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Cap. 12

Quando una birra di troppo ti fa sbarellare.


L'odore di sigaretta bruciata andò a pizzicargli il naso, fino a dargli quasi fastidio.

Tenendo la stecca mollemente fra le labbra, Robert osservava fuori dalla finestra della propria camera da letto. Era rannicchiato malamente sulla sedia girevole dietro alla propria scrivania, con una gamba piegata e l'altra stesa mollemente sotto al tavolo. Con il braccio appoggiato sul ginocchio si portò meccanicamente una mano alle labbra, e si sfilò la sigaretta giusto in tempo per far cadere i rimasugli di tabacco bruciato nel posa-cenere lì vicino.

Se avesse atteso anche un solo un secondo di più gli sarebbe caduta la cenere sui pantaloni della tuta. O peggio ancora sul libro di testo che aveva abbandonato lì aperto davanti a lui.

Era tutto il pomeriggio che provava a memorizzare quel capitolo, ma ogni tentativo era stato più che vano. Non ci riusciva. La sua mente sembrava non volerne lontanamente nemmeno sapere di voler memorizzare quella decina di pagine, e lui sapeva di non potergli dare nemmeno contro.

Sapeva di avere la mente altrove, e nonostante ciò aveva tentato lo stesso di distrarsi. Tentativi futili, i suoi.

Una settimana.

Era già passata una settimana.

L'irritazione gli rimontò forte nel petto, e in un gesto di stizza si sfogò sulla cicca della sigaretta. Le premette con forza in un buchetto libero del suo posa-cenere, colmo come nemmeno durante le sessioni d'esami, e ne abbondonò i resti vicino alle proprie sorelle già consumate.

Sette semplici giorni, centosessantotto ore per essere precisi, da quando aveva baciato Alberich e da quel giorno non lo aveva più sentito.

Nessun messaggio.

Nessuna chiamata.

Nemmeno un piccione viaggiatore o un segnale di fumo.

Niente. Il nulla cosmico.

Se doveva essere sincero, il fatto che l'Orso-tattoo non avesse nemmeno provato a contattarlo lo aveva fatto rimanere un po' male. Forse non propriamente male. Più stizzito. Infastidito, ecco.

Con molte probabilità il castano aveva peccato di arroganza nel pensare che il tatuato lo avrebbe sicuramente richiamato. All'inizio l'aveva avuta quella convinzione, ma con il passare dei giorni si era dovuto necessariamente ricredere.

Alberich non aveva nemmeno provato a mettersi in contatto con lui, neanche una volta, e Robert si era sentito uno sciocco nell'essersi messo ad aspettare.

Aspettare cosa poi? Se l'era chiesto.

Lui ed Alberich erano due completi sconosciuti e non c'era niente che li potesse legare. Il corvino non gli doveva niente.

Eppure... lui l'aveva visto il suo sguardo.

Li aveva visti i suoi occhi dopo il bacio, chiari e sorpresi. Vi aveva letto lo stupore dietro le ciglia scure, insieme ad una lieve luce di soddisfazione che. come una fiammella appena accesa. gli aveva illuminato il viso.

Eppure, non lo aveva chiamato.

E questo lo stava facendo uscire di testa, bene o male, che lo volesse ammettere o meno.

Adirato si alzò in piedi, facendo strisciare le gambe della sedia contro la moquette del pavimento della sua camera da letto.

Il suo bilocale non gli era sempre mai così lugubre come quel pomeriggio.

Le giornate sempre più corte avevano portato una certa penombra nella sua piccola dimora, e l'unica fonte di luce intenta a combattere l'abbraccio del buio proveniva dalla sua piccola lampada da scrivania.

Il silenzio iniziò a pesargli come un'incudine sulla testa, così decise di spostarsi nell'altra stanza. Anche il suo salotto-cucina era avvolto dalla penombra, ma a differenza dalla sua camera non c'era nessuna lampada accesa.

Abituato al buio della stanza, Robert si trascinò verso il minuscolo divano sbilenco e vi si buttò sopra con poca eleganza. Alzò appena il bacino, ed estrasse dalla tasca il proprio telefonino. Con un altro gesto meccanico lo sbloccò, e con sicurezza andò a pigiare l'iconcina di Youtube.

Il ragazzo aveva voglia di staccare la testa per qualche secondo, e mettersi a cercare qualche video interessante gli sembrò l'idea più papabile.

