Capitolo 14: Stella cadente!
I rapporti umani sono così strani delle volte nonna che non riesco a comprenderli appieno.
Non riesco a sentirmi come Alex si sente in questo momento e in ogni altro momento della sua vita dopo che tutti gli hanno addossato la colpa ed è così frustrante, posso solo immaginare come si senta incompreso, se solo fossi anch’io nella sua situazione riuscirei a comprenderlo, o magari se tutto quello che gli è successo non fosse mai successo.
Perché non ci è permesso esprimere dei desideri nella vita?
Almeno uno.
Almeno per poter sentire e sfiorare con mano la possibilità di avere una seconda chance nella vita, la possibilità di costruirsi un’altra vita, magari una migliore di quella precedente.
Chi d’altronde non vorrebbe ricominciare da capo e resettare ciò che di male ha fatto o semplicemente ciò che di male li è capitato nella vita.
Nessuno nasce perfetto eppure qualcuno cerca costantemente di migliorarsi per esserlo e questa perfezione che talvolta porta alla pazzia, chi è in grado di affermare ciò che di perfetto la vita ci dà?
La possibilità di vivere è già perfezione.
Se potessi esprimere un desiderio ora non so esattamente cosa chiederei.
Non vorrei un'altra vita o altre persone all’interno di essa, forse chiederei un'altra vita per mia madre senza i continui abusi di suo padre sulla madre, oppure chiederei una vita migliore per Beatrise e quella donna o per Josh e sua sorella, o per Alex, o per Scarlet un cuore nuovo.
Se chiedessi più tempo per te nonna?
Non lo so.
Non so se ti trovi meglio ora nel tuo angolo di paradiso o se vorresti più tempo qui tra tutta questa cattiveria. Se potessi parlarmi e darmi la tua risposta alla mia domanda e quest’ultima fosse positiva allora io ti porterei nel giardino di rose bianche che ormai rappresentano la vita.
Delle volte penso che dovremmo essere più egoisti e pensare a noi stessi, pensare a cosa noi vorremmo veramente, finché poi non mi rendo conto che ognuno di noi è legato a qualcun’ altro per il quale sacrificherebbe il suo unico desiderio.
Sono sicura che se Alex avesse la possibilità di spegnere una stella cadente per realizzare un desiderio lui darebbe la sua vita al cielo pur di riprendersi quella dei suoi genitori.
Perché gli uomini si rendono conto del valore di chi hanno vicino solo quando quella vicinanza gli viene letteralmente strappata dalle mani?
Alex ha un nonno eppure se ne tiene a debita distanza mentre è il ricordo più vicino che ha di una vera famiglia.
E come può un nonno penalizzare così tanto suo nipote?
Sento come se Alex ormai fosse bloccato a quell’esatto momento, a quell’esatta età che continua a ferirlo.
Se solo ci fossero abbastanza parole per descrivere tutto ciò che lui prova io le urlerei al posto suo.
«Lena, non fare così.» la voce di mio padre mi riprende dai miei pensieri mentre io vorrei solo scappare da questo posto che tanto mi angoscia.
«Perché ci tieni così tanto a mio nipote?» la voce rauca del signore al mio fianco mi fa rinsanire e capisco di dovergli dare una risposta.
Perché tengo così tanto a quel ragazzo?
Forse per la delicatezza con cui raccoglie e posa una rosa ogni giorno sulla tomba della sua ragazza?
Forse per la straordinaria forza che ha nel continuare ad andare avanti?
O forse per tutte le rose bianche che ha piantato e fatto crescere lui steso per un desiderio ormai andato di un'altra persona.
«È speciale.» tutto qui, mi limito a dire solamente queste due parole quando sento dentro di me che un vortice presto mi avrebbe risucchiato.
Alex non è solo speciale eppure le parole non servirebbero a niente in questo caso perché chi ha orecchie per sentire ma si rifiuta di ascoltare allora diventerà sordo.
Guardo ormai con disprezzo quella stanza come se neanche tanto spazio potesse racchiudere tutto l’odio che Alex prova nei suoi confronti eppure non provo rancore verso l’anziano affianco a me.
«Alex è speciale.» ripeto, come se la prima volta non fossi stata abbastanza convincente.
L’anziano abbassa la testa come se si sentisse in colpa.
