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37. Trappola

Eleonora tirò fuori le buste della spesa dal portabagagli e chiuse la macchina col telecomando. Non aveva chiuso occhio e nel pomeriggio sarebbe dovuta andare a Milanello sapendo che Olivier si aspettava che parlassero. Aveva ricevuto un suo messaggio nel cuore della notte in cui le chiedeva di poter parlare dopo gli allenamenti.

Non aveva risposto.

Glielo doveva dire, certo, ma non si sentiva ancora pronta. Non sapeva neanche che fine avesse fatto Matteo, se era già tornato a Roma o era ancora a Milano. E voleva parlare anche con lui, a mente fredda.

Fece qualche passo prima di accorgersi che c'era una donna che la osservava. Portava dei grandi occhiali da sole neri, un cappello di lana e un lungo giubbino scuro, ed era appoggiata al cofano di un grosso suv nero.

La donna le venne incontro. Una strana sensazione strisciò sottopelle, come ad avvertirla del pericolo che si trovava proprio di fronte a lei. Solo quando furono a pochi metri di distanza si rese conto che si trattava di Jen. Cominciò ad agitarsi. Tutti i suoi sensi le urlavano di tornare indietro e scappare lontano.

Jen si fermò di fronte a lei, sfilandosi gli occhiali da sole. «Ciao, Eleonora. Ti ricordi di me? Ci siamo conosciute ieri sera, sono la moglie di Olivier.»

Eleonora le sorrise, per mascherare la tensione che cresceva ad ogni secondo. «Certo che mi ricordo. Come mai da queste parti?»

«Ti stavo aspettando. Dovrei parlarti.»

«Riguardo a cosa?»

«Olivier. Devi smetterla di andarci a letto.»

Eleonora pregò di non aver udito bene. «Come, scusa? Non credo di aver capito bene.»

Jen la guardò sprezzante. «Hai capito molto bene, invece. So della vostra relazione.»

Era tutta colpa di Olivier, che con il comportamento inappropriato della sera prima l'aveva messa in quella situazione imbarazzante e umiliante, e ora si trovava a doversi giustificare davanti a sua moglie. Con il volto che piano piano perdeva colore e la bocca secca disse: «Guarda che ti stai sbagliando. Se è per ieri sera...»

Jen si fece ancora più vicina. «Stammi bene a sentire, Eleonora, lui è mio marito, abbiamo dei figli. Credi davvero che lascerà la sua famiglia per stare con te? Quindi fammi il favore, togliti di mezzo e lasciaci in pace.»

I sensi di colpa lasciarono il posto a un pizzico di orgoglio. «Non so cosa credi di sapere, Jen, ma non ti permetto di parlarmi in questo modo.» Serrò la mascella e si spostò di lato, per continuare a camminare. Jen le bloccò la strada.

«Credi di essere l'unica? Non è la prima volta che Olivier fa una cosa del genere, e alla fine è sempre tornato a casa» ruggì. Era una donna ferita che cercava di marcare il proprio territorio e magari di tenere unita la propria famiglia.

«Davvero? Allora perché ti sei scomodata a venire fin qui per dirmelo? Risolvi le cose con tuo marito, non con me.»

«Olivier mi ha detto tutto.»

Cosa aveva detto Olivier a Jen esattamente? Forse il messaggio che le aveva mandato si riferiva proprio a questo, al fatto che le avesse confessato la relazione con lei. «Ti ha detto anche che è finita?»

L'espressione di Jen le fece capire che Olivier non le aveva detto nulla e che era stata proprio lei a confermare quelli che erano solo dei sospetti. Vide i suoi occhi inumidirsi e i tratti del volto diventare meno severi e più tristi.

«Ieri sera non sembrava così.»

«Mi dispiace.» Eleonora voltò le spalle a Jen e prese un respiro profondo per calmarsi e ricacciare indietro le lacrime.

Si incamminò a passo svelto verso il portone del palazzo. Non aveva mai pensato alla prospettiva di Jen, a come potesse sentirsi lei. Si era sentita in colpa perché Olivier era sposato, aveva sofferto al pensiero di doverlo lasciare andare in un futuro non troppo lontano, ma mai aveva provato a pensare cosa potesse significare per Jen essere tradita. E ora che aveva letto nel suo sguardo quanto dolore aveva causato tornò a pensare che forse era meglio che Olivier non sapesse niente del bambino.

Avrebbe lasciato il lavoro dei suoi sogni e se ne sarebbe andata da Milano, se necessario. Udì la portiera della macchina chiudersi bruscamente, il motore ruggire forte. Aveva gli occhi appannati e tutto il corpo tremava, scosso da una serie di emozioni. Non si accorse di quello che stava accadendo fino a quando non fu troppo tardi. Si voltò un istante prima di venire travolta dalla macchina di Jen.

L'impatto fu violento, fu scaraventata sul cofano, colpì il parabrezza e finì a terra, di schiena. I polmoni si svuotarono di colpo, lasciandola senza fiato. Sotto shock non sentiva niente, batteva convulsamente le palpebre guardando il cielo carico di nuvole scure, cercava di respirare ma non ci riusciva. Sentì il suono di un clacson, il rumore degli pneumatici che stridevano sull'asfalto. Non riusciva a percepire il suo corpo.

Qualcuno si inginocchiò al suo fianco, le toccò piano la testa. «Eleonora, riesci a sentirmi?»

Spostò lo sguardo su un paio di occhi scuri, preoccupati. Riconobbe il suo vicino di casa, il signor Mario.

«Non preoccuparti, sta arrivando l'ambulanza, è tutto a posto» continuò lui. «Stai tranquilla, ok? Stanno arrivando. Sono riuscito a prