Capitolo 36. SVILUPPI
Pov's Cristyn
Sandy?
Un secondo dopo ci stringiamo in un abbraccio carico di nostalgia e rammarico.
«Cosa ci fai qui?», le chiedo felice che sia qui nel locale, in questo momento.
«Se vuoi posso anche andarmene», dice scossa da una risata.
«Assolutamente no, non ti permetterò di allontanarti di nuovo senza una valida spiegazione. Visto che i ragazzi sono impegnati in una chiacchiera tra uomini, tu viene con me», dico senza lasciarle il tempo di rispondere e trascinandola nel bagno delle donne. Controllato che tutti i bagni siano liberi chiudiamo la porta a chiave, non prima di aver messo il cartello fuori servizio.
«Sputa il rospo!», le intimo. So che non bisognerebbe mai far pressione ad un'amica, ma ho uno strano presentimento a tal proposito.
«Io e Steve ci vediamo ogni tanto, nulla di più. Ultimamente però...», dice tentennando.
«Però...», la incoraggio a continuare.
«Sembra più stressato del solito, con la testa tra le nuvole. Sono preoccupata Cris», dice malinconica.
«Non può essere il lavoro e la gestione dei due locali. A volte può essere impegnativo e stressante», ipotizzo.
«Anch'io l'ho pensato, ma l'altro giorno sono andata a trovarlo. Lui era impegnato in ufficio e così ho chiacchierato con il suo barman. E sai cosa mi ha detto? Che gli affari non sono mai andati meglio. gli incassi superano le aspettative. C'è dell'altro», afferma irritata.
«Non saprei cosa dirti. Non me la sento di darti un consiglio su come comportarti. Tu sei la mia migliore amica e lui è mio fratello. Voglio bene entrambi. Questo lo sai. Posso dirti una cosa però. Le cose taciute finiscono sempre con il ferirci e farci soffrire. Dovete parlare. Sarà doloroso, ma almeno non lo scoprirai da altri», le dico.
«Lo so, lo so».
«A proposito. Steve è di là con i ragazzi e Rob», la informo.
A questa notizia rimane sorpresa. Ritorniamo dai nostri uomini giusto il tempo per trovarli attorniati da donne. Rimaniamo entrambe ferme con braccia incrociate, in posa da " mo ti incenerisco", te e quelle oche che ti stanno attorno. I ragazzi, Rob, Steve e i nostri amici, chiacchierano allegramente con quelle, come se non fosse nulla. Indiavolata come non mai mi dirigo verso questo splendido siparietto, seguita da un'irritata Sandy.
Passando prepotentemente attraverso le ospiti indesiderate raggiungo il mio uomo lo afferro dietro la nuca e gli tappo la bocca con le mie. Stuzzicando le sue labbra con le mie, strofinando il suo petto con il mio, avvicinando il suo bacino al mio afferrandolo per la cintura dei pantaloni. Bacio che appassionato, che parla da solo, "Andatevene stronze, lui è già impegnato. Lui è mio". Bacio interrotto solamente per marcare il territorio.
«Allora?», dico riprendendo fiato, voltandomi verso queste galline e avanzando di un passo.
«Chi ti credi di essere?», dice la gallina rossa tutta rifatta. Sembra arrabbiata, ma a me non importa.
«Forse non ti è chiaro ma lui è occupato. Quindi smamma. Stai già dando un brutto spettacolo», la avverto.
«Stavamo parlando», dice ancora irritata.
«Apri bene quelle dannate orecchie. Il tuo impegno non è qui, forse sulla statale 120, ma non qui». La ragazza fa per avanzare ed alzare le mani, quando mi sento cingere la vita.
«La mia fidanzata sembra essersi spiegata bene. Qui non c'è niente per voi».
Vedendo che non accennano ad andarsene, faccio per avanzare verso di loro, ma Rob rafforza la sua presa attorno alla sua vita. finalmente le ospiti indesiderate se ne vanno.
«Calmati», mi dice Rob accarezzandomi le mani. Strano non mi ero accorta di averle strette a pugno.
«Andiamo a casa», dico sospirando. Rob non fa proteste a questa mia richiesta. Salutati tutti gli altri ci avviamo verso casa mia.
Il viaggio trascorre anch'esso in silenzio. Un silenzio che generalmente può essere rilassante, ma non in questo caso.
«Perché non ha i fatto niente quando quelle idiote sono venute subito da voi?», chiede voltandomi verso il finestrino.