«Hai ragione.» esclama lui mentre io rimango incredula da tutto ciò, non pensavo mi desse ragione, eppure sta così lontano da suo nipote.
«E allora perché lo eviti in questo modo?» esclamo ormai furiosa, niente può fermarmi.
«Perché non voglio che rimpianga anche la mia perdita quando io non ci sarò più.»
Non mi sarei mai aspettata una risposta del genere, lo sta facendo da sempre per non recarli altro male e non perché lo odia, non capendo che così aumenta solo i sensi di colpa che stanno divorando suo nipote.
Gli occhi di mio padre cercano il mio contatto quasi volessero supplicarmi di smetterla di trattare in quel modo un signore così fragile.
«Qual è il tuo nome?» i suoi occhi si accigliano in un misto di curiosità e tristezza.
«Errico.»
Errico, finalmente so parte dell’identità dell’uomo che continua a tormentare anche i pensieri di Alex senza che lui lo sappia.
«Mi pareva giusto saperlo visto che tu sai il mio.» Errico scoppia a ridere e finalmente la tensione che si era creata è stata tagliata da qualcosa di superiore che ora fa preda la stanza, ma è piacevole sentirlo ridere.
Alla sua risata si aggiunge, poco dopo, anche la mia e quella mio padre.
«Puoi lasciarci soli?» chiedo a mio padre non sicura di cosa io voglia davvero da quel signore.
Papà si alza dalla sedia sulla quale era seduto e socchiude la porta.
«Vuoi dirmi qualcosa?» anziano.
In realtà non ho bene in mente cosa dirgli, forse prima gli avrei raccontato tutto ciò che mi era successo ma ora non saprei proprio da dove cominciare, ora che so anche chi è lui, ma non la sua identità.
Alzo le spalle in segno di resa.
Vorrei raccontargli di Chiara che sta lottando contro qualcosa più grande di lei e io non posso fare assolutamente nulla per aiutarla, non ho armi per combattere il mostro che si porta dentro, e uccidere il mostro comporterebbe anche uccidere lei.
Vorrei dirgli di quella signora e di Beatrise e chiedergli perché la vita fa ciò?
Perché la vita è continuamente in contrasto con se stessa?
Sono molte delle domande a cui penso effettivamente di non avere una risposta concreta.
Vorrei dirgli del mio cuore malandato ma perché portare tristezza in una stanza già vuota?
«Dimmi qualcosa di te.» gli dico.
«Cosa vorresti sapere esattamente?» anziano.
Non ho pensato esattamente a cosa voglio sapere, forse tutto, forse niente, forse tralascerei le parti dolorose della sua vita o forse sono le mie a dover essere scoperte.
«Sei sposato?»
Innanzitutto gli avrei voluto chiedere come sta ma non è giusta la concezione che si ha dei malati solamente perché sono malati e la loro vita è instabile, è ingiusto pensare che chi sia malato sia anche rassegnato alla vita che gli spetta e che probabilmente gli verrà tolta.
È estremamente ingiusto pensare che chi si trova qui è perché non ha più la forza di sorridere perché in realtà anche non riuscire a sorridere per me potrebbe essere classificata come una malattia.
«Si lo ero.» le voci nella mia testa vengono bloccate dal sussulto di Errico.
“Lo ero.” cosa significa?
Che ora non lo è più perché non ha più una moglie da amare o semplicemente perché nega a se stesso il piacere di amare qualcuno per evitare che soffra come fa con Alex?
«Lei è morta cinque anni fa.» continua a parlare lui ma questa volta la sua voce è uscita come un sussurro, come se non si volesse far sentire.
«La ami ancora?»
Gli chiedo come se l’amore non potesse mai cessare.
Io ti voglio sempre bene nonna, nonostante tu non sia più qui, vorrei fosse lo stesso per tutti, vorrei che le persone non si dimenticassero ciò che hanno passato con i loro cari che ora non ci sono più.
Vorrei che tutti avessero il ricordo di qualcosa che ora possono solo portare con sé.
«Ogni giorno della mia vita.» sorride e il suo sorriso illumina la stanza come se si stesse ricordando di qualcosa successo molto tempo fa ma che sente ancora come suo.
«Posso raccontarti una storia?» gli chiedo io mentre lui rimane estraniato ma subito acconsente.
