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Note varie ed eventuali:
Ciao a tutti! Eccomi di nuovo qui con la mia ossessione principale dell'ultimo anno: la BakuTodo.
Questa Shot è nata per caso, da una frase che mi ha sempre ispirato centinaia di trame e fantasie birichine *-*
il titolo, per chi è fan del genere, rimanderà subito ad una canzone molto pop di quei cari pischelli dei One Direction, che per anni mi hanno guidato nel mondo dei gay inglesi... ahhhh un mio grande debole.
Spero che vi possa piacere e che vi tenga compagnia nell'attesa del prossimo capitolo di Dannato Istinto (per chi non la segue, è la mia long threesome BakuTodoKiri)... ho svariate storie su cui lavorare e non vedo l'ora di avere vostri pareri ♡
DOES SHE KNOW?
Aprile è un mese così bello che solitamente vola in un battibaleno.
L'aria che comincia ad intiepidirsi, i fiori che colorano di macchie tenui i lati delle strade, i parchi, il panorama. Le giacche imbottite e i cappellini di lana dentro all'armadio, pronti per eventuali cali delle temperature, ma ormai fuori luogo come chi ordina un'insalata da Mc Donald's.
Bakugou era solito scandire il tempo con ritmo, come se gli avvenimenti avessero un rumore tutto loro e a lui piacesse metterli in ordine. Odiava avere sorprese.
Aprile era il suo ritornello e non sarebbe potuto essere altrimenti.
La prima data che si memorizza da bambini, oltre al Natale, è il proprio compleanno dopotutto.
Il problema di questa ritmica però risiede nella lunga decadenza successiva a tale data: la musica rallenta, le luci si abbassano, la frenesia cala. E cosa rimane?
Rimane tutto ciò che Katsuki odia di più. Rimane la routine, la gente che sembra uscire tutta insieme per godersi le belle giornate, come se fosse stata rinchiusa in delle fottutissime caverne fino a quel momento. E allora per Bakugou funziona tutto alla rovescio: l'autunno piovoso, l'inverno rigido ed il lento risveglio dei primi mesi dell'anno sono ciò che apprezza di più, il suo compleanno corrisponde ad una sorta di apice, il giorno a cui segue inevitabile decadenza.
Che poi, in fondo, aveva smesso di festeggiare il proprio compleanno diversi anni fa ed ormai se lo ricordavano solo i suoi famigliari, quel suonato di Kirishima e Deku di merda, che puntualmente si premura di mandargli un messaggio sul cellulare ed un biglietto a casa. L'aveva fatto persino quell'anno, come se non fosse vero che non si vedevano da oltre 12 mesi, come se "Finalmente non ti avrò più in mezzo ai coglioni" non fosse stata l'ultima frase che Bakugou gli aveva rivolto, là, alla festa organizzata dal Liceo Yuuei per il diploma di una delle migliori generazioni di Hero mai viste.
Non tornava a Tokyo da così tanto tempo che quasi aveva dimenticato lo sciamare di centinaia di persone lungo gli ampi incroci con attraversamento pedonale, l'ordinato affollamento che riempiva le banchise d'attesa in stazione o giù nella metropolitana. Era tutto così organizzato, così pulito e perfetto da mandarlo al manicomio. Che no, secondo i pezzi grossi Tokyo aveva un tasso di criminalità così basso da non farsene niente di uno come lui, con la vocazione per le soluzioni drastiche, le lezioni impartite a suon di calci nel culo e una leggera tendenza a far saltare per aria gli edifici circostanti. Mica potevano rischiare che distruggesse qualche centro nevralgico della borsa giapponese o addirittura la Tokyo Tower, no?
Ma a lui andava benissimo così, e al diavolo la capitale.
Almeno aveva la scusa per non avere più niente a che fare con tutta la gente del cazzo che per anni ed anni aveva dovuto sopportare quotidianamente. E non aveva più rivisto nessuno, nossignore, se non Kirishima e Kaminari che incuranti come al solito lo erano andati a trovare il Dicembre scorso, prima delle festività.
A questo giro però non gli era pesato doversi svegliare all'alba e prendere il treno per tornare in quella città da ossessivo compulsivi certificati. I suoi genitori ci hanno azzeccato con il regalo, e mentre esce dal padiglione dedicato ai Quirk di fuoco allestito all'esclusivissima fiera dei nuovi marchingegni per Pro-Hero si sente quasi bene. L'evento rimarrà in città per solo una settimana e nonostante avesse controllato subito per parteciparvi, i biglietti costavano veramente una follia ed aveva rinunciato. Quelli erano attrezzi da Pro-Hero, non di certo roba per un neo-diplomato che doveva centellinare la quantità di bottiglie di birra da 0,66 da comprare in un mese. Dannato stipendio da pezzente.
Tira un po' su le maniche della felpa nera, che va bene l'arietta fresca ma a furia di camminare inizia ad avere caldo. La stanza dove alloggerà per la notte dista una ventina di minuti in metropolitana. I suoi ovviamente dovevano per forza farla una cazzata, non potevano limitarsi a regalargli il biglietto per la fiera e buonanotte, no.
"Il treno per il ritorno ce l'avrai la mattina dopo, così potrai approfittarne per rivedere alcuni tuoi vecchi compagni di scuola! Non è una bellissima idea?"
Pensavano forse che scherzasse tutte quelle volte in cui aveva urlato a perdifiato di voler riempire di pugni quegli sfigati insulsi? Evidentemente sì.
Il sole copre la città in un abbraccio aranciato e rosastro contemporaneamente, ma nessuno lo nota. Non sarebbe una delle metropoli più sviluppate del globo se i suoi abitanti perdessero tempo a contemplare il cielo, dopotutto.
Katsuki sente la stanchezza della giornata, sa che tra due giorni ricomincerà a correre dietro agli scarti umani della costa ovest del Giappone e se proprio proprio avrà sfiga dovrà farlo già la sera successiva visto che sarà reperibile.
Può considerare quella giornata come una sorta di vacanza? Forse sì, perché no? Dopotutto i suoi colleghi senior glielo dicono spesso che dovrebbe staccare un po' di tanto in tanto, visto il nervosismo che si porta sempre addosso.
