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Capitolo 54


Spazio autrice. Ciao ragazzi, ecco un nuovo capitolo, le avventure di Cristyn e Rob continuano. Adesso cosa potrà mai accadere?

Mi scuso in anticipo per eventuali errori, buona lettura by 


Pov's Rob.

Ormai sono ore che lavoro in ufficio, con una strana sensazione che mi pervade.

Devo assolutamente avvisare la mia piccola. Gli investigatori sono riusciti a scoprire chi si cela dietro le aggressioni e i pedinamenti ai danni di Cristyn, mi hanno appena inviato una sua foto.

Brutto figlio di puttana!

Sapevo che tra noi i rapporti non sono più quelli di una volta, ma arrivare fine a questo punto, rapire Cristyn, perseguitarla, picchiarla? Pensavo avesse capito che Clarissa fosse abbastanza adulta da scegliere da sola della sua vita, senza che nessuno decidesse al suo posto o la fuorviasse. Alla luce di tutto, dopo anni posso dire che Clarissa è stato uno dei miei sbagli più madornali e che se tornassi indietro eviterei.

In due secondi sono già nell'ascensore, senza badare alla confusione che ho lasciato nel mio ufficio. Devo chiamare un po' di persone.

«Phill, prepara la macchina, subito. Sto uscendo».

«È già pronta signore, la porto all'entrata degli uffici», perfetto.

Adeso devo avvisare Steve e Sandy, per non parlare dei signori Mitchell.

Dai rispondi, rispondi, penso mentre il cellulare squilla a vuoto

«Cosa vuoi? Sono al locale, sono impegnato», dice stizzito Steve.

«Sappiamo chi ha rapito e aggredito Cristyn», dico centrando la questione.

«Cosa? E lei lo sa?», chiede. Sento altre voci in sotto fondo.

«Non ancora. Non ho potuto dirglielo, non risponde al cellulare», diamine, «Ascolta io vado al negozio, dovrebbe essere lì a quest'ora. Tu avvisa Sandy e i vostri genitori. Alla polizia ci ho già pensato io».

«Sandy è qui con me , ha sentito tutto. Andiamo dai miei e li informo», dice concordando.

«Ok, io sono già in macchina, sto andando da lei. Ah, Steve usa tatto quando lì avviserai. Tua madre è ancora troppo debole per ricevere cattive notizie», gli ricordo.

«Lo so, lo so cosa credi. Vado a dopo. Tienimi aggiornato».

**

Sono arrivato alla pasticceria, ma non vedo Cristyn.

Diamine. La rabbia mi ribolle nelle vene. Se quel figlio di puttana osa solo toccarla con un dito, gli farò pentire di essere nato, di non essere rimasto in California.

«Salve Rob, è successo qualcosa?», chiede Petty venendomi incontro.

«Sai dov'è Cristyn?».

«Sì, è andata poco fa al bar, a prendere dei caffè. Se vuoi...», non sento il resto della sua frase. Sono già diretto al bar. Non è molto distante. Diavoli. Oggi c'è molta gente e una coda infinita alla cassa. Tra le moltitudini di teste non riesco a trovare la mia piccola. Dove sei tesoro?

«Mr.Pawell, Jackson e Popper li hanno trovati», mi informa Phill, riportandomi alla realtà ciò che non mi piace è il suo sguardo, proprio per niente.

«Andiamo».

In pochissimo tempo arriviamo vicino ad un vicolo, tra il bar è il negozio. Scendo prima ancora che la macchina si sia fermata ed è lì che lo vedo.

Mi ritrovo subito dietro le sue spalle. Lo volto e lo alzo buttandolo lontano da Cris. Mi avvento su di lui riempiendogli la faccia di pugni. Non so come riesce a bloccarmi e le nostre posizioni si invertono. Rispondo ad ogni colpo, riuscendo a colpirlo qualche volta. Il suo errore è farsi guidare dalla furia. Io mi lascerò guidare dal cuore, da Cristyn. Proprio nell'attimo in cui i suoi colpi rallentano lo colpisco alla testa, facendolo cadere e a togliermelo di dosso. Ritorno immediatamente da lui. Il bastardo ha ancora il coraggio di reagire, di parlare, anche se quelli che emette sembrano più i versi di un cane bastonato.

«Non avresti dovuto toccarla. Non avresti dovuto fiorarla. Non avresti dovuto avvicinarti minimamente a lei», dico assestando colpi al mio vecchio amico, «Non otterrai mai ciò che vuoi».