«C’era un ragazzo innamorato di una ragazza, lei era bellissima e lui non poteva fare a meno di guardarla con il cuore in mano, tuttavia il cuore di lei non era come il suo, non era forte abbastanza per amare e lui le avrebbe anche dato il suo strappandoselo dal petto ma la vita fu troppo breve. Prima che lui compisse questo gesto lei morì e nel cuore di lui rimase un vuoto colmato da tante spine.
Ogni giorno quello stesso ragazzo strappa una rosa e si taglia con le spine pur di portarne una sulla sua tomba e stare ancora con lei.
Ora quel ragazzo è morto, o almeno è il suo cuore ad essere morto, si sente colpevole della sua morte per non essere riuscito a dargli la sua vita.»
Non credevo davvero di riuscire a raccontare questa storia senza piangere ma ci sono riuscita, contrariamente a qualcun altro.
Errico ha il sorriso e una lacrima sul volto.
Non capirò mai perché sforzarsi di indossare una maschera, un sorriso, se poi quest’ultima può rompersi e far fuoriuscire crepe, in questo caso lacrime.
Eppure lui continua a sorridere come se non avesse mai ascoltato una storia più bella di questa.
«Dev’essere una ragazza molto fortunata anche ora in paradiso.» dice Errico.
Vorrei dirgli che io non credo nel paradiso ma perché ferire così i suoi sentimenti?
Sorriso semplicemente.
«Lo è.»
Il resto del pomeriggio passa velocemente, abbiamo parlato del più e del meno e dei suoi tempi passati durante la seconda guerra mondiale, era un militare, ha sposato sua moglie una volta tornato dal servizio e hanno dato luce e due bambina, Giulia che a sua volta ha dato vita a Marta ma è morta poco dopo che il marito l'ha lasciata sola con una bambina piccola, e poi Jennifer, la madre di Alex.
Mi ha raccontato che Jennifer era la più grande ma le due sorelle hanno concepito con poco tempo di distacco e che quando Giulia è morta è stata Jennifer e suo marito a prendersi cura di Marta.
Mi ha descritto perfettamente sua moglie e anche le sue figlie.
Sua moglie, Clara, era più bassa di lui, capelli color nocciola e occhi scuri, mi ha descritto ogni meticoloso dettaglio, mi ha raccontato delle loro prime uscite e dell’amore che Clara provava verso le sue figlie e verso i suoi due unici nipoti.
Giulia aveva preso tutto dalla madre, capelli nocciola e occhi scuri, credo che Marta abbia preso più dal padre.
Jennifer invece aveva i capelli neri e lisci e gli occhi scuri come quelli di Alex, l’ha descritta così bene come ricordo nel quadro che quasi mi vengono i brividi.
Era perdutamente innamorato delle sue figlie avute da giovani che avrebbe preferito dare la sua vita in cambia della loro e ciò mi riporta anche ad Alex, chissà se mai sarà pronto a vedere suo nonno.
«Quando parlerai con Alex? “ chiedo ad Errico e le parole scivolano via come avessi detto un semplice ciao.
«E Marta invece?» chiedo io, non so se lei è mai venuta a trovarlo o se sappia addirittura delle sue esistenza.
«Non sono mai stato un nonno presente.» una risata nervosa parte dalle sue labbra, capisco cosa voglio dire, Jessica non si è mai preoccupata di conoscermi o forse nessuno si è mai preoccupato di presentarmela.
Vorrei parlare anche con lei e recuperare il tempo perso.
Abbraccio l’anziano affianco a me come fosse l’unica cosa sensata da fare prima di lasciarlo ancora una volta solo.
Esco da quella stanza e faccio un respiro profondo come potessi scacciare tutti i pensieri che mi pesano sulla mente.
«Va tutto bene?» mi chiede mio padre vedendomi sospirare.
«Si, tutto bene.» rispondo anche se non sono sincera.
«Possiamo prenderci un frappe papà?» chiedo sperando che non capisca il mio intento ma fallisco miseramente quando lo sguardo di mio padre si acciglia in curiosità.
«È da tanto che non andiamo in quel posto.» mio padre coglie appieno il posto nel quale voglio andare.
Siamo in macchina e sento una leggera calma che circonda l’aria circostante, con mio padre è sempre così, riesco a sentire la quiete in ogni posto o momento, è come se emanasse energia positiva che pian piano inizia a contagiare anche me.
Mi sono sempre chiesta come una persona possa farti sentire al sicuro mentre con altre invece ti senti completamente esposta alle intemperie.