Decide di fermarsi al fast-café all'angolo, giusto perché nessuno si possa azzardare a dire che non si sa viziare di tanto in tanto. Come se lo potessero vedere, poi. Come se prendersi una bevanda calda fosse un vizio.
Ha preso una tazza grande di caffè speziato, il goccio di latte schiumato gli ammorbidisce le papille mentre la polverina rossa disciolta all'interno gli pizzica il palato e il centro esatto della lingua. Si rammarica al pensiero che nella zona in cui vive non ci sia nessun locale in grado di eguagliare la qualità dei sapori della capitale, ma è solo un istante.
Paga, esce dal café e nel richiudere la cerniera difettosa del proprio zaino temporeggia una ventina di secondi accanto alla porta in vetro, sul marciapiede che circonda l'edificio. Maledetti venti secondi.
Alza la testa e sul ciglio della strada, a due metri da lui, una Aston Martin nera ed elegante accosta e lascia scendere un ragazzo ed una ragazza. Lei sorride ben educata quando il suo cavaliere le porge la mano per galanteria, le dice qualche parola gentile, fa un mezzo inchino con la testa e lasciandosi prendere sottobraccio la accompagna nell'edificio accanto al Café. Son solo tre passi al massimo, Katsuki è rimasto pietrificato ed anche se la sua testa ha impartito l'ordine di andarsene le sue gambe non rispondono. Lei gli dà un bacio sulla guancia a cui lui si concede chinandosi appena con la testa. Lei è minuta, ben vestita, elegante, capelli castani ed occhi grandi e buoni, il trucco perfetto, la borsa griffata dello stesso colore dello smalto lucido delle sue unghie. Lui... beh, lui non ha bisogno di descrizioni.
Lui è Todoroki Shoto.
Bakugou trova un briciolo di forza di volontà tra tutti quei litri di incredulità e finalmente si sposta verso sinistra, nella direzione opposta alla coppia, dritto verso la salvifica fermata della metropolitana.
Gli pare di sentire un richiamo, ma la folla per una volta gli è amica e può fingere indifferenza, procedere, è ancora in tempo per scegliere la strada della disillusione.
"Bakugou!"
L'ha davvero seguito fino al centro esatto di quell'incrocio? Tra le spallate dei giapponesi di fretta, il timer del semaforo che inesorabile disperde i secondi, le nuvole di smog invisibile.
"Sei proprio tu" dice solamente con quella voce bassa che no, Katsuki non aveva dimenticato.
Chiude gli occhi ed espira prima di voltarsi.
"Ciao, bastardo."
Todoroki è cresciuto. Già nell'ultimo anno alla Yuuei si era fatto più uomo, i capelli bicolore sempre della stessa lunghezza, ma non più con quel taglio da bambino che aveva quando era una matricola. Li portava un po' all'indietro, la frangia non gli ricadeva più informe sulla fronte.
In mezzo a quell'incrocio di Tokyo è vestito da uomo adulto, con giacca leggera e pantaloni abbinati, di un blu che ricorda l'inchiostro vagamente elettrico nei vasetti in vetro, ha una camicia bianca lasciata aperta sulla gola, una corta collana in cuoio senza ciondolo.
Gli occhi, beh, sono gli occhi di sempre.
"Cosa ci fai qui?"
La folla non li sta più circondando, intralciando, il countdown è agli sgoccioli.
Bakugou ghigna tra sé sapendo che l'altro non si aspetta davvero una risposta a quella domanda.
"I cazzi miei."
E Todoroki, nonostante sia uno di quei giapponesi che contribuiscono attivamente allo sviluppo ed alla crescita del prodotto interno lordo del Paese, nonostante non sia né un sognatore né uno sconclusionato, si accorge perfettamente del colore potente di quel tramonto. E lo vede giocare con i capelli sottili e pallidi di Katsuki, con quella pelle chiara ma scottata dal sole delle coste dell'ovest, lo vede esplodere nelle venature rosse e sanguigne delle sue iridi. Non c'è niente di più appropriato, pensa.
Il tempo necessario per accorgersi di tutto ciò e l'ha già preso per un braccio conducendolo senza moine sul marciapiede più vicino, un secondo prima che le macchine ricomincino a sfrecciare monopolizzando la strada.
"Non mi serve la balia" dice Bakugou strattonandolo sgarbato.
"A mai più, spero."
Ricomincia a camminare senza guardarsi indietro nemmeno per un istante.
Che incontro del cazzo. Quell'aria impassibile, quegli occhi distanti, quell'atteggiamento di superiorità, ora come allora, lo fanno incazzare senza ritegno.
Se le erano suonate diverse volte durante gli anni del liceo, ma si erano sempre praticamente equiparati. Erano scontri d'allenamento e quindi i professori non gli permettevano mai di fare completamente sul serio. Bakugou era certo che altrimenti l'avrebbe fatto saltare per aria, gli avrebbe cancellato per sempre quell'espressione neutra e aristocratica dal viso, tanto che Endeavor in persona sarebbe andato a cercarlo per ridurlo in cenere. La colpa? Aver letteralmente ridotto in brandelli il suo erede perfetto.
Quel pensiero pericoloso, più da Villain che da Hero, era contemporaneamente eccitante ed annichilente.
Dio, in quanti avevano messo in dubbio il fatto che fosse adeguato per stare dalla parte di "coloro che non uccidono".
Non doveva spiegazioni a nessuno, lui, quindi se volevano additarlo come pericolo pubblico non gliene fregava un cazzo. Ma odiava che alludessero alla possibilità che potesse diventare un Villain. Cristo, lo odiava con tutto se stesso.
Quindi perché aveva voglia di uccidere brutalmente Todoroki Shoto?
Con Deku era diverso. Capiva da sé che il loro rapporto si fosse evoluto nel corso degli anni e si erano chiariti a suon di calci, di promesse, di competizioni. Non che adesso avesse tutto ad un tratto un'alta opinione del nerd di merda, ma almeno riconosceva il suo lavoro ed il suo impegno, i suoi sacrifici e soprattutto rispettava il suo sogno. Ci aveva messo del tempo ad accettare che All Might l'avesse scelto come suo successore, ma superate la gelosia e la frustrazione aveva capito. Scegliendo Midoriya, All Might l'aveva salvato. Se avesse scelto un quirkless del cazzo senza sufficiente volontà, senza cervello o già fisicamente pronto, il One for All sarebbe andato sprecato e forse sarebbe stato addirittura usato nel modo sbagliato.