«È qui che ti sbagli amico. l'ho già ottenuto. Lei sta soffrendo e anche tu stai soffrendo», dice il bastardo ridendo.

«Signor Pawell lo lasci andare ci penseremo noi a lui», dice Jackson, affiancato da Popper.

Io però sono riluttante ad allontanarmi e lasciarlo ancora respirare. Voglio che scompaia dalla faccia della Terra.

«Mr.Pawell lo lasci», mi ripete Phill, prendendomi dalla spalle per separarmi da lui, «Pensi alla signorina Mitchell».

Con il cuore a pezzi e dolorante mi avvicino alla mia principessa.

«Oh, piccola, mi dispiace tanto», dico con voce flebile inginocchiandomi accanto a lei.

«Signore si sposti, dobbiamo portare la ragazza in ospedale», dice un paramedico risvegliandomi, ma io non riesco a muovermi, «Signore!» ripete quest'ultimo.

«Rob! lasciali lavorare. Li seguiremo con la mia auto», sento la voce di Harry, ma la mia attenzione è tutta concentrata su Cris. Malvolentieri mi stacco da lei per lasciar spazio ai paramedici.

«Ma com'è potuto succedere?», chiede il mio amico guardandosi attorno.

«È tutta colpa mia...», inizio a dire, ma Harry mi ferma subito.

«Non pensarlo neanche».

«Non so come, ma è riuscito ad aggirare la sorveglianza ed arrivare fino a lei», penso pieno di rabbia. Com'è potuto succedere, eppure ho scelto personalmente gli uomini più in gamba del settore. Quel pazzo deve essere stato aiutato da qualcuno. Ma chi?

«Andiamo».

**

Cris è stata visitata. Per fortuna siamo arrivati in tempo, prima che il bastardo abusasse di lei. Da ore ormai i medici mi ripetono che stanno sottoponendo Cristyn a diversi accertamenti. Non riesco a sopportare quest'attesa, straziante.

«Rob smettila di fare avanti ed indietro, mi stai facendo venire mal di testa», dice ad un tratto mio fratello.

Sì, anche lui è qui in ospedale, in attesa che i medici ci dicano finalmente qualcosa, così come il resto della mia famiglia e quella di Cris.

Finalmente vediamo un medico venire verso di noi.

«I parenti della signorina Mitchell?», domanda guardancodi.

«Noi siamo la sua famiglia, lui è il ragazzo, con i suoi genitori e il fratello», risponde Steve in vece di tutti noi.

«A parte un apio di costole rotte, che le renderanno difficile respirare per un breve periodo e qualche livido su arti superiori ed inferiori la signorina Mitchell non presenta traumi gravi alla testa o in altre parti del corpo», ci informa il medico.

«Quando possiamo vederla?», domanda Sandy.

«Appena si sveglierà, ma pochi alla volta, non deve affaticarsi».

«Rob, dovresti...», sta per suggerire mia madre, ma la interrompo.

«Credo sia meglio che i primi a vederla siano i suoi genitori», dico guardando il signor Mitchell, il quale comprende il messaggio sottinteso. Ho ancora bisogno di qualche attimo per elaborare il tutto, prima di rivedere la mia piccola.

Pov's Cristyn

Inizio flash back

Accade tutto in un secondo. Mi ritrovo bloccata sull'asfalto. Non so per quanto tempo scalpito nella speranza di sfuggire al pericolo. Ogni mio tentativo di liberarmi si è dimostra vano. Un altro colpo mi arriva alla schiena, mozzandomi il fiato, per poi essere seguito da istanti di silenzio totale. So che non se n'è andato. Lui è ancora qui. Sento una mano afferrarmi i capelli, tirarli forte facendomi urlare dal dolore. Ma sono o forte. Non ho urlato e ho cercato di trattenere le lacrime. Non so come, ma so che il vedermi soffrire sarebbe sua gioia più grande, così ho resistito.

Sul mio collo sento il suo respiro. In questo momento provo una sensazione inquietante. Puzza di fumo ed emana rabbia, desiderio di far del male a qualcuno, a me, «Non sei più così sorridente come quel giorno, adesso», dio la sua voce mi fa venire i brividi.

Aspetta! Ma io questa voce l'ho già sentita.

Dopo un altro colpo, più forte, sprofondo nel buio.

