42. Di giorni, settimane e mesi
I giorni sembravano non passare mai. Olivier controllava in maniera ossessiva il cellulare aspettando un messaggio da parte di Eleonora che non arrivava mai. Le scriveva solo per sapere come stava e come andava il processo di guarigione ma cominciava ad avere il sospetto che lo avesse inserito nella lista degli indesiderati.
Si informava tramite Samu che era andato più volte a trovarla e si sentiva costantemente con Gabriella. Gli aveva riferito che Eleonora non parlava mai di lui, né dell'incidente. Castillejo non sapeva che era stata Jen ed Eleonora non aveva denunciato sua moglie.
Jen non parlava più con lui, si limitava a chiamarlo per fargli salutare i bambini, e tutto tra loro sembrava come sospeso, attaccato a un filo sottilissimo che si sarebbe spezzato da un momento all'altro facendo precipitare tutto al suolo.
Questa continua sensazione di precarietà lo rendeva costantemente nervoso. Gli unici momenti di pace li aveva quando era al campo coi suoi compagni o durante le partite. Dopo qualche momento no dal punto di vista fisico, Olivier aveva ingranato la marcia e adesso era il titolare fisso in attacco. Segnava anche parecchio ed era presto entrato nel cuore dei tifosi milanisti, con cui gli piaceva sempre scambiare qualche parola fuori dal campo di allenamento. Si fermava sempre più spesso per fare le foto e firmare qualche autografo.
Ogni mattina appena imboccata la strada per Milanello la sua unica speranza era di ritrovarla lì, al suo posto. Ogni maledetta mattina, senza mai smettere di crederci.
Passarono due, tre, quattro settimane e Olivier cominciava ad essere tentato di andare a trovarla a casa. Samu gli aveva detto che era stata dimessa e poi era diventato sempre più evasivo. Al lavoro non si era fatta ancora vedere e lui temeva che potesse aver subito un contraccolpo psicologico troppo forte e che avesse bisogno di aiuto.
Era un pomeriggio come tanti quando finalmente la vide. Non fisicamente, come avrebbe preferito, ma su internet. Avevano finito di fare allenamento e di pranzare e Olivier stava chiacchierando con gli altri compagni. Saelemaekers gli aveva appena mandato un post su Instagram che lo ritraeva in una delle sue pose dopo un gol. Olivier sorrise leggendo la didascalia. Scorse il feed, dispensando like ai suoi amici, ex colleghi, compagni di squadra. Jen aveva postato una foto dei figli al parco. Si soffermò a osservare i loro volti sereni e sorridenti. Gliel'aveva mandata anche in privato, quella foto. Sua moglie era molto più brava di lui a nascondere i loro problemi ai bambini, aveva deciso saggiamente di andare via per un po' dimodoché loro non li avrebbero visti discutere o ignorarsi.
Più giù c'era una fotografia di Eleonora.
Olivier si agitò sulla sedia quando si rese conto che quello era l'account ufficiale e la foto era stata postata la sera prima. Non si erano mai seguiti su Instagram, non ne avevano bisogno, e quel post gli era stato suggerito per via del contenuto a tema calcistico. Eleonora era vestita con un completo classico che le stava da dio, sorrideva e a farle da sfondo c'era un campo di calcio. E non era il campo del centro di allenamento di Milanello.
Sentì il cuore rimbombare forte contro le costole. Era andata via? Non l'avrebbe vista più?
La didascalia gli diede la conferma di quello che aveva intuito. Eleonora aveva iniziato a lavorare per un'altra emittente televisiva ed era tornata a Roma. Si alzò di scatto in cerca di quel pezzo di merda di Samu che di sicuro era a conoscenza di tutto e non gli aveva detto niente, ma non lo trovò.
Preso da un senso di tristezza infinita Olivier tornò a casa senza salutare gli altri.
E così lo aveva fatto davvero.
In cuor suo aveva sempre sperato che una volta tornata a Milanello tra loro si sarebbe sistemato tutto, che erano incapaci di stare lontani.
Invece lei se ne era andata, aveva messo molti chilometri tra di loro e gli aveva detto addio.
***
Tre mesi dopo
Aveva atteso quel momento a lungo.
Sapeva che prima o poi le loro strade si sarebbero incrociate di nuovo.
Olivier salì sul pullman che li avrebbe portati allo stadio in evidente agitazione. Erano a Roma per disputare un'importantissima gara di campionato, ma per lui quella giornata significava anche altro: avrebbe rivisto Eleonora.
Erano trascorsi quattro mesi dall'ultima volta che aveva parlato con lei in quella maledetta stanza di ospedale e in tutti quei giorni non c'era stato momento in cui non le aveva rivolto un pensiero. Si chiedeva se anche lei pensasse mai a lui o se avesse deciso di cancellarlo completamente, come se non fosse mai esistito. Guardava tutte le partite in cui c'era lei come inviata e, da quando era venuto a sapere della rottura definitiva con Matteo, si ingelosiva se la vedeva più allegra del solito pensando che potesse dipendere dalla presenza di un altro uomo.
