𝟘𝟙 - The Circus...
L'uomo, grasso e dal naso aquilino, sorseggiava avidamente il drink appena servitogli, accompagnandolo con le sardine fresche presenti nel piatto dinanzi a lui.
«Allora, ammasso di lardo, facciamo affari?»
Il Joker, seduto elegantemente sul divano in pelle, osservava l'altro con espressione divertita mentre quest'ultimo leccava via dalle dita i residui di pesce.
«Sono qui per questo, pagliaccio» gli rispose, andando poi ad accarezzare la testolina morbida di uno dei suoi adepti, ignaro trasportatore dell'ordigno esplosivo legato sul suo dorso scuro.
Il Re di Gotham rise sguaiatamente, gettando la testa all'indietro. Il Pinguino gli era sempre piaciuto, col suo macabro senso dell'humor e la tendenza a far saltare in aria chiunque lo ostacolasse.
«Cosa ti occorre?»
«Il solito: tritolo, detonatori, cose del genere» lo liquidò con un gesto scocciato della mano, quasi quella domanda lo infastidisse.
«I prezzi sono aumentati ma, se mi presterai uno dei tuoi animaletti ammaestrati, potrei farti uno sconto» sorrise perfidamente, intrecciando le dita e portandole sotto il mento.
L'individuo corpulento quasi ringhiò, sbattendo il palmo sul tavolino e facendo tintinnare le stoviglie al di sopra.
«Mai!»
«È solo una bestia. Ne possiedi a centinaia, tutte destinate a morire. Che differenza vuoi che faccia se per mano tua o mia...?» lo schernì, consapevole di averlo pungolato quanto bastava da fargli perdere le staffe.
«Li nutro. Li curo. Li amo, dal primo all'ultimo. Sono miei.»
«Calmati, puzzi di merluzzo putrido e quando ti innervosisci è anche peggio...!» ridacchiò il Joker, portando alle labbra un calice di champagne.
«Il tuo più grande pregio è anche il tuo più grande difetto: non provi alcun sentimento, per nulla e nessuno... » concluse il criminale grassoccio, sistemandosi meglio sulla poltrona. A quelle parole il volto sfigurato dell'altro si contrasse in una smorfia ilare, mentre le luci nella sala sottostante cambiavano.
Dall'alto calò verso il centro della pista un enorme anello d'acciaio, saldamente ancorato al soffitto da un resistente cavo metallico. L'attrezzo riluceva grazie ai fari colorati che lo illuminavano e, attraverso la folla, una mano piccola e pallida si protese verso di esso. Le dita si strinsero intorno all'oggetto e la figura a cui appartenevano saltò eseguendo aggraziatamente una spaccata in aria, le gambe fasciate dal tessuto nero e rosso divaricate e ben tese.
Il Joker, a quella vista, si alzò in piedi avvicinandosi alla balaustra, per un momento serio in viso. Il Pinguino, distratto anch'egli da quel fuori programma, si sporse quanto bastava per avere una migliore visuale.
«È un nuovo numero? So che sei un fenomeno da baraccone, ma non credevo avessi deciso di aprire un circo vero e proprio» commentò l'uomo vestito in smoking.
«Oh, fidati, è molto meglio...» sussurrò l'altro leccandosi lentamente le labbra, malamente tinte di un rosso talmente intenso da far chiedere se fosse del semplice colore oppure il sangue di una delle sue malcapitate vittime.
La figura snella e dal fisico atletico, le cui forme trapelavano attraverso il tessuto sottile che lo vestiva, inarcò il corpo in modo da sedersi sul bordo del cerchio, accavallando le gambe e guardando l'uomo dai capelli verdi che lo scrutava di rimando.
Harley, con una luce maliziosa ad illuminare i suoi occhi di ghiaccio, sorrise al compagno, lasciandosi cadere nel vuoto alle proprie spalle.
La platea sotto di lui gridò nel panico, per poi applaudire e protendersi verso le mani del giullare che si teneva in equilibrio, sospeso a mezz'aria, facendo presa con le caviglie sul metallo freddo dell'anello. La folla lo toccava, sfiorava, mentre l'uomo dal viso innaturalmente pallido, segnato sulle gote dalle tinte della follia, ridacchiava salutando i propri ammiratori.
L'ex psichiatra, con un colpo di reni, si accomodò nuovamente al centro dell'attrezzo, incatenando le proprie iridi con quelle smeraldine del Re del suo cuore. Con movimenti sinuosi, languidi e precisi, modellava il proprio corpo affinché assumesse la forma che desiderava, come una serpe che avvolgeva le proprie spire intorno all'acciaio.
I suoi occhi cercavano incessantemente quelli del Joker che, ogni qualvolta lo vedeva discendere verso quelle mani sconosciute, fremeva per la rabbia e l'eccitazione insieme: Harley lo stava palesemente sfidando concedendo a quegli esseri mediocri di toccare la sua preziosa figura, quanto bastava per irritarlo ma mai abbastanza da esporsi completamente. L'uomo dalle ciocche argentate desiderava la sua attenzione, e l'aveva di certo ottenuta.
