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XI.I- Buchi-

*Nobody puts Baby in a corner*
Siamo a giovedì, ma eccomi qua! Non mi ero dimenticata ;)
Questo è il capitolo che per sbaglio avevo pubblicato assieme a quello della scorsa settimana! Ho creato Hype su un capitolo che io stessa vi ho spoilerato xD.
Buchi.
Buchi come quelli che creiamo nelle vite delle persone che ci circondano se scompariamo. 
Buchi come quelli di tempo, nelle ore vuote che non sappiamo come riempire tra una lezione e l'altra o tra un incontro e l'altro. Quei buchi che a volte sembrano voragini, altre piccole slabbrature.
Buchi come quelli che abbiamo sul mondo che ci circonda: buchi di trama nel personale film di ognuno, cosa sarà successo nel tempo in cui non si è stati insieme? 

Buchi come le buche che si danno agli appuntamenti, alle lezioni noiose, a tutto ciò che non siamo pronti ad affrontare.
Buchi come quelli della memoria: un nome, un pensiero, proprio quella cosa che dovevo dirti!

Buchi come quelli che a volta cerchiamo: uno spiraglio, una crepa in cui infilarci per farci male o per ripararci.



Azzurra a Giulia "Ma dove sei? Non vieni a lezione di greco?"

"Ti ha risposto?" domandò Dennis.

Si portò la sigaretta alle labbra e ne offrì una ad Azzurra.

Azzurra declinò l'offerta e portò di nuovo lo sguardo sulla chat aperta dell'amica.

"No" rispose laconica.

Dennis sbuffò, facendo ticchettare la scarpa sullo scalino.

Erano davanti all'aula a vetri di Lettere.

Il vento soffiava infingardo nel corridoio tra un parcheggio e l'altro, il vociare continuo li raggiungeva dalla scalinata di facoltà.

"Io vado, non voglio perdermi i posti migliori perché se ne starà in qualche bagno a limonare duro"
"Dennis, ma che dici!?"

Dennis spense la cicca sotto la scarpa e sistemò la sciarpa sotto le orecchie.

La guardò eloquente.

"Perchè che altro motivo hai in mente?"
"Non lo so, ma Giulia? Che limona persone in un bagno? Giulia vive come Biancaneve!"

"Tsè!" fu la risposta del signorino dai capelli lilla.

La superò di gran carriera, con la faccia soddisfatta di chi la sa lunga.

Azzurra esitò qualche istante, poi gli corse dietro.

Le persone gli scivolavano attorno, solo loro risalivano le rampe interne diretti all'aula magna.

Qualcuno la colpì ad una spalla, senza neanche fermarsi a guardarla.

"Tu sai qualcosa che io non so? Vero?"

Dennis sembrava improvvisamente concentrato su dove mettere i piedi.

Azzurra aumentò il passo per stargli dietro.

"Dennis! Che ti ha detto? Cos'ha? Perché è così irascibile?"
"Frena, stella, troppe domande."
Aprì un palmo davanti alla sua bocca, Azzurra fu tentata di leccargli il palmo per puro dispetto.

Arrancò fino al corridoio principale dell'ateneo, pronta ad entrare a lezione.

Prima, però, aveva qualcosa di importante da scoprire.

"Dennis, dimmelo."
"Tesoro, mi sembri nervosa, lo usi il regalino che ti ho fatto?"

I due si sorrisero, Dennis si tolse la sciarpa e, piegandola con cura, sputò il rospo.

"Allora, non so molto. Tu eri in quel posto strano"
"Il Porto"
"Sì, tu eri a pesca"
"Al Porto. E' un centro per la comunità"

"Eh va bene, insieme ai tossici, e Giulia ha avuto un crollo mentre studiavamo latino."
"Non è per i tossici"
"Vuoi sapere cos'ha Giulia o no?!"
Azzurra afflosciò le spalle e fece cenno di stare zitta.

Dennis la prese sottobraccio e la guidò verso l'aula magna.

"Ha pianto, ha perso il controllo. L'ho ascoltata e mi ha raccontato che a casa non va per niente bene."

Le pause tra una frase e l'altra le stavano facendo saltare i nervi.

"Dennis non siamo in una puntata di Beautiful, forza!"

Si accomodarono ai soliti posti centrali, così che qualsiasi figura di merda avrebbe potuto non mancarli.

"E allora la madre pretende che lei stia sempre dietro ai suoi bisogni, ai suoi doveri, dicendo che se vive qui non significa che ha abbandonato la sua famiglia, che ha dei doveri nei loro confronti. Quindi se torna a casa non può studiare, non può fare niente che non sia pulire e ascoltare sua madre che la rimprovera della sua assenza"

"Dev'essere bello pesante eh"
Dennis arricciò le labbra.

"Ha paura che, se continua così, sua madre le tagli i soldi per vivere con noi e lei sia costretta a tornare lì. Significherebbe la fine della sua carriera universitaria. E della sua vita personale."
Azzurra aprì il quaderno, pensierosa.

Dennis si prese i suoi cinque minuti per redarguire le persone attorno a loro sul rispetto del silenzio.

Azzurra invece non fece altro che immaginare cosa doveva aver vissuto Giulia, sentendo il cuore stringersi nel petto.

Non era giusto.

Giulia era sola con sua madre, perdere il suo sostegno avrebbe significato restare completamente sola.

"Buongiorno ragazzuoli" il professore varcò la soglia in tutta la sua allegria.

Azzurra gli sorrise, lui fece cadere un volume sulla cattedra e, aggiustando il microfono, alzò gli occhi per vedere quanti erano in aula: appena incontrò gli occhi di Azzurra le sorrise.

I capelli brizzolati sugli occhi in due ciuffi ribelli, gli occhiali squadrati scivolati sul naso dritto.

"Forse ho una cotta per lui" le disse Dennis.

Azzurra scoppiò a ridere.

"Maddai!"
"Lo sai che sono un sapiosessuale" rispose piccato, si ritirò sul suo sedile e sistemò i capelli lilla con la matita.

"Sapioche?"
"Voglio farmi chi sa le cose" tradusse con uno svolazzo della mano che stava a sottolineare che lei non rientrava nella categoria.

"Philautia" il prof aprì la lezione con quella parola dal suono musicale.

Dopo averlo detto lo scrisse alla lavagna.

Andò a sedersi sulla cattedra, piedi penzoloni.

"Oggi voglio parlarvi di due parole, la prima è questa"
La indicò portando indietro il braccio.

Azzurra ripose il cellulare, pensando che Giulia si stava perdendo qualcosa di bello.

"Sapete che significa? Qualcuno vuole provare? Signor Della Mantola?"

Si alzò un coro di risatine, compresa quella di Azzurra.

Lo sguardo del prof si posò su Azzurra.

"Signorina, come procede la sua ricerca dell'amore? Crede ancora che sia impossibile?" si prese una pausa per guardarla divertito.

"Da qualcosa nei suoi occhi direi di no"
Dennis le diede una gomitata.

"In che senso? Sei innamorata di qualcuno?"
"Macché" rispose a denti stretti

"E' quello con la moto? Lo sapevo!"

"Bene, la parola di oggi significa amare se stessi o "il rispetto per la propria felicità o vantaggio" è stato concepito sia come una necessità umana fondamentale sia come un difetto morale , simile alla vanità e all'egoismo , sinonimo di amour-propre o egoismo . I greci hanno ulteriormente diviso questo amore in positivo e negativo: uno, la versione malsana, è l'amore ossessionato da sé, e l'altro è il concetto di auto-compassione"

Azzurra restò ad osservarlo, mentre tutti i presenti prendevano appunti con alacrità.

Azzurra e il professore restarono a guardarsi.

Lui le fece segno di scrivere, con una faccia interrogativa, allora lei gli rispose portando l'indice alla tempia, tamburellò due volte.

Non c'era pericolo, avrebbe ricordato per sempre le sue lezioni.

Si rese conto che ci stava pensando con nostalgia, come se nel profondo già sapesse che non avrebbe più visto quell'uomo.

Tuttavia il suo futuro accademico restava un'incognita.

"Sapete chi la dice questa cosa?" pausa "Wikipedia"
Scoppiarono tutti a ridere, prof compreso.

"A parte chi la dice, è importante che voi impariate questa parola. Il rispetto per la propria felicità, segnatevi queste parole ragazzi. Davvero. Se qualcuno nella vita dovesse pretendere da voi rispetto, sottintendendo che è più importante di quello per la vostra felicità, sta sbagliando. Stateci attenti, perché è molto più comune di quanto sembri"
Dennis la guardò, stavano pensando la stessa cosa.

Quella lezione Giulia avrebbe proprio dovuto seguirla.

***

Scese dalla metro, le lacrime aggrappate agli occhi, spaventate perfino di cadere giù.

Aveva le voci dei suoi famigliari in circolo, in tutto il corpo.

Infatti le faceva male tutto.

Ogni singolo millimetro di pelle.

Aveva bisogno di tracciare un segno, una linea che tenesse tutto fuori.

Aveva bisogno di lasciare tutto fuori, tranne se stessa.

Cosa voleva? Se lo era mai chiesto sinceramente? Senza lasciare che l'opinione degli altri, soprattutto della sua famiglia, di chi la circondava, la influenzasse?

Si stava rendendo conto che non sapeva nulla di se stessa.

Ed era proprio per lo stesso motivo per cui sua madre aveva sempre preso decisioni per lei, perchè era giovane e ancora non sapeva nulla di se stessa.

La verità era che non sapeva nulla di sé perché non aveva mai preso decisioni per se stessa, perché sua madre ci pensava al posto suo.

Si fermò un attimo a considerare come il semplice ordine delle componenti di una frase ne stravolgesse il senso.

Cambiando l'ordine dei dati il risultato non cambia, eh

Un motivo in più per non credere nella matematica.

Giulia nascose le mani nelle tasche della giacca a vento e si avviò verso lo studio.

***

Dario raccolse una patatina dal vassoio.

"Quindi non ha regole, questo posto?"
Flavio e Mirko si scambiarono uno sguardo.

Mirko addentò il Grand Big Mac che gli avevano appena servito.

La cameriera gli aveva sorriso, chiedendogli se il ginocchio facesse tanto male.

"Scusami, non volevo sembrare inopportuna, sono tirocinante al policlinico, deformazione professionale"

Appena era andata via, facendo oscillare le sue trecce bionde sul petto, Dario aveva puntato i gomiti sul tavolo per sporgersi in avanti.

"Ma sei scemo! Non le hai chiesto il numero? Hai visto che gnocca?"

Mirko aveva ridacchiato, scuotendo la testa.

"Ma sei serio?" Dario non si capacitava

" Hai sentito che ha detto? Deformazione professionale! Potevi farti sfilare le mutande senza che lei potesse rinfacciarti di aver approfittato della sua sindrome da crocerossina"

Flavio scoppiò a ridere, il suo doppio smoky precipitò nella scatolina di cartone.

Si strozzò con l'insalata, così Mirko gli offrì la propria coca cola.


Dario stava masticando una patatina alla volta, in attesa di risposta.

"Non ancora, no. Si chiamerà Il Porto, di sicuro. Voglio arredarlo come una nave dei pirati"
"Che ne dici se ogni persona con grado di responsabilità avesse un nome da equipaggio?"

Gli occhi di Flavio si illuminarono, blu come il cielo terso.

Mirko tirò fuori il telefono per mandare un messaggio.

Nessuno dei due badò a lui.

Mirko a Sandro " Hai un buco per me?"
Flavio stava sillabando le qualità intellettive di Dario.

"Questo ragazzo è un-ge-nio. U-n-ge-nio!"

Ripose il cellulare, tornando svogliatamente alla conversazione.

"Che ne dite di passare al Porto per avvertire gli altri della novità?"

Flavio trangugiò il panino con un paio di morsi da rinoceronte.

"Assolutamente sì, cazzo. Andiamo!"

Si alzò in piedi e stringendo il bicchiere di coca cola lo fece sbattere sul vassoio, la coca cola schizzò ovunque.

***

All'ingresso riposava un cappotto grigio, appeso ad un appendiabiti.

La parete centrale era arricchita da schizzi, bozze, quadri, tutti in cornici di forme e colori diversi.

Giulia li stava ancora osservando ad uno ad uno, quando Benedetto si affacciò dal corridoio.

"Ciao, è da tanto che aspetti?"

Giulia saltò dallo spavento, si strinse nelle spalle senza riuscire a tirare fuori la voce.

Era sicura di quello che stava facendo?
Era stufa di porsi quella domanda. Sì, era sicura, cazzo.

"Sei qui perché avevi appuntamento? Di solito c'è Daniel che si occupa di queste cose, oggi sono solo in studio"
"Veramente no"
Benedetto passò velocemente dietro al bancone.

Giulia posò gli occhi sui volantini affissi al ripiano di legno scuro su cui era disposta la cassa e una specie di stampante.

Benedetto mosse il mouse con gli occhi assottigliati, stava cercando qualcosa sullo schermo del pc.

"Infatti non risulta nessun appuntamento."
Finalmente si guardarono negli occhi.

Doveva sembrargli un uccellino spaurito, da come le sorrise.

"Vuoi prenderne uno?"
Giulia mandò giù il nodo che le stringeva la gola.

"Vorrei fare un tatuaggio, adesso"

***

"L'altra parola di cui vi parlo oggi è"

Il prof abbassò lo sguardo sul gessetto bianco.

Azzurra alzò gli occhi dal quaderno: aveva iniziato a ritrarlo, aveva deciso che avrebbe fatto parte del murales.

Quell'uomo rappresentava un antico e segreto volume con la risposta a tutte le domande che ognuno, nel personale naufragio della tempesta, si pone.

Quale posto meglio di un Porto, per lui?

"Non me la ricordo"
Il vociare era diviso tra risatine e sbuffi delusi.

Si godette lo sgomento a braccia conserte.

"Ragazzi, ve la dirò la prossima volta, no? Com'è che dite voi? Che hype, giusto? Hypate fino alla prossima lezione"

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