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40. Un addio

Da quando Olivier aveva saputo dell'incidente di Eleonora non si dava pace. Non averla vista a Milanello gli aveva fatto pensare che avesse fatto una scelta definitiva e quella scelta non era lui. Anche se la sera prima aveva mostrato di provare ancora qualcosa per lui, al dito portava un anello di fidanzamento e gli ribolliva il sangue nelle vene al solo pensiero che presto avrebbe sposato un altro. Poi era arrivata quella notizia terribile e da allora non era più riuscito a calmare il battito accelerato del suo cuore.

Samu gli parlava di stupidaggini per alleggerire l'atmosfera pesante, ma lui si limitava a formulare qualche verso, giusto per far vedere che era presente e che il ragazzo non stava parlando da solo. In realtà avrebbe tanto voluto partecipare alla conversazione, anche solo per distrarsi un attimo, ma la sua mente continuava a riportarlo a Eleonora. Non poteva restare un secondo di più senza vederla per sincerarsi che stesse bene.

Giunti all'ospedale Olivier si fiondò fuori dalla macchina, seguito da Castillejo. Il suo compagno di squadra ci teneva davvero ad Eleonora e, anche se Olivier era stato spesso geloso di quel rapporto, la verità era che avrebbe preferito vederla al fianco di Casti piuttosto che con Matteo. Aveva sempre avuto la sensazione che non fosse realmente felice con lui.

Sperò di non trovarlo in ospedale, soprattutto dopo la conversazione che avevano avuto la mattina, anche se nessuno avrebbe potuto fermarlo o impedirgli di vedere Eleonora.

«A che piano?»

«Quinto. Ora avviso Gabriella che siamo qui» rispose Samu mentre Olivier pigiava il dito sul tasto per chiamare l'ascensore.

Sbuffò, battendo più volte la pianta del piede a terra.

«Dai, stai calmo. Si è svegliata, sta bene» disse Samu, esasperato dalla sua agitazione.

Entrarono in ascensore.

Peccato che la faccia di Samu non sembrasse altrettanto rilassata come le sue parole. Si mordicchiava il labbro inferiore e continuava a tenere la fronte aggrottata.

Quando finalmente le porte dell'ascensore si aprirono sul quinto piano, si trovarono Gabriella davanti.

Samu l'abbracciò e la baciò sulle guance. Olivier si limitò a salutarla e a guardare impaziente verso il corridoio.

«Dov'è?»

«Olivier, mi ha chiesto di dirti che non vuole vederti» Gabriella lo guardò costernata.

Lui sbuffò. «C'è Matteo con lei, per caso?»

Lei scosse la testa. E allora perché Eleonora non voleva vederlo? Le ipotesi più strampalate gli passarono per la mente.

Samu lanciò uno sguardo al compagno di squadra, poi si rivolse serio alla ragazza, afferrandola per un braccio. «Come sta il bambino?»

Olivier concentrò la sua attenzione su Samu e sulla domanda che aveva appena fatto. Chi era il bambino? Era stato anche lui coinvolto nell'incidente? Era quello il pensiero che insisteva nella testa di Samu. Gabriella rivolse a Olivier uno sguardo abbastanza veloce ma bastò a fargli capire che c'era qualcosa che lo riguardava direttamente.

«Non ce l'ha fatta.»

Cominciò a sentire il sangue gelarsi nelle vene. «Di che bambino state parlando?»

«Merda.» Samu poggiò la mano sul braccio di Olivier. «Mi dispiace.» Lo avrebbe abbracciato se Olivier non si fosse scansato.

«Che cazzo state dicendo?» spostò lo sguardo tra i due, adirato.

Era uno scherzo, per caso? Perché tutti sapevano di questo bambino e lui no?

«Eleonora era...»

Non poteva stare a guardare un attimo di più quelle facce abbattute che lo fissavano, doveva vederla subito. «Vado da lei.»

Gabriella cercò di trattenerlo. «Aspetta, Olivier...»

«Non ti azzardare a fermarmi» la gelò con lo sguardo.

«Lascialo andare.» Castillejo la prese per mano. «Andiamo a prendere un caffè.»

Olivier percorse il corridoio come una furia, guardando a destra e a sinistra nelle stanzette, alla ricerca quasi disperata di quella giusta, quella nella quale avrebbe trovato lei. Eleonora era incinta, questo stava per dire Gabriella prima che la interrompesse.