Trovò nella home un video di gossip di uno youtuber che seguiva da tempo, e senza indugiò lo fece partire. Riuscì ad arrivare a più di metà video quando il telefonino gli vibrò tra le dita, e gli apparve la notifica di un messaggio da parte di Rebekka.

Non lesse nemmeno cosa avesse scritto la bella texana, e con in testa l'idea di controllare a fine video, continuò la visione.

Non passò nemmeno un minuto scarso quando gli arrivò una seconda notifica.

Ignorò anche quella.

Alla terza sbuffò, e chiuse l'applicazione per aprire la chat di gruppo. Era semplicemente Rebekka che voleva uscire a bere qualcosa da qualche parte quella stessa sera, e chiedeva a lui e Lyla quando volessero incontrarsi.

Robert soppesò l'offerta dell'amica, con aria poco convinta.

Anche se la voglia di vedersi con le due ragazze era come sempre tanta, Robert non se la sentiva di uscire. Non aveva voglia di fare un granché in verità, se non vegetare sul suo divano o nel suo letto. Per questo registrò un vocale molto corto in cui comunicò brevemente di non contare sulla sua presenza.

Nemmeno un secondo dopo averlo mandato, e dopo aver ripreso il video dove lo aveva lasciato, il telefonino prese a squillare come un posseduto. Successe tutto così velocemente che, per lo spavento, il cellulare gli scivolò di mano e, con una doppia giravolta che avrebbe fatto invidia ad una ginnasta olimpica, gli atterrò sul naso.

Il male fu tale da fargli scappare un'imprecazione alquanto colorita, seguita da un piagnucolato "Ahia".

Non ebbe nemmeno bisogno di leggere il nome sullo schermo per sapere chi la stesse chiamando.

- Io e Lyla veniamo da te tra quaranta minuti. Vedi di farti trovare pronto -

- Rebekka... - sbuffò - Non ho voglia di uscire. Non possiamo fare un'altra volta? -

- Assolutamente no - fu la sua perentoria risposta - È da una settimana che fai il musone asociale e continui a rifilarci scuse su scuse per non uscire. Non siamo mica deficienti, Robbie! Noi adesso veniamo da te, e ti facciamo uscire dal quell'appartamento a calcioni. Non puoi continuare così... -

In realtà poteva tranquillamente, ed era sua intenzione farlo.

Era sul punto di dirlo alla ragazza, quando lei lo precedette.

- Siamo seriamente preoccupate per te, Robert. Non è da te fare così -

Dall'altro capo sentì sospirare l'amica affranta, e il castano iniziò a sentirsi leggermente in colpa. Era esattamente dalla loro ultima chiacchierata nella caffetteria in Università che Robert aveva evitato di uscire troppo di casa, se non per andare a lezione e a lavoro.

La sua era stata una settimana di avanti e indietro tra casa, Università e Honey 96, e aveva totalmente eclissato le uscite extra con le due ragazze. Non lo aveva fatto per far loro un torto, e questo loro per prime lo sapevano alla perfezione, ma semplicemente... non se l'era sentita.

- Mi spiace - si scusò il ragazzo - È che non me la sento di uscire adesso e fare serata -

- Allora concedici una birra - fu la sua risposta in battuta - Ci rilassiamo un po', e poi ti riaccompagniamo a casa ad un orario decente. Non ti facciamo nemmeno guidare -

Rebekka le stava provando tutte per convincerlo.

L'offerta iniziò a fargli tentazione, e in più Robert voleva anche tranquillizzare un po' le sue amiche. Gli spiaceva averle fatte preoccupare nei giorni passati, e se doveva essere sincero non se ne era nemmeno reso conto; questo lo faceva sentire ancora più colpevole.

- Ti prego? -

Robert sospirò.

- Solo una... e poi dritti a casa -

L'urlo d'eccitazione della bionda gli trapanò l'orecchio destro, costringendolo ad allontanare di scatto l'apparecchio. Gli mancava giusto di perdere l'udito, oltre alla sensibilità al naso.

- Sì, sì! Tranquillo, non devi preoccuparti di niente. Ci facciamo una birretta, e poi dritti a casa -

Le ultime parole famose.











- Seriamente non si è fatto sentire? -

Robert annuì appena, giocherellando con il boccale mezzo vuoto di birra scura, ed osservando prima l'espressione sorpresa di Lyla e poi quella dell'amica a fianco.

- Non ha senso. Dopo tutto il teatrino che c'è stato... nemmeno un SMS? - aggiunse la corvina, confusa.

- Esattamente - confermò, portandosi il boccale alle labbra e prendendone un lungo, lunghissimo, sorso.

- E perché non lo hai cercato te? - gli domandò di rimando l'altra ragazza.

- Il giorno in cui andrò ad elemosinare le attenzioni di un uomo sarà quello della mia morte - sentenziò lugubre, finendo direttamente il boccale con un ultimo sorso.

Nel momento esatto in cui appoggiò il boccale sulla superficie scura del tavolo, Rebekka riprese a parlare con una patatina fritta tra le mani a mo' di bacchetta.

- Qua non si sta parlando di elemosinare un bel niente. Gli potevi scrivere anche solo un "ciao", che ne so. Qualcosa per far partire una conversazione standard, sai -

- E venire meno ai miei principi? Neanche per sogno! Esiste una regola non scritta ben precisa da rispettare. Se l'altro è interessato, ti scrive. E se non lo fa... e perché ha altro di più importante da fare. O altri. Ma non sto qua a giudicare la vita degli altri, non mi interessa nemmeno -

- Sei un po' esagerato Robbie, a mio avviso. Una settimana alla fine non è niente. Magari ha avuto davvero da fare -

L'intervento di Lyla fece scaturire una risata sprezzate da parte dell'amico.

- Una settimana è tutto, Lyla. Specialmente non appena si conosce una persona - ribatté - Senza contare il minuscolo dettaglio che se avesse davvero voluto sentirmi cinque dannatissimi minuti li avrebbe potuti anche trovare. Stiamo parlando di sette giorni, ragazze. Non mezza giornata -

- Beh, su questo non possiamo darti completamente torto - iniziò la bionda - Però, questi cinque dannatissimi minuti li avresti potuti trovare anche te -

Il ragazzo storse la bocca, infastidito, ma decise di non ribattere ulteriormente. Si limitò a puntare con lo sguardo un cameriere che era appena passato vicino al loro tavolo con un vassoio colmo di bevande alcoliche tra le mani.

Non aveva la più che minima voglia di continuare a parlare dell'Orso-tattoo. Si era già bellamente stancato. Il suo unico desiderio in quel momento era di rilassarsi e dimenticarsi, per quanto possibile, della sua fastidiosa esistenza.

- Io ne prendo un'altra - ed indicò il boccale vuoto - Voi volete qualcos'altro? -

Le due ragazze si lanciarono un'occhiata d'intesa. Avevano già capito come si sarebbe probabilmente sviluppata la situazione.

Quella serata non si sarebbe conclusa con una semplice "birretta e via".








A metà della seconda pinta di birra Robert iniziò a sentire la testa più leggera.

Arrivato alla fine della terza iniziò a sentirsi come avvolto da una nuvoletta di cotone, nonostante la leggera voglia di chiudere gli occhi e mettersi a riposare.

Quando cercò di alzare un braccio per richiamare - nuovamente - il cameriere che gli aveva servito le ultime due caraffe di birra, pronto per chiederne un'altra, Lyla intercettò il suo arto facendoglielo immediatamente abbassare.

- Basta così, campione. Ci hai dato anche fin troppo dentro adesso -

Il castano arricciò la bocca infastidito.

- Ma io ho sete - ribatté lui, con fare infantile.

- Allora bevi un po' della mia acqua - gli propose tempestiva la bionda, passandogli la propria bottiglietta. Robert la guardò per un lungo istante prima di biascicare una risposta.

- Non intendevo quel tipo di sete... -

- Allora non hai veramente sete - fu la rapida risposta della bionda.

Robert sbuffò infastidito, e volse la testa dalla parte opposta con fare palesemente offeso e teatrale. Era sul punto di ribattere qualcosa alla propria amica, quando uno schiamazzo improvviso lo fece sobbalzare sulla sedia.

- Ma che succede? - domandò voltandosi, ed osservando un gruppetto di ragazzi e ragazze urlare davanti al televisore del locale. Quasi tutti avevano birre e drink vari tra le mani, ed osservavano lo schermo attenti come un cane da caccia osserverebbe un coniglio ferito.