Sulla metropolitana, schiacciato tra sconosciuti in giacca e cravatta e sconosciute con le cuffiette nelle orecchie e gli occhi fissi sui loro cellulari, ha un'illuminazione di cui avrebbe fatto volentieri a meno.
Sia Todoroki sia Deku erano eredi. Qualcuno aveva scelto per loro o comunque li aveva preparati a raccogliere un potere ed un patrimonio già esistenti.
Forse era per questo che aveva l'istinto naturale di attaccare briga con loro. Avevano dovuto impegnarsi per essere all'altezza di tale eredità, certo, ma non venivano dal nulla assoluto come lui, non erano stati scelti dal destino, non avevano dovuto sperimentare sulla propria pelle i limiti o le sfaccettature dei propri Quirk.
Il nerd di merda, almeno, aveva dovuto lavorare sodo per essere riconosciuto e per affermarsi, ma il bastardo... oh, il bastardo aveva avuto la pappa pronta fin dal principio. Con un cognome del genere al massimo aveva dovuto impegnarsi per non essere visto come la brutta copia di suo padre.
Bakugou sapeva benissimo il casino di famiglia Todoroki. Aveva inquadrato perfettamente la situazione già all'inizio del primo anno alla Yuuei, quando aveva origliato la conversazione tra Deku e Shoto. Ci aveva messo del tempo per capirne davvero la gravità, dal suo punto di vista erano solo delle stronzate psicologiche, delle menate inutili che assomigliavano molto a seghe mentali.
Ma poi aveva imparato a conoscere il suo compagno di classe anche solo guardandolo da lontano. Aveva chiaramente visto quanto disperatamente volesse essere riconosciuto come Shoto e non come Todoroki Shoto.
Allora se lo chiede di nuovo, stavolta lasciandosi cadere a peso morto sul letto ad una piazza della sua camera d'albergo, doccia fatta e vestiti per l'indomani già pronti sulla sedia ricoperta da tessuto verde petrolio: perché aveva voglia di uccidere brutalmente Todoroki Shoto?
Il telefono della camera squilla bruscamente, interrompendo quel filo di pensieri lontano che aveva fatto da sfondo distratto a tutta l'ora intercorsa dall'incontro con il suo ex compagno di classe. Si chiede che cazzo voglia la reception da lui, che anche se era quasi ora di cena non aveva ordinato alcunché.
"Pronto?"
"Buonasera Signor Bakugou, è arrivata la sua macchina e la sta attendendo in strada."
Un momento di smarrimento lo coglie del tutto impreparato.
"Io non aspettavo nessuna macchina" dice solamente, incapace di formulare ipotesi plausibili.
"Il personale dell'albergo non può disdire a suo nome, le chiediamo di scendere."
E che cazzo.
Grugnisce accettando remissivo, mette giù la cornetta bianca ed esce dalla stanza prendendo con sé solamente il cellulare.
Le porte scorrevoli del piccolo ascensore si aprono lente e nella hall, appoggiato al bancone e già rivolto verso di lui c'è Todoroki.
"Cosa cazzo ci fai qui principino?" Chiede d'istinto Bakugou.
L'altro ragazzo sorride furbo, non aspettava altro.
"I cazzi miei."
Gli occhi rossi si sgranano appena. Non tanto perché gli ha rigirato lettera per lettera la frase che gli ha detto lui stesso in mezzo a quell'incrocio, ma piuttosto perché ha usato una parolaccia, cosa praticamente mai successa prima.
"Non ce l'hai un castello in cui alloggiare?"
Shoto accorcia le distanze, alcuni clienti disinteressati passano accanto a loro.
"Non sono qui per alloggiare, sono qui per vedere te."
Questa poi!
"Ah, so che dovrei essere onorato che Sua Grazia sia venuto qui per me allontanandosi così tanto dalle sue nobili stanze... ma a meno che tu non ti sia fatto questa strada solo per farti prendere a pugni in faccia, my Lord, non me ne fotte un cazzo della tua regale figura."
"Era diverso tempo che pensavo a te visto che non ho avuto più alcuna notizia... e vederti lì, prima, mi è sembrato un segno."
"Credi davvero a queste cazzate?"
Todoroki fa spallucce, la camicia ondeggia in pieghette tese contro il suo petto.
"Ti va di bere qualcosa insieme?"
"E che palle! No che non mi va! E adesso levati dal cazzo, che ho una questione da sbrigare prima di tornare in stanza."
Passa oltre il ragazzo e poi si blocca di colpo. Si volta.
Shoto lo guarda come se fosse ancora in attesa, la bocca è una linea morbida e sottile dispiegata in un sorrisetto pieno di sottintesi.
"Non sei solo un bastardo, sei anche uno psicopatico" dice Bakugou capendo perfettamente la situazione come se avesse unito i puntini tutti in una volta.
"Come diavolo hai fatto a trovarmi qui?"
"Questione di culo probabilmente" risponde quello, continuando con questa novità assurda del linguaggio scurrile.
"Cosa vuoi da me, Metà e metà?"
Non ha quasi più voglia di continuare con quella ridicola resistenza. Sarà la stanchezza, sarà che non lo fa più incazzare come un tempo, forse perché ha qualcosa di meno altero rispetto agli anni del liceo.
"Bere una cosa con te, tutto qui... e se vorrai dopo ti lascerò in pace."
Ci pensa qualche istante, adocchia l'orologio della hall che segna circa le otto di sera, sbuffa scocciato.
"E facciamo sta stronzata, va!"
- - -
Un'ora più tardi la situazione si è fatta a dir poco surreale.
Seduti ad un tavolino squadrato e laccato di bianco, Bakugou Katsuki e Todoroki Shoto stanno condividendo una bottiglia di Sauvignon ghiacciato, mangiano nigiri e maki misti con bacchette intarsiate e fanno la cosa più assurda di tutte: ridono.
"Hai veramente dovuto seguire un caso riguardante un ladro di biciclette? Tu?"
Shoto si porta una mano alla fronte in un gesto di teatrale imbarazzo ed annuisce.