Irruppe nella stanza e si bloccò a pochi passi dal letto. Eleonora aveva metà del volto tumefatto e un grosso cerotto sul lato destro, dallo zigomo alla tempia. Lo sguardo era rivolto verso il cielo ormai nero che spuntava da una piccola finestra. Sembrava stesse piangendo.

Quando si accorse di lui sbuffò. «Avevo detto a Gabriella di non farti entrare.»

Lui si avvicinò al letto senza smettere di guardarla, con una stretta al cuore e la voglia di fare a pezzettini chiunque l'avesse ridotta così. Voleva abbracciarla ma aveva il terrore di farle male e non sapeva nemmeno quali erano le zone interessate dall'incidente.

«Sai che non mi sarei arreso così facilmente. Come ti senti?»

«Sto bene, come puoi vedere. Grazie della visita.»

I loro occhi si incontrarono e Olivier trattenne il fiato per quanto dolore vi lesse dentro. Un dolore che piano piano si stava facendo strada anche verso il suo cuore. Le toccò la mano che giaceva abbandonata lungo il fianco.

«Cos'è questa storia del bambino?»

Eleonora gli scoccò un'occhiata risentita. «Chi te lo ha detto?»

Olivier in quel momento sentì un'emozione forte toccargli la bocca dello stomaco. Quindi era tutto vero. «Eri incinta?» Lei girò la testa dall'altro lato e serrò le labbra. «Era mio?»

Si pentì subito della domanda. Lo sguardo che Eleonora gli rivolse arrivò come una pugnalata nella pancia.

«No» rispose con freddezza. «Non sei l'unico con cui vado a letto.»

Olivier si lasciò andare a un sospiro e chiuse per un attimo gli occhi. Un figlio. Suo figlio. «Perché non mi hai detto di essere incinta?»

Il silenzio e la chiusura di Eleonora nei suoi confronti cominciarono ad innervosirlo. «Mi spieghi come mai Castillejo aveva il diritto di sapere che eri incinta di mio figlio e io no?»

Spazientita e dolorante, Eleonora cercò di sistemarsi meglio nel letto. «Ok, parliamone e chiudiamo questa storia una volta per tutte.» Olivier l'aiutò ad alzare la testiera e si sedette sul letto, di fronte a lei. Le prese la mano, ma lei la tolse subito. «Ho scoperto di essere incinta la settimana scorsa e non ero sicura di volerlo tenere.»

«E hai pensato che il mio parere con contasse nulla...»

«Olivier, mi vuoi far credere che saresti stato felice di ricevere la notizia? Saresti andato nel panico come ci sono andata io. Tu una famiglia ce l'hai già e avresti preferito proteggere loro piuttosto che...»

«Non è vero» la interruppe. «Un bambino è sempre una benedizione.»

«Certo, vallo a dire a tua moglie.»

«Matteo lo sapeva?» Ricordò quando, solo qualche ora prima, gli aveva detto di sapere molto più di lui. Ecco a cosa si riferiva.

«Sì.»

Fu sorpreso da quanta rabbia gli scatenò quella risposta. Il suo sguardo divenne freddo e la voce tagliente. «Lo sapevano tutti tranne il diretto interessato. Ti sei comportata da immatura e stronza, hai supposto che io non volessi avere niente a che fare con questo senza chiedere, senza dirmi nulla. Volevi abortire?»

Lei si aggrappò ai bordi del lenzuolo. «No. Avevo deciso di tenerlo.»

«Senza dirmi niente.» Olivier annuì stizzito. «È per questo che hai deciso di sposare Matteo, per fargli crescere mio figlio e giocare alla famiglia felice?»

«Non lo sapeva quando mi ha chiesto di sposarlo. Gliel'ho detto ieri sera, dopo che...» si morse le labbra, trattenendo le lacrime. Lo guardò per qualche istante senza riuscire a parlare. «Te lo avrei detto. Stavo per farlo ieri.»

Oli le accarezzò i capelli, gli occhi si gonfiarono di lacrime. «Mi dispiace» sussurrò, abbassando la fronte sulla sua. Poteva capire la situazione difficile in cui si era trovata e anche la paura che doveva aver provato. Continuava a non fidarsi di lui e in fondo era anche colpa di Olivier, per non essere stato in grado di fare una scelta definitiva tra lei e Jen. «Ti amo e lo avrei voluto questo bambino. Avremmo trovato una soluzione, Jen avrebbe capito.»

Una risatina di scherno gorgogliò dalla gola di Eleonora mentre si scostava da lui. «È molto protettiva nei confronti della sua famiglia. Ma può stare tranquilla, questa è l'ultima volta che ci vediamo.»

Olivier continuò ad accarezzarle delicatamente la testa. «Lo diciamo sempre e ancora non ci siamo riusciti. Quello che proviamo è più forte di tutto.»

«Stavolta è diverso, stavolta mi sono fatta troppo male.»

«Perché mi respingi? Io voglio starti vicino, non devi affrontare tutto questo da sola. E non dirmi che c'è Matteo, lui non sa niente di quello che abbiamo noi.»

Lei sospirò, come esasperata. «Qualsiasi cosa ci sia stata tra di noi non ha più motivo di esistere. Guarda che abbiamo fatto...» indicò i tubi e i fili a cui era attaccata e la stanza di ospedale.

Era come se lo stesse colpevolizzando per quello che le era capitato. Come se stesse colpevolizzando entrambi, una punizione per aver intrapreso una relazione proibita. Olivier questo non poteva accettarlo, non poteva considerare sbagliato quello che c'era tra loro. «Che colpa ne ho io se un pazzo ti ha investita? Che colpa ne hai tu? Non puoi davvero pensare che...»

Lei gli scoccò un'occhiata che gli fece raggelare il sangue nelle vene. Le parole rimasero bloccate in gola e uno strano presentimento si insinuò agli angoli del pensiero cosciente, una sensazione di paura e panico.

«Hai parlato con Jen oggi?» La sua voce gli arrivò dura e secca. Una conferma. Ma non poteva essere realmente così.

Deglutì, sotto lo sguardo fisso di Eleonora, cercando di non mostrare la preoccupazione per sua moglie. «Perché?»

Eleonora guardò verso il soffitto e una lacrima le rigò la guancia. Olivier seguì la sua scia fino al collo delicato. Sentiva il cuore battergli forte contro le costole.

«Oggi è venuta a trovarmi.»

Olivier chiuse gli occhi e il suo corpo cominciò a tremare. Si alzò di scatto, camminando per la stanza. «Che voleva?»

«Che smettessi di venire a letto con te.»

Gli veniva da vomitare. «E poi?» La guardò sapendo già la risposta.

Ma Eleonora si limitò a fissarlo. «E poi?» insisté lui, alzando la voce.

Lei scoppiò a piangere e Olivier si lasciò cadere sulla sedia, completamente paralizzato. Si tenne la testa, ascoltando i singhiozzi di Eleonora. Come era potuta arrivare a tanto? Non si capacitava, la testa volava via, rifiutava la verità che aveva davanti agli occhi.

«Mi dispiace. È tutta colpa mia, Ele, è tutta colpa mia.» Le andò vicino e le asciugò le lacrime. «Io la lascio, ti giuro che la lascio.»

Per la prima volta da quando era entrato in quella stanza, Eleonora cercò un contatto fisico con lui. Gli strinse la mano e poi gli accarezzò il viso. «Oli, ascoltami, tra me e te è finita. Torna dalla tua famiglia e fa' come se non fossi mai esistita.»

«Che cazzo dici, Ele? Come posso fare finta di niente?»

«Per favore, rispetta la mia decisione. Non ti voglio vedere mai più. Adesso vai, sono stanca, mi sta scoppiando la testa.»

Olivier si sentiva a pezzi, sentiva tutta la sua vita sgretolarsi e cadere in un mucchio di cenere al suolo. Il bambino morto, sua moglie che si era trasformata in una pazza assassina, e in tutto ciò sentiva di essere l'unico responsabile. Guardò il volto tumefatto e sfinito di Eleonora e capì che stavolta non era come tutte le altre volte, stavolta lei ne era uscita fuori troppo distrutta. Le sarebbe servito tanto tempo per ricucire tutte le ferite interne e la sua presenza non era gradita.

La baciò sulle labbra, perché non poteva immaginare un addio senza sentire ancora il suo sapore, e lei non si oppose.

Poi uscì veloce dalla stanza, diretto verso casa con un unico pensiero in testa. Anche se Eleonora non voleva avere più niente a che fare con lui, Olivier doveva lasciare Jen.

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