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Capitolo 40.

" E ogni cosa sembra grande, tu lasciali parlare
E ricorda è dal dolore che si può ricominciare."
▪︎ Giusy - Ultimo

Alberto's pov

Avevo passato una notata infernale. Avevo cercato di dormire, ma non ero riuscito nemmeno per mezzo secondo a chiudere occhio. Ogni volta mi riapparivano in mente le immagini dell'incidente che si alternavano con quelle delle espressioni confuse di Nova alla mia vista, e mi sentivo morire.

Mi ero perciò alzato presto, fatto una doccia rigenerante per levarmi di dosso i postumi della notte orrenda e mi ero messo alla guida per andare all'ospedale.

Appena arrivato al terzo piano, vidi Claudia uscire dal reparto dove era ricoverata Nova e mi misi da una parte, in modo tale che non mi notasse, per poi entrare io al suo posto.
Dovevo partire per Ferrara il pomeriggio, visto che a Cagliari non ero più utile non avevo spostato la data del biglietto, perciò avevo assolutamente bisogno di vederla.
So che non avrei dovuto, che se Giovanni addirittura mi aveva detto di non andare mentre dormiva non era bene che andassi mentre era sveglia, ma dovevo, ne avevo bisogno.

Arrivai davanti alla stanza e bussai piano, mentre sentii l'ansia invadermi completamente. Quelle sensazione le provavo solo con e a causa di Nova, incredibile come mi rendeva emotivo e diverso. La sua voce mi invitò ad entrare, dolcemente, e io aprii la porta senza farmelo ripetere due volte.

- Ehi...- la salutai piano, osservando attentamente la sua reazione. Alzò il capo dal libro che stava leggendo e la sua espressione divenne confusa e interrogativa. Non capiva perché fossi davanti a lei, bene.

- Ciao!- mi salutò quasi incerta, ma capii immediatamente che avrebbe voluto chiedermi come mai fossi là.

Feci qualche passo verso di lei, cercando di non spaventarla, non potevo essere lo stesso di sempre nei suoi confronti, non ero più nessuno per lei. - Scusami, ma stasera parto e volevo solo sapere come stavi... gli altri in squadra mi sembravano molto preoccupati ieri e io mi sono ritrovato in mezzo perché ho accompagnato Simeone all'ospedale, perché al momento dell'incidente era con me.-

Inventai la prima cazzata che mi venne in mente, sperando mi credesse, in quel momento non volevo nulla in più che guardarla negli occhi, almeno quello prima di partire.

La sua bocca si aprì e formò una "O" come a indicare stupore, poi sorrise piano e annuì, come se improvvisamente tutto avesse più senso. - Oh ecco, adesso capisco... ieri non riuscivo a spiegarmi perché fossi con gli altri.- Inutile dire che mi si spezzò il cuore, ma mi limitai a sorridere, così lei continuò. - Beh, allora sei stato molto gentile a passare, grazie.-

Mi stava liquidando, davvero? Come poteva essere possibile una cosa del genere?

- Figurati, rimettiti presto.- la guardai intensamente negli occhi e lei abbassò lo sguardo, ancora una volta sentii una bruttissima sensazione avvolgermi. - Ciao Nova.-

Mi salutò con la mano, piano, poi tornò a concentrare l'attenzione sul libro che stava leggendo in precedenza, senza nemmeno aspettare che io uscissi. Scossi la testa, amareggiato da tutta la situazione, e uscii velocemente dalla stanza.

Presi un bel respiro una volta fuori e mi resi conto che avevo respirato a fatica per tutto il tempo che ero stato davanti a lei. Forse per l'ansia, forse per come mi guardava indifferente, forse per entrambe le cose.

Dentro me, probabilmente, credevo che in un modo o nell'altro, parlandomi, le sarei tornato in mente, ma mi sa che in realtà avevo sentito parlare troppo di cose simili nei film e credevo potesse accadere anche nella realtà.
Mi sentivo veramente uno sciocco.

*

Il mio telefono squillò e risposi, senza nemmeno vedere chi fosse, perché ero impegnato a mettere bene le ultime cose da portarmi via a Ferrara.

- Alberto, dove sei?- era Simeone e, dal tono di voce, mi sembrava anche leggermente nervoso. Mi chiesi immediatamente il perché e il mio primo pensiero andò a Nova, era accaduto qualcosa con lei?

- Sono al mio appartamento Giò, perché?-

- Aprimi, sono qui sotto. Devo parlarti.- chiuse la telefonata senza aspettare nemmeno una mia risposta e io feci immediatamente come mi aveva chiesto. Leggermente stranito e curioso, non mi venne in mente nulla che avrebbe potuto dirmi di così urgente da farlo venire fino a casa mia.

Dopo qualche minuto sentii l'ascensore fermarsi e la porta di casa mia, che avevo lasciato socchiusa, aprirsi e poi chiudersi subito dopo. Mi diressi all'ingresso e gli rivolsi immediatamente uno sguardo interrogativo appena mi apparve davanti.

- Che succede?-

- Alberto, perché sei stato da Nova?- me lo chiese con calma, ma in realtà era tutto fuorché calmo. Sapevo che era contrario perché aveva paura che lei potesse stare male e sapevo anche che i dottori era contrari al forzarle la memoria, ma ero stato prudente, non avrei mai agito sapendo di poterla ferire.

- Che domanda è? Volevo salutarla prima di partire.- risposi, acidamente. Non doveva riprendermi, sapevo come comportarmi. - Mi sono inventato una cazzata, non le ho certamente detto la verità.-

- Eh, ci mancherebbe pure. Ma mi era parso che fossimo d'accordo sul non spaventarla.- era arrabbiato con me e forse non mi era mai accaduto. Sapevo bene quanto tenesse a Nova, come se fosse sua sorella di sangue, e in quel momento me lo stava dimostrando.

- Non l'ho spaventata Giò, che dici?-

Rise senza umorismo e si sistemò i capelli in un gesto quasi meccanico. - No? Certo, se sono qua è perché lei non capisce perché tu sia andato da lei e perché, per citare le sue parole, " la guardavi in modo dolce".- fece delle virgolette con le dita e io trasalii.

- Mi dispiace... non pensavo di poterla spaventare. Non ho fatto niente di male, avevo bisogno di vederla. Lei è la mia ragazza.-

- Lo so, ma non stai agendo nel suo interesse, mi dispiace dirtelo mai sei stato egoista. Hai pensato a te e basta, non hai pensato a come potesse stare lei! Si sta mettendo mille domande su di te già da ieri, ma dopo la tua visita di stamattina ancora di più.- mi guardò severamente, mentre gesticolava nervosamente. - La ami, lo so, ora è arrivato il momento di dimostrarlo seriamente.-

- Non devo dimostrare niente a nessuno, Giovanni. Soprattutto non a te che mi stai parlando così, con aria di superiorità.-

- Superiorità? Io agisco solo nell'interesse della mia migliore amica in questo momento. Non mi importa di altro. E hai ragione, non devi dimostrare nulla a me, infatti è a te stesso che devi dimostrarlo.- rispose freddamente, forse mi stavo comportando davvero in modo egoista e poco maturo, ma non mi ero mai trovato in una situazione del genere. Una situazione così dolorosa e che mi facesse sentire così spaesato. E, in più, stavo allontanando tutti quelli che provavano ad aiutarmi, senza nemmeno volerlo.

- Da Ferrara non potrò più farle del male, puoi stare tranquillo.- mi limitai a rispondere quelle parole, nonostante sapessi non fosse la cosa più intelligente da dire, ma ero troppo arrabbiato per la piega che aveva preso il discorso per pensare lucidamente.

Giovanni sbuffò nervosamente e sembrò volesse aggiungere qualcosa, ma poi si girò di spalle e uscì dal mio appartamento senza dire nulla, senza nemmeno salutarmi.

Forse avevo sbagliato, ma non esisteva un manuale su come agire in caso la ragazza che ami si dimentichi chi sei e che sta con te, e nemmeno un manuale che ti spieghi cosa fare per non farle male ulteriormente.
L'unica cosa che potevo fare era lasciarle i suoi spazi, come se davvero non esistessi, ed era una cosa che mi toglieva il fiato.

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