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Capitolo 9.

"E non so perché sei superstiziosa
Non sei lassù per caso, quindi sei giù per cosa
Abbiamo visto spegnersi le stelle attorno a noi
Ma questi buchi neri non ci inghiottiranno mai."
▪︎ Supernova- Madman ft Emis Killa

- Piccola, dove sei?- appoggiai la tazza sul mobile della cucina e mi diressi in soggiorno, sentendo la voce di Alberto.

Sorrisi forzatamente, vedendo che indossava la divisa sportiva della SPAL, sperai non si rendesse conto del mio umore.
Mi diede un bacio casto sulle labbra e mi sorrise. - Scusa se ho fatto un po' tardi, ma avevo portato il cambio alla fine, quindi mi sono lavato al centro sportivo.-

Annuii e pensai che fosse stupido provare una sorta di gelosia nel vederlo indossare una divisa che non fosse quella della mia squadra del cuore, che non fosse quella che ci aveva permesso di incontrarci. - Tranquillo, hai fatto bene.-

- Cosa hai?- appoggiò il borsone per terra e, dopo essersi tolto il giaccone, si accomodò sul divano e tirò a sedere anche me, sulle sue gambe. - Sei triste o sbaglio?-

- Sei troppo attento a quello che faccio.- scherzai su - Comunque no, non sono triste.-

Passai il dito sullo stemma con su scritto "S.P.A.L." e lui mise l'indice sotto al mio mento, obbligandomi così ad un contatto visivo. - Non pensi che sia bello anche con questi colori? Potrei offendermi, credevo mi trovassi bello con ogni abbigliamento.- sorrisi davanti alle sue parole ricche di sarcasmo, mi osservava attentamente e capiva qualsiasi cosa di me. - Bah, non ci credo.-

- Smettila di fare il pagliaccio.- lo presi in giro e nascosi il viso sul suo petto, accoccolandomi a lui. - Credo solo che il rossoblù ti stesse meglio, comunque.-

Mi obbligò nuovamente ad un contatto visivo, ma non parlò. Posò la sua mano sul mio viso e mi accarezzò piano il profilo, per poi lasciarmi dei baci delicati sulle labbra, mentre io lo osservavo, attentamente. - Sei così bella e tu non ti rendi conto. Quando sei arrabbiata e ti mordi le labbra, o quando sei a disagio e ti tocchi ripetutamente i capelli, o quando sorridi sinceramente e gli occhi ti brillano. Sei così tante piccole cose che ti rendono unica e bellissima.-

- Rischi di farmici credere se lo dici così.- scherzai, con le nostre labbra che si sfioravano. - Io ti amo, non farmi mai del male, per favore. Di te mi fido ciecamente.-

Mi baciò la clavicola destra, lasciata scoperta dalla giacca che aveva leggermente spostato, e annuì guardandomi negli occhi. Era sincero e lo percepivo. Non mi avrebbe mai ferito. Non di sua spontanea volontà. Sarei stata una sua priorità, così come lui per me. - Non te ne farei mai.-

Gli credevo. Eccome se gli credevo.

*

- Nova, stai già dormendo?- Alberto mi scosse leggermente e io alzai la testa dal suo petto.

- Sono sveglissima, dimmi.-

Sul suo viso apparve un'espressione pensierosa e schioccò la lingua sul palato, per poi incrociare i miei occhi. - Ti innervosisci se ti dico una cosa?-

- Ma perché tu, Giovanni e Luca quando dovete dirmi qualcosa, che sapete già che mi farà arrabbiare tra l'altro, iniziate la frase praticamente allo stesso modo?- quasi risi, se solo non fossi stata in ansia per quello che mi doveva dire. - Sembra un mantra, mettete agitazione. Comunque dimmi.-

Passò le dita leggere sulla mia pancia, come per farmi rilassare, dandomi così la conferma che mi avrebbe detto qualcosa di poco gradevole.

- Perché noi tre ti conosciamo bene.- affermò con fare ovvio, con un piccolo sorriso che sparì subito. - Beh, al centro sportivo c'è una specie di bar, e la tipa che lavora là ci ha provato con me più volte. All'inizio pensavo di aver frainteso, ma poi anche altri miei compagni l'hanno notato e me l'hanno detto. Le ho detto che sono fidanzato, comunque, ovviamente.-

Pesai le sue parole per qualche secondo e poi risposi. - Tutto qua? Nel senso: fatti suoi se vuole fare una figura di merda con te che non la caghi.-

- Sei davvero calma?- gli diedi un pugnetto sul petto, sentendo l'ironia nella sua voce. - Scherzi a parte, è molto invadente, ed è una cosa che mi ha molto infastidito. Ieri sono stato chiarissimo, spero di non doverne parlare più. Te l'ho voluto dire perché era giusto che lo sapessi.-

Lo baciai delicatamente sulle labbra. - Lo apprezzo, grazie.-

- Non vedo nessuna al di fuori di te.- mi strinsi forte a lui, sentendo le sue parole. Feci aderire la mia schiena al suo petto, mentre lui prontamente mise il braccio sul mio fianco, per poi accarezzarmi la pancia con la mano. Mi vennero i brividi quando le sue mani leggermente fredde toccarono la mia pelle.

- Sono la ragazza più fortunata del mondo.- poggiai la mia mano sulla sua e gli accarezzai il dorso. - Comunque sappi che io e Paloschi ora parliamo, abbiamo un rapporto civile e mi ha dato pure dei consigli su di te.-

- Lo so, ricorda che sento tutti in squadra.-

- Ah già, alcuni momenti dimentico che ho a che fare con delle vecchiette annoiate di un paese.- lui rise alle mie parole, ma io feci finta di nulla. - Comunque avevi ragione, è un ottimo amico.-

- Lo è, sono contento andiate così d'accordo.- mi baciò la spalla nuda - Domani ti porto al centro sportivo, così saluti Castro.-

Annuii appena, ma rendendomi conto che probabilmente aveva gli occhi chiusi, parlai. - Va bene...-

- Tranquilla, non ti chiederò di metterti a fare la cheerleader della SPAL. Non ti chiederei mai di tifare un'altra squadra, so quanto tieni al Cagliari.-

- So che lo sai, mi conosci bene, amore.- sgranai gli occhi rendendomi conto del modo in cui l'avevo chiamato e si accorse immediatamente anche lui, visto che smise di accarezzarmi. - Scusa... io... ceh...-

- Ehi, sta calma.- fermò il mio giro di parole inutile e confuso. - Mi piace, lo amo. Sia il modo in cui mi hai chiamato sia il modo dolce in cui l'hai detto. Non ti imbarazzare.- no, non dovevo, assolutamente. Mi era venuto spontaneo, ma in fin dei conti era normale dopo esserci detti "ti amo". Ero completamente affidata a lui, mi stavo aprendo e fidando come con nessuno mai prima.

- Hai ragione... solo che è stato strano.-

- Ma bellissimo, piccola.- mi strinse più forte a sé e appoggiò il mento sulla mia spalla, cullandomi quasi tra le sue braccia.

Non c'era nulla di sbagliato. Era così naturale, tutto. Come se dovesse andare così per forza e basta. E se era l'unico modo in cui doveva andare: a me andava benissimo.

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