5. Mi hai già rovinato la vita
Eleonora si portò una mano sul petto. Il cuore batteva all'impazzata e non c'era niente che riuscisse a fermare il tremito che sentiva nelle gambe.
Quel bacio l'aveva sconvolta. Era stato un bacio fantastico, pieno di passione e sensualità. Olivier le aveva scombussolato tutte le membra e sentiva che non sarebbe stato facile dimenticarlo.
Ma doveva, e anche subito. Che diavolo le era passato per la testa? Farlo avvicinare in quel modo, non avere la forza di respingerlo... gli aveva servito su un piatto d'argento validi motivi per considerarla una poco di buono. E meno male che gli aveva detto che non era quel tipo di ragazza! Era capitolata tra le sue braccia dopo nemmeno tre ore.
Sarebbe stato soddisfatto e il suo ego, tronfio, ne avrebbe gongolato per un bel po'. Che stupida ingenua. Se si fosse venuto a sapere in giro che figura ci avrebbe fatto? E Matteo? Cavolo, che aveva combinato...
Però Olivier non aveva reagito poi così da maschio alpha che credeva di averla in pugno ed era soddisfatto di questo, si disse. Le era sembrato... spaesato e impaurito.
Si infilò in macchina e accese il motore, sperando che nessuno li avesse visti.
***
Il suono ritmico della sveglia riempì la stanza da letto. Eleonora schiacciò il pulsante e scostò le coperte. I suoi occhi erano rimasti spalancati per tutta la notte, pieni delle immagini di quello che aveva combinato. Aveva baciato un altro uomo e lo aveva desiderato con tutta se stessa. Che voleva dire? Forse non amava più Matteo? Non le era mai capitato, né prima, né da quando stavano insieme. In più, l'uomo che aveva desiderato era Olivier Giroud, non uno qualsiasi. Ed era sposato. Sposato e con dei bambini. Questo la faceva sentire ancora più una persona spregevole.
L'eccitazione che aveva provato la mattina precedente per il suo primo giorno di lavoro, adesso aveva lasciato il posto all'angoscia. Non voleva tornare a Milanello, non voleva incontrarlo. Non voleva sentirsi in difficoltà ogni volta che sarebbe andata lì. Tutti i giorni, cazzo. Ci sarebbe andata tutti i giorni. Fu tentata di chiamare il suo capo e dirgli che non voleva più lavorare.
Pensare al suo direttore le fece tornare in mente la questione dell'intervista. Probabilmente l'avrebbe cacciata in ogni caso. Si passò nervosamente le mani sul volto e si alzò. Doveva affrontare la cosa. Avrebbe parlato con Olivier e risolto ogni cosa.
In fondo non era successo niente. Era stato solo un momento di debolezza che poteva capitare a chiunque. Niente di irreparabile.
A Milanello i giocatori erano già arrivati. Eleonora parcheggiò l'auto e si diresse verso gli altri suoi colleghi. Non era difficile stare tra chi conosceva, ma aveva come la sensazione che tutti la osservassero, che sapessero esattamente quello che era successo nel parcheggio il pomeriggio prima.
«Come va? Ti sei ripresa dalla caduta?» provò a scherzare uno di loro.
«Sì, non è stato nulla.» Accennò un sorriso e decise che forse era meglio così, era meglio che si concentrassero sulla sua ridicola caduta. «Però so che vi siete divertiti molto. Non mi stupirei se trovassi qualche video in giro.»
«Perché non li hai visti? Impazzano già sul web. Centinaia e centinaia di visualizzazioni, ci sono già dei meme...»
Tutti scoppiarono a ridere e anche lei. Non le dava fastidio, era sempre stata una persona autoironica. Si arrischiò a gettare un'occhiata verso i giocatori che stavano entrando in campo e passavano davanti a loro. Olivier era accanto al giovane Alexis Saelemaekers. Quando le fu di fianco, stette attento a non voltarsi verso di lei. Salutò tutti tranne lei.
Le si strinse lo stomaco. E non per il nervoso, ma perché aveva ancora voglia di trovarsi da sola con lui, contro lo sportello della macchina, stretta dal suo corpo, con le loro labbra incollate e le lingue impegnate in una danza erotica.
Olivier la stava evitando ed era meglio così, era giusto così. Lei però avrebbe voluto parlargli, dirgli che dovevano assolutamente dimenticare quello che era successo e andare avanti, senza alcun tipo di imbarazzo tra loro. Eleonora avrebbe dovuto lavorare lì per tutta la stagione e voleva sentirsi lei la prima a non provare imbarazzo ogni volta che si sarebbero incontrati.
Però dimenticare quel bacio era impossibile, almeno quella mattina. Ogni volta che le capitava di buttare l'occhio su di lui sentiva addosso ancora il calore del suo corpo, la sua lingua nella bocca, ruvida e delicata allo stesso tempo. Era una smania che non aveva mai provato prima.
Poco prima di pranzo lei fece un collegamento in diretta al tg, per raccontare la situazione della squadra. Terminato il collegamento, il suo telefono squillò. Era il capo. L'agitazione le fece tremare la voce quando rispose.
«Eleonora, si può sapere che cazzo hai combinato con l'intervista a Giroud?»
Si sentì morire. Il capo era incazzato nero. Lo sapeva! Lo sapeva che sarebbe andata a finire così. Si schiarì la gola. «C'è qualcosa che non va?»
«Tutto!», sbraitò attraverso il ricevitore. «Tutte quelle occhiatine e quei sorrisini...che cazzo stavi facendo?»
«Io non...»
«Ascoltami bene, non ti caccio immediatamente solo perché sei la fidanzata di Matteo, ma non manderò in onda quella merda. Sei un'incompetente del cazzo. Vedi di rimediare al danno che hai fatto o tra un mese sei fuori.»
La comunicazione si interruppe e Eleonora guardò il telefono con gli occhi che le si riempivano di lacrime. Essere trattata in quel modo l'aveva scossa. Fece l'unica cosa che le venne in mente in quel momento, chiamò Matteo.
«Mi ha chiamato il direttore, per l'intervista» disse, prima ancora che lui riuscisse a salutarla.
«E quindi? Che ha detto?»
La tremavano le mani per il nervosismo e la collera. Cominciò a camminare per il vialetto di ghiaia che portava alle macchine. «Tu non sai niente?»
«No, che dovrei sapere?»
«Ti avevo chiesto di vederla prima di mandarla al direttore!»
«Non ho avuto tempo... ma calmati, come mai sei così agitata?»
«Ha detto... ha detto che fa schifo e che sono un'incompetente.»
Ci fu un attimo di silenzio. «Vado a parlarci io.»
«No! Non ti azzardare a farlo. Ha lasciato intendere che se sono qui è solo grazie a te.»
«Ma amore, lo sai che non diceva sul serio. Era arrabbiato... lascia che ci parli io, risolvo tutto.»
«No, per favore! Non voglio essere quella che lavora solo perché è la fidanzata di qualcuno. Se lo fai, giuro che ti lascio, hai capito?»
«Ok! Ok, però calmati adesso. Dimmi che cosa ti ha detto di preciso.»
«Ora devo andare. Ci sentiamo dopo.»
«Aspetta Ele...»
Lei attaccò. Come avrebbe fatto a risolvere la cosa? Non poteva chiedere a Olivier e Ciro di rifare l'intervista e nemmeno al responsabile della comunicazione del Milan. Che figura ci avrebbe fatto? Doveva spiegare a tutti che era una incompetente e che aveva realizzato un'intervista imbarazzante?
Dannazione, ma perché si era fatta prendere da quella specie di fascinazione e non aveva pensato al suo lavoro? Battè con forza il palmo contro la macchina.
«Vaffanculo, Eleonora.»
Le scivolarono le chiavi della macchina sulla ghiaia. Si chinò per prenderle e scoppiò a piangere.
Passi rapidi, passi che si avvicinavano sempre di più verso di lei. Eleonora si alzò veloce e asciugò le lacrime. Farsi vedere in quello stato dai suoi nuovi colleghi era l'ultima cosa che desiderava.
«Eleonora, tutto bene?»
Di nuovo lui. Alzò gli occhi verso Olivier, che rimaneva diversi passi lontano da lei, l'aria preoccupata.
«Lasciami in pace, Olivier.» Perché doveva essere così stronzo? Era certa che si stesse divertendo, che fosse pieno di sé per come aveva reagito a lui, per come si era abbandonata al suo bacio il giorno precedente.
Lui non sembrò curarsi del tono con cui lei gli aveva risposto. Coprì la distanza che li separava e le afferrò un braccio. «Stai piangendo?»
Eleonora si sottrasse, presa da una rabbia incontrollabile. In fondo era solo colpa di Olivier se si trovava in quella situazione. «Mi spieghi che diavolo vuoi da me? Ti conosco da un giorno e mi hai già rovinato la vita.»
Lui sorrise e per un istante lei vacillò. «Di che parli? Se è per quel bacio...»
«Della maledettissima intervista di ieri! Ecco di cosa parlo.»
Lui la osservò perplesso. «Non andava bene?»
«Lo sai benissimo che non andava bene. Adesso mi cacceranno, per colpa tua.»
Olivier scoppiò a ridere. «Ti cacceranno per una stupida intervista?»
«Tu non capisci, l'azienda puntava molto su questa intervista e per me era importantissima, ma adesso è andato tutto a puttane.»
«Rifacciamola.»
Eleonora gli rivolse un'occhiata. Era fin troppo consapevole della loro vicinanza, della sua mascolinità. Alto, bello e forte. E le stava dicendo che sarebbe andato tutto bene, che doveva solo fidarsi di lui. Non poteva negare di aver pensato a quel bacio per tutta la notte e non solo perché si sentiva in colpa. Una parte di lei avrebbe voluto baciarlo ancora, e ancora.
Si accorse del sorriso che era spuntato sulle labbra di Olivier. Che potesse leggerle nel pensiero? D'altronde anche la prima volta che si erano visti lo aveva fatto. Eleonora non sapeva mascherare le proprie emozioni, non era mai stata brava a mentire. Nemmeno a se stessa. E anche se continuava a deviare i pensieri ogni volta che cadevano su Olivier, sapeva di non riuscire a nascondere l'attrazione che provava per lui. Inspiegabile, ma potente.
«Dici sul serio?», chiese lei piena di speranza, cercando di non pensare al profumo di lui che le invadeva i sensi.
«Certo. Possiamo farlo a casa mia o a casa tua. Chiama il tuo amico con la telecamera e digli di raggiungerci.»
Eleonora esitò solo un attimo, poi tirò fuori il cellulare e chiamò Ciro.
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