«Guardami», dice senza ricevere alcuna risposta però. Frena e accosta la macchina. «Guardami», mi ripete afferrandomi per il mento e voltandomi verso di lui.
«Cosa?».
«Io sono tuo e tu sei mia. Punto!», dice guardandomi intensamente, provocando in me brividi.
«Allora ricordatelo ogni tanto», dico irritata. Forse deluso dalla mia risposta, si stacca da me e riparte. La macchina è piena di tensione e questo non mi piace affatto.
«Senti Rob, mi dispiace se prima sono stata brusca, ma cerca di capiermi. Tu dici di essere il mio ragazzo e io la tua ragazza. Bene. Allora permettimi di dirti una cosa, se il mio ragazzo viene circondato da altre donne mi da fastidio se lui sta fermo e non fa nulla, come allontanarle o mandarle vie. Tu in quel momento eri lì con me, eri venuto con me , per trascorrere questa serata con me e non con loro. Un attimo vado in bagno e quando torno ha già trovato un rimpiazzo, anche se momentaneo di cinque secondi, ma mi da ugualmente fastidio. Mi da fastidio che le danno ti diano attenzioni, questo è ovvio, ma mi da ancora più fastidio, mi fa imbestialire che tu dia attenzioni a loro. Capisci?», chiedo.
«Non ti è piaciuta questa serata?», chiede invece di rispondere.
«No», rispondo secca.
«No! È iniziata bene, un momento perfetto, allegro, rovinato da una tua disattenzione e menefreghismo. Non ti è minimamente passato per la testa che quella situazione potesse darmi fastidio, irritarmi», sottolineo.
«Forse è meglio se ognuno dorme a casa sua questa sera», dice ad un tratto.
«Ascolta. Il fatto che non mi sia piaciuta questa serata, o meglio come si è conclusa quest'uscita, non significa che io non voglia trascorrere del tempo con te», gli spiego. Lui sembra essere titubante e riflette sulla mia risposta. Arrivati a casa, parcheggia la macchina vicino al portone e scende per aprirmi la portiera. Appena richiude la portiera avvicino il mio corpo a suo, obbligandolo ad appoggiarsi alla macchina. Guardo per un tempo infinito le sue labbra, accarezzo il suo collo lentamente, per poi salutarlo con un lieve bacio sulle labbra. Se non vuole trascorrere con me la serata, allora non avrà altro da me. Mi sarebbe piaciuto averlo accanto a me questa notte, per essere confortata. Per aver qualcuno con cui confidarmi. Faccio per staccarmi da lui, ma Rob mi stringe nuovamente a se.
«Io non vado da nessuna parte!», dice accarezzandomi la guancia e prendendomi per mano.
Sono riuscita a convincerlo a passare la notte da me.
Parcheggiamo vicino al portone d'ingresso.
Tiro fuori le chiavi e proprio mentre sto per infilarle nella serratura per entrare in casa, noto che la porta è già aperta, addirittura rotta scassinata. Ho una strana sensazione e non sono l'unica ad averla. Robert mi scansa subito in modo da mettermi dietro di lui.
«Resta qui. Chiama Phill», dice prima di aprire totalmente la porta.
«Cosa? E tu dove vai?», non voglio che mi lasci qui da sola.
«Controllo che quel figlio di puttana non sia ancora qui. Fa silenzio e resta qui», mi spiega.
.........................
Ho fatto quel che mi ha detto lui. Ho chiamato subito Phill, spiegandogli la situazione. Sono rimasta in silenzio per una mezzora, aspettando che Rob ricomparisse, quando vedo arrivare Phill accompagnato da due uomini in divisa. Strano, non ho sentito nessuna sirena.
«Il signor Pawell?», domandano i due poliziotti.
«È entrato dentro l'appartamento».
«Da solo? Senza un'arma? Ma è pazzo o idiota?», chiedono sarcasticamente.
«Tutte e due».
«Lei rimanga qui con me, i signori controlleranno la sua abitazione», mi spiega Phill.
Passano attimi, minuti infiniti. L'immaginazione prende il volo, il timore che sia successo qualcosa provoca in me angoscia. Sono già passati venti minuti e dal mio appartamento non proviene nessun rumore. Diamine è casa mia, non rimarrò fuori altro tempo. Appena metto piede in soggiorno, la mia mente ritorna all'invasione del mio vecchio appartamento. Tavolino rotto. Divano squarciato. Muro massacrato e vetri imbrattati con scritte realizzate con vernice spray, molto probabilmente.