Non servono gesti o altro, ma solamente la presenza, anche muta, per sentirti a casa con quella persona.
È un effetto rilassatorio, un anestetico ai cattivi pensieri.
Il cuore batte come dovrebbe anche se ho le batterie scariche.
«Perché non chiediamo anche a mamma se si vuole unire a noi?» ed ecco che il rifugio inizia ad essere colpito da vari fulmini e a dover essere ritappezzato.
Non fraintendermi nonna, alla fine è sempre mia madre ma delle volte due universi contrapposti finiscono per appropriarsi dello spazio altrui fino ad esplodere e lasciare solo scintille.
Magari portandola in un posto che le ricorda gli anni passati con papà, gli anni nei quali si sono innamorati, lei cambierà umore per un po’, d’altronde oggi sembra quasi che abbiamo avuto un dialogo.
«Okay.» sorrido.
Mio padre mi passa il telefono e io compongo il numero essendo che lui è alla guida.
Appena il bip metallico entra in circolazione delle mie orecchie passo nuovamente il telefono a mio padre, ma lui scuote la testa.
«Parlaci tu.» mi dice dolcemente.
Aspetto che il bip venga interrotto da un'altra voce.
«Pronto.» eccola.
«Pronto mamma.»
«Dimmi.»
«Io e papà andiamo in quel caffè bar a prendere un frappe, vuoi venire?»
Posso sentire l’emozione di mia madre anche da fuori uno schermo, credo che ora sia felice visto il “si” sincero che mi ha risposto dopo.
«Io e papà ti aspettiamo li.»
E così si chiude la chiamata.
«Era emozionata?» sento chiedermi da mio padre come se già sapesse la risposta e sorriso annuendo con la testa.
La macchina continua a camminare per ancora un tratto di strada finché non ci fermiamo proprio dietro il parco nel quale non ho intravisto Alex e questo mi preoccupa, chissà dove sarà.
Un'altra sorpresa però mi stava attendendo e non posso affermare se sia spiacevole o meno.
Josh in piedi davanti quel piccolo locale come aspettasse qualcuno.
Ci avviciniamo.
«Salve Gabriele, ciao Lena.» sorride.
Delle volte mi chiedo se la vita sia solo un tranello e le persone degli inneschi per attivarla.
Mio padre saluta Josh e io continuo a fissarlo come se non fosse reale, come se fosse solamente frutto di un immaginazione perversa che gioca contro il destino e alla fine perde.
È tutta una storia da scrivere la vita ma la mia penna è priva di inchiostro in quanto il nero non può essere rinchiuso altrimenti esplode, è così è stato, foglio bianco tramutato in nero e ora indosso un armatura per proteggermi dalle schegge di parole che non fanno parte della mia storia.
Sono reale o sono solamente anch'io frutto dell'immaginazione di qualcun'altro?
È se in realtà fossimo soli al mondo e avessimo proiettato coloro che ci circondano per sfuggire dalla solitudine di una storia senza un finale?
La mamma non mostra alcuna traccia di sé, lo squillo ripetuto della chiamata a lei inoltrata continua senza alcuna cessazione ma nessuna voce risponde a quell’eco.
È come se il mondo circostante avesse rinchiuso mia madre in una stanza insonorizzata dove neanche il suono delle sue urla fanno da sfondo.
Decidiamo di entrare comunque con la sola compagnia di quel ragazzo che ha occupato lo spazio della compagnia di mia madre.
I minuti passano e ognuno di esso pesa quanto il rumore di una lancetta che si sposta su un orologio rotto.
Ordiniamo il solito frappè e osservo i movimenti di Josh delusa pensando che quel posto dovrebbe essere riservato a qualcun altro.
Maria si allontana con il taccuino in mano dopo avermi sorriso lievemente ma la mia mente è troppo occupata per ricambiare un gesto amichevole come il suo.
In questo momento vorrei solo tornare a casa e sprofondare nei miei pensieri, annegarci dentro così da non dover più rompermi la testa contro gli scogli.
«A cosa pensi?» la voce di Josh interrompe quella della mia mente e in poco tempo mi accorgo che al tavolo siamo rimasti solo io e lui.
«Dov’è mio padre?» chiedo e un’espressione buffa prende spazio sul suo viso come voglia deridermi.
