy aveva reagito urlandogli di non nominarglielo mai più.
Perché aveva sperato?
Se anche Julia avesse intercettato la lettera, se anche Val lo avesse tradito... Perché mai Benjamin avrebbe dovuto ricercarlo dopo aver rischiato la vita...
Lo rivedeva steso in quel letto odiando che i loro ruoli si fossero invertiti.
Aveva sì messo le sue emozioni su carta ma era anche fuggito via perché odiava quella consapevolezza, di averlo ferito.
Vivere senza il suo amore sarebbe stato solo dolore e Billy era certo di meritare ogni cosa.
Forse un giorno la sua nemesi sarebbe riapparsa per concedergli la pace.
Non sapeva dove stesse andando nonostante Anthony gli avesse descritto nel dettaglio la loro meta.
Standosene in quella gelida cuccetta sgangherata riusciva solo a rammaricarsi come il tempo si stesse portando via ogni ricordo di Lui, il suo odore, il suo sapore e anche quel calore che in passato aveva scacciato ogni suo incubo.
Quella cabina odorava di tabacco e il rollio della barca gli faceva risalire in gola quella birra annacquata che era stata la sua cena.
Alla fine scelse di alzarsi. Scansando la gamba di Anthony che ciondolava dalla cuccetta sopra alla sua si sollevò dalla sua tana.
In un attimo la cabina gli vorticò attorno e faticò ad arrivare fino alla porta ma si impuntò di non fermarsi.
Raggiunse il ponte avvinto alla sua caparbietà.
Una volta fuori si aggrappò al parapetto e si liberò in mare.
Quando crollò sul ponte rimase ad osservare la massa oscura sotto a sé.
Una impassibile massa quasi nera che lo chiamava.
Vieni, affonda e sparisci nelle profondità...
Si era lasciato il continente alle spalle, assieme ala sua vecchia vita e a Benjamin.
Non importava dove fosse, aveva fatto una scelta e avrebbe dovuto imparare a conviverci.
Infilò la mano in tasca e ne estrasse un orologio, il suo.
Lo fece scattare e ne scrutò l'incisione al suo interno
20 agosto, la sua data...
Ce l'aveva fatta incidere il padre di Benjamin ma non glielo aveva mai dato.
Era morto prima che fosse concesso di ricordarlo.
Infine sua madre aveva annullato se stessa in fiumi di alcool, prima di raggiungere il consorte nell'oblio abbandonando Benjamin con un fratello che non si era mai dimostrato in grado di prendersi cura di lui...
Billy deglutì, in questo aveva fallito come tutti.
Non poteva biasimarlo di non aver accolto la sua stupida richiesta.
In fondo era stata la scelta migliore, non avrebbe mai voluto vedersi realizzare i suoi incubi.
Guardò il quadrante, è incrinato... Ed era stata tutta colpa sua...
Lo aveva trascinato nel delirio che era la sua vita.
Benjamin si era frapposto tra lui e le Frank e per questo era stato travolto...
Avrebbe voluto smettere di pensargli e consentirgli di depurarsi dalla sua presenza.
Il mare del Nord ascoltava i suoi lenti respiri.
L'isola apparve in lontananza, offuscata dalle lacrime e dalla nausea.
Le dita si dischiusero e la catenella gli scorse tra le dita, scivolando via.
Sperò che il vuoto lo abbandonasse, cadendo via assieme a quell'ultimo ricordo di Benjamin.
Ripensava alla sua mano che si protendeva prima dell'incidente in un grido silenzioso.
Il suo sguardo che cercava di raggiungerlo mentre affondavano in quel lago.
Rammentò le sue dita che contornavano i segni sul suo volto prima di baciarle.
Era corso da lui scegliendo di lasciare sua moglie e per questo era stato punito.
Si accorse della catenella che gli scivolava via dalle dita e il panico lo attanagliò.
Gli si lanciò dietro oltre il bordo e il vuotò tentò di reclamarlo.
Due mani però riagguantarono entrambi.
Billy era stretto a quella catenella sottile mentre Anthony lo aveva avvolto per il torace riportandolo su quell'oscillante superficie.
Non si era accorto di tremare finché la giacca di pelle del suo Piccolo non lo avvolse.
Lo aveva lasciato cadere, abbandonandolo...
«Bill...»
Anthony si rannicchiò sul ponte accanto a lui e gli fece oscillare l'orologio davanti agli occhi.
«Portalo in cabina! E vedi di restarci! Mamma mia sei ridotto a uno schifo! Meno male ti sono corso dietro vecchietto!»
Billy osservò il quadrante immobile, la data incisa.
Allungò la mano si fermò.
Lasciò correre lo sguardo sul suo ragazzo e ripensò a quando se lo era visto apparire nella sua stanza d'ospedale.
Anthony aveva fatto irruzione e lo aveva travolto di parole e lacrime.
Tra i singhiozzi aveva capito poco o nulla e quando lo aveva baciato ripetute volte si era abbandonato completamente.