Colui che una volta aveva vissuto col nome di Eren Yeager chiamò a sé la propria creatura, la quale non esitò un solo istante a darsi lo slancio necessario per avvicinarsi alla balaustra. Un palmo pallido afferrò il corrimano, mentre l'altro accarezzò teneramente la nuca del criminale, le loro labbra talmente vicine da sentirne il reciproco calore.
«Puddin'!» gli sorrise estatico e il Joker, afferrandogli i capelli, lo baciò con ardore e possesso tingendolo di cremisi.
«Che stai facendo?» domandò ed Harley aggrottò la fronte, imbronciato.
«Mi annoio senza di te. Tu e l'uccellaccio ne avete ancora per molto...?» rispose, la voce bassa e suadente, carica di promesse e desideri.
Il Re di Gotham strofinò le sue labbra, stendendo il proprio sapore su quella carne morbida e invitante, respirando il suo profumo intossicante che sapeva di pazzia. Il Pinguino invece, a quell'appellativo si impettì risentito.
«Purtroppo sì, dolcezza, ma nel frattempo puoi fare qualcosa per me...»
Gli occhi di Harley brillarono d'impazienza, la voce di Levi dentro di lui che scalpitava per accontentare l'uomo per il quale aveva rinunciato a sé stesso.
«Tutto ciò che vuoi, Puddin'» disse, seguendo lo sguardo dell'altro che si era posato sulla folla sotto di loro. Una persona, in particolare.
«Lo vedi?»
«Sì, Puddin'.»
«Non mi piace» asserì con un verso di disapprovazione, ed Harley seppe con certezza cosa fare.
Leccò le labbra dell'amato un'ultima volta, lasciando poi la presa e librandosi nel vuoto, il cerchio che volteggiava. Intrattenne il proprio pubblico per qualche altro minuto, guardando con insistenza e malizia il povero malcapitato che, nel vedersi oggetto di tali attenzioni, si sentì dapprima lusingato, poi potente: l'uomo del Joker lo voleva.
Povero stolto.
Il Pinguino osservò la figura minuta del giullare gettarsi all'indietro, afferrare la base dell'attrezzo e roteare vorticosamente in un gioco ipnotico di nero e rosso. Quando il cavo lo calò verso lo sgradito ospite, Harley fece scivolare le proprie gambe sulle spalle dell'uomo con calcolata lentezza. Le sue dita trovarono la chioma castana dell'altro, scorrendovi attraverso ed accarezzandone il volto ruvido.
Il Joker sorrideva e ringhiava al tempo stesso, nel vedere la propria creatura posare le sue pallide mani su quel corpo insignificante, ansimando in attesa. Le iridi di giada di uno incastonate in quelle celesti dell'altro, che sospirava di rimando nel vedere quale reazione poteva suscitare in lui.
Levi voleva compiacerlo subito e intimava Harley di farla finita, ma il suo alter-ego dominante non voleva saperne. Ne voleva ancora, di quella luce malata e folle che illuminava le iridi dell'uomo. Lo eccitava fino all'estremo, mentre afferrava le ciocche color cioccolato dello sconosciuto alla sue mercé: ne sentiva il respiro pesante, il calore che aumentava, la vena pulsante sul suo collo.
E quando lo chiamò, insozzando il suo nome pronunciandolo con la sua sporca lingua, vide il Joker irrigidirsi e seppe che il tempo dei giochi era finito.
«Harley...»
La presa del giullare si rafforzò e, coperto dal trambusto della musica assordante che rimbombava nella sala, lo schiocco secco del suo collo che si spezzava lo attraversò da capo a piedi.
Harley e il Joker emisero all'unisono un gemito liberatorio, la vita del povero sciocco che aveva osato posare gli occhi sulla proprietà del criminale che scivolava via, prima che l'ex psichiatra si aggrappasse velocemente all'anello e quel corpo esanime cadesse al suolo.
La risata del Re di Gotham, agghiacciante, attraversò l'etere e il Pinguino ripensò a ciò che aveva detto al complice di tante malefatte poco prima. Forse un sentimento per qualcuno - o qualcosa - lo provava davvero. Contro ogni pronostico aveva trovato una persona malata quanto lui, folle abbastanza da stare al suo fianco e condividere la stessa sete di sangue e caos che lo muoveva. Una persona che, a quanto pareva, era l'incarnazione dei suoi desideri più reconditi, delle sue voglie più perverse. La personificazione delle sue paure, persino.
Ingurgitò un'altra sardina, mentre Harley Quinn si muoveva aggraziatamente sulla platea, sfiorandola senza mai concedersi perché era solo ed esclusivamente del Joker e, allo stesso modo, il Joker era suo soltanto.
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