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6. Amici?

Olivier osservò i lineamenti di Eleonora rilassarsi. Finiti gli allenamenti non si era trattenuto con i compagni, era uscito subito a cercarla. L'aveva evitata per tutto il giorno ma non era riuscito a tenerla distante anche dai suoi pensieri.

C'era stato qualcosa in quel bacio di indescrivibile, qualcosa che non aveva mai provato prima. Qualcosa di potente. Era stato tutta la notte a pensare alle labbra di Eleonora e a come si adattavano alla perfezione alle sue, a come le mani riuscissero a contenere il viso di lei, a come i suoi occhi lo intrappolavano in un labirinto pericoloso.

Se ci aveva visto giusto, lei non avrebbe fatto nient'altro per alimentare questa storia, quindi toccava a lui fare un passo e dirle di dimenticare tutto e di ricominciare daccapo. Non aveva idea di quello che stava accadendo nella sua vita quando si era avvicinato e l'aveva vista piangere. Cercava di nasconderlo e di mostrarsi indifferente, ma poi era crollata e gli aveva addossato la colpa dell'intervista andata male. Forse era davvero colpa di Olivier, non lo sapeva con certezza, non sapeva cosa avesse detto. Ricordava solo di essere stato estremamente affascinato da Eleonora e di aver fatto di tutto per attirare la sua attenzione. Però vederla piangere lo aveva messo in uno stato d'animo diverso. Non avrebbe perso il lavoro per una cosa così stupida. L'avrebbero rifatta, e l'intervista sarebbe andata benissimo.

Olivier sentiva ancora quella forza attrattiva che lo aveva portato a baciarla, la sentiva sottopelle ogni volta che le era vicino, ma si impose di soffocarla.

Guidò fino in centro, seguendo la macchina di Eleonora fino a un parcheggio sotterraneo. Parcheggiò di fianco a lei e, quando scese dall'auto, la ragazza stava finalmente sorridendo serena.

«Non so davvero come ringraziarti per questo. Non eri tenuto a farlo» coprì la distanza che li separava. Le dita si muovevano nervose sulle chiavi, un'agitazione che sentiva anche lui a stare solo con lei.

«Non avrei mai permesso che perdessi il lavoro per colpa mia. E poi non ringraziarmi, adesso sarai costretta a venire a cena con me.»

Lei lo guardò da sotto le ciglia e sorrise. Era arrossita? Aveva degli occhi davvero magnetici, pensò Olivier. Quando lo catturavano non riusciva più a staccarsi.

«Okay, va bene, verrò a cena con te.»

«Quindi l'unico modo per uscire con te è crearti casini e poi risolverteli?»

Eleonora lo fulminò con lo sguardo. «Adesso non esagerare, Olivier. Mi stai facendo un favore enorme e mi fa piacere venire a cena con te, ma...» abbassò velocemente lo sguardo e si incamminò, «per quanto riguarda quello che è successo ieri... ecco, io non voglio che tu ti faccia strane idee.»

Lui la seguì in silenzio fino a un piccolo ascensore. Era quello che voleva dirle, che dovevano dimenticarlo e far finta che non fosse successo niente, eppure una parte di lui era restia all'idea. Aspettò che le porte si chiudessero e lei tornasse a guardarlo.

«Non mi sono fatto strane idee, non preoccuparti. Non avrei dovuto baciarti e per me è già tutto dimenticato. Però vorrei che fossimo amici. Sai, un rapporto normale.»

Dimenticato un corno. La sua parte più selvaggia avrebbe voluto schiacciarla contro la parete e farla sua. Chiuse per un attimo gli occhi, inspirando profondamente. Quando li riaprì lei lo stava fissando con un'espressione di desiderio sul volto. Merda. Faceva di tutto per mantenere il controllo e lei provava lo stesso desiderio di saltargli addosso.

«Sono felice che tu l'abbia detto. È tutto dimenticato.»

Sul pianerottolo c'era già il collega di Eleonora ad aspettarli. Scrutò per qualche secondo Giroud, quasi come se avesse capito cosa stesse succedendo nelle loro teste.

«Cosa è successo, Ele? Ti ha chiamato il direttore?»

Lei annuì e si affrettò ad aprire la porta di casa. «Ha chiesto se potevamo rifarla. Grazie di essere venuto.»

Ciro non disse altro, probabilmente sapeva meglio di Olivier che quella era una bugia. A lui non piacque il cambio d'umore della ragazza. Chissà cosa le aveva detto davvero in quella telefonata. L'aveva trovata a piangere... e gli aveva detto che rischiava di perdere il lavoro.

L'appartamento di Eleonora era bello, tutto era dai toni caldi e accoglienti. Il divano in pelle marrone, pareti color crema, mobili di legno, ampie finestre e tende immacolate. Sul tavolo del salottino c'era un enorme mazzo di rose rosse. Doveva avergliele regalate il fidanzato. Olivier per un secondo si sentì geloso di quell'uomo, sebbene la sera prima lo avesse cercato su internet, per soddisfare una morbosa curiosità. Era un tipo ordinario, niente di eccezionale. Anzi, si era chiesto come una sventola come Eleonora potesse stare con quell'uomo insignificante. Probabilmente aveva delle qualità di cui lui non era a conoscenza.

Ciro posizionò un telo bianco sulla parete dietro al divano e montò un cavalletto con la telecamera, cercò l'angolazione migliore per la luce e fece accomodare Giroud. Ad un tratto cominciò a sentire una certa agitazione, dovuta alla responsabilità che sentiva addosso per la buona riuscita di quell'intervista. Si sforzò di non fissare lo sguardo sulle labbra bellissime di Eleonora, le muoveva in modo così sensuale... e doveva cancellare al più presto il loro sapore dalla mente. Doveva cancellarlo davvero.

Per fortuna Eleonora fu breve e dopo poco anche Ciro andò via, lasciandoli soli.

Lei si voltò a guardarlo dopo aver accompagnato l'amico alla porta. Si passò le mani sui jeans.

«Vuoi qualcosa da bere?»

«Dell'acqua, grazie.»

Scomparve nella cucina e lui si alzò per seguirla. Moriva dalla voglia di starle accanto e di toccarle i capelli. Voleva scostarglieli dal collo e baciare la sua pelle.

«Sei stata brava.»

Eleonora gli porse il bicchiere e lo guardò dritto negli occhi. «Non c'è bisogno che tu dica quello che non pensi.»

Olivier si immobilizzò, con il bicchiere a mezz'aria e l'espressione di chi non aveva ben capito. Perché quel cambio di umore? Era arrabbiata? «Lo penso davvero.»

Lei scosse la testa. «Se fossi stata davvero brava non ci troveremmo qui.»

Olivier sospirò e rilassò le spalle. Era davvero dura con se stessa. «Capita a tutti di sbagliare ogni tanto, no?»

Eleonora tornò in salotto e si sedette sul divano. Sembrava covare qualcosa dentro, un brutto pensiero che le stava facendo mettere in discussione le sue capacità come giornalista.

«Può darsi, ma non doveva capitare a me» disse.

Olivier si sedette accanto a lei. «Mi spieghi qual è il problema? Nessuno è infallibile.»

«Il problema è che quando sei la fidanzata di un giornalista importante, che è a certi livelli, se non sei perfetta in ogni occasione poi ti verrà appiccicata addosso l'etichetta di raccomandata.»

Dunque era questo il problema, il suo fidanzato la faceva sentire inferiore a lui. «Lo sei?»

«Cosa?»

«Una raccomandata.»

Gli occhi le fiammeggiarono. «Certo che no!»

A lui venne da sorridere per la sua reazione accalorata. «Allora non devi preoccuparti di quello che pensa la gente. Tanto avranno sempre qualcosa da dire. Tu prosegui per la tua strada.»

Eleonora rimase in silenzio a fissarlo, i suoi grandi occhi verde scuro sembravano passare dal risentimento a una sorta di venerazione per lui. Probabilmente se lui si fosse avvicinato lei non si sarebbe ritratta. Lei lo avrebbe accolto ancora nella sua bocca e magari anche tra le sue gambe. Olivier non riuscì a controllare la potente erezione che quei pensieri scatenarono. Cambiò posizione, guardando dritto davanti a lui, e cadde con lo sguardo sulle rose.

«Quelle te le ha regalate il tuo fidanzato?»

«Sì. Per il mio primo giorno di lavoro a Milanello.»

«Da quanto tempo state insieme?»

«Due anni.»

Due anni con un idiota che non perdeva un attimo di tempo per sbatterle in faccia la sua superiorità e le regalava fiori per tenerla buona. Aveva l'aria così triste... e lui voleva sapere se era felice con quell'uomo. Ma non erano affari suoi. Eleonora non era affar suo e lui doveva alzarsi immediatamente e uscire da quella casa. «Devo andare.»

«Oh. Sì, certo.» Sembrava sorpresa.

Doveva. Doveva andare via al più presto. Neanche pensare al suo ragazzo gli faceva passare l'eccitazione. Eleonora si alzò per accompagnarlo alla porta. Lui non voleva guardarla, quegli occhi lo avrebbero catturato. E poi non voleva davvero andare via.

Lei fece qualche passo verso la porta, poi si girò a guardarlo. «Ti va di... restare a cena?»

Olivier alzò gli occhi su di lei. E sorrise.

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