"Qui è il crimine che va per la maggiore ed anche se di solito vengo assegnato alla cattura di Villain più pericolosi, questo ladro aveva fatto un disastro te l'assicuro!"
"E a chi cazzo aveva fottuto la bicicletta? All'imperatore?"
Bakugou sghignazza, mangia un altro hosomaki con salsa piccante, non crede alle proprie orecchie.
"Beh no, ma aveva cominciato a prendere di mira anche delle grosse aziende del settore e..."
"E quel pezzo di merda di tuo padre come l'ha presa?"
Lo dice senza riflettere. Non ha mai aggettivato pubblicamente Enji Todoroki e capisce di aver forse detto qualcosa di troppo. Lo capisce soprattutto dal silenzio sbigottito dell'altro ragazzo.
"Non ci parliamo più granché" esterna d'un tratto.
Dovrebbe farsi gli affari propri come al solito Katsuki, ma stavolta proprio non ce la fa.
"Beh Cristo santo... meno male, no?"
Le palpebre sbattono un paio di volte sugli occhi bicolore e "Ma tu che cosa ne sai?" Chiede bevendo mezzo bicchiere di vino.
"Lo so e basta... ma contraddicimi pure se sbaglio."
Bakugou non gli ha mai detto di aver origliato quella conversazione ormai cinque anni prima. Di certo non vuole che pensi che gli faccia pena, non l'ha mai pensata in questa maniera. Decide di alleggerire l'atmosfera con la prima cazzata che gli viene in mente.
"Beh almeno ti farai una famiglia e farai a modo tuo, no? E dire che ho sempre pensato che fossi un finocchio."
Lo dice ghignando e bevendo altro vino, vuole risultare cattivo con il suo modo più tipico: frecciatine dritte sull'orgoglio, precise precise.
Todoroki stavolta non fa una piega, ma nell'azzurro della sua iride sinistra si accende qualcosa.
"Hai passato molto tempo ad interrogarti sulla mia sessualità per caso?"
Ha i gomiti appoggiati ai braccioli della sedia, guarda fisso in viso l'altro, ha qualcosa di sfacciato che Katsuki non riesce ad afferrare.
"Ti piacerebbe."
Nell'aria ora c'è qualcosa. Proprio lì, tra gli occhi sempre un po' malsani di Shoto e la bocca bagnata di vino di Bakugou. Tra le mani forti e segnate di quest'ultimo e la gola bianca ed esposta dell'altro.
Il ragazzo biondo comincia a sentire di nuovo quel tremolio che aveva sempre associato al fastidio ed all'odio, è la stessa medesima sensazione del liceo.
L'aveva provata per la prima volta nella prima sfida a coppie alla Yuuei, quando il bastardo era in coppia con Mezo Shoji. Dal maxi-schermo l'aveva visto invitare il compagno di classe a farsi da parte e con una semplicità disarmante aveva congelato un intero palazzo, e non si era neanche affrettato a concludere la sfida, no, era tanto sicuro di avere già vinto che si era messo a camminare lentamente fino alla stanza prefissata. Nessuna esultanza o espressione euforica in volto, affatto. Come se tutto ciò fosse normale per lui, come se non si fosse dovuto neanche sforzare.
Bakugou aveva sentito una scossa elettrica esplodergli alla base della nuca al centro esatto del cervelletto, che poi gli aveva corso lungo la schiena spaccandolo senza pietà. Eccitato all'inverosimile per aver trovato un avversario di quella portata ed allo stesso tempo incazzato come una bestia per la sufficienza con cui quel bastardo affrontava le cose.
Lo sguardo bicolore, da lì in poi, gli aveva sempre fatto provare quella sensazione e Katsuki non si era mai fatto molte domande: era fastidio, odio, punto.
"E tu come sei messo nella vita privata?" Gli chiede Shoto inclinando appena la testa. Sembra che stia parlando di lavoro, che sia al suo fottutissimo circolo privato e stia conversando oziosamente.
Bakugou reprime un "Sono cazzi miei", quel su e giù di pelle d'oca non lo lascia in pace e lui vuole assecondarlo.
"Uh, niente da dichiarare... non ho tempo, non mi interessa quella roba."
"Non ti interessa, dici?"
"No."
"Non sarà che non hai mai provato?"
"Mi stai davvero chiedendo se sono un verginello del cazzo?"
Giusto per non mettere fine a quella situazione surreale, Shoto ride. L'aveva mai visto o sentito ridere in tre anni nella stessa classe?
"Non te l'avrei chiesto se tu non avessi detto che non ti interessa l'argomento."
Katsuki è, al di fuori di ogni previsione, assurdamente divertito.
"Ma che cazzo ti è successo, principino? Dici parolacce, ti interessa se scopo o meno, non sembri più un fottuto pezzo di ghiaccio."
Todoroki si prende del tempo e mangia l'ultimo pezzo di sushi posto sul piatto centrale.
"Diciamo che ho accettato il fuoco."
Un brivido più forte si infrange violento contro i sensi di Bakugou.
Cazzo, lo sfiderebbe anche lì, ora e subito, tra bicchieri in vetro svuotati e il fruscio di quella fottutissima camicia firmata.
"Ce ne hai messo di tempo..."
"Tu invece sei brillante e intuitivo in tutto quanto da capire sempre tutto al volo, non è forse così Bakugou?"
"Certo... che domanda di merda!"
Shoto prende il portafoglio e lascia alcune banconote sotto al proprio bicchiere e "Ti ho praticamente convinto ad uscire per sfinimento, fammi almeno pagare" dice per fermare sul nascere ogni protesta dell'altro.
Invano, ovviamente.
"Scordatelo, non sarò mai in debito con te!"
Estrae dalla tasca un paio di banconote stropicciate, le sbatte sul tavolo così forte da far tintinnare i piattini sporchi di salsa di soia.
L'altro ragazzo, già in piedi, scuote la testa con aria divertita.
"Come ti pare."
L'aria serale di Tokyo a fine Aprile è fredda. Il buio del cielo e la luminosità delle stelle sono contaminati dai lampioni, dai fari delle macchine, dalle mille finestre accese dei palazzi e dai cartelloni pubblicitari al neon. Le strade non sono mai vuote, è impossibile sentirsi morti in una metropoli del genere.