Una risata fragorosa occupa lo spazio intorno a noi tanto che anche gli altri clienti si girano per osservare ciò che stava succedendo attorno a loro.
«Come? Non hai sentito cosa ti ha detto?»
Il mio sguardo cade sul frappè ancora pieno lasciato dove sedeva mio padre.
La mia fronte è corrugata.
«No.» affermo.
Sulle sue labbra si apre un sorriso dolce.
«È tornato a casa, mi ha chiesto di riaccompagnarti quando avremmo finito.»
Sono ancora più confusa, perché andarsene così e lasciarmi qui con Josh?
Uno sbuffo ricopre l’aria e le mie braccia si sciolgono in un senso di sconfitta.
Lascio il mio frappè a metà e mi alzo lasciando lì chi mi faceva compagnia.
«Ti accompagno io se ti va, si farà buio presto.»
Vorrei rifiutare la sua offerta e andare a cercare Alex ma non posso lasciarlo lì tornando da sola a casa, mio padre mi rimprovererebbe.
«Non ho altra scelta.» esclamo con un piccolo sorriso sul volto del tutto finto.
La luce artificiale dei lampioni è l’unica a separarmi dal resto del buio che mi circonda e che ormai svanisce pian piano lasciandomi addosso solo il buio di un ombra.
La città sembra così diversa al buio.
Io e Josh parliamo del più e del meno anche se le mie risposte non sono sempre così entusiaste come sembrano invece le sue domande.
«Qual è il tuo più grande desiderio?» ecco la domanda che mi lascia più stupita.
In realtà sono tanti i desideri che vorrei esprimere.
«Il mio più grande desiderio è che ognuno possa avere una seconda change nella vita.»
Josh pensa un secondo prima di rispondermi.
«E se tu potessi avere una seconda change come la utilizzerei?»
Continuiamo a camminare mentre io cerco una risposta plausibile alla sua domanda.
Come la utilizzerei?
Non ci ho mai pensato realmente considerato che le seconde chance nella vita non sempre esistono.
Suppongo che Francesco la utilizzerebbe per passare più tempo con sua madre, Chiara invece non credo abbia ripensamenti su qualcosa, è una bambina così solare che neanche un giorno di pioggia potrebbe demoralizzarla eppure sono curiosa del come le persone sfrutterebbero questa alternativa di vita.
È come quando rompi un bicchiere per sbaglio ma hai una seconda chance, come se potessi tornare indietro nel tempo e bloccare il momento esatto nel quale il bicchiere si infrange in mille pezzi sul tappeto della cucina spargendo i propri frammenti ovunque e allora sei posto davanti a una decisione, chinarti prima che il bicchiere tocchi terra per afferrarlo o lasciare al corso del tempo ciò che sta per succedere.
«Non lascerei niente al corso del tempo.» rispondo guardando il cielo immacolato di stelle.
«Cioè?»
«Cioè prenderei io le decisioni che porterebbero al trascorso della mia vita. Regalerei la mia chance.»
«È a chi?»
«Ad Alex.» scrollo le spalle con naturalezza come se la mia affermazione fosse già ovvia.
Josh si ferma sotto la luce di un lampione.
«Perché sprecheresti ciò per lui?»
«Tutti meritano una seconda chance, e lui non ne ha avuta neanche una.»
Josh annuisce anche se non è d’accordo con me.
Abbiamo preso una strada diversa dalla solita, una strada più lunga penso, a quest’ora sarei arrivata già davanti la porta.
Sono felice di aver allungato ma non ho ancora trovato chi cercavo, ormai penso che quel ragazzo sia più un mistero di pagine bianche che un diario segreto.
E detto francamente, io le riempirei tutte quelle pagine bianche.
«Io penso che sprecherei quel desiderio solo per una persona.»
«Per chi?» domando curiosa.
Odio il termine “sprecare” in questa situazione, tu non sprechi il tuo desiderio ma lo utilizzi perché vuoi farlo, non lo stai buttando via ma lo stai offrendo a qualcun altro, se pensi di sprecarlo allora in realtà non vuoi usarlo per un'altra persona.
«Per te!» dice Josh facendomi arrossire.
L’ha detto seriamente? Mi domando tra me e me mentre la mia mente inizia a navigare anche fuori dal mare.
«Perché lo faresti?» chiedo mentre forse sarei dovuta rimanere in silenzio.
