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tw: è una smut senza senso.
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E' fra il cicaleccio estivo, acuto nel suo propagarsi, e il melodioso canto degli uccelli, uniti a creare un'atmosfera incantevole, quasi fiabesca, che un gruppo di curiosi viandanti si incammina lungo il suggestivo percorso tracciato da larici e abeti.
Una manciata di metri più in fondo, col naso volto all'insù e gli occhi pervasi di meraviglia, Simone percorre spensierato lo stesso sentiero, attardandosi di tanto in tanto, ora contro un tronco robusto, ora seduto su una roccia frastagliata, ad aspettare chi - a quanto pare - di rimanere legato al nugolo di avventori invece non ha interesse.
Tenendo saldamente ancorata al petto con una tracolla giallo canarino la sua vecchia Canon, Manuel infatti cammina a passo pacato per fotografare a raffica qualunque forma di vita gli si pari davanti.
E' stato uno scoiattolo, sceso in picchiata da un albero altissimo, a catturarne l'attenzione per ben dieci minuti, portandolo così a rallentare fino a fermarsi del tutto pur di poterlo immortalare.
Volendo, potrebbe dire di non averlo fatto consapevolmente, di essersi perso nell'armonioso equilibrio del parco e aver dimenticato ogni altra situazione o evento a circondarlo, e un fondo di verità in questo ci sarebbe pure.
Simone alla fine glielo ripete spesso che lui ha un occhio poco adatto alla vita di città, citando quel libro di Calvino che tanto gli è piaciuto leggere nei loro pomeriggi trascorsi al mare a recuperare il tempo perso separati.
Eppure, osservando la propria comitiva allontanarsi sempre più e il fidanzato non fare il benché minimo sforzo per raggiungerli o richiamarli, si rende conto che non ha alcun senso accampare scuse.
Ha tentato Manuel di farsela piacere la compagnia di quei borghesotti di città venuti tutti impettiti alla scoperta del picco di Circe.
Ha dispensato sorrisi di cortesia e ricacciato indietro improperi già pronti sulla punta della lingua, in risposta alle valutazioni non richieste su come migliorare "un paese clinicamente morto".
Ma proprio non ha retto più difronte all'operatore turistico da strapazzo che - non contento della sua mediocrità professionale esternata per mezzo di narrazione inverosimili sulla storia del monte - ha ben pensato di lanciarsi in battutine confidenziali e tecniche di approccio imbarazzanti con il suo Simone.
"Te la spiego io la montagna" bofonchiava Manuel nel tentativo forse ridicolo di distrarlo "come t'ho raccontato il mare da ragazzini, mo te racconto questa, che ce vo..."
Ma il compagno non sembrava troppo convinto e seguitava ad ascoltare rapito aneddoti artificiosi e privi di fondamento.
La morsa nel centro più profondo dello stomaco, via media fra crampi di gelosia e istinto di possesso, si imponeva pesante al punto da rabbuiargli il viso in un broncio evidente che procedeva a nascondere dietro lo scheletro dell'amata macchinetta fotografica.
Fatica ad ammetterlo, ma gli anni lontano da Simone, quel tempo trascorso a credere di non rivederlo più, hanno in qualche modo contribuito ad instillare in lui un'acquiescenza difficile da sradicare.
L'apatia che l'aveva pervaso, talvolta riappare in tutta la sua brutalità trascinandolo giù con sé in un turbinio di pensieri cupi e apparentemente privi di via d'uscita.
Se lo ricorda come un incubo il giorno in cui, poco dopo essersi ricongiunto con l'amore della sua vita, assisteva impietrito alla tragedia del braccialetto dello Yin perso in mare fra una nuotata e l'altra.
Alla sua reazione avversa e drammatica, Simone rispondeva con quella solita tranquillità che tante volte l'aveva rasserenato, ma che sul momento gli pareva solo sintomo di estrema superficialità o peggio di spaventoso disinteresse.
Il silenzio nel quale si rintanava la sera, carico di risentimento e angoscia, colpiva il più piccolo come uno schiaffo in pieno viso, inaspettato e - Manuel ne era perfettamente conscio - immeritato.
Era con il terrore a paralizzargli le membra che la mattina successiva si aggirava per la casa trovata vuota, cercando di venire a capo del perché Simone se ne fosse andato lasciando però, le poche cose che aveva portato nei giorni precedenti, lì da lui.