I due ragazzi stanno tornando all'albergo del biondo a piedi e non sembrano affatto le stesse persone che al liceo quasi non si parlavano, se non per bisticciare o lanciarsi sfide.
"È andata così male allora stasera?" Chiede Todoroki dal nulla.
Bakugou lo guarda con un sopracciglio alzato e "No, bel bastardo... contento?"
"Abbastanza" sorride.
"Sì ma non ti montare la testa, eh. Mi stai comunque sul cazzo... solo che vederti senza più quel palo su per il culo ha il suo perché. Deve essere stata dura tenerlo dentro fino in gola per diciannove anni."
Ridacchia soddisfatto della sua battuta mentre l'altro incassa in silenzio, anche se i suoi occhi parlano per lui. Ah, se solo Katsuki sapesse leggere quelle iridi.
"Facciamo una cosa" dice il biondo davanti alla porta a vetri del proprio albergo.
"Se passi dalle parti di Ishikawa o Toyama fammi sapere, è un po' che non mi diverto davvero a spaccare la faccia di qualcuno."
Shoto annuisce, un angolo della bocca sollevato ma nessuna parola che esca da quelle labbra. Bakugou non è per niente portato alla sofisticata arte dell'empatia, figuriamoci se riesca a capire cosa passi per la testa di Todoroki.
Lo manda al diavolo un'ultima volta, giusto per il gusto di farlo, ed entra nella hall.
Qualcosa è cambiato nella ritmica di quel periodo, nel cadenzare lento e solitamente calante di fine Aprile, Katsuki lo sente chiaramente.
È un battito inaspettato quello che gli fa sentire una smania nuova allo stomaco, quello che gli dà frenesia e gli fa passare la stanchezza della giornata tutta in una volta. Se quel bastardo bipolare fosse stato così sfacciato anche allo Yuuei, se gli avesse rifilato anche allora una qualche frecciatina pregna di sarcasmo, se non fosse stato troppo occupato con il capire come uscire da quella fottutissima gabbia di ghiaccio che lui stesso si era costruito intorno, forse... forse sarebbe potuto essere il suo degno rivale e non solo il frigido principino a cui dedicare pensieri omicidi un giorno sì e l'altro pure.
È un battito inaspettato anche quello che fa vibrare la sua porta dieci minuti dopo che se l'è chiusa alle spalle.
"Sì?" Chiede ad alta voce cercando di tenere per sé il fatto che in un albergo decente i clienti sono liberi di stare per i sacrosantissimi cazzi propri senza essere disturbati.
Nessuna risposta, solo un altro battito contro il pannello marrone scuro.
Impreca pronto a far saltare per aria chiunque abbia bussato.
Tira giù la maniglia in metallo opaco, apre il battente ed il ritmo di quel fine Aprile aumenta ancora. Sale, sale, non vuole smetterla di confondere la sua routine di vita.
"Fammi capire... hai risolto il tuo problema di frigidità, ma hai sviluppato una passione smodata per lo stalking?"
Shoto ride con la bocca chiusa, è un suono basso.
"Sono qui per dirti una cosa."
Katsuki si appoggia con una mano allo stipite sinistro, la destra ancora sulla maniglia. È in attesa e gli fa cenno di continuare, ma lo lascia sull'uscio.
"Nonostante tu creda di essere così brillante, intuitivo, infallibile..."
E Todoroki ha un diluvio di ghiaccio e fiamme dentro agli occhi, avanza e l'altro non si schioda da lì.
"Non hai mai capito un cazzo di me."
Ha mai sentito nelle proprie tempie il ritmo accelerato del proprio cuore, Bakugou?
Ha mai percepito così chiaramente la pressione del sangue schiacciargli il cervello ed il petto a quella maniera?
Non sono sicuramente queste le domande che pone a se stesso nel momento in cui Shoto attraversa il muro di diffidenza e quieto vivere che c'è sempre stato tra di loro, per andare dritto verso la sua bocca.
Sgrana gli occhi rossi, bastano due secondi per rendersi conto della situazione e realizzarla in semplici parole che mai, mai avrebbe pensato di mettere una accanto all'altra: Todoroki Shoto lo sta baciando, labbra sulle labbra.
L'istinto è il suo solo credo, lo è sempre stato, e a volte non riesce a tenerne il passo. Infatti quasi non si rende neanche conto dello spintone che dà all'altro, di aver una faccia a dir poco sconvolta, di aver già portato in avanti un palmo aperto pronto per emettere esplosioni all'evenienza e chi cazzo se ne frega del pianerottolo di quell'albergo di merda.
"Ti sei drogato, brutto stronzo sfregiato?!"
Chiamato in causa, il ragazzo avanza di nuovo senza tentennamenti, ignora i "Ti ammazzo" del biondo, appoggia il petto su quel palmo aperto in un chiaro gesto di sfida. Non ha paura.
"Sei sorpreso? Non avevi detto che pensavi che fossi un finocchio?"
"Non me ne frega un cazzo di cosa fotti tu! Qui conta cosa piacerebbe a me!"
"Dimmelo allora, Bakugou... a te cosa piacerebbe scopare?"
Katsuki ansima ed è letteralmente stravolto, ha il cervello annebbiato, non sa più chi sia quel ragazzo che ha davanti.
"Parli così alla tua ragazza? Lo sa che sei venuto fin qui per provare a mettermi la lingua in bocca?"
Il cuore di Todoroki sta rimbalzando contro la mano sinistra di Bakugou, lo sente sul palmo, lì, che sbatte sulle linee di vita, fortuna e amore. Non corre tanto frenetico quanto il suo però.
"Non che mi aspettassi di riuscirci al primo tentativo, visto con chi ci ho provato" gli risponde Shoto afferrando senza troppa pressione il polso dell'altro.
"Cosa cazzo ti fa credere che ci sarà un secondo tentativo? Tu non hai capito: io ti faccio saltare per aria se ti muovi ancora in una direzione che non sia la strada per l'ascensore."
Le labbra sottili si stirano e sembrano suggerire che Todoroki si aspettasse esattamente quelle parole.
"Vuoi sapere cosa me lo fa credere?" Chiede retorico senza aspettare risposta.