«Grazie…» aggiungo sotto voce sperando che non si sia accorto della prima domanda.
«Perché tu ne hai più bisogno di me.» Mi sbagliavo, ha sentito eccome.
Perché pensa che io ne abbia bisogno?
Non aggiungo nient’altro, non saprei cosa altro dire.
Arriviamo davanti la porta di casa e mi accorgo che l’auto di mio padre non è parcheggiata dove di solito è.
Chissà se c’è qualcuno ad aspettarmi.
Busso e la porta si apre da sola, la luce è accesa ed entro dopo aver salutato Josh con la mano.
L’atmosfera è tetra, non si sente alcun rumore e cammino sola nel soggiorno come se stessi in una foresta di notte ad aspettare che qualcuno mi rapisca.
Metto piede in cucina e mia madre è seduta sulla sedia tenendo tra i denti una sigaretta, non fuma ormai da anni, ha perso quel vizio tempo fa mentre mio padre non ci è mai riuscito.
Mi guarda e spegne la mezza sigaretta nel posacenere di color argento posato sul tavolo davanti a lei.
«Mamma, perché stai fumando?» le chiedo e subito mi intimorisco al suo sguardo.
«Ti sei divertita in ospedale e poi a quel tuo stupido bar?» mi chiede lei e le lacrime le iniziano a scivolare sul viso.
«Mamma, cos’è successo?» le chiedo e la mia voce tremante si mescola alla sua.
«Mentre tu conducevi la tua vita tua zia è morta. »
Spalanco gli occhi, non posso crederci.
Ho tante zii e tante zie, mi dispiacerebbe ugualmente per tutti, ma quale ci ha lasciato?
«Zia Laura?» chiedo avendo paura della risposta.
Mia zia aveva un tumore alla spina dorsale da quattro anni ma nessuno l’ha mai saputo, lei non l’ha mai detto a nessuno, non voleva che il suo dolore contagiasse anche noi.
L’abbiamo saputo solo poche settimane fa e allora mio padre e i miei zii sono andata a trovarla a Milano dove lei abita.
La visione che gli spettava davanti li ha stravolto la vita.
Una giovane donna sulla sedia a rotella piegata da una malattia che la stava uccidendo lentamente, la sua pelle non era più la stessa, il tempo avanzava sul suo viso più rapidamente e il suo colore roseo si trasformò in un colore giallastro.
«Chi altri sennò?» mi domanda mia madre arrabbiata e frustrata.
Frustrata perché non ha potuto fare niente, nessuno ha mai potuto fare niente.
Trattengo le lacrime sperando di arrivare in camera mia e chiudermi a chiave in tempo per urlare senza che nessuno mi senta.
Mia zia Laura era la sorella di mio padre ma mia madre era così legata a lei che la considerava una sorella.
«Tuo padre è andato ad avvisare tua nonna.» mi dice quando capisce il perché mi osservo intorno.
«Nonna conosceva zia Laura?» le chiedo curiosa.
«Si, tua Zia era dolce con tutti, persino con chi non conosceva.» esclama.
È vero, mia zia era speciale, era fatta di tutto cuore.
«Vuoi mangiare qualcosa?» mi domanda mia madre scivolando via dal nostro doloroso discorso.
«No…» sussurro piano quasi come non volessi essere sentita.
«Bhe, devi mangiare, non risolverai nulla facendo digiuno.» cerca di sorridere a stento lei.
In questo momento vorrei solo piangere ma non voglio esplodere davanti a mia madre, ho i miei tempi e i miei spazi.
«Aiutami a cucinare qualcosa dai.» mi suggerisce lei.
«Okay…»
Mi avvicinò alla cucina e lei mi passa una tortiera da forno.
«Ti vanno patate e cotoletta?»
Non ho fame ma non me la sento di rifiutare, si sta sforzando così tanto per non crollare.
«Si, grazie.» continuo a sussurrare.
Il rumore di chiavi inserite nella serratura della porta ci distrae ed entrambe guardiamo mio padre entrare distrutto e senza esclamare alcuna parola.
Sale le scale del soggiorno e sparisce così.
Mia madre gli va dietro.
Resto sola eppure non sento ancora di potermi sfogare ma devo farlo, devo lasciarmi scivolare via il dolore o rimarrà al mio intero diventando una macchia nera che crescerà sempre più.
