Capitolo 02 - Le Lettere
1980
Si sentiva sempre molto bravo nelle menzogne, nell'ammaliare gli altri con parole e sorrisi fasulli. Distoglievano l'attenzione dal vuoto che avrebbero potuto scorgergli negli occhi.
Erano due pozzi oscuri in cui guardandosi allo specchio Benjamin stesso alle volte si smarriva.
Proprio come con Lui...
Aveva fatto il suo dovere, quindi non si era sentito troppo in colpa quando che aveva chiesto di tornare nella propria stanza. Julia sembrava comprendere il suo desiderio di tranquillità in un letto più adatto alla sua schiena sofferente, specie dopo lo sforzo che aveva fatto per soddisfarla.
In parte era vero, non era mai stato tanto oneroso lavorare per mantenere le apparenze, per mostrarsi come gli altri si aspettavano fosse. Mostrarsi in forze, indossando il suo ruolo di marito e partner, quello che l'altro Benjamin gli aveva imposto. Non trovava sgradevole quei momenti di intimità con Julia, ma distaccanti e insapore.
Non appena lei si era rigirata dall'altra parte era sgattaiolato via, rapido come un gatto, verso il suo rifugio, verso le parole di William.
La grande casa sembrava lo osservasse ostile, pronta a divorarlo, come se non approvasse la sua fuga dal letto coniugale.
Una volta in camera si era liberato della vestaglia, come fosse stata della pelle vecchia e si era rifugiato sotto le coperte del suo letto, nel silenzio del suo spazio.
La lettera era dove l'aveva lasciata, nel secondo ripiano del cassetto.
Scoprire quel nascondiglio era stata un'insperata fortuna, perfetta per quell'occasione.
Gli occhi di Benjamin rincorsero ogni parola, voleva risvegliare quelle sensazioni.
... So già che vivere anche solo un respiro senza il tuo sapore in bocca è un destino ben peggiore della morte...
Guardò la grande libreria, doveva esserci altro, qualcosa che potesse riportare alla luce ciò che il vecchio Benjamin e William avevano condiviso e lui lo avrebbe stanato.
Aveva arrancato dolorante fino alla libreria e rimase a fissare i tomi in essa contenuta con cipiglio di sfida. Quel brusio nella notte lo teneva sveglio, mille voci, storie e tra esse avvertiva William.
Julia doveva aver messo a porto i suoi libri senza sapere quale prezioso tesoro contenessero.
Rimase immobile per un tempo indefinito, poi la sua mano si mosse in autonomia e puntò una copia alquanto malmessa de The Picture of Dorian Gray.
Se lo rigirò tra le mani soppesandone il peso, una coperta rigida, verde con scritte dorate. Aveva una visione chiara di quel libro, poggiato su un tavolo di vetro, davanti ad un'ampia finestra a vetri.
Rivedeva Lui, impettito davanti al vetro in un impeccabile vestito blue-navy.
Gli stata dando la schiena borbottando tra se e se prima di voltarsi ad osservarlo con i suoi grandi occhi scuri quanto ai suoi.
Si era mosso senza distogliere lo sguardo sussurrargli con quel sorrisetto derisorio
«Signor Greene, non pensavo avesse tanta fretta di passare altro tempo in mia compagnia...»
Era certo di aver percepito il sapore in bocca, un vago aroma di whisky, il suo dopobarba, l'odore della cera dei capelli, la barbetta pungente, la seta del vestito premuto sulla sua pelle.
Il brivido di sentirsi nudo, pressato contro il corpo ancora coperto di vestiti, la sua armatura mentre lo premeva contro la scrivania, forte e al tempo stesso tanto fragile da temere di mandarlo in frantumi.
E infine aveva ritrovato il suo sguardo, ogni traccia di spavalderia scomparsa, era rimasto solo fragilità, ogni maschera dissolta.
«Billy...»
Benjamin aprì gli occhi sorprendendosi a piangere, il ricordo era stato tanto vivido che per un attimo aveva creduto di ritrovarselo davanti, lo scuro sguardo sprezzante infranto da un aroma di dolce malinconia.
