Capitolo 16.
"E c'avrei scommesso su noi due
Una vita intera sempre in due
E c'avrei scommesso su noi due
E invece ognuno per le sue."
▪︎ Sempre in due- Carl Brave ft. Franco 126
Dopo qualche ora venne a bussare alla porta della camera dove stavo, ovviamente lo invitai ad entrare, visto che quella era casa sua. Si notò immediatamente quanto la mia voce fosse stanca, visto che ero sveglia da poco, perché sfinita dai pensieri ero crollata, dopo la litigata.
- Nova... non puoi partire davvero, sai che non intendevo dire quello che ho detto. Ero nervoso e ho sparato la prima cazzata che mi è venuta in mente.- si sedette accanto a me nel letto, cercando un contatto visivo. - Non andare via, non così.-
- Il primo volo utile è domani alle 13, credo prenderò quello.- lo informai, fingendo di non averlo sentito parlare, evitando il suo sguardo.
- Ma dai, mi stai ignorando?-
Scossi piano la testa, visto che non era quello il mio piano. Semplicemente non mi sentivo a mio agio in quel momento, visto quello che mi aveva detto poco tempo prima. - Sto solo cercando di non riniziare a litigare, perché sono sfinita.-
- Anche io, ma non posso permettere che tu vada via dopo la nostra litigata. Rischiamo di perdere tutto quello che abbiamo costruito.-
- Non preoccuparti più di tanto, magari avremmo rovinato tutto comunque.- ero ferita e stavo parlando senza nemmeno pensare. Non sapevo come reagire a quella situazione. Non volevo davvero allontanarlo, ma ero troppo orgogliosa, grandissimo difetto.
- Come? Perché stai usando questo tempo verbale?- chiese a metà tra lo sconvolto e il nervoso - Il tuo è un tentativo di lasciarmi?-
Respirai a fondo, mentre elaborai piano le sue parole. A cosa sarebbe voluto dire rinunciare a lui per sempre, riprendere la mia vita come prima di conoscerlo, che sinceramente non fu mai bella da ricordare.
- Non so cosa voglio fare.-
Rise nervosamente, con un'espressione quasi schifata sul viso. - Davvero? Amare una persona è questo? Mollarla alla prima difficoltà?-
- Parli tu?- mi arrabbiai immediatamente, non capii come mai nelle ultime liti riusciva sempre a darmi le colpe e a farmi passare per la cattiva della situazione. - Tu sei quello che mi ha cacciata praticamente via di casa.-
- Dio, ti ho già chiesto scusa, cosa altro dovrei fare? Sei incredibile, non ti capisco più, davvero.- alzò il tono di voce, mentre gesticolò, indicandomi.
- Nulla tranquillo, non devi fare nulla. Non hai bisogno più di capirmi, me ne torno a casa, non ti starò più addosso e non farò più nessuna scenata. Sei libero di fare ciò che vuoi.- parlai tutto d'un fiato, infastidita dal suo modo di fare e dire. Forse stavo sbagliando anche io, tanto quanto lui, ma parlai senza nemmeno pensare alle conseguenze.
- Credevo fossi diversa.-
Finsi che le sue parole non mi avevano ferita e scrollai le spalle. - E invece pensa un po', sono una stronza senza sentimenti, no?-
- Non ho mai detto questo, ma da te mi aspettavo altro. Non sei mai stata così con me, o l'hai saputo nascondere bene o sei cambiata.-
Arricciai le labbra, pensierosa. Cercando le parole giuste per rispondergli. Più parlavamo più ci ferivamo, i nostri discorsi ci stavano solo allontanando. Non eravamo più sulla stessa lunghezza d'onda.
- O magari sei davvero tu ad essere cambiato.-
- Fare la stronza non ti si addice.- si alzò dal letto e si mise in piedi davanti a me, perciò spostai lo sguardo su di lui. - Perciò evita. Mi stai lasciando tu, non dimenticarlo mai. Non dimenticarlo quando tornerai a Cagliari e farai soffrire quelli a cui vuoi bene, perché starai male per un tuo stupido capriccio, per stupido orgoglio. Se mi amassi davvero metteresti da parte questa cazzata dell'orgoglio.-
Mi guardò un'ultima volta in modo contrariato e uscii dalla stanza, senza nemmeno darmi il tempo di ribattere. Sentii la rabbia ribollirmi dentro e lo seguii. Non poteva dire quelle cose e poi non stare a sentire la mia risposta.
- Alberto.- feci il suo nome, tenendolo per la manica della felpa. - Ti rendi conto di quello che mi hai detto? Che io faccio stare male gli altri, stai scherzando spero.-
- Sono serissimo. Quando stai male tendi a trattare di merda chi ti sta vicino, per nervosismo. L'hai fatto anche con Giò.-
- Tutta questa litigata e questo veleno solo per colpa della stupida cameriera.- constatai con le lacrime agli occhi - Lei voleva metterci contro e ce l'ha fatta, ma credo non ci sarebbe mai riuscita se non fosse che qualcosa tra di noi già non andava.-
- Ho sempre fatto di tutto per te, lo sai benissimo. Ho cercato di aiutarti in ogni modo e questa è la ricompensa? Ti sei barricata in difesa e non ne esci più, qualsiasi cosa io ti dica ne fai un casino. Che ti devo dire? Cosa devo fare?-
- Sono sempre stata così, ma ora non ti va più bene. Ti rendi conto?-
Fece vagare lo sguardo per la stanza, mentre sospirò, piano, come estenuato. Da una parte volevo correre tra le sue braccia e cancellare gli ultimi giorni, non volevo perderlo, ma dall'altra parte mi sentivo ferita e non riuscivo a fare e dire niente di carino che potesse alleggerire la tensione e/o la situazione.
- Hai intenzione di partire, quindi?- mi fece un'altra domanda, evitando di rispondere alla mia.
Io lo fissai, ma non risposi. Né sì né no. Non sapevo che fare. Che dire. Se aggiustare le cose o lasciar stare. Lo amavo troppo, avevo paura di soffrire, aveva un potere fortissimo sulla mia vita.
- Ho capito, ti compro il biglietto e te lo stampo. Domattina sarà tuo.- quasi trasalii davanti alle sue parole, ma invece di rispondere che volevo stare con lui mi limitai ad abbassare lo sguardo. Percepii quello che mi disse come se non avesse più voglia di starmi a sentire. Perciò accettai tutto, senza ribattere.
Lo sentii allontanarsi per andare verso la cucina, ma sicuramente era più un modo per stare lontano da me. Era stato più freddo che mai, come non l'avevo mai sentito.
Mi sentii a pezzi. Era praticamente tutto sfumato. Era come se non potessi più fare nulla per far tornare le cose al loro posto, ero più impotente che mai. Ed era anche colpa mia.
Tornai in camera e iniziai a preparare le valigie, con le lacrime che avevano preso il sopravvento e mi rigavano il volto, senza volerne sapere di fermarsi.
La mia permanenza a Ferrara si era conclusa nel peggiore dei modi.
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