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17: "Non fidarti di lui!"

(Domanda dell'autrice: nei prossimi capitoli ci sarà un particolare coinvolgimento di Daniele, è preferibile che parli lui, che Francesca osservi per caso o che io introduca la narrazione onnisciente, (di un narratore in terza persona che sa tutto di tutti?))
"Francesca... cara, ti senti male?" mi chiese la direttrice.
"Mi ero sentita male, ma ora va meglio, grazie" risposi.
"I tuki genitori ti aspettano" disse la direttrice.
"Perché? È successo qualcosa?" chiesi.
"Nulla... solo una visita di routine, mi hanno detto." mi rispose lei.
"Visita di routine?" ci chiese Daniele.
"Non so perché, ma i miei mi fanno fare spesso visite... soprattutto agli occhi. Una volta, dopo un attacco d'asma, sono svenuta... ho battuto la testa e... beh, per una settimana sono rimasta al buio. Cioè... non vedevo nulla..."
"Dopo uno svenimento?" mi chiese sorpreso.
"Sì, ma mi è stato detto che non era nulla... ma non capisco perché mi facciano fare questi controlli se quello che mi è successo non era niente."
"Stai tranquilla, i genitori si preoccupano molto di questo tipo di cose e non è detto che debba succederti qualcosa... è sempre prudente farsi visitare."
Uscii e seguii la direttrice. I miei genitori mi aspettavano fuori dalla direzione. Avevano firmato un permesso per farmi uscire e stavamo andando via quando Romano ci apparve davanti.
Vidi mio padre cambiare espressione e serrare i pugni.
Mia madre, dal canto suo, lo fulminò con un'occhiata che, se avesse avuto un potere pari alla sua intensità, avrebbe incenerito sul posto il destinatario: Romano, nel caso specifico.
"Papà... mamma... è tutto okay?" chiesi.
"Tutto bene, tesoro, sta tranquilla" rispose mia madre. Vidi che i miei si scambiavano uno sguardo complice e capii che c'era qualcosa che li preoccupava. Sperai solo che non avessero saputo quello che Romano aveva tentato di farmi. Mi ero sentita come se non valessi nulla, anche se lui non aveva raggiunto il suo obiettivo, e me ne vergognavo terribilmente... volevo evitare di far preoccupare i miei e, anche se loro mi volevano un bene dell'anima, dimostrato dal fatto che mi avevano accolta come se fossi stata veramente figlia loro, nei recessi più nascosti del mio animo nascondevo il timore che anche loro, una volta saputo quello che era accaduto, si vergognassero di me tanto quanto lo facevo io...
La visita che mi fu fatta durò un po' più a lungo del previsto. Io mi stavo agitando, infatti il dottore mi distraeva dai miei timori parlandomi d'altro. Mi conosceva e sapeva che farmi agitare era probabilmente la cosa più facile del mondo.
Quando uscimmo dall'ospedale mia madre mi posò delicatamente la sua mano fresca sul braccio e, tirandomi a sé, disse: "Tesoro, non fidarti di quel ragazzo che prima ti stava osservando!"
"Perché, mamma? Tu per caso lo conosci?" chiesi.
"Questo non è importante. Non mi piace il modo in cui ti scrutava e non ha una bella faccia... non nel senso letterale della parola... ha un sorriso diabolico." mi disse mio padre.
Lui era un tipo molto diffidente e molto geloso delle "sue donne", ma in quel caso ci aveva visto giusto, anzi, giustissimo... anche se non potevo dirglielo apertamente, perché questo avrebbe reso palese il fatto che lui, con me, si era già strappato via la maschera. Nemmeno le mie migliori amiche sapevano quello che avevo rischiato con lui. Per questo motivo, nemmeno io so con quale forza, quando lui mi aveva praticamente "spogliata" con gli occhi, avevo fronteggiato il suo sguardo, al punto da sorprendere non solo lui, ma anche me stessa.
Tornammo al collegio ed i miei amici mi corsero incontro e mi chiesero come fosse andata. Io risposi alle loro domande e appena rientrai nella mia stanza con Serena e Nadia, mentre mi allontanavo, sentii mia madre chiamare in disparte Daniele e dirgli che aveva bisogno di parlare con lui.

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