"Il modo in cui mi guardi e mi hai sempre guardato... hai occhi che mi fanno perdere la testa. Il tuo prendermi sempre di mira, che è qualcosa di malato, come se non facessi altro che pensare a me. Infine, e credimi questa è una delle motivazioni più valide, ci ho messo molto tempo a capire come mai cedessi sempre alle tue provocazioni, cosa fosse quel miscuglio tra eccitamento ed odio che provavo ogni volta che davi una dimostrazione di forza... e visto che ho sprecato tre anni della mia vita per capirlo, non ho la minima intenzione di buttare via questa occasione. A costo di lasciarci un braccio o la testa."
Katsuki, labbra schiuse per la sorpresa e occhi increduli in faccia, sente le proprie forze e convinzioni scivolare via.
Quel discorso gli è fin troppo familiare, quel parlare di eccitamento ed odio, di adrenalina e repulsione era la stessa cosa che sentiva lui da sempre, e su cui per inciso aveva riflettuto proprio quella sera.
Poteva davvero essere quello? Ma poi... quello cosa?
"E dimmi bastardo, dopo tre anni di ragionamenti e pensieri malati sei giunto ad una conclusione?"
L'aria si carica di aspettativa e Bakugou, dannazione, odia quella sensazione. Il ritmo non rallenta, ma il tempo si allunga.
"È voglia di essere causa del tuo dolore e del tuo piacere, ininterrottamente. È voglia di vedere il tuo sangue fresco, ma anche di saperti più vivo che mai. Non so che nome dare a questa cosa, e non mi interessa."
Cristo. Perché capiva così bene cosa intendesse dire? Perché?
Vedendo la sicurezza dell'altro vacillare Shoto si spinge nuovamente in avanti, si assicura di tenere ben salda la presa su quel palmo che ancora punta al suo petto. Non ha alcuna intenzione di toglierlo da lì, vuole fargli capire che non ha paura di esser fatto saltare per aria. Esattamente come gli aveva detto.
E Katsuki lo nota eccome, si incazza ancora di più, si accende ancora di più.
La bocca di Todoroki fa in tempo solamente ad appoggiarsi sulla sua per un istante che "Ohi stronzo ostinato..." quasi ringhia indietreggiando con un movimento del collo.
"Fammi chiudere almeno la porta."
Lo spazio-tempo fa parte di un concetto molto astratto. Ci sono leggi fisiche e matematiche che lo definiscono e scandiscono quasi perfettamente, ma il cervello umano non è fatto solo di numeri e princìpi, nossignore.
La percezione soggettiva è sempre influenzata dalle emozioni dell'individuo, dalla sua condizione fisica, dal contesto in cui si trova.
E venti secondi passati a baciarsi in una stanza d'albergo, possono così diventare ore vissute nella totale perdita d'orientamento. Gli occhi chiusi dentro ai quali brillano lampi e lustrini di pressione e tachicardia, l'equilibrio che viene meno, l'aumento esponenziale di dettagli a cui prestare attenzione.
Ma soprattutto l'unica cosa fisicamente impossibile per l'essere umano, e Bakugou è sicuro di star facendo proprio quello.
La lingua di Todoroki ha appena incontrato la sua. È calda, è squisitamente morbida, e lui sta volando.
Chiude gli occhi e i suoi piedi si staccano immediatamente da terra, il suo cervello è già tra le stelle.
Le mani di Shoto lo stordiscono: una fredda ancora sul suo polso, una calda andata dietro alla sua schiena, in una stretta che non ha niente a che fare con tutte le volte che si erano toccati prima d'allora.
È davvero questo l'effetto che gli fa baciare il bastardo? Dio, a saperlo prima.
Katsuki stesso non è aggressivo come ci si sarebbe aspettati. Gli assapora la lingua, gli succhia le labbra, gode del respiro intenso dell'altro e dell'aumento del suo battito cardiaco, che può sentire chiaramente sotto la propria mano.
Aveva sul serio pensato di farlo saltare per aria, non stava scherzando.
La stanza d'albergo ormai sta vorticando su se stessa e loro due sono il perno di tutto, il centro esatto.
Si staccano senza allontanarsi, Bakugou muove le mani verso l'alto, le mette ai lati del viso di Shoto e occhi negli occhi gli lecca le labbra schiuse. Lentamente, stando attento a tracciarne il giusto contorno.
Cazzo, quella bocca.
Lo sguardo di Todoroki è così intenso da spezzarlo nel profondo. L'occhio scuro è inchiostro denso ed infinito, quello azzurro si sta sciogliendo e riluce di desiderio.
"Metà e metà..." dice roco, muovendo i pollici sugli zigomi dell'altro in un gesto che ha tutta l'aria di una carezza un po' rude.
"Forse dovresti andartene."
Shoto lo guarda male, offeso e infastidito.
Il biondo è contento di vedere che è ancora permaloso come allora, è più divertente punzecchiarlo.
"È che sto per rispondere alla tua domanda di prima, e se lo faccio poi non ti lascerò più uscire da questa stanza..."
Gli occhi del bastardo brillano. Non è sicuro di avere capito a quale domanda si riferisca, ma l'idea di non essere lasciato andare è così allettante da fargli fare un cenno. Avrebbe rischiato tutto quanto.
Un pollice scende dallo zigomo al labbro inferiore, il polpastrello ne saggia la morbidezza, ne apprezza la forma sottile.
"La tua bocca" dice allora Bakugou intensificando lo sguardo. Quegli occhi così rossi e violenti da abbattere gli ostacoli più duri. Come i muri di ghiaccio, per esempio.
Todoroki capisce, ricorda in un lampo quell'ultima domanda fatta e lasciata senza risposta. Katsuki, nel dubbio, precisa.
"Mi piacerebbe scoparmi la tua bocca."
Il ritmo di fine Aprile è ufficialmente impazzito. Il mondo, la logica e il buon senso, anche. Doveva essere opera di un Villain o di un Dio pagano che annoiato, da lassù, si era messo a far accadere cose assurde.
Todoroki Shoto che toglie la maglia a Bakugou Katsuki prima di cominciare a cospargergli il petto di baci, leccate e piccoli morsi, beh, è sicuramente una di queste.
