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✺DINNER✺

Jackson aveva ormai 24 anni e la vita per lui era un vero inferno.

Non aveva un lavoro, non aveva completato gli studi, viveva abusivamente in una casetta abbandonata senza corrente e senza acqua calda. Si riteneva un fallito, ma non poteva fare niente per cambiare la situazione, o almeno, questo era quello che credeva fino a quel momento.

Quella mattina si svegliò stanco della sua vita. Ma cosa poteva fare per cambiarla? Ormai era troppo cresciuto per rimediare ai suoi vecchi errori da adolescente ribelle.

Rimase tutta la mattinata, e fino a metà pomeriggio, a riflettere sul da farsi.

E dopo ore e ore di sconfinati pensieri, ebbe un'illuminazione.

Di certo non avrebbe potuto seguire un sentiero ortodosso, in cui avrebbe trovato un lavoro per potersi mantenere.

L'unica soluzione che gli venne in mente fu quella di uccidere una persona per rubargli i soldi e la casa.

Quell'idea gli sembrò geniale, la sua unica salvezza.

Si iniziò quindi a preparare per l'esecuzione del suo formidabile piano.

Per prima cosa doveva occuparsi del proprio aspetto, non doveva essere troppo appariscente.

Si tolse di dosso il logoro pigiama e indossò dei pantaloni sgualciti di una tuta accompagnati da una felpa con il cappuccio. Il tutto rigorosamente nero per non dare nell'occhio.
Prese una spazzola e sistemò i suoi capelli castani, pettinandoli all'indietro per evitare che gli finissero davanti agli occhi nel momento culminante.

Afferrò un coltello da cucina arrugginito e andò davanti allo specchio crepato vicino all'ingresso di casa. Il suo sguardo si perse nel riflesso. Ciò che vedeva era un ragazzo trasandato, non molto alto ma con un fisico atletico. Un corpo provato da mille sofferenze, ma lo sguardo ancora fanciullesco, nostalgico della sua infanzia spensierata ormai perduta.

Nascose il coltello nella tasca della felpa e uscì di casa.

Appena varcata la soglia alzò lo sguardo al cielo, erano le 18 di una fredda giornata di gennaio, era tutto buio, e la strada davanti a casa sua illuminata solo dalla luce della luna gli pareva come un sentiero diretto in paradiso.

Arrivò in città, passò per le vie centrali e la sua mente si popolò di memorie della sua infanzia spensierata, dei giorni in cui i grandi problemi di cui preoccuparsi erano i brutti voti presi a scuola.

Si diresse poi verso la periferia, il traffico cittadino si era ormai sfumato, le strade erano vuote e solo pochi disgraziati erano fuori casa. E proprio tra qui disgraziati Jackson avrebbe scelto la vittima sacrificale.

Smise di camminare e si guardò intorno, il suo sguardo cadde su un ragazzo esile che stava camminando allegro.
Senza esitazione si avvicinò a lui e gli mise una mano sulla spalla, il ragazzo sobbalzò a causa del contatto inaspettato e si voltò.

E fu in quel momento che Jackson ebbe il suo primo ripensamento.
I loro occhi si incontrarono, gli sembrò quasi di essere rimasto senza fiato.
Fece scendere lo sguardo, dagli occhi color nocciola passò alle labbra rosee e all'apparenza soffici, si spostò sul collo, estasiato dalla sua pelle candida, e poi sulle clavicole che fuoriuscivano dal maglione kaki che indossava, abbassò ancora di più lo sguardo, incontrando la vita stretta e i fianchi larghi.
Alzò gli occhi, tornando a studiare i lineamenti morbidi del volto di quel ragazzo così docile.
Tornò a guardarlo negli occhi, lo sguardo del giovane era preoccupato e delle ciocche di capelli biondi ricadevano morbidamente sul suo viso.

Jackson riuscì dopo incessanti minuti ad uscire da quello stato di trance che gli aveva causato la vista di quella creatura angelica.

Sarebbe davvero stato capace di distruggere tanta bellezza? Non ne era più così sicuro, la sua mente vacillava, ma si fece forza e gli afferrò con forza il polso sottile.

Lo trascinò in un vicoletto ed estrasse il coltello che aveva gelosamente custodito in tasca fino a quel momento.

Minacciosamente si avvicinò, dimezzando la distanza che separava i loro corpi infreddoliti e appoggiò la lama alla gola candida del ragazzo.

"Adesso mi devi dare tutti i soldi che hai e mi devi portare a casa tua"

Il giovane annuì e si portò le mani sul volto, coprendo gli occhi lucidi e arrossati.
Tenne lo sguardo basso e fece strada fino a casa sua.

Non appena Jackson vide la casa rimase sbalordito.

Si trovò davanti ad una villa enorme e ben curata, con un giardino perfettamente potato e l'ingresso decorato con piccole statue d'oro.
Accanto alla porta d'ingresso una targhetta, anch'essa d'oro, con inciso un nome.

"Mark Tuan, è così che ti chiami?"

Il ragazzo si girò leggermente e tremante annuì.

"Vivi con qualcuno? Sei un po' piccolo per vivere da solo"

Mark esitò un attimo, ma rispose "ho 25 anni e la mia famiglia abita lontana da qui, in un'altra nazione"

Sul volto di Jackson si dipinse un sorriso raccapricciante. La sua vittima era indifesa e non aveva parenti nelle vicinanze, e come se non bastasse era anche ricco.

Se prima stava avendo un leggero ripensamento, in quel momento fu più convinto che mai.

Ma potete biasimarlo? Potreste trovare un milione di motivi per cui la sua scelta era sbagliata, ma al suo posto cosa avreste fatto?

Magari era semplicemente un ragazzo cattivo, ma di lì a poco sarebbe cambiato tutto, sarebbe cambiato anche lui, non avrebbe mai più fatto qualcosa del genere, avrebbe scelto di vivere una vita sfarzosa e da persona onesta.

Diventerà come noi: avrà un lavoro, una famiglia, una casa arredata in stile moderno, una macchina, dei soprammobili inutili, una buona salute, l'assicurazione a vita, dei bei vestiti. Passerà le giornate a guardare dei programmi squallidi in televisione, mangiando cibo spazzatura. Inizierà a giocare a golf, ad andare in barca, a fare le passeggiate sul molo, in attesa del giorno in cui la sua vita arriverà al capolinea.

Questo sogno che a lui è sempre sembrato lontano, in quel momento era più vicino che mai, e non si sarebbe lasciato sfuggire l'occasione, per nessun motivo al mondo.

Mark aprì la porta e lo fece entrare, aveva intuito le intenzioni del più giovane, quindi aprì il mobiletto affianco alla porta e estrasse un mazzo di chiavi.
Le passò in mano a Jackson e iniziò a spiegare, indicando una ad una le chiavi "questa è quella del cancello, questa è della porta principale, poi c'è questa della porta sul retro che c'è in cucina, invece questa è del garage, dentro ci sono due macchine, queste sono le chiavi delle macchine e poi... poi..." ma la voce gli morì in gola, iniziò a singhiozzare e tremare.
Alzò lo sguardo e incrociò nuovamente gli occhi glaciali del ragazzo davanti a lui.

Rimase paralizzato dalla paura, e in un momento di lucidità pensò che se l'avesse supplicato abbastanza forse gli avrebbe risparmiato la vita.

Cadde quindi in ginocchio, e con gli occhi pieni di lacrime tentò la sorte.

"Ti prego non uccidermi, possiamo trovare una soluzione migliore. Che ne dici di vivere insieme a me? Se hai problemi economici allora mi occuperò io di coprire le tue spese. Sono sicuro che andremo d'accordo, potremo diventare grandi amici"

Jackson, che per tutto il tempo era rimasto immobile davanti alla porta, si avvicinò al ragazzo inginocchiato e fece scivolare le dita lungo le morbide ciocche di capelli biondi di Mark, non poté far altro se non rimanere sorpreso e affascinato dall'innocenza e dalla purezza del più grande.

"Parliamone a tavola, è ora di cena"

Allora Mark si alzò e accompagnò Jackson in cucina, facendolo sedere, e si mise ai fornelli, preparando quella che sarà la sua ultima cena.

Nel giro di mezz'ora la cena era pronta, e Mark servì in tavola i due piatti.

In un confortevole silenzio i due ragazzi iniziarono a mangiare.

Non passò inosservata a Mark la voracità con cui Jackson stava divorando ciò che gli aveva preparato, e le parole gli sfuggirono di bocca.

"Era da tanto che non mangiavi?"

Jackson si fermò e spostò lo sguardo verso il maggiore, rimanendo intenerito dal suo sorriso dolce.

"Sono passati un paio di giorni dall'ultima volta"

E dopo questo Jackson non si fece sfuggire l'opportunità di conversare con qualcuno dopo tanto tempo.

"Parlami un po' di te, Mark. Cosa fai nella vita? Lavori?"

"Ho finito da poco l'università, da circa una settimana ho iniziato a lavorare come insegnante di ballo, era da tutta la vita che sognavo di poter fare questo lavoro"

"Alla fine sei riuscito a rendere reale il tuo sogno. Ma non c'erano dubbi, no? In fondo con i soldi puoi realizzare qualunque desiderio"

"Già... immagino tu non abbia avuto la mia stessa fortuna di nascere in una famiglia ricca. Ora che ci penso non ti sei ancora presentato"

"Mi chiamo Jackson Wang, ho 24 anni e come hai già notato non ho avuto la tua stessa fortuna. Non sono riuscito a finire le superiori, e a causa di questo i miei genitori mi hanno cacciato di casa senza neanche un soldo in tasca. Non ho un lavoro e vivo in una casa abbandonata in mezzo alle campagne"

"Sai, credo che in fondo non siamo poi così diversi noi due.
Siamo entrambi soli in questo mondo di disgrazie e disavventure"

Tra una chiacchiera e l'altra, presto entrambi finirono la loro cena, e arrivò il fatidico momento che spaventava entrambi i ragazzi.

Si alzarono dai loro posti a sedere e si diressero nel salone principale.

Uno di fronte all'altro, come se il tempo si fosse fermato, si guardarono negli occhi pieni di emozioni discordanti.

Jackson fu il primo a rompere il contatto visivo, accompagnato da un sospiro.

Prese dalla tasca il coltello stracolmo di ruggine e si avvicinò ulteriormente a Mark, che nel frattempo era rimasto immobile.

"Mark... se solo ci fossimo incontrati in un contesto differente... se ti avessi conosciuto in un altro momento probabilmente mi sarei innamorato perdutamente di te"

Delle calde lacrime ricominciarono a solcare le guance di Mark.
"Non c'è alcuna possibilità che tu possa risparmiarmi la vita? Possiamo ricominciare tutto da capo, come se oggi non fosse successo niente"

Jackson gli accarezzò la guancia con la mano libera.
"Mi dispiace, Mark. Non posso lasciare che questa occasione scappi via, ho davvero bisogno di cambiare vita, e ho intenzione di ricominciare da solo"

In mezzo a quella marea di lacrime Mark sorrise rassegnato, si sentì pronto.

Era pronto a dargli letteralmente tutto.

E Jackson era pronto a prendere tutto di quel ragazzo, i suoi possedimenti, la sua vita, la sua anima, il suo cuore.

Senza che nessuno dei due se ne rese conto, Mark sentì una profonda fitta al petto, il sangue iniziò a sgorgare copiosamente dal suo petto e dalle sue labbra. Lacrime di sangue gli rovinarono il volto angelico.

Improvvisamente la sua vista si oscurò e il dolore svanì.

L'ultima cosa che percepì furono due braccia forti avvolgerlo impedendogli di impattare inerme sul freddo pavimento.

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