Il libro gli si dischiuse tra le dita e si ritrovò a fissare altri fogli ingialliti, su cui stava impressa una calligrafia molto familiare.
«Billy, ti ho trovato...»
Sussurrò portandosi il libro al petto.
2018
«Ti ho trovato...»
Le mani di Jules tremavano mentre sfogliava quello scrigno di carta.
Ogni pagina di quell'agenda conteneva una nuova vecchia preziosissima lettera.
Riconobbe la calligrafia di William prima di tutto ma poi trovò lettere scritte con una grafia minuta, quasi timida e intimorita.
Riconobbe alcune lettere, aveva la stessa inclinatura di Alexander, il suo capo, dovevano essere le lettere di Benjamin.
Si perse nell'assaporare finalmente le bramate risposte del Ben tanto amato da William. Il sentimento dell'altro era ormai tanto familiare a Jules da fargli credere di averlo fatto proprio.
Attraverso quelle lettere lo amava anche lui.
Impiegò pochi secondi per decidersi.
Chiuse l'agenda, la infilò nella sua borsa e di diresse tanto rapidamente verso l'uscita che quasi si scordò di chiudere il portone a chiave.
Camminò a passo svelto stringendo la borsa al petto, come se temesse che potesse dissolversi.
Non si fermò nemmeno per prendere il bus, avanzò ad ampie falcate mentre il suo cervello lo riempiva di parole.
Non riusciva a credere a quanto successo.
Né di aver finalmente scovato nuovi tasselli della storia di William, né tantomeno di aver derubato il suo capo.
Ma ormai era fatta, a nulla serviva arrovellarsi sull'accaduto.
I suoi pensieri alla fine planarono su Alexander, Al... Il suo glaciale capo.
Quella mattina gli era sembrato al tempo stesso più affascinante e arcigno del solito
Ma poi lo aveva chiamato per discutere della presentazione a cui sarebbero andati i giorni successivi e i suoi lineamenti si erano quasi rilassati.
Gli aveva ricordato quando lo aveva seguito per presenziare la Terramia World Runners. A Jules era sembrato così a suo agio sul palco, tanto che aveva faticato a non dedicare più parole a lui che all'evento stesso.
Alla fine, ne era uscito un bel pezzo e forse proprio quello aveva convinto il suo capo a coinvolgerlo a quell'inaugurazione.
Pare che Al venisse coinvolto spesso in eventi legati all'atletica perché da ragazzo era stato particolarmente portato per il salto con l'asta e in molti ancora lo ricordavano per la quasi convocazione alle Olimpiadi.
Jules avrebbe tanto voluto sapere cosa lo avesse portato dal desistere dal partecipare a un evento tanto importante, non gli veniva in mente niente di sensato.
Comunque, malgrado nella sua testa lo chiamasse per nome, lo avesse ribattezzato Al, con una strana familiarità, nella realtà non osava chiamarlo in modo diverso da Signor Morozov.
Non era tanto più grande di lui, una decina di anni, eppure la distanza che Al metteva tra loro con un semplice sguardo sembrava insormontabile.
Mentre correva sull'asfalto, mosso da un inarrestabile impeto il paesaggio attorno a lui cambiava, mentre le gambe lo spingevano con energia verso casa, dove si sarebbe rintanato a esplorare il suo prezioso tesoro.
I suoi pensieri tornarono ancora ad Al, come al fatto che gli aveva sottratto l'agenda pochi giorni prima del loro viaggio.
Sarebbero rimasti in Cornovaglia per qualche giorno, avrebbero alloggiato nello stesso albergo... E lui poco prima della partenza aveva probabilmente rovinato tutto.
Era tardi quando Jules si ritrovò ad armeggiare con le chiavi davanti al suo portone, stanco e frastornato dalla lunga camminata, non era stata una scelta così brillante rifiutare il comodo autobus, ma l'emozione che lo aveva travolto era stata troppa.
Prima scoprire il nome di Benjamin, impresso nel libro contenente la lettera di William.
Poi collegare quel Ben al padre recentemente scomparso del suo capo.