Oh... mio... dio! Il mio corpo si paralizza dal gelo, il cuore accelera e le mani sudano freddo. La mia casa, il mio rifugio è ridotto ad uno scempio.
«Signorina Mitchell? Signorina Mitchell?», sento una voce chiamarmi, come se fosse lontana.
«Piccola?». La voce di Rob mi riporta alla realtà, una nuda e cruda realtà. Lui è ritornato. Sento che mi è arrivato un messaggio. Con gesti frenetici cerco il cellulare nella borsa. Ma dove diavolo l'ho messo. Ah, eccolo.
"Piaciuta la sorpresina?
Tuo X "
devo essere talmente scioccata perché Rob, mi strappa immediatamente il cellulare dalle mai.
«Cazzo! Phill i due agenti rimarranno qui fino a che non arriveranno i rinforzi. Tu portaci a casa».
....................
Durante il viaggio di ritorno non riesco e pensare a niente. A nessuno. La mia mente vaga nel vuoto. I miei occhi non vedono. Le mie orecchie non sentono. La mia anima invece sente. Sente disperazione.
Arrivati a destinazione Rob scende per prima e mi prende in braccio. Non ho neanche la forza di protestare. Phill ci precede per aprirci gentilmente la porta. Vengo portata, in quella che credo sia la camera da letto patronale. Lentamente i miei vestiti scompaiono e il gelo per lo spavento viene subito sostituito da acqua calda, profumata. Lentamente adagiata nella vasca del bagno interno della camera. Lascio che il torpore dell'acqua mi rilassi. Ad un tratto sento la presenta di qualcuno nel bagno e sobbalzo dalla sorpresa.
«Non volevo spaventarti piccola, ma è ora di uscire dalla vasca», senza protestare lascio che Rob si prenda cura di me. Noto che il suo sguardo non è affatto rilassato com'era questa sera.
«Piccola?». Non rispondo. Non ho il coraggio di guardarlo negl'occhi. Sollevandomi il mento mi costringe fissare il mio sguardo nel suo.
«Mi prenderò io cura di te piccola. Ci sono io qui con te. Non sei sola». Avvolta in un gigante asciugamano vengo trasportata sul letto. Rob fa per allontanarsi, ma io lo trattengo. Fisso i miei occhi nei suoi. E gli pongo un'unica silenziosa richiesta.
"Fammi dimenticare quest'episodio. Fammi sentire bene".
A volte le parole non servono, sono superflue e gli occhi, lo specchio dell'anima, parlano da sé.
Quello che inizia come un bacio delicato, rassicurante diventa un bacio appassionato, possessivo e passionale. Quello di cui ho bisogno è di sentirmi protetta, ma anche desidera. Appena le nostre labbra si separano, cingo il suo collo con le braccia per riavvicinarlo e non lasciarlo scappare. Le sue braccia non mi lasciano mai andare, tranne per spogliarci di ogni indumento. Pelle contro pelle, respiro contro respiro, sguardo contro sguardo. Bacio contro bacio. Affondo la mia bocca nella sua, le mie mani nei suoi capelli. Rob preme il suo corpo palpitante contro il mio. Lentamente ci sdraiamo sul letto senza separarci e prima di fonder i nostri corpi, Rob mi guarda attentamente e accarezza dolcemente la mia guancia. Il ritmo cadenzato, costante porta entrambi oltre il limite.
Soddisfatta e appagata mi abbandono sul materasso tra le braccia del mio uomo. Ho già la testa altrove, che quando sento qualcuno bussare alla nostra camera e Rob alzarsi per andare a vedere di chi si tratta, non ho le forze di trattenerlo.
Lo sento parlare con qualcuno, in maniera concitata dietro la porta. Mentre cerco di capire cosa stiano dicendo lui e il suo interlocutore, mi viene in mente una cosa.
Non abbiamo usato nessuna precauzione. E adesso?
SPAZIO AUTRICE_
Ciao ragazzi, scusate la mia assenza. Finalmente tra impegni e il lavoro sono riuscita e terminare il nuovo capitolo. Spero vi piaccia!
- Ringrazio tutti i miei follower e lettori di seguire la mia storia;
- Vi ricordo che Dolce successo e Dolce Rivincita partecipano ai Wattys2017, non perdetevele;
Buona lettura by
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