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16: Mi vergogno

Erano passate due settimane ed avevo notato che Romano mi guardava costantemente. Il suo sguardo mi faceva paura e mi disgustava.
Che diavolo, lui ce l'aveva già una ragazza!
Ero nel corridoio del collegio e stavo andando in classe quando mi accorsi di essere osservata. Mi voltai a vidi che Romano mi stava guardando.
"Francesca! Francesca!" Mi sentii scuotere per una spalla e mi voltai di scatto, spaventata... ma per fortuna non era lui. Era Daniele.
"Sto... sto bene" balbettai.
Lui si fermò di scatto, mi prese delicatamente il braccio e mi portò nella sadal pranzo, che in quel momento era vuota.
"Vieni, siediti" mi disse indicandomi una sedia.
Gli diedi ascolto. Il suo sguardo era gentile come sempre, come pure il suo tono di voce, ma questa volta era più intenso... mi scavava dentro.
"Sono due settimane che sei sempre sul chi va là. Vuoi dirmi che ti prende?"
"Io... non ho niente, davvero" risposi.
Lui si sedette accanto a me e mi prese la mano. La sua mano era grande, calda, morbida.
"Ti fidi di me, Francesca?" mi chiese.
Ogni parte di lui mi dava un senso di protezione... mi sentivo bene quando lui era con me. Eppure mi vergognavo tantissimo di dirgli che Romano mi aveva messo le mani addosso, che aveva tentato di farmi del male.
"Sì..." risposi tremando leggermente. Non era lui che mi spaventava, ma la sola idea di parlargli di quello che mi era stato fatto mi faceva sentire male.
"Non mi hai voluto dire come ti sei procurata quei lividi dopo l'incontro con Cassandra, e lo capisco... ma perché ti guardi sempre intorno come se avessi qualcuno alle calcagna? Perché sei sempre agitata?"
"Vorrei dirtelo... ma mi vergogno troppo" risposi.
"Di cosa ti vergogni, Fra?"
"Di quello che mi hanno fatto!"
"Che cosa?" Vidi una scintilla di rabbia apparire nei suoi occhi. Lui mi teneva il braccio e non mi stringeva il polso, ma sentivo i suoi nervi in uno stato di estrema tensione. Non ebbi il coraggio di rispondere alla sua domanda, quindi lui mi alzò il viso e disse: "Francesca, ti prego, guardami! Che cosa ti hanno fatto?"
Ero agitata. Non l'avevo mai visto così prima di allora.
"Ti prego, non..." sussurrai, ma mi accorsi che mi mancava il respiro. Un altro attacco d'asma!
"Francesca!" mi chiamò lui, lasciandomi di colpo il braccio e tirandomi su la testa. "Respira! Respira!"
Ci provai, ma mi sentivo sul punto di svenire. Lui mi guardava preoccupato. Afferrò l'inalatore e mi aiutò a metterlo in posizione. Si staccò da me per poi prendermi per le spalle ed utilizzare le sedie a mo' di letto per il semplice fatto che avevo le vertigini. Sollevai un po' le caviglie per riprendermi.
"Tira più su le gambe, tesoro."
Finalmente il sangue iniziò ad affluire al mio cervello e mi ripresi gradualmente. L'inalatore, poi, mi permise di tornare a respirare regolarmente.
"Stai meglio?" chiese Daniele.
"Co-come?" balbettai.
"Ti senti meglio?" ripeté.
"S-sì... molto" risposi.
"Ti giuro che non ti farò più domande se devi agitarti così... scusami, non volevo che ti sentissi male." mi disse con dolcezza.
"No... no, io... non mi sono sentita male per quello. Mi sono sentita male per una cosa a cui penso sempre, ma non voglio parlarne... fa troppo male... e poi... non voglio che ti arrabbi con me."
"Non ce l'avevo con te. È che quando hai detto: "Mi hanno fatto" mi è andato il sangue alla testa. Ce l'avevo con loro... chiunque siano... loro."
"Perché ti preoccupi tanto per me?" chiesi.
"Beh, perché io..." mi disse, ma fu interrotto dall'improvviso spalancarsi della porta.

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