E infine arrivare a quell'agenda, con il suo inestimabile contenuto.
Un po' si era detestato per quanto fatto, era stato così orgoglioso quando Al lo aveva scelto per quella piccola trasferta. Proprio lui, Jules, tra tanti altri professionisti, lui aveva indicato lo stagista a cui al massimo chiedeva di portargli un caffè.
Voleva fare quel viaggio, magari avere l'occasione di conoscerlo meglio e invece aveva mandato ogni speranza in fumo rubando quell'agenda.
Ma non era stata colpa sua, il suono di quelle parole lo avevano ipnotizzato, aveva solo inseguito William, quella calligrafia graffiante intrisa di così tanto sentimento.
Voleva sapere quale fosse stata la scelta di Ben, se alla fine l'amore di William era stato ricambiato se erano fuggiti assieme.
In effetti non aveva trovato molto del padre di Alexander nelle sue ricerche, forse davvero aveva abbandonato la famiglia per inseguire quel folle amore, magari adesso che si era impossessato di quelle lettere forse lo avrebbe scoperto.
Quando Jules entrò nella casa trasalì trovando la sua coinquilina e collega Kat che lo attendeva a braccia incrociate, aveva lo stesso sguardo arcigno di sua nonna quando lo stanava a rubarle un biscotto.
Era passata la mezzanotte, non credeva che, come una madre ansiosa, lo avesse atteso alzata.
Jules si mosse senza una parola e prevenne tutte le domande della ragazza.
Sapeva già quali parole frullavano nella sua scura testa riccioluta.
Quale scusa aveva stavolta per trattenerti oltre l'orario di lavoro?
Com'è possibile che non lo hai ancora mandato a quel paese?
Per quanto tempo ancora fantasticherai su quegli occhioni scuri prima di capire che ti usa e non ti darà mai quello che vuoi?
Quando estrasse l'agenda per mostrargliela vide ogni parola sbriciolarsi occhi di Kate. Lei aprì la bocca e la richiuse incredula finché finalmente non ritrovò la voce.
«Hai rubato al capo?»
Jules avrebbe voluto risponderle un sommesso preso in prestito, ma optò per il silenzio e si rannicchiò accanto all'amica carezzando con tenerezza la sua refurtiva e infine le mostrò le lettere in essa contenute.
«Sono nei guai lo so... Ma quando le ho viste non ho potuto resistere...» cercò di giustificarsi il ragazzo. Kate sapeva quanto la lettera di William lo avesse ossessionato in quei giorni e sperò che capisse il suo gesto a fronte di quella incredibile scoperta.
Lei sorrise divertita «Non mi dispiacerebbe che il nostro terribile capo venisse a darti una bella strigliata! Me lo immagino, è così sexy quando si arrabbia, già lo vedo mentre si scompiglia quei capelli neri come l'ebano e ti scruta nell'anima con quegli occhi... mamma mia, sono due pozzi così scuri che ci si potrebbe perdere...» concluse sospirando.
Jules alzò gli occhi al cielo, sapeva che stava solo scherzando, ma una piccola parte infantile della sua mente era infastidita dal sentirla parlare così di Al.
In Scozia la attendeva un fidanzato che lui non conosceva, una volta terminato il loro stage. Pareva pure che somigliasse ad Al, ma a detta sua, più giovane e slanciato.
Jules ogni volta che lei parlava di questo misterioso ragazzo senza nome lui scuoteva la testa, perché pensava che fosse impossibile che esistesse qualcuno che potesse superare Al in qualsiasi cosa.
Kate finiva sempre per scoppiare a ridere perché trovava la sua cotta straordinariamente divertente.
Jules desiderò di non averle mai detto niente in merito ai suoi pensieri su Al e prese appunto mentale di non ubriacarsi mai più con l'amica, finiva per rendersi ridicolo e confessare cose che mai avrebbe ammesso da lucido.
«E adesso?»
La voce di Kate lo destò dai suoi pensieri.
«Che pensi di fare?»
Jules riprese l'agenda che l'amica gli porgeva.
«Indagherò e scoprirò l'identità di William!»
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro