XIII -Inseguimento-
*Nobody puts Baby in a corner*
Sono tornata, finalmente! Ho fatto pace con wattpad ( per qualche secondo terribile ho creduto di aver perfino cancellato l'account, lasciamo stare) ed eccomi di nuovo qui!
VI SIETE ACCORT* DELLA COPERTINA? FINALMENTE WATTPAD FUNZIONA DI NUOVO!
<<Mi raccomando, trattalo bene. Non come il ginocchio>>
<<Lo sai che non ho molto rispetto del mio corpo>> rispose ridendo
<<Però ho rispetto per il tuo lavoro, quindi me ne prenderò cura>>
Sandro scosse la testa, stava sfilando i guanti.
La stanza era vuota: i pavimenti grigi come le pareti, due luci al neon e una miriade di faretti e lampade dai colli lunghi e snodabili. Sandro stava accartocciando la carta bianca con cui aveva coperto il lettino di pelle nera.
Mirko si rimirava nello specchio, il mento appoggiato sulla spalla sinistra per ammirare il risultato: un paio di ali ora gli erano spuntate sulle scapole: grigie, belle, da uccello.
Spiegate dal centro della schiena alle spalle.
Sandro gli posò una mano sul braccio, comparendo nel riflesso dello specchio.
I baffi arricciati erano bianchi, come le sopracciglia e i capelli lunghi.
Le dita erano spesse e ossute, abbronzate.
Mirko le guardò, mentre si girava verso di lui.
<<Crema quattro volte al giorno, poi mandami le foto una volta a settimana di come guarisce, intesi?>>
Mirko annuì, adesso era davvero un uccello.
***
Azzurra lasciò l'ombrello all'ingresso, il vento entrò con lei al Porto.
Le luci erano spente.
La stanza col murales era vuota, silenziosa, andò avanti nel corridoio fino all'altra sala, ma anche quella era buia e immobile.
Avvicinandosi alla zona relax iniziò a sentire delle voci.
<<Davvero?>>
<<Sì, è stato molto imbarazzante>>
<<Posso immaginare>>
Le voci erano vaporose, come un temporale che non vuole far rumore.
Azzurra si arrestò a metà di un passo, tese le orecchie.
Le pareti color mogano catturavano le parole, le assorbivano come si interiorizzano i segreti.
Non era Mirko, per un attimo aveva sperato fosse lui, poi, quando la voce femminile si unì alla sua in una risata soffocata, temette che si trattasse proprio di Mirko.
Non era lui, comunque.
Erano Ilaria e Renato.
<<Io non gliel'ho mai detto, ovviamente. Era troppo piccolo per capire>>
Capire quale fosse l'argomento era impossibile, ma era chiaro che si trattasse di una confidenza.
Le loro voci erano vellutate, ammorbidite dall'intimità.
Cosa nascondevano?
Ripensò a tutte le volte che erano stati soli a rinfrescare la sala, mentre lei e Damiano si occupavano del murales; li immaginò girare per i corridoi dell'ikea insieme come una coppia felice.
Si portò una mano alle labbra per non ridere quando sentì Ilaria sghignazzare, stava chiedendo a Renato di smetterla.
Come un gambero iniziò a fare dietrofront per il corridoio.
Destro, sinistro, destro, sinistro.
tum
Trattenne il fiato, si girò e si accorse di aver seguito una linea talmente storta che le avrebbero confiscato la patente ed era finita contro gli scatoloni di Ikea.
Lasciò perdere l'uscita silenziosa e si precipitò alla porta, una luce si accese dal fondo, ma lei era già per la strada.
Corse più veloce che poté, sgomitando i passanti, il freddo di dicembre nelle narici, il sole riflesso nel fiume e il cuore nelle orecchie.
Stoc
<<Porca miseria che botta>>
Azzurra si coprì la fronte con entrambe le mani.
magari è Mirko, magari hai sbattuto contro il suo casco
Ma perché continuava a fare fantasie del genere?
Abbassò le mani e vide contro cosa aveva sbattuto la fronte.
<<Ma indossi un giubbotto antiproiettile?>> sbottò.
Davanti a lei c'era Leonardo.
Sollevò un angolo della bocca, il vento freddo fra i ciuffi scompigliati dei suoi capelli scuri.
Il cappotto lo avvolgeva fino alle caviglie, le mani infilate nelle tasche e la sciarpa sotto al mento ispido.
<<Mica come il tuo dildo, dì la verità>>
Lo guardò male.
<<Mi sembrava di essere stata chiara l'ultima volta>>
Il Tevere era placido, stormi di gabbiani si spostavano da una banchina all'altra, dal ponte giungeva la voce di un qualche cantante di strada.
Stava intonando In the air tonight di Phil Collins.
Un clacson si inserì al sottofondo musicale, poi un omaccione vestito di rosso si affacciò dal finestrino per indirizzare i suoi insulti al motociclista che lo aveva superato.
Azzurra si sbrigò a rincorrere quella moto con gli occhi: un tombino, il semaforo, il furgone di un corriere e poi eccola, una moto da corsa che scompariva tra le macchina in fila.
No, non era una Yamaha XJ6.
Non avrebbe potuto essere lui comunque, scema si disse
Ha appena fatto un incidente, non può prendere la moto.
<<E così ho detto all'ippopotamo di mangiarsi la sua cacca>>
Quella frase piombò in mezzo ai suoi pensieri come un elefante in una cristalleria.
<<Che?>>
Si girò a guardare Leonardo, gli occhi socchiusi e le sopracciglia aggrottate.
Il giovane si impettì, strofinò il mento sulla sua sciarpa di cashmere e scrollò le spalle.
<<Ah mi stavi ascoltando?>> domandò piccato.
I suoi occhi marroni si rivolsero altrove.
Il vento soffiò irritato verso di loro: il cappotto di Leonardo si aprì su un paio di jeans e un dolcevita color crema, il ragazzo si affrettò a proteggersi dal freddo.
<<Stai davvero facendo l'offeso?>>
Leonardo scartò da un lato, stizzito, quando Azzurra cercò di intercettare il suo sguardo saltellando davanti alla sua faccia.
Infine abbassò gli occhi su di lei, afflosciò le spalle.
<<E' inutile. Non dovrei arrabbiarmi con te, hai troppo bisogno di me>>
<<Ah sì?>> lo guardò male.
Assottigliò gli occhi neri fino a che lui non si aprì in un sorriso e le scompigliò i capelli.
<<Ma che fai?!>>
Urlò, si guardò intorno per vedere se qualcuno l'avesse sentita e fu proprio in quel momento che si accorse di lui.
Mirko era dall'altra parte della strada, due file di macchine li separavano: lui li stava fissando sotto al semaforo in attesa di poter attraversare.
<<Oddio>> si lasciò sfuggire.
E ora?
Ma si poteva sapere perché quel cretino era venuto a cercarla proprio quel giorno?!
Stava andando in iperventilazione.
<<Perché mi sento così?>>
Domandò all'aere.
Leonardo Mirzì si accucciò su di lei, allungò una mano sotto il mento di Azzurra e fece per parlare quando lei scattò indietro.
<<Che fai?!>>
<<Ma che hai?>> si stranì lui.
Azzurra sbirciò oltre le spalle dell'antropologo, Mirko stava attraversando.
Il cuore le prese a martellare nel petto.
Aveva le stampelle sotto alle braccia, le scarpe da basket sporche di fango e il ginocchio destro leggermente piegato.
I capelli gli rimbalzavano sulle orecchie ad ogni passo, guardava dritto davanti a sé, diretto verso il Porto.
Leonardo seguì lo sguardo della ragazza: girò su di sé facendo svolazzare il cappotto in maniera quasi cinematografica e assottigliò lo sguardo come un radar.
Si fermò quando vide Mirko imboccare via Nicolò da Pistoia.
<<Aaah>> profuse un interminabile verso di soddisfazione.
Concluse la piroetta per rifilarle un'occhiata divertita.
<<E così>> cominciò, ma lo anticipò.
<<E così è proprio il momento che tu vada>>
Lo salutò, anche se ancora non si spiegava perché fosse arrivato fin lì.
Si erano incontrati per caso o la cercava?
Che voleva?
L'antropologo scoppiò a ridere.
<<La tua vita è la mia serie tv preferite>> le confessò, Azzurra aggrottò la fronte e lo guardò dal basso.
Girò i tacchi e puntò via Nicolò da Pistoia.
Leonardo Mirzì allargò le braccia senza togliere le mani dalle tasche, con due falcate la raggiunse e le si affiancò.
<<Guarda che non volevo offenderti! Era un complimento!>>
<<Ah grazie di avermelo spiegato: pensavo che quando ti senti dire che è bello tenersi aggiornati sulla tua vita perché fa ridere fosse una sottilissima presa per il culo>>
Accelerò il passo.
Doveva proprio raggiungerlo.
Leonardo si fermò in mezzo strada e alzò gli occhi al cielo, lo sentì produrre un verso di frustrazione prima di rincorrerla nuovamente.
<<Senti, scusami. Me lo rimangio. Posso aiutarti? Ti posso dare una mano, credimi>>
<<No, lasciami in pace, chiaro? Te lo avevo già detto. Non ci sto ai tuoi esperimenti antropologici. E non mi stai affatto aiutando>>
<<Non ti voglio mettere in una ricerca antropologica, giuro.>>
<<Perfetto, allora non ti servo. Ciao Leonardo.>>
Si affrettò sul marciapiede, costeggiando un palazzone giallo scrostato.
Superò una vecchietta e il suo carrellino della spesa, girò intorno ad una carrozzina parcheggiata fuori da un bar e fece appena in tempo a fermarsi prima che un furgone la schiacciasse nella retormarcia da una via senza uscita.
<<Cristo santo!>>
Sbottò spaventata.
Il guidatore si affacciò con gli occhi spalancati, tirò fuori un braccio e si sporse verso di lei.
<<Signorina tutto bene? Stia attenta!>>
Lei annuì senza prestare attenzione: si mise sulle punte per cercare di vedere Mirko.
Doveva fermarlo!
Non poteva permettere che beccasse Ilaria e Renato!
<<Ma vuoi guardare dove vai?!>> Leonardo inveì contro il signore all'interno del furgone della nettezza urbana.
Quest'ultimo allungò un braccio e abbassò il finestrino per farsi sentire.
<<Ma guarda tu ndo va a sbatte la ragazza tua, asvegliodenotte!>>
Leonardo prese fiato per rispondere a tono, ma Azzurra gli afferrò un braccio.
<<Leonardo cosa è che non hai capito della frase <Ciao Leonardo>?>>
<<Innanzitutto Ciao Leonardo non è una frase. Manca il verbo.>>
<<Vabbè, fai finta che non ci siamo mai incontrati, okay?>>
Riprese il cammino borbottando fra sé.
Ma dimmi te che devo stare a perdere tempo con queste discussioni inutili, ma perché si ostina a cercarmi dico io. Arrendetevi uomini, ve lo dico col cuore, abbassate l'asticella.
<<Mi scuso, Azzurra. Però non ti lascio stare. Capito? Ti aiuterò con il tuo maniaco del cuore che tu lo voglia o no>>
Sentì la voce di Leonardo raggiungerla tra i cornicioni e le imposte delle finestre chiuse.
Soffiarono nelle sue orecchie come il vento gelido di quella giornata di dicembre.
La ragazza allargò le braccia come ad arrendersi, ma senza voltarsi a rispondergli.
Facesse un po' come gli pare.
Perché non capisce che scomparendo mi aiuterebbe alla grande? Se continua a girarmi intorno Mirko penserà che siamo fidanzati e mi lascerà perdere!
Svoltò l'angolo dove c'era un bar dalle vetrine con le scritte gialle, i tavolini tondi e neri erano pieni di ordinazioni consumate: tazze di cappuccino con sbavature di rossetto, tovagliolini sbriciolati di cornetto come tracce di esistenze di passaggio.
Eccolo lì.
Felpa arancione, stampelle e capelli biondo cenere sopra le spalle.
Prese a correre, saltò un bassotto senza guinzaglio e quasi prese una storta, ma appena fu a una decina di metri lo chiamò.
Mirko si fermò, appoggiò un gomito ad una stampella e fece ciao con la mano.
I suoi occhi quel giorno erano più sull'azzurro che sul verde e le tracce di marrone in quello destro erano più evidenti.
Pensò a tutte le volte in cui nei libri aveva letto di incredibili occhi e di sguardi penetranti, di quelli che ti smuovono dentro, di quelli che accendono la sera, ma no, quelli di Mirko non erano così.
Erano sottili, schivi, non potevi accorgerti della loro spettacolarità se non guardandoci con estrema attenzione.
Non erano quegli occhi mozzafiato che facevano girare la testa a chiunque, no.
Erano un panorama silenzioso, di quelli che sbucano all'improvviso tra le feritoie dei castelli e tra le chiome degli alberi.
Le nuvole gli facevano tenere la fronte aggrottata, ma le sorrise.
<<Ciao>>
<<Ciao>> disse Azzurra, si portò una mano al petto.
Le stava collassando un polmone.
<<Scusa, non volevo sembrare una stalker>> disse e gli sorrise, lui ridacchiò e due fossette si disegnarono ai lati della bocca.
<<Però non si può entrare.>>
Gli indicò l'ingresso del Porto con il mento, aveva ancora le mani sulle ginocchia per la corsa.
<<Come mai?>>
Si tirò su e gli rivolse un sorriso, si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
<<Vieni, ora ti spiego>>
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