A ripensarci, ancora se ne vergogna, ma in realtà non crede saprebbe anche adesso offrire una scena diversa da quella di precipitare in ginocchio all'ingresso sotto gli occhi sgranati del fidanzato che rincasava tranquillo dopo un paio d'ore trascorse fuori.
"Pensavo- pensavo fossi andato via... di nuovo" spiegava straziato contro lo stomaco morbido di Simone intento a carezzargli i capelli e a calmarlo, ricordandogli che la prima volta era stato costretto, mentre ora non lo farebbe mai.
Che bastava poi un tocco più forte sui fianchi pieni per farlo contorcere dal dolore e contemporaneamente rispondere al quesito tormentato "ma allora dove stavi?"
Non aveva una grande cultura in fatto di tatuaggi Manuel, tuttavia in quel momento - con il pollice a scorrere leggero sopra il simbolo dello Yin marchiato ab eterno sulla pelle nivea - si sentiva pronto a giurare che quello fosse il più bello che avesse mai visto.
Come poteva dubitare di un amore del genere?
Come poteva dubitare di Simone?
Simone che "Così è sicuro che non lo perdo più" mormorava nervoso, interpretando il suo silenzio attonito come una sorta di scontentezza per il gesto compiuto.
"Non deve piacerti per forza" borbottava poi rosso in volto e a testa bassa "io- io ci pensavo da un po' all'idea di averti sulla pelle e visto che ora ho perso il bracciale e tu-"
E Manuel non ce la faceva proprio a contenersi.
Con la testa ancora ovattata dall'informazione, impossibile da digerire, di essere impresso sul corpo del compagno e gli occhi di fuoco puntati nei suoi, si sollevava di scatto e prendeva a baciarlo sul posto, salvo poi trascinarlo in camera da letto per uscire da là dentro, devastati ed esausti, solo ore dopo.
E' questo fondamentalmente anche ora il motivo che lo spinge ad alzare lo sguardo su Simone per trovarlo però girato verso qualcosa in lontananza che gli illumina tutto il viso come di rado ha visto succedere.
Non se ne pone domande mentre segue attento la traiettoria indicata dagli occhi vispi dell'altro e incontra così anche lui la causa di questa curiosità tanto lampante.
C'è una fune per ogni angolo e una schiera di assi di legno a dare forma al dondolo che pende da rami abbastanza consistenti per sorreggerlo in sospensione.
Simone vi si accomoda sopra prima ancora che Manuel possa accorgersi che s'è allontanato.
Lo scricchiolare del legno lo mette in leggero allarme, ma la bellezza del fidanzato, disteso e a suo agio in mezzo alla natura incontaminata, gli fa per un attimo accantonare qualsiasi preoccupazione.
Ci riflette sul serio Manuel e la presa di coscienza improvvisa che tutto ciò che li circonda pare adeguarsi sempre per ricevere il compagno - a partire dal mare quindici anni addietro, passando alla montagna ora - quasi lo riduce in lacrime.
Che il paese, in ogni suo spazio e ambiente, si è adattato sin da subito a Simone, accogliendolo e facendolo sentire parte integrante del territorio, come a renderglielo noto dal primo momento che quella sarebbe diventata casa pure per lui.
E pure adesso, con un ampio dondolo in mezzo al nulla che tanto esalta il più piccolo, sembra non volersi smentire.
"Guarda Manu" si sente richiamare entusiasta e come se non fosse già proteso verso il suono di quella voce "un lettino di legno tutto per noi!"
La risata che gli nasce in corpo risuona nella quiete del bosco scontrandosi leggermente con gli alberi che silenziosi assistono alle loro interazioni.
"Ci vieni vicino a me?" domanda poi spostandosi appena di lato e implorandolo con gli occhi.
Manuel vorrebbe tanto, tantissimo, avvicinarsi per riposargli accanto, stringerlo a sé e magari anche addormentarsi, che avendolo fra le braccia si sentirebbe tranquillo anche in mezzo al nulla come sono adesso, però l'istinto di fotografarlo, di immortalare Simone tra i posti che sono stati da rifugio nella sua infanzia, prevale su ogni altro.
Il vuoto covato in petto negli anni vissuti senza poter nemmeno sfiorare una diapositiva del viso tanto amato, l'hanno indotto a sviluppare una sorta di ossessione a riguardo.
E' perpetuo il trafficare con la macchinetta e ancora più esasperata la stampa delle stesse immagini tenute poi in angoli disparati della casa solo per avere la certezza che Simone è reale ed è li con lui.
"Tra poco arrivo" replica sbrigativo puntando già la Canon nella sua direzione "fatti fare due foto prima."
Dall'altro lato dell'obiettivo però il più piccolo non è molto d'accordo, ma anzi mette su un'espressione accigliata e dispiaciuta che lo intenerisce immediatamente.
"T'o giuro amò solo due te ne faccio" insiste addolcendo il tono "sei così bello qua, rilassato in mezzo alla natura..."
E le parole, ripetute ancora e ancora, aggiungendo ogni volta un paio di "bravissimo Simo" inebititi, sembrano sortire l'effetto sperato a giudicare dal cambio di umore di Simone che finalmente sorride mostrando la complicità tanto anelata.
"Sei stupendo quando mi guardi così..." incalza allora e il suono degli scatti si propaga repentino nel silenzio del bosco "guarda sempre me amore mio" gli intima pure mentre interrompe l'attività di paparazzo improvvisato per affrettarsi a sostituire il rullino scarico.
"Nun t'azzardà a cambià faccia amò..." le mani armeggiano veloci con la pellicola nuova "tieni sempre gli occhi su di me."
"Così Manu? Vado bene così?"
Con il senno di poi Manu un po' doveva aspettarselo che adoperare certe richieste nei confronti del fidanzato non avrebbe portato a nulla di buono.
Ha il dispositivo di nuovo puntato davanti, le dita contratte sull'obiettivo per mettere meglio fuoco e Simone-
"Allora Manu... ti piaccio così?"
Simone con i pantaloncini slacciati e un'erezione incipiente fra le mani.
La macchinetta scatta pure, due volte per la precisione, ma poi crolla assieme alle braccia che la sorreggevano, evitando lo schianto con la terra solo grazie alla tracolla di supporto.
Manuel deglutisce a vuoto, che di più non riesce a fare, e osserva il compagno far scorrere una mano da sotto in su con serenità assoluta, come se non gli stesse distruggendo il cervello una carezza alla volta.
"Che... che fai amò?" annaspa sentendo i suoi stessi pantaloncini stringersi sul bassoventre.
Sorride Simone e "mi metto in posa per te?" suggerisce continuando a toccarsi e sospirando un "non va bene così forse?" che gli brucia quei pochi neuroni rimasti.
In due falcate è accanto a lui, con una mano a cercare il membro bollente e l'altra sui ricciolini leggermente sudati che sposta via dalla fronte.
"Tu non sei normale..." ma sta già abbassandosi per divorargli le labbra in un bacio violento "'nte rendi conto di dove siamo amò? Del casino che combiniamo se ce vedono?"
"L'abbiamo fatto al mare" replica Simone affannato e scostandosi quel che serve per rispondere "e mo lo facciamo pure in montagna."
Non fa in tempo Manuel a fingere un diniego, inventare qualche motivazione sul senso del pudore in cui al momento non crede manco lui, che si ritrova già trascinato sul dondolo, stretto accanto all'altro.
Diventa allora lento nei movimenti che compie, sollecitandolo piano solo per vederselo gemere disperato addosso.
Glielo ripete come una nenia che è pazzo e che farà impazzire anche lui, ma Simone sembra non capirlo, con gli occhi ottenebrati e la bocca schiusa sulla quale si lancia un'ennesima volta solo perché può.
Inizialmente non lo sente nemmeno il lamento che arriva tra uno schiocco e l'altro, non ci fa caso finché non avverte la mano del piccolo circondargli il polso e fermarne le azioni.
"Non così Manu, non così..." capisce poi contro le sue stesse labbra e, recuperando il minimo di lucidità che occorre per elaborare una frase di senso compiuto "e come amore? Come amore mio? Vuoi che te lo succhi?", gli domanda dolcemente.
Simone però scuote appena la testa e, con gli occhi enormi puntati nei suoi, recupera la mano che ancora lo stava stringendo per portarsi così due dita sulla lingua morbida e calda.
Manuel rimane folgorato.
"...si? Ti devo scopare qui?" chiede come se il folle fosse solo Simone che annuisce furioso e non anche lui che intanto slaccia la cinta con la mano libera per tirar fuori un'erezione di marmo.
Una risata sguaiata in lontananza li riporta solo per un attimo all'attenzione e gli è sufficiente vedere la loro ormai ex comitiva che prosegue indisturbata lungo il percorso per arrendersi definitivamente.
Qualunque luce nella testa sembra averlo abbandonato e l'unico pensiero che ha ora è quello di non poter prendere pace finché non vedrà le funi del dondolo cedere.
"Te devi far sentì..." dice e nel frattempo aiuta il compagno a tirar via solo una gamba dai pantaloncini.
"No, no Manu ti giuro io non faccio rumore, io-"
Un sospiro mozzato e sorpreso accompagna lo schiaffo sulla natica scoperta.
"Non è una domanda... ti devi far sentire" attesta più fermamente "se devono girà tutti quei borghesotti imbellettati con cui m'hai costretto a stare oggi... e pure quella guida del cazzo che te stava sempre a guardà il culo" ringhia prima di portare le dita nel punto più intimo di Simone che "Manu, Manu, Manu" lamenta che pare quasi nessun altro suono possa uscire dalle sue labbra.
"Bravo amore, bravissimo... pure l'eco delle montagne je deve dì a quel coglione che sei mio..."
"Tuo" smania disperato spingendosi in avanti con il bacino "tuo, tuo, scopami Manu, scopami."
Non ha bisogno di sentirselo ripetere Manuel.
E' delicato nel carezzare la schiena di Simone arrivando all'ultima vertebra e su di nuovo al collo che stringe mentre aspetta che il piccolo si abitui a lui.
Lo sussurra delicatamente poi che è "strettissimo e caldo" e si incanta a vederlo avvampare come se non avesse chiesto e fatto le peggiori sconcezze fino ad un secondo prima.
Gli occhi volano a cercare il minuscolo tatuaggio sui fianchi morbidi ed è con il delirio tipico dell'orgasmo imminente che lo vezzeggia ripetendo una sequela di "ti amo" e spostandosi poi sull'erezione in fiamme che gli esplode addosso dopo pochi sfioramenti.
Riesce a stento a muovere di lato la macchinetta ancora appesa al collo prima che il corpo esausto di Simone si accasci su di lui e lo mandi in estasi con dei minimi movimenti concentrici del bacino e una morsa disperata dell'anello di muscoli dal quale non trova liberazione.
"Non uscire, non uscire" lo implora il piccolo stringendosi ancora di più a lui "lo fai sempre Manu" vaneggia piangendo sul suo petto "per una volta rimani, ti prego..."
E Manuel vorrebbe dirgli che non è vero, che si lascia andare fra le sue carni bollenti ogni volta in cui gli viene chiesto e non se lo ricorda nemmeno quand'è che non l'ha fatto, ma alla fine è solo in grado di formulare un misero "Cristo Simò" che pare più l'ultima esalazione di un condannato a morte.
Avviluppa con forza le braccia attorno al busto tremolante del compagno e fa bene perché neanche due secondi dopo guarda a rallentatore le funi del dondolo cedere e si ritrova così ad attutire con la schiena il breve tonfo che avviene sulle assi di legno ormai sparigliate a causa del loro peso.
Sta ancora ridendo e riprendendo fiato Simone mentre solleva un braccio e si allunga a recuperare la macchinetta miracolosamente illesa.
"Che stai a fa?" domanda Manuel perplesso quando lo vede rivolgerla verso i loro volti sfatti e accaldati manco avesse tra le mani uno di quei telefoni moderni con fotocamera annessa.
Simone sorride e a lui viene automatico imitarlo.
"Che faccio secondo te? Immortalo il momento in cui ci siamo fatti cacciare dal parco."
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nota dell'autrice:
vorrei dare la colpa a quella foto di Damiano fra le montagne per sta fetecchia che in teoria doveva essere aggiunta a Celeste Nostalgia come capitolo smut, ma che in pratica fa troppo schifo per stare là in mezzo.
Chiedo scusa a Lucio Dalla per aver usurpato il titolo di un suo capolavoro e alle tubere che hanno dovuto sorbirsi il mio malessere.
E grazie per l'infinito affetto che avete dimostrato per questi Simone e Manuel, ne sono felicissima! ♥️
P.s: in copertina, ancora una volta, una foto di Luigi Ghirri.
Ciao! 🧚♀️
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