Sbatto i pugni sulla credenza e inizio a piangere vivacemente ma in silenzio, così che nessuno possa sentirmi.
Stanno andando via tutte le persone a cui io voglio bene, mi chiedo chi sarà il prossimo.
Scaccio subito via questo pensiero ma non riesco a fare lo stesso anche con le lacrime che diventano un fiume in piena.
Ora avrei proprio bisogno di quel desiderio, di quella seconda possibilità.
Josh aveva ragione, ne ho proprio bisogno.
Vorrei tanto che una stelle cadente mi piombasse in casa per rimediare a ciò che il cielo mi ha rubato.
Solo ora capisco che non c’è alcun desiderio da poter esprimere, mi ero illusa inutilmente e più ci speri più la delusione finale aumenta.
Sento i miei urlare dal piano di sopra ma non capisco di cosa stiano discutendo.
«È questo l'esempio che vuoi dare a tua figlia?» urla mia madre cercando di coprire le urla di mio padre.
In quelle urla io ci sento solo tanto dolore...
«Prima o dopo muoiono tutti, lei deve farsene una ragione.» mio padre urla ancora maggiormente e le mie lacrime aumentano, è vero, prima o poi ci lasciano tutti ma non voglio pensare che succederà.
Non voglio rimenere sola.
«È ancora piccola, ha ancora tempo per capirlo.» dice mia madre abbassando il suo tono di voce capendo di non essere soli in questa grande casa.
Corro in soggiorno, prendo la mia giacca e apro la porta sbattendomela alle spalle accompagnata solo dalle mie lacrime che non vogliono avere fine.
Vorrei solo fuggire da tutto ciò, vorrei solo evadere, aprire un buco nero ed entrarci dentro sperando di non essere più ritrovata, crollare nelle sabbie mobili e far sì che il mare mi ricopra.
Nonna, ora tua figlia è li con te, mi chiedevo se potessi salutarla da parte mia, io non ne ho avuto la possibilità.
Non ho avuto la possibilità di dirle addio, forse non ne sarei stata capace, forse non ero pronta ma avrei tanto voluto abbracciarla un ultima volta e non lasciarla più andare via.
Prenditene cura.
Delle braccia calde mi stringono a loro mentre io mi corico a terra stringendo le gambe come volessi proteggermi da qualcosa di invisibile che presto mi avrebbe colpito.
La mia coperta ora è l'intero cielo ma il mio letto è freddo e non ci sono stelle a scaldarmi in questa fredda notte.
Sono smarrita e neanche le mie ali possono riportarmi sulla terra, ormai le porte dell'inferno per me sono aperte.
Quella che pensavo fosse una stella cadente in realtà era un meteorite che ha bruciato il mondo intorno a me.
Mi riprendo dai miei pensieri e sento una mano calda asciugarmi le lacrime
Cosa sta succedendo?
Un ragazzo è chino davanti a me.
«Ho sentito di tua zia, mi dispiace davvero tanto Lena.»
Alex mi stringe la mano inginocchiandosi del tutto fino ad arrivare alla mia altezza.
I miei singhiozzi si calmano come se quel ragazzo portace serenità intorno a me.
Rimaniamo così e il fracasso nella mia testa diminuisce.
«Perché Alex deve succedere tutto questo?» li chiedo ancora piangendo.
«Sfogati pure piccola Lena, non vado da nessuna parte.»
"Piccola"... Era la prima volta che mi chiamava in quel modo... Cosa sta a significare tutto questo?
Poggio la testa sul suo petto e mi lascio confortare nel calore della sua maglia.
A interromperci è il rumore della porta che si apre.
Mia madre è davanti la solia ferma non sapendo come comportarsi.
«Alex hai fame?» domanda lei.
Sento le sue parole confuse ma ne capisco il senso.
Perché questa domanda?
«Un po'.» Alex non sa cosa rispondere e si capisce dal ritardo con cui ha composto quella frase.
«Entra, unisciti a noi.» le parole di mia madre sembrano un sogno, sto forse dormendo?
Perché mia madre invierebbe mai Alex ad unirsi a noi?
Non è da lei.
Lei lo odia.
«Grazie signora, e condoglianze.» afferma lui mentre mia madre annuisce.
Alex mi porge la mano per aiutarmi ad alzarmi, ormai sento come se il mio peso fosse triplicato, mi alzo con forza e sento le gambe cedermi.