Sente quella lingua scivolare su di sé, lenta, implacabile. Segue le onde dei muscoli, scende lungo i solchi suggeriti dalle ossa del costato, insiste sui fianchi riempiendo quel corpo pazzesco di brividi e impazienza.
Le dita magre arpionano l'elastico dei pantaloni della tuta, lo guarda dritto negli occhi mentre lo spoglia lento.
Bakugou non si sta ponendo molte domande anche se una parte del suo cervello sa perfettamente in che cazzo di situazione sia finito. Ha il bastardo davanti a sé, si sta inginocchiando lento, la camicia sgualcita ed i capelli perfetti. Negli occhi ha pura lussuria, sulle labbra ha una promessa così grande da fargli pulsare il bassoventre.
Finché non glielo vede fare no, non può crederci.
È già stato senza vestiti di fronte a lui in spogliatoio, ma quella è tutta un'altra storia. Ora non è solo nudo, ma è nudo per lui. Ed inoltre è completamente duro. E Shoto lo sta guardando lì senza ritegno, ha abbandonato i suoi occhi non appena i boxer sono arrivati all'altezza delle ginocchia.
Che bastardo perverso, Cristo.
"Non hai mai visto un cazzo duro prima?" Lo punzecchia, e se qualcuno lo conoscesse davvero bene ne coglierebbe la sfumatura imbarazzata.
"Non il tuo" gli risponde da laggiù, inginocchiato a terra, prima di metter fuori la lingua e percorrere dal basso verso l'alto la carne tesa.
La bocca di Todoroki è la chiave per un mondo ultraterreno, è ufficiale.
Katsuki l'aveva pensato distrattamente nel baciarlo, nel sentirlo sciogliersi ad ogni affondo di lingua. Muoveva le labbra senza lasciare mai sosta all'altro, lentamente e poi un po' più veloce, ancora e ancora. Aveva ricambiato ogni leccata e quando aveva invertito di propria iniziativa la rotazione del bacio, gli aveva fatto vibrare persino le ossa.
Ora lo ha preso in bocca, sta scivolando in avanti per accoglierne più centimetri possibile, lo sta guardando con gli occhi completamente ruotati verso l'alto.
In poche parole lo sta facendo impazzire.
Se lo infila fino in gola, deglutisce per stringerne la punta, risale lento, l'interno delle sue guance lo abbraccia in un risucchio.
Ripete i movimenti ad una velocità sempre maggiore, curando meno i dettagli di ogni affondo ma senza diminuirne l'effetto: è puro godimento.
Ed infatti Bakugou ha cominciato ad ansimare, il fiato caldo gli esce dai polmoni in gemiti spezzati e sommessi. Nonostante stia lasciando fare tutto al bastardo non c'è una sola cosa che non gli stia piacendo.
Todoroki si muove ancora ed ancora, rotea la lingua, vezzeggia la pelle liscia della punta, lambisce ogni vena, ogni solco. Mugola nell'arrivare in fondo, nel sentirsi riempire la bocca, quando le mani di Katsuki afferrano con più forza i suoi capelli facendogli male alla calotta cranica. Si sorprende quando quelle stesse mani lo allontanano dopo un affondo particolarmente riuscito.
Bakugou non spiega il suo gesto, ma si va a sedere sul letto e si sfila del tutto i pantaloni ed i boxer, si sdraia, l'altro lo raggiunge.
Gli vorrebbe dire che l'ha fatto perché gli tremavano le gambe dal tanto che stava godendo, ma no, terrà le lusinghe per sé.
Si sarebbe aspettato che si spogliasse anche lui, oppure forse un bacio. Di certo non si aspettava che tornasse tra le sue gambe e ricominciasse a succhiarglielo con tutta quella devozione.
Dio, ma come faceva a venirgli così naturale?
Gli mette le mani tra i capelli, lo fa impazzire vedere il rosso ed il bianco mischiarsi tra le sue dita. Lo sente in suo potere come se ne tenesse le redini, ma allo stesso tempo sa benissimo di essere lui stesso in balìa di quel momento.
"Metà e metà..." emette roco, arrotolando una ciocca bianco latte intorno all'indice.
"Lei lo sa che puoi muoverti così, uh?"
Gli occhi bicolore immediatamente nei suoi, vermigli e vivi di voluttà.
"Lei lo sa quanto è profonda la tua gola? Quanto cazzo succhi bene?"
Una sferzata improvvisa di piacere colpisce Shoto e l'altro lo vede dal gemito che emette solo per quelle parole, lo vede da quel qualcosa che divampa nelle iridi spaiate.
Quello infatti si inginocchia ergendosi sul letto, si apre la camicia, si slaccia la cintura dei pantaloni. Non l'aveva mai visto fare qualcosa con tanta foga, freme all'idea di sapere cosa passi per quella testa matta.
"Voglio che lo sappia solo tu" risponde Todoroki abbassando anche i boxer, non lasciando più niente all'immaginazione. Bakugou comunque se l'aspettava che fosse perfetto anche lì.
Non riesce a ragionare, ha una voglia cieca dentro di sé, ma non vuole fare passi falsi e fraintendere tutto quanto. È stato tutto così veloce che no, non hanno avuto modo di dirsi quanto in là vogliano andare. Lui dal canto suo lo sa, cazzo se lo sa. È stata consapevolezza inaspettata, ma ora non ha più nemmeno il minimo dubbio.
Shoto ansima nel momento stesso in cui Katsuki gli mette una mano sul sesso già umido. I suoi gemiti sono così eccitanti, così persi e simili a mugolii bisognosi da tenere ben duro anche il biondo senza bisogno che nessuno lo tocchi.
La sua bocca è sfacciatamente aperta, gli occhi leggermente chiusi ma rilucenti dietro alle palpebre. Si china, si piega per quel movimento che lo sta portando oltre e si butta per l'ennesima volta sulle labbra di Bakugou.
È un bacio bagnato, fatto di poca aderenza ma tanta saliva. La voce di Todoroki che sembra aizzare il desiderio dell'altro, un movimento di troppo che lo porta a strusciarsi senza pudore.
Se anche non gli avesse detto di aver accettato il fuoco, Katsuki l'avrebbe capito da solo. Quello che in questo momento sta aprendo le cosce per stringergli meglio il bacino, oh, quello non è altro che un Todoroki Shoto preda delle fiamme e della carne, sciolto dal calore tanto quanto un tempo era ostaggio del gelo.