- Ci sarà qualche partita in TV, niente di strano -

Lyla aveva ragione, ma solo in parte. Qualcosa di strano invece c'era eccome.

Come richiamato da una calamita invisibile, Robert fece scorrere gli occhi su tutti i visi del gruppo finché non trovò quello che stava inconsciamente cercando.

Mascella squadrata, barba curata e capelli corvini tirati all'indietro in pieno stile "Pidgeotto" selvatico.

Il suo pensiero fisso dell'ultima settimana se ne stava bellamente in piedi vicino al bancone del locale, con un bicchierone di soda in una mano, mentre chiacchierava amabilmente con un paio di ragazzi.

- Cos'è che dicevi Lyluccia prima sul fatto che il Signor Orso-tattoo non si fosse fatto sentire a causa di qualche impegno? - domandò alla ragazza, voltandosi appena verso di lei ed indicando con il pollice il suddetto alle proprie spalle - No, perché a me sembra che tutti 'sti impegni non li abbia. A meno che non consideriamo quell'altra specie di Orso 2.0 con cui sta parlando. Effettivamente, lui mi sembra un gran bell'impegno -

- Quello è il famoso fratellino del dottore? -

Rebekka si sporse appena di lato per osservarlo meglio, e quando le arrivò la conferma dagli altri due, sgranò appena gli occhi. - Alla faccia... - annuì appena, ritornando a sedersi composta - Siete proprio sicuri che non ci sia un quarto fratello da qualche parte? O un cugino di quarto grado, che ne so... Mi posso accontentare -

- Beki! - la richiamarono contemporaneamente Lyla e Robert.

La bella texana alzò entrambe le mani in segno di resa.

- Sì ok, scusate. Chiedo venia. Mi riprendo un secondo -

Finse un paio di colpi di tosse, e riprese a parlare.

- Ma guarda quello stronzo! Robbie, lascialo perdere. Tu non hai perso proprio niente. Se c'è uno qua che ci sta smenando qualcosa è proprio lui. Non ha capito proprio un cazzo dalla vita. E vuoi sapere che ti dico? - gli domandò retoricamente poi, balzando in piedi - Tu sei una cazzo di queen, tesoro. Adesso gli facciamo vedere cosa si è perso. Glielo andiamo a sbattere in faccia -

- Beki, Beki! Calma! Non penso sia una buona idea - intervenne Lyla tirandola a sedere a fatica, prendendola per la manica del vestito - Qui nessuno va a sbattere in faccia niente a nessuno, ok? Giusto, Rob_-

Le parole morirono in gola alla corvina quando si rese conto che il posto davanti a lei era vuoto.

- Dov'è andato Robert? -











Complice la distrazione delle sue migliori amiche, Robert era sgattaiolato fino al bagno del locale stando ben attento a non attirare l'attenzione di nessuno.

Aperto il rubinetto dell'acqua, il ragazzo mise le mani a coppa e si sciacquò velocemente il viso un paio di volte. Finito di rinfrescarsi, prese un fazzoletto di carta da un distributore lì vicino ed iniziò a passarselo su tutta la faccia. Mentre osservava il proprio riflesso, ripensò alle parole della propria amica.

Rebekka aveva ragione.

Se c'era uno che si stava rimettendo, alla fine di tutto, era proprio il corvino.

Robert non era mai stata una persona piena di sé, ma sapeva di valere. Era un bel ragazzo, e si definiva anche abbastanza intelligente. Certo, aveva dei difetti, ma come tutti. E se Alberich aveva deciso di non farsi più sentire... lui se ne sarebbe fatto tranquillamente una ragione.

Dopo essersi ravvivato i capelli castani ed essersi sistemato meglio la camicia colorata sui fianchi, Robert decise di uscire dal bagno a testa alta.

Peccato solo che, nello stesso esatto momento, qualcuno decise di entrare, andando così letteralmente a sbattere contro la faccia del povero ragazzo.

- Ma perché oggi ce l'avete tutti con il mio naso, porca miseria! - squittì dolorante Robert, facendo un passo indietro e portandosi entrambe le mani sulla parte dolorante.

- Robert? -

Ecco. Ci mancava solo questa.

Il castano lanciò un'occhiataccia alla persona davanti a lui. Se gli sguardi potessero uccidere, l'omone tatuato davanti a lui avrebbe dovuto prendere istantaneamente fuoco tanta era la sua rabbia.

