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9: Senza ricordi

Era un giorno di novembre quando, scendendo le scale per andare a far colazione con gli altri, mi trovai di fronte Giacomo.
"Guarda chi si vede! Come sta la mia novellina preferita?" mi chiese con un tono malizioso.
Io iniziai a tremare e a camminare più lentamente, come per evitare che mi saltasse addosso all'improvviso.
Lui si avvicinò a me e di colpo mi afferrò per i fianchi e mi ritrovai schiacciata contro il muro.
"Pensavi che ti saresti liberata di me?"
La sua voce mi metteva paura, era una voce che esprimeva solo cattive intenzioni e io non volevo avere nulla a che fare con lui né con i suoi simili.
"Lasciami, te lo chiedo per favore, lasciami andare!" dissi.
"Non mi va di lasciarti bella novellina!" mi disse Giacomo.
"Ti giuro che non dirò niente di quello che mi stai facendo, te lo giuro, ma lasciami stare!"
"A chi potrebbe importare di una ragazzina che non è stata accolta nemmeno dai suoi genitori( Tu non sei nessuno!"
Nel sentirgli dire quella frase sentii che la paura veniva sostituita dalla rabbia. "Ah sì( E tu chi sei per decidere chi sono io? Chi sei per tenermi inchiodata al muro? Chi sei per trattarmi in questo modo?"
Lui mi afferrò una ciocca di capelli e iniziò a sbattermi la testa contro il muro. Di colpo, però, qualcuno mi tolse di dosso quel peso e prima di perdere i sensi vidi il volto del mio eroe: era il mio angelo custode: il mio caro amico Daniele!
Non so come né perché, ma il mio corpo si rivoltò su se stesso e caddi svenuta tra le sue braccia.
"Francesca! Ehi! Piccola mi senti?"
Buio. Buio totale... buio e nient'altro.
...DUE ORE DOPO...
Mi svegliai in una stanza d'ospedale, l'avevo capito perché sentivo il suono irritante di una macchinetta.
Non sapevo chi ero né perché mi trovavo lì, ciò che sapevo in quel momento era il fatto di avere un terribile mal di testa.
La porta si aprì con un cigolio ed entrò un ragazzo che si avvicinò al mio letto.
"Finalmente ti sei svegliata!"
La sua voce era gentile e lui sembrava preoccupato per me, ma qualcosa mi spaventava. Era come se quel mal di testa fosse stato provocato da un uomo.
"Non farmi del male, non farmi del male!" dissi singhiozzando.
"Ehi, non voglio farti del male, chiaro?"
Si avvicinò al mio letto e si chinò su di me.
Avevo paura, come se qualcun'altro mi si fosse avvicinato così.
Iniziai a tremare e lui se ne accorse e mi baciò la fronte.
"Non aver paura tesoro" disse, "io non ho alcuna intenzione di farti del male!"
Lui non mentiva, ne ero più che sicura.
Sollevai la testa dolorante e appoggiai la fronte sul petto del ragazzo scoppiando in un pianto con i singhiozzi, le lacrime, i sussulti... insomma tutto!
"No piccola mia adesso sta calma, non piangere!" mi disse. "Io sono qui per proteggerti!"
Mi scompigliò i capelli con le mani e quel gesto, non so come, mi calmò.
"Stai un po' meglio tesoro?" mi chiese il ragazzo dagli occhi castani e il viso d'angelo che mi ispirava tanta fiducia.
"Sì, ora va meglio" risposi.
Poi gli rivolsi un timido sguardo interrogativo.
"Tu mi conosci da molto tempo?"
Gli feci quella domanda senza neanche pensarci e vidi che il suo sguardo si rabbuiava. Non era arrabbiato, più che altro era preoccupato.
"Beh, da tre mesi" rispose, "e mi è bastato per conoscerti!"
"Allora... puoi dirmi qual è il mio nome?" gli chiesi.
Lui era stupito e non aveva tutti i torti. Quando mai qualcuno chiede ad un suo amico: "Come mi chiamo?"
"Non ricordi nulla?" chiese il ragazzo.
"Nulla" risposi tristemente.
"Beh, non posso darti troppe informazioni in una sola volta, ma posso dirti come ti chiami! Hai un nome che significa "libera" e ha a che fare con i Franchi! In parole povere il tuo nome è Francesca e il tuo cognome è Fiorente!"
"Ah... io... io non so come ringraziarti, sei molto gentile con me!"
"Non è strano essere gentile con te! Io ti voglio bene e tu sei molto dolce piccola mia!"
All'improvviso sentii la voce di un ragazzo che mi diceva cose orribili.
💭"A chi credi che possa importare di una ragazzina che non è stata accolta nemmeno dai suoi genitori(" 💭
"Lui è qui!" dissi. "È venuto a farmi ancora del male, ma io non ho fatto niente!"
"Tranquilla, non c'è nessuno!" disse il ragazzo che mi stringeva tra le sue braccia.
"Lui è tornato! È tornato per farmi ancora del male!" ripetei.
"Com'è questo lui Francesca?"
Quella domanda mi stupì molto.
Perché voleva sapere chi era la persona che voleva farmi del male? Perché mi stava aiutando e mi stringeva tra le sue braccia? Pensandoci mi convinsi che potevo fidarmi di quel ragazzo.
"È... è un ragazzo biondo e con gli occhi neri e profondi come dei pozzi oscuri! Quegli occhi sono pieni di cattiveria e di... malizia!"
Dissi l'ultima parola con un brivido di terrore e disgusto allo stesso tempo.
"Giacomo!" esclamò il ragazzo che mi stringeva a sé.
Quel nome mi fece gelare il sangue. Chi era quel Giacomo?
Lui se ne accorse, forse perché ero tesa.
"Tranquilla, va tutto bene, lui non è qui" mi disse. "Lui è andato lontano!"
"Sei sicuro?" chiesi.
"Al cento per cento!" rispose.
Forse stavo avendo delle allucinazioni... ma cosa mi stava capitando?
La porta cigolò di nuovo e un uomo in camice bianco entrò nella stanza.
La prima cosa che mi venne in mente di fare fu implorarlo di non farmi nulla.
"Sta calma, non voglio farti del male! Al contrario, io voglio curarti!"
Annuii e cercai di alzarmi, ma quel tentativo mi provocò un dolore tremendo.
"Ahi! L-la testa! Mi fa tanto male la testa!" dissi.
"È normale, non ti è capitata una cosa da nulla, calmati!"
All'improvviso mi apparve davanti agli occhi l'immagine di un ragazzo che sbatteva con violenza la testa di una ragazza contro una parete.
"No! No, per favore! Non le fare del male, è indifesa! Basta ti prego, ti scongiuro!"
Iniziai a piangere con la disperazione di una bambina che ha visto qualcosa di molto brutto.
Il mio angelo mi fece mettere la testa sul cuscino e mi accarezzò le guance per tranquillizzarmi ma io mi sentivo male.
Dopo quella "scena" il mio medico curante confermò i miei timori, ma fui comunque dimessa.
Quando tornai al collegio ero sempre sul chi va là, come se la persona che mi aveva fatto del male fosse in quel posto. Ero un po' restia a fidarmi delle persone, avevo paura che mi colpissero all'improvviso, ma quella diffidenza non durava molto se sentivo che potevo avvicinarmi all'interessato.
In caso contrario avvertivo una sorta di gelo... uno sguardo, un contatto con qualcuno che mi metteva paura, per qualche strano motivo, avvertivo quella sensazione di freddo.

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