Fine flashback

**

Respirare mi provoca forti dolori, ma sopportabili. Dopo tutto ciò che è successo, la situazione poteva essere peggiore. Apro piano gli occhi per vedere dove mi trovo. La luce troppo forte mi obbliga però a richiuderli. Questo movimento improvviso mi provoca una fitta alla testa. Vorrei tanto riuscire a muovermi per alleviare questo dolore, ma il mio corpo sembra essere pesante come il piombo e non accenna a muoversi.

Diamine! Mi sento così stanca. Adesso ho una tale confusione. Accidenti, penso sbattendo la testa sul cuscino, cosa che mi provoca ulteriori dolori.

Che stupida. Forse è meglio che io non mi muova. Allo stesso tempo, però, lo stare ferma mi provoca fastidio, mi fa sentire impotente.

«Bene ci siamo svegliate. Piacere Cristyn, sono il dottor Brown, ho in cura tua madre e da adesso in poi anche tu sarai una mia paziente. Non potrò seguirti ventiquattro ore su ventiquattro, ma seguirò il tuo caso. Non devi preoccuparti, sta tranquilla, vedrai che ci prenderemo cura di te. Hai qualche domanda?», chiede con tono gentile il dottor Brown.

«Posso chiamarla "doc"?», chiedo stupidamente e la cosa lo fa sorridere.

«Certamente».

«Cos'è successo?», ricordo a sprazzi gli ultimi avvenimenti, è come se qualcuno avesse fatto un cattivo montaggio di alcune scene di un film. Diverse immagini compaiono e scompaiono velocemente davanti ai miei occhi.

«Qual è il tuo ultimo ricordo?», chiedo appuntandosi qualcosa su una cartellina.

«Il bar, sono andata a prendere dei caffè al bar vicino alla pasticceri e stavo ritornando, poi...», rispondo con voce tremolante. Ricordi sfuocati mi tornano alla memoria e il mio corpo viene invaso dalla paura.

«Vuoi che faccia entrare il tuo ragazzo? Sta aspettando, insieme ad altre persone in sala d'aspetto», mi informa.

Rob!

«Sì la prego». Appena il dottor esce dalla stanza per andare a chiamarlo, lasciandomi con un'infermiera. Il mio cuore inizia a battere all'impazzata.

«Signorina, faccia un bel respiro, così la pressione potrà abbassarsi», diamine, anche le macchine percepiscono la mia agitazione.

Respira Cristyn, respira.

Un bussare alla porta viene seguito dall'entrata di Rob nella stanza. Un Rob, stanco, ma allo stesso tempo felice.

«Oh, piccola», dice fiondandosi al mio letto, per chiudermi in un caldo abbraccio. rimaniamo in silenzio per attimi infiniti.

«Rob...», dico con il cuore in gola.

«Shh piccola, è tutto finito. Mi hai fatto prendere proprio un bello spavento sai, ma adesso sei qui con me», dice baciandomi. Non è un bacio come gli altri. Un bacio sulla fronte in segno di protezione e conforto.

«Sono qui con te», dico alzando il volto, sfiorando le sue labbra.

«Sì sei qui con me e non ti lascerò per alcun motivo», mi tiene ancora stretta a se, come se avesse paura che io possa volatilizzarmi all'improvviso.

«Quando posso tornare a casa?», chiedo, impaziente di uscire di qui e di stare sola con lui, per recuperare il tempo e le gioie perdute.

«I medici hanno detto che ti dimetteranno fra un paio di giorni, ma una volta a casa, dovrai stare in assoluto riposo. Niente sforzi e movimenti bruschi. Ricorda le costole devono ancora guarire», mi ricorda Rob.

«Uffà!», penso ad alta voce, mettendo il broncio.

«Sai, continua con quel broncio e potrei dimenticarmi delle precauzioni che il dottore ci ha raccomandato di seguire», dice con un sorriso malandrino.

«E cioè?», chiedo accarezzandogli la schiena, fino ad arrivare al suo sedere, stringendolo forte. La mia provocazione deve aver funzionato, perché lo sento eccitarsi sempre di più.

«Tu mi vuoi far morire», dice un attimo prima di morsicarmi il collo, fino ad arrivare al lobo dell'orecchio, il mio punto debole. Le nostre effusioni eccitanti, mi sono mancate. Purtroppo veniamo interrotti da un bussare alla porta.

Appena entra l'intruso rimango di sasso, così come Rob!

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