Il suo piccolo che aveva pianificato la fuga perfetta ben due volte, che lo aveva raggiunto nonostante il buonsenso gli avrebbe dovuto suggerire altro.
Lo stesso ragazzo che adesso era rannicchiato al suo fianco con la sua stupida camicia hawaiana, la canotta più ingiallita del mondo, pantaloncini blu e ovviamente scarpe slacciate come un'adolescente.
Era sempre stato certo di averlo salvato, ma se invece fosse sempre stato il contrario? Anthony era sempre stata l'ancora di salvezza per la sua mente, l'ago della bilancia che allontanava la follia.
Così gli sorrise.
«Bill?»
Lo osservava pieno di apprensione, in quel momento gli appariva improvvisamente maturo.
«Ti accompagno ok? E poi vediamo di mettere nello stomaco qualcosa di solido...Bene?»
I ruoli si erano nuovamente invertiti, il suo piccolo adesso lo trattava come uno stupido marmocchio.
Billy sbuffò, ma non si oppose quando lo aiutò a rialzarsi obbligandolo ad appoggiarsi a lui.
Ne aveva bisogno in quel mondo vorticante.
Una volta tornato alla loro cabina desiderò tornare indietro per vomitare ancora.
Provò disgusto per la sua debolezza e si vergognò per quel desiderio che le attenzioni del suo piccolo scaturiva in lui. Sarebbe stato travolto proprio come Benjamin.
Deglutì a fatica e buttò fuori i suoi timori.
«Dovresti andartene Piccolo!»
Si sentì ribaltare dall'interno quando Anthony lo mandò a sbattere contro la parete comprimendolo con il suo corpo.
«Ancora? Per quanto pensi di trattarmi come un ragazzino? Quando mi hai accolto nella compagnia affermavi di voler far fruttare i mei talenti informatici... Ma è passato del tempo, perché nonostante tutto continui a guardarmi in quel modo? Perché non posso semplicemente essere il tuo compagno?»
«Sono qua! Fa del tuo peggio...»
Gli sussurrò digrignando i denti.
Spezzami ancora, distruggimi e buttami oltre il bordo verso la tenebra dell'oblio.
Anthony dette un pugno alla parete e gemette riportandoselo al petto.
«Puoi sempre colpire la vera meta di tutta quella rabbia lo sai vero? Cosa potrebbe fermarti? Sono pronto!»
Lo stuzzicò Billy in un gemito.
Anthony sussultò per poi imprecare verso Billy finendo poi con lo scoppiare a ridere in modo convulso.
«Non è possibile che tu possa davvero farmi questa domanda, Non riesci a capire che ti amo? Da anni, forse da quando ho incrociato il tuo sguardo, cercando di scavalcare quel muro che ti ergi attorno al cuore!»
Billy lo osservava con occhi vuoti, due pozzi neri senz'anima.
«Non sai cosa stai dicendo piccolo! Tu non sai davvero troppe cose di me... In pratica sono un bambino traumatizzato dentro il corpo ricolmo di cicatrici di uno psicopatico... Un grosso corpo di uno stupido ex marine... Chiunque mi voglia bene finisce per ferirsi... Sono uno stronzo egoista... Fa come Benjamin, vattene!»
Era consapevole del terrore che si portavano dietro quelle parole ma le pronunciò lo stesso. Doveva proteggerlo...
Il pugno lo colpì in piena faccia e la panchina su sui stavano seduti si ribaltò mentre Anthony gli si scagliava contro colpendolo una seconda volta.
Billy rimase immobile lasciandolo fare ma quando si aspettò di ricevere l'ennesimo colpo in faccia, l'altro gli bloccò le braccia sopra la testa e reclamò bramoso le sue labbra per se.
«Smettila... Ti amo proprio perché ti conosco...»
Gli sussurrò prima di baciarlo di nuovo.
Anthony lasciò correre le mani su quel corpo a lungo bramato.
«Ti amo brutto idiota... ti desidero così tanto da impazzire... E tu continui a chiamarmi... Piccolo...»
A quel punto Billy gli carezzò la nuca stringendolo a se.
«Va bene Anthony...» gli sussurrò trascinandoselo addosso sulla sua cuccetta prima di catturarlo in un bacio bramoso, divorante.
In fondo non aveva mai voluto restare solo, rinchiuso nei suoi freddi ricordi.
Rintanarsi in quel nuovo calore era forse la sola medicina.
Quell'odore di dopobarba dozzinale, quel sapore allontanava, smorzava il vuoto.
Forse non sarebbe mai stato l'amore di Benjamin, ma era comunque qualcosa di reale e ardente. Qualcosa per cui meritava continuare a vivere.
Solo il tonfo dell'orologio sembrò strappare Anthony da quel contatto.
Billy lo vide osservarlo quasi infastidito, ma lo raccolse ugualmente facendoglielo oscillare davanti agli occhi.
«Bill te lo rimetto nella borsa, così non lo perderai!»
Billy lo osservò un'ultima volta prima di dargli le spalle.
«È solamente un orologio rotto... Puoi anche buttarlo!»
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