Ondeggia il bacino assecondando i movimenti della mano sul proprio sesso, andando quindi ad incitare l'eccitazione sotto di sé scorrendoci sopra senza la minima vergogna. Bakugou ha perso la capacità di ragionare da un pezzo, ma realizza chiaramente di essere al limite della sopportazione, gli esploderà il cervello di quel passo. E con esso anche tutto il resto ovviamente.
Come se avesse capito, Shoto si solleva abbandonando la lingua dell'altro, si porta la mano alla bocca e - oh santo cielo - si lascia cadere sulle dita molta della saliva che si erano mischiati con quel bacio.
Non può vedere bene l'immagine e probabilmente darebbe un braccio per poterlo fare, ma c'è poco margine di fraintendimento in quei gesti.
Todoroki si è portato la mano dietro la schiena e poi è sceso giù. Bakugou sente le sue nocche contro il sesso e riesce ad immaginarle affondare in quella carne sensibile, tra le natiche pallide e sode.
Il bastardo geme, la mano di Katsuki ha ripreso a muoversi dopo qualche attimo di completo rapimento.
Vorrebbe farlo lui, ah dannazione quanto vorrebbe essere lì dietro a scavare in quel culo perfetto, a forzare per aprirlo, bagnarlo con la sua saliva e sentirlo fare resistenza.
Ma Shoto è un'immagine divina.
Ha un corpo incredibile, la pelle bianchissima costellata da tagli e cicatrici, i capezzoli invitanti, una faccia che potrebbe farlo venire senza tanti complimenti solo per quanto è sexy. E adesso ha un'espressione veramente estasiata, affamata, non l'ha mai visto così.
Dopo averlo bagnato con altra saliva si è puntato contro il sesso di Katsuki, il quale ha di nuovo sospeso il movimento di polso. Sente che è un momento troppo intenso.
Entra facilmente per diversi centimetri, ma il sussulto di Todoroki gli fa capire che è doloroso. Lui non ha sentito niente di tutto ciò, anzi, ha provato una fitta di piacere talmente forte da aver strappato una porzione di lenzuolo sotto di sé semplicemente stringendolo.
Forse è proprio l'ansito grondante di chiaro godimento che emette a spingere Shoto a non demordere. Risale di pochissimo, poi si lascia cadere di nuovo, controllato.
Bakugou sente che tentativo dopo tentativo sta entrando sempre meglio, sempre più a fondo. Lo vede dalla faccia contratta dell'altro, lo sente dalle pareti sempre più calde che lo stanno accogliendo.
Digrigna i denti, sta facendo uno sforzo immane per non dettare lui il ritmo.
Una ventina di secondi, di nuovo, e per la prima volta è completamente dentro al corpo di Todoroki.
"Ah... oddio... bastardo, dillo che mi vuoi morto."
Quello sorride, finalmente, e prova a muoversi. Bakugou gli ha afferrato i fianchi, gli sta piantando le unghie nella pelle.
È solo quando Shoto emette un gemito che gli riempie di brividi la nuca, che capisce di poter cominciare a ondeggiare, a spingere.
Affonda in quel corpo come se ne andasse della propria vita, come se fosse una cosa che aspettava da così tanto tempo da non essersi neanche reso conto di come fosse cominciata. E forse era proprio così.
Todoroki Shoto: il bastardo a metà.
Metà ghiaccio e metà fuoco, metà riservato e metà spudorato, metà arroganza e metà umiltà. In alcune cose però era tutto d'un pezzo. Eccitante, per esempio. Sensuale, senza mezze misure. Che ironia, proprio lui.
Si tocca da solo, adesso, cavalcando il corpo e la sanità mentale in pezzi di Katsuki.
È al limite, lo è da un po' ma si è trattenuto per riuscire a portare fino in fondo quella follia.
Bakugou spinge senza cognizione, geme parole e frasi a caso, una su tutte manda entrambi all'altro mondo.
"Metà e metà... sei mio."
Il primo a venire è proprio il biondo, che annaspando alla ricerca di ossigeno non vede chiaramente il modo in cui l'altro si inarchi per avere un orgasmo nella propria mano, gocciolando anche sul suo addome.
I luccichii nel buio delle palpebre strizzate e la stanchezza travolgente li stordiscono a lungo, per un lasso di tempo in cui sono in grado solamente di respirare uno accanto all'altro, stesi su quel letto ad una piazza bagnato di sudore e con il lenzuolo strappato. Si carezzano distratti, Todoroki lascia qualche bacio sulla spalla a Katsuki.
Quanto può essere surreale un'immagine del genere?
Quella notte parlano poco, ma hanno tre orgasmi a testa, uno dei quali nel box doccia scassato di quella maledetta stanza d'albergo.
Chissà se Bakugou dirà mai ai suoi che cazzo di regalo gli hanno fatto, col senno di poi.
- - - -
Il treno è arrivato puntuale, non hanno dormito insieme.
All'alba Shoto è andato via salutandolo in un sorriso e Katsuki ha deciso di autoconvincersi che sarebbe stato meglio lasciar passare un po' di tempo. Magari sarebbe rimasto un caso isolato, come un assolo di batteria improvvisato in mezzo alla quiete di fine Aprile.
Perché il ritmo di vita è così: preciso, sempre uguale, non cambia mai, e anche quando qualcosa improvvisamente viene a scuotere la melodia è sempre effimero, e tutto torna alla normalità. Nessuna sorpresa, nessun fuori programma.
Bakugou mette la mano in tasca ed è proprio questo però che trova: un fuori programma.
Guarda fuori dal finestrino del treno in corsa e sorride suo malgrado di fronte alle tipiche distese di ciliegio di quel periodo, hanno finito la fioritura, ora i petali più scuri riempiono i prati e il vento.
"Ti vengo a trovare il prossimo fine settimana, non vorrei ti liberassi di me tanto facilmente. Ho cose da spiegarti... per esempio: quella non è la mia fidanzata. Ah, ma abbiamo tutto il tempo del mondo, no?"
Accartoccia il biglietto dalla calligrafia sottile e lo rimette in tasca. Il ritmo della sua vita, lo sa, è cambiato per sempre.
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