È come se stessi rivivendo qualcosa già vissuto, questa volta lo affronterò in modo diverso o sprofonderò ancora più nel baratro e chi sarà questa volta a spingermi ancora più giù?
Vorrei solo una corda per risalire ma le stelle cadenti quando esprimi un desiderio si spengono, ecco, sento come se fossi stata la stella cadente di qualcuno, ormai sono spenta.
Alex e io ci sediamo a tavola e mia madre inizia a prendere i piatti dalla credenza riempiendoli di patate e carne.
Non vedo mio padre ma non voglio neanche chiedere dove sia.
Presto ne avrei avuto la risposta ma ancora non lo sapevo.
«Sembra buonissimo.» esclama Alex facendo i complimenti a mia madre per spezzare l'imbarazzo che si sta creando.
«Mangiane quanto ne vuoi, siamo solo noi tre a cena oggi.»
Alex sorride e mia madre li passa il piatto.
Iniziamo a mangiare in silenzio ma questo silenzio viene spezzato da mio padre che sbatte la porta al suo passaggio.
Ora è lui a crollare e non più io, sarò in grado di porgerli la mano e tirarlo su?
Mia madre e Alex si allontanano.
«Posso parlarti Alex?» chiede mia madre prima di scomparire nel soggiorno.
Ho timore che qualcosa vada male.
La cena è andata bene, fin troppo, spero che non succeda nulla di male ora.
Alex:
«Non ho mai visto Gabriele così devastato.» dico cercando di non sbagliare le parole.
La donna di fronte a me sembra fulminarmi con lo sguardo.
«Laura era molto importante per lui.»
dice poi abbassando le spalle in segno di rassegnazione.
«Posso capirlo.»
Eccome se posso, perdere i miei genitori è stata la tragedia più crudele della mia vita come perdere Scarlet.
«I tuoi genitori erano brave persone, mi dispiace molto per la tua perdita, ma sei andato avanti ormai.» risponde lei.
«Non si va mai avanti del tutto, il passato è sempre alle spalle come uno zaino, e prima o poi questo pesa.» affermo con un po' di malinconia.
Sesilia e mia madre erano molto legate, penso che mi odi solo perché le assomiglio molto.
«Perché hai legato con Lena Alex?»
Mi domanda lei e intravedo della rabbia nelle sue parole.
«È stata lei ad avvicinarsi a me, e non sono riuscita a lasciarla andare nonostante tutti i miei sforzi.» dico sincero.
Dopo Scarlet nessuno mi aveva rubato più il cuore tranne lei, Lena.
«Attento a ciò che fai.» mi suggerisce lei, ma più che come un suggerimento io lo vedo come una minaccia.
«La proteggo, tutto qui.» mi faccio avanti.
«Hai già lasciato che Scarlet morisse, non ti lascerò fare lo stesso con Lena.»
Lena:
Sono incredula di ciò che ho appena sentito.
«Non è stata colpa di Alex mamma!» urlo nonostante la poca distanza.
«Come puoi solo pensarlo?» continuo ad urlare.
«Lena, cosa hai sentito?» mi chiede Alex intimorito.
Purtroppo solo l'ultima frase, la curiosità mi ha invaso la mente ma decido di mentire.
«Tutto!» gli dico con un tono di voce meno alto.
Alex:
Questa è una catastrofe, lei non doveva sentire del rapporto tra mia madre e sua madre.
Ormai è tardi.
L'unica cosa che posso fare è andarmene, e lasciarla nuovamente sola, mi odio per questo ma è la cosa migliore che io possa fare.
Lena:
Alex sta per andarsene ma non posso lasciare che sparisca di nuovo.
Li afferro la mano.
«Non lasciarmi di nuova sola.» lo supplico.
Le sue labbra si posano sulla mia fronte fredda.
«Non lo farei mai.» mi sussurra lui all'orecchio sparendo ancora una volta dalla porta.
Non posso avere un desiderio in più ma posso condurre la mia vita a modo mio, non so se questo basterà...
Ora sono due le mie stelle nel cielo.
Alex:
Guardo il cielo scuro sopra la mia testa.
«Mamma, proteggi Laura, io proteggerò Lena.»
{Se avete bisogno di un consiglio, di sfogarvi o semplicemente di parlare, io sono qui! 💘}
Buona lettura! ❤️
Baci rebelliousheart01!😘
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro