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43. Legame

Un piccolo stormo di uccelli attraversò il cielo sotto le ultime luci dorate del tramonto. Nel parcheggio fuori dallo stadio non era rimasto più nessuno, ad eccezione di Eleonora che attendeva Olivier con la schiena poggiata allo sportello e la testa all'insù.

Non era sicura di aver fatto la scelta giusta accettando la proposta di Olivier ma dentro si sentiva serena. Quando aveva saputo di essere stata assegnata a quella partita aveva pensato di chiedere un cambio, dopo tutto il lavoro che aveva fatto su sé stessa in quei mesi lontana da lui aveva paura di vanificare tutto. E non si aspettava certo che Olivier si presentasse nella sua stanzetta prima della partita, ma temeva il momento in cui si sarebbero rivisti.

Ne aveva tutte le ragioni poiché quando lui l'aveva abbracciata stretta si era sentita a posto, completa, finalmente riunita con la parte che le mancava. Era stata una sensazione di un secondo, subito rimpiazzata dalla parte razionale che le ricordava di restare distaccata.

Cominciava ad essere preoccupata, persino delle migliaia di tifosi che avevano riempito lo stadio oramai non vi era più traccia e Olivier non si era ancora fatto vedere.

Era stata una bellissima partita, la sua squadra aveva vinto e probabilmente si era trattenuto con i compagni a festeggiare, o semplicemente aveva cambiato idea. In fondo sarebbe stato meglio per tutti e due lasciar perdere. Erano andati avanti, non c'era motivo di riportare a galla tutto.

Una figura avanzò verso di lei, con il cappello in testa e gli occhiali da sole nonostante stesse calando la sera. Eleonora dapprima sorrise, poi si guardò intorno e una familiare fitta d'ansia le attraversò lo stomaco. Il suo corpo era in allarme, non era piacevole tornare a sentire quel tipo di emozioni, doversi nascondere sempre, avere costantemente paura di essere scoperta. Giurò a sé stessa che quella sarebbe stata l'ultima volta. Non aveva messo tutta quella distanza tra loro solo per ricadere nella trappola dell'amore clandestino.

Durante il tragitto per arrivare all'appartamento parlarono della partita e nessuno dei due fece riferimenti ai giorni milanesi di Eleonora. Se da una parte gliene era grata, dall'altra sapeva che prima o poi durante la serata il discorso sarebbe venuto fuori.

Olivier fece apprezzamenti sul quartiere elegante in cui viveva Eleonora e, una volta in casa, si guardò intorno con leggero stupore.

‹‹È tua questa casa? È diversa da quella che avevi a Milano.››

‹‹È mia.›› accennò un sorriso. ‹‹Mia mia.››

‹‹Beh ti rispecchia. È bellissima, come te. E dà un senso di pace, come quello che mi davi tu quando eravamo insieme.››

Eleonora gli lanciò un'occhiata eloquente. Non perdeva tempo, andava dritto al punto.

Si mordicchiò il labbro inferiore, improvvisamente nervosa di stare da sola con lui. ‹‹Grazie.››

Gesù, quanto gli era mancato quel suo modo di fare, sempre diretto e un po' sfacciato. Toccava corde dentro di lei che nessuno aveva mai saputo toccare e risvegliava il suo corpo con un semplice sguardo. E quell'accento francese era dannatamente sexy.

Sorrise e lasciò cadere a terra il suo zaino con le cose di lavoro.

‹‹Vieni, ti faccio vedere la tua stanza.››

Olivier la seguì attraverso il corridoio fino alla porta di una stanza che usava raramente e aveva più volte pensato di cambiarle la destinazione. Nemmeno quando restava a dormire da lei Gabriella usava quella stanza, preferivano condividere il letto in camera sua. Quella sera però si stava rivelando utile.

Un armadio a tre ante di legno smaltato riempiva la parete di fronte al letto, con la testiera rigonfia, di stoffa, verde scuro e il copriletto che ne riprendeva i colori. Olivier fece qualche passo all'interno e posò le sue cose ai piedi del letto.

‹‹Molto carina.›› Si voltò a guardarla. ‹‹E la tua non me la fai vedere?››

In un lampo le fu addosso, comprimendola contro la parete. Eleonora ebbe un fremito e il calore del corpo di Olivier penetrò nella pelle. Si costrinse a restare calma e si azzardò a guardarlo da sotto le ciglia.

Il suo odore, che tanto le era mancato, la avvolgeva tutta.

Arricciò le labbra in un mezzo sorriso provocante cercando di tenere saldo il comando della situazione. Se Olivier l'avesse baciata non sarebbe più riuscita a controllarla.

‹‹Che vuoi fare?››

‹‹Voglio baciarti. Voglio fare l'amore con te. Voglio stringerti. Sentirti ancora.››

Rimase intrappolata nei suoi occhi ardenti. Si leccò le labbra.

‹‹Avevo capito che volevi solo parlare.››

Olivier si tirò indietro di qualche centimetro. ‹‹Stai con qualcuno?››

‹‹Può darsi.››

Olivier si scostò del tutto e la lasciò andare, seguendola in silenzio. Lei lo fece accomodare nel salotto e gli chiese se volesse qualcosa. Scosse la testa e così si sedette vicino a lui.

Il silenzio si protrasse per alcuni minuti. Olivier si guardava intorno ed Eleonora pensava che sarebbe potuta rimanere a guardarlo in silenzio per tutta la sera. Era così bello e reale. Accanto a lei, in casa sua, come se il tempo non fosse mai passato e come se tutto il male che si erano fatti a vicenda e che avevano causato agli altri non fosse mai esistito.

‹‹Allora è così...›› disse dopo un po', tornando a guardarla. ‹‹Non provi più niente per me? Mi hai dimenticato completamente?››

Eleonora scosse la testa. Sembrava un cucciolo spaesato che la guardava in cerca di un po' di affetto. ‹‹Non si tratta di questo. Non ti ho dimenticato, ho solo smesso di stare male per te.››

‹‹Sono felice che tu stia bene, anche senza di me.››

Lei non sapeva che dire. Non era felice, ma ogni giorno aveva cercato dei piccoli momenti di felicità nelle più piccole cose.

‹‹Se ti chiedessi di tornare a Milano con me, lo faresti?››

‹‹Con te? In che senso con te?››

‹‹Se sapessi di poter stare con me, torneresti?››

‹‹E chi ti dice che voglio stare con te?›› si mise sulla difensiva.

Olivier abbassò lo sguardo ed annuì. ‹‹Con Jen le cose non vanno più bene. Praticamente non abbiamo più nessun tipo di rapporto e interagiamo solo per cose che riguardano i nostri figli.››

Per un attimo aveva pensato che Olivier fosse rimasto per dirle che aveva lasciato la moglie, invece non era così. Avvertì un pizzico di delusione. ‹‹Mi dispiace, io non avrei voluto questo. Però se sei venuto qui pensando che adesso potrei ricominciare con te hai fatto male.››

‹‹Voglio lasciarla. Non ha più senso stare insieme così.›› Il suo sguardo si fece più intenso e appassionato.

‹‹Oli non guardarmi così. Se hai bisogno di sapere che io ci sarò, allora ti dico di no. Non ti ho mai chiesto di lasciarla nemmeno quando aspettavo un figlio da te e non lo farò adesso. Non voglio più entrare in questa storia, per favore.››

‹‹Non ti sto chiedendo di tornare con me, sto solo dicendo che... anzi sì, ti sto chiedendo di darmi un'altra possibilità e stavolta sarà tutto alla luce del sole. Ti amo, ti ho amata fin dal primo istante in cui ti ho vista. Quel giorno, quando i tuoi occhi hanno incontrato i miei, ho capito che non avrei potuto più fare a meno di te. Siamo legati dal filo del destino, è così, lo sento. Lo senti anche tu, non provare a negarlo.››

Si sentiva messa alle strette. Strinse le mani, conficcando le unghie nei palmi. ‹‹Cosa vuoi che ti dica? Hai ragione, anche io sento che siamo legati ma ho accettato il fatto che non staremo mai insieme. I momenti che abbiamo vissuto sono stati un dono prezioso e li custodirò per sempre dentro di me.››

Olivier si fece serio. ‹‹Non parlare come se non dovessimo vederci mai più. Vieni a Milano con me.››

Eleonora scosse più volte la testa, incredula per la proposta e perché una parte di lei stava davvero prendendo in considerazione l'idea di poter iniziare di nuovo con lui, e questa volta nella maniera giusta.

Olivier dovette accorgersi del suo dilemma interiore. Si avvicinò e le accarezzò il volto mentre lei lo fissava senza dire niente. Era così delicato, come se stesse toccando un vetro sottilissimo, e così intenso il suo sguardo. Sembrava che tutte le parole erano diventate superflue e vuote confrontate con la potenza dei loro occhi avvinti.

‹‹Non so se esiste una parola in italiano per dirti quanto sono stato male senza di te. È stato come se tu mi avessi abbandonato, perché, anche se non avevi più intenzione di vedermi, sapevo che eri lì, che ti avrei vista ogni mattina e speravo che prima o poi fossimo riusciti a risolvere. Invece non ti ho vista più, ho saputo che te ne eri andata da uno stupido post su Instagram. Ho provato a chiamarti ma non mi hai mai risposto.››

A Eleonora scappò un sorriso. Non poteva negare quanto le facessero piacere quelle parole. Continuava ad accarezzarla, le dita le sfioravano il viso e arrivavano al cuore.

‹‹Avevo bisogno di staccare completamente.››

‹‹E adesso? Adesso di cosa hai bisogno?››

Olivier le toccò le labbra con il pollice, seguendo il movimento con lo sguardo. Eleonora trattenne il fiato e un attimo dopo le labbra di Olivier furono a un soffio dalle sue.

‹‹Di cosa hai bisogno adesso, Eleonora?›› sussurrò.

In un lampo colmarono quella minuscola distanza che li separava e si baciarono. Un bacio intenso e profondo, che in pochi minuti gli tolse il fiato. Olivier si staccò e se la trascinò sopra, Eleonora gli prese il viso tra le mani, lasciando che le mani di lui si infilassero sotto la maglietta. I brividi percorsero ogni centimetro della pelle e lei emise un gemito sommesso. Tutto il desiderio che aveva represso per tanto tempo la travolse, frantumando la sua razionalità e facendola divenire un tutt'uno con i sensi. Non c'era più una Eleonora pensante, era puro istinto che si abbandonava alla passione.

Olivier le sfilò la maglia e la leccò tra i seni, scendendo sull'addome.

‹‹Oli...›› Lui sollevò lo sguardo senza staccare la bocca dalla sua pelle. ‹‹Ho bisogno di sentirti dentro.›› Gli conficcò le dita tra i capelli e tirò indietro la testa, baciandolo.

Olivier si alzò in piedi, tenendola in braccio. ‹‹Ma petite, ti amo.››

Oh, lo amava anche lei, e tanto.

Eleonora lo baciò ancora e ancora mentre raggiungevano la camera da letto e si strappavano i vestiti di dosso, unendosi in una cosa sola.

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