Fra tutti i ragazzi che sarebbero potuti entrare in bagno, in quel momento, perché lui era stato così sfigato da andare a sbattere contro Alberich? Che aveva fatto di male?

- Guarda dove metti i piedi - sbottò malamente il castano, dandogli una spallata sorpassandolo per uscire da lì.

Il corvino rimase pietrificato solo per pochi secondi, e ripresosi dalla sorpresa di essersi trovato improvvisamente davanti il ragazzo, gli corse dietro.

- Ehi! Tutto bene? Ti sei fatto male? -

Robert non si prese nemmeno la briga di girarsi per mandarlo a quel paese.

Lo avrebbe ripagato con la sua stessa identica moneta: il silenzio.

Peccato solo che, come gli aveva già dimostrato una settimana prima, il tatuato non era affatto il tipo da lasciar perdere così.

Prima che potesse ritornare nella sala principale del locale, dove non solo c'erano le sue amiche ma anche i restanti clienti del locale, Alberich fu più rapido e lo afferrò per un braccio.

Bloccato ogni tentativo di fuga, Robert si girò evidentemente scocciato verso il corvino.

- Ehi! Molla l'osso, Orso-tattoo - sbottò ancora il ragazzo, liberandosi dalla presa con uno strattone.

Alberich rimase con la mano alzata, come scottato dalla rabbia del castano. Non solo poteva ben vedere la furia del giovane davanti a lui, ma riusciva persino a sentirla sulla propria pelle tanto era intensa.

- Scusa per prima. Non volevo venirti addosso... Ti sei fatto male? -

Robert era furibondo. Se avesse potuto gli sarebbe volentieri saltato al collo, ma sapeva di non poter fare una cosa del genere. Doveva trattenersi... almeno dal punto di vista fisico. Non avrebbe dicerto macchiato la propria fedina penale per colpa sua.

- Oh, sto benissimo. Una meraviglia! Mai stato meglio in tutta la mia vita - rise, sprezzante - Ora se non ti dispiace ho altro da fare. Addio -

Fece nuovamente per andarsene, ma il tatuato lo ri-bloccò una seconda volta. Questa volta però era evidente che non era intenzionato a mollare la presa.

- Si può sapere che ti prende? -

Robert iniziò a sentire le orecchie fischiare, tanto stava ribollendo. Sembrava una teiera pronta ad esplodere.

- Che mi prende? Mi stai seriamente chiedendo che mi prende? - alzò la voce di qualche ottava - Ah! Bella questa! Fammi capire, tu sparisci nel nulla cosmico per una settimana intera e poi vieni qua, con tutto il tuo ammasso di muscoli tonici, a chiedermi "Che ti prende?" Serio? - gli chiese, scimmiottando il suo tono di voce e riservandogli l'ennesima occhiataccia.

In quel momento Alberich sembrò realizzare il motivo dell'arrabbiatura del ragazzo.

- Sei arrabbiato perché non ti ho scritto? -

Robert storse la bocca, assottigliando gli occhi.

- No, non hai capito proprio niente. Io non sono arrabbiato. Non me ne frega assolutamente niente di te. Provo la più totale apatia nei tuo confronti -

- A me sembri proprio arrabbiato -

- Ho detto che non sono arrabbiato - ci tenne a marcare bene il "non" - E se mi ridassi cortesemente il mio braccio potrei essere ancora più apatico, e andarmene tranquillamente via. Quindi se non ti dispiace... - cercò di strattonare il braccio un paio di volte, senza successo - Me ne vorrei andare, grazie -

- Mi spiace davvero non essermi fatto sentire in questi giorni. Davvero - ci tenne a scusarsi il corvino, distogliendo lo sguardo - È solo che... dopo il nostro ultimo incontro non volevo risultare pesante, ecco. Visto l'inizio un po' disastroso che abbiamo avuto, volevo lasciarti il tuo spazio. Avevo il timore, ecco.. che non volessi sentirmi -

Robert osservò il corvino, con il capo leggermente inclinato di lato. Era in evidente imbarazzo, e lo si poteva perfettamente vedere da come aveva lo sguardo puntato a terra e dal rossore sulle gote.

Di primo impatto, lo trovò adorabile. Era carino il contrasto che dava il suo imbarazzo in confronto a tutta la sua persona. Ma poi la testa del ragazzo iniziò a rimurginare sulle sue parole.

- Pensavi che non volessi sentirti? -

- Beh... sì - gli confermò dopo qualche secondo.

- Ma se ti ho baciato! - gli ricordò.

- Sì... però dopo aver passato quasi tutta la giornata a dirmi che non volevi avere niente a che fare con me - gli ricordò invece lui.

Robert rimase inizialmente ammutolito, arrossendo appena anche lui. Stava iniziando a realizzare maggiormente la sua incoerenza nei confronti dell'Orso-tattoo. Effettivamente non aveva fatto altro che dire una cosa, e poi farne un'altra, arrivando a contraddirsi da solo più e più volte.

Però infatti si era contraddetto più volte la settimana prima. Quindi nella sua testa avrebbe dovuto cogliere come buona la sua ultima contraddizione.

- Sì, ma non c'entra. Io, ceh... - iniziò a battere ripetutamente, in maniera alquanto nervosa, la punta della scarpa contro il pavimento.

Gli tornarono in mente anche le parole di Rebekka, in quel frangente.

Effettivamente poteva farsi sentire prima lui. Se lo avesse fatto... probabilmente le cose sarebbero andate diversamente.

- Tu cosa? - lo incalzò il corvino.

- Potevi comunque provare a farti sentire - borbottò infine a bassa voce, facendo sorride appena Alberich.

- Hai ragione. Però lo stesso vale anche per te - gli face notare, con ancora un accenno di sorriso sulle labbra - La prossima volta prometto che non farò passare così tanto tempo - aggiunse, liberandogli finalmente il braccio dalla propria morsa.

Dopo essersi riappropriato del proprio arto, Robert riportò lo sguardo sul viso dell'omone tatuato.

- Chi ti dice che ci sarà una prossima volta? - lo sfidò, inarcando un sopracciglio.

Il viso del corvino mutò rapidamente, facendo temere il peggio al ragazzo. Quel sorriso e quello sguardo carico di malizia non gli stavano preannunciando proprio niente di buono.

- Se non sbaglio... - iniziò, avvicinandosi pericolosamente al suo viso ed appoggiando una mano sul muro alle sue spalle, imprigionandolo così tra quello e il suo petto - Ho ancora una corsa da scontare, o sbaglio? Ho anche pagato un anticipo, da quel che mi risulta -

Robert iniziò a boccheggiare alla ricerca d'aria.

Avere di nuovo Alberich così vicino gli fece quasi avere un mancamento. L'odore della sua colonia e il calore che emanava la sua persona gli facevano davvero un brutto effetto.

Non poteva essere legale essere così... lui, no?

Robert non lo credeva possibile. Non riusciva a spiegarsi quel tumulto di emozioni che gli stava facendo provare, e che continua a scuotergli il petto. Era come se quel tempo, quei setti giorni che aveva così tanto maledetto nelle ultime ore, non fossero mai passati.

Gli sembrava di essere stato ricatapultato a centosessantotto ore prima, quando lo aveva riaccompagnato a casa sua e se lo era ritrovato davanti così vicino, appoggiato al finestrino della propria macchina.

Le sensazioni era pressoché le stesse. Così come anche l'istinto di sporgersi appena verso di lui.

L'aver bevuto poi tutta quella birra prima non lo stavo aiutando affatto in quel momento. Per quanto possibile, si sentiva ancora più tentato rispetto all'ultima volta. Non sapeva se definirlo proprio un bene. Probabilmente non lo era affatto.

- So che non potrà sembrare molto, ma che ne dici se ti offro qualcosa per farmi perdonare? -

Era un doppio senso? Stava intendendo altro? O era solo Robert che ci stava erroneamente vedendo qualcos'altro?

- In che... cosa? - riuscì a domandare, con un groppo in gola.

Non poteva star intendo altro. Giusto?

Alberich lo guardò con aria totalmente innocente.

- Non so, quello che vuoi. Non so ancora i tuoi gusti, quindi stavo pensando di offrirti qualcosa da bere se ti va -

- Ah. In quel senso... - diede voce ai suoi pensieri.

Forse aveva davvero sbagliato lui a pensare ad altro. Eppure gli era proprio sembrato che avesse usato volutamente un doppio senso.

-... Ma se preferisci altro, posso offrirti tutto quello che vuoi. Puoi vedermi come il tuo mini-bar personale -

Robert divenne fosforescente, tanto era il suo imbarazzo. Se aveva capito male prima, ora era più che sicuro di aver compreso perfettamente il senso delle sue parole. Il suo imbarazzo mutò in rabbia non appena si rese conto del sorrisone dipinto sul viso del corvino.

Si stava prendendo bellamente gioco di lui! Era ritornato ad essere tutto d'un tratto il suo giullare di corte.

- Screanzato di un Orso-tattoo! - squittì, spingendolo via.

- Quindi non vuoi proprio niente? - gli domandò ancora giocoso.

- Sei veramente... - Robert si morse la lingua, non riuscendo a trovare un insulto abbastanza colorito per descriverlo - Assurdo! - sbottò, infine.

- Lo so. E tu sei dannatamente carino quando ti arrabbi. Sembri un pulcino che arruffa le penne -

Robert era quasi certo che la vena sulla fronte che aveva preso a pulsargli gli sarebbe scoppiata da un momento all'altro.

- Se non la smetti questo pulcino ti molla una beccata, e se ne va -

- Non ti facevo un tipo a cui piacessero le cose violente, ma se è così mi posso sempre adeguare -

Robert non lo aveva ancora realizzato, ma non sarebbe mai riuscito a vincerla contro Alberich. Non solo sembrava avere sempre la risposta pronta, ma riusciva sempre a rigirargli i discorsi portandoli in una direzione che di family friendly non aveva un bel niente.

Senza aggiungere altro, il castano girò in tacchi e ritornò nella sala principale a passo di marcia.

- Dove vai, pulcino? -

Robert strinse la mascella al suono di quel nomignolo così imbarazzante.

- A bere! - sbottò. Non dovette nemmeno girarsi per controllare dove fosse il corvino; poteva perfettamente sentirselo alle calcagna dietro di lui. Gli sembrava di avere il suo alito caldo sul collo. - Non ho abbastanza alcol in vena per reggere questa conversazione con te -

- Quindi lo devo prendere come un "sì" alla mia offerta di prima? -

- Non lo devi prendere in nessuna maniera! - Robert accelerò il passo per non pensare all'ulteriore senso delle sue stesse parole - Non voglio niente da te -

- Preferisci una birra o un cocktail? -

- Quale parte di niente non è chiara? Non voglio né cocktail, né altro. Mollami! -

- Mh - mormorò con aria pensierosa invece Alberich, raggiungendo il ragazzo e circondandogli le spalle con un braccio. Robert si sentì morire per l'imbarazzo. Era troppo vicino. Davvero troppo vicino!

- Vada allora per la birra! -

Il verso frustrato del ragazzo si potè sentire rimbombare tra le pareti dell'intero locale.



























HARLEY'S BOX:

Allora.

Allora...

Sto capitolo è un po' "MEH" lo so. Però giuro che i prossimi saranno meglio, promesso. Devo essere sincera adoro scrivere le scene di Alberich e Robert, e fosse per me farei una sola raccolta di varie litigate loro perché li adoro alla follia.

Mi spiace essere ri-sparita per così tanto tempo, però veramente tra Università e problemi vari non ho avuto la testa per mettermi e scrivere con tranquillità.

Spero di riuscirmi a ritagliare un po' più di tempo ora che ho finito la sessione. È stata veramente una cosa ignobile, ragazzi, non so nemmeno come descriverla. Sono riuscita a dare solo 4 esami in un mese, quando avrei voluto darne almeno 7. La mia sanità mentale se n'è andata ad Honolulu con mago Merlino, dico solo questo.

Coromunque, vi annuncio già che nel prossimo capitolino ritorneremo dalla nostra Lyluccia e dal nostro dottore preferito :3

Si preannunciano cose interessanti nei prossimi capitolini.

Se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate con un commentino qua sotto.

Cosa pensate succederà, mie dolci volpini vaporosi?

Per i lettori più anziani, mi raccomando: no spoiler. Anche perché, come già detto, i prossimi avvenimenti non saranno proprio quelli che alcuni di voi hanno letto in passato.

Perciò, stay tuned!

Io vi porgo i miei omaggi, e ci si rivede nel prossimo angolo autore.

Buona giornata, buon pomeriggio e buona serata

Harl


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