Il viaggio dall'albergo allo stadio durò un'eternità per i suoi nervi a fior di pelle. Entrò nello stadio con l'unico obiettivo di riuscire a vederla prima dell'inizio della partita. Lasciò velocemente le sue cose nello spogliatoio e si diresse verso quella che sapeva essere la stanzetta nella quale si trovavano i colleghi di Eleonora. E anche lei, a meno che non si fosse fatta sostituire. Si era informato su tutto, non gli sarebbe sfuggita.
Bussò alla porta con il cuore in gola. Troppe insicurezze gli affollavano i pensieri.
Gli aprì la porta un ragazzo alto, biondo, con una maglietta bianca e una giacca blu sopra a dei jeans. Rimase un attimo a fissarlo sorpreso, poi gli sorrise.
«C'è Eleonora?» chiese subito Olivier, sbirciando all'interno.
«Sì, sì.» Il ragazzo spalancò la porta. «Entra.»
In quel momento Eleonora si girò verso la porta e i loro occhi si trovarono. Il tempo sembrò dilatarsi, i pochi secondi che rimasero a fissarsi sembrarono infiniti e carichi di elettricità. Lei si alzò rapidamente dalla sedia su cui era seduta e fece sparpagliare sul pavimento i fogli che aveva in grembo.
Proprio come la prima volta che si erano visti.
«Olivier.»
Olivier sorrise fece un passo nella stanza, abbassandosi a raccoglierli. Eleonora sfiorò le sue dita nel riprendere i fogli, gli rivolse uno sguardo molto sensuale e le labbra si curvarono all'insù.
«Possiamo parlare un attimo?»
Lei fece un segno di assenso con la testa e poi guardò i colleghi presenti nella stanza, rimasti in silenzio ad osservarli. «Potete lasciarci soli un secondo?»
Si affrettarono ad uscire mentre loro due non si toglievano gli occhi di dosso.
«Ciao» fece poi Olivier quando sentì la porta chiudersi alle sue spalle.
«Ciao.»
Tentennarono un poco prima di avvicinarsi e abbracciarsi. Tutti i timori che aveva avuto prima di vederla svanirono come fumo al vento. Respirò il suo odore e chiuse gli occhi. Almeno per il momento, Eleonora non lo stava allontanando.
Quanto gli era mancato quel maledetto profumo.
«Come stai?» le chiese, sfiorandole il viso. Una lieve e rapida carezza prima di tornare al suo posto.
«Bene.» Sì, stava davvero molto bene, era meravigliosa. «E tu? Stai per vincere il campionato...»
Eleonora non staccava gli occhi dai suoi. Olivier si leccò il labbro inferiore, completamente assorbito dal desiderio di baciarla. Infilò le mani nelle tasche della tuta. «Ci sto provando. Non voglio rubarti tempo e devo scappare a cambiarmi, sono venuto a dirti che stasera non torno a Milano con i miei compagni, resto a Roma e vorrei vederti.»
Eleonora restò spiazzata. Si ritrasse un po', facendosi seria. Olivier immaginò che stesse per dirgli di no, che non era il caso e tutte le stronzate che sapeva dire lei per evitare di finire da sola con lui.
«Va bene.»
Era già pronto a ribattere e quella risposta lo destabilizzò un attimo. Poi annuì «Ci vediamo dopo. Preferisci venire nel mio albergo o...»
Lei aggrottò la fronte. «Albergo? Non scherzare... se resti a Roma sei ospite a casa mia.»
Olivier osservò la ragazza che aveva davanti. Era seria? Sollevò un sopracciglio. «A casa tua?» Già bruciava dal desiderio di baciarla, ma così... sembrava un'allusione fin troppo esplicita.
Eleonora afferrò al volo la direzione che avevano preso i suoi pensieri. «Ho una camera per gli ospiti. Però se preferisci startene in albergo...»
«No no, casa tua andrà benissimo.»
Lei annuì. «Buona partita.»
Olivier lasciò la stanza con l'impressione di aver ritrovato una persona diversa, forse più bella e intrigante. Sorrise, scuotendo la testa mentre rientrava negli spogliatoi, unendosi al resto della squadra. Eleonora aveva flirtato tutto il tempo e non aveva mostrato neanche un poco della sua solita ritrosia. E pensare che era stato terrorizzato dall'idea di trovarla ancora più gelida e scostante.
Era stato bellissimo rivederla, il cuore gli scoppiava di gioia e altre emozioni più forti e profonde.
Non vedeva l'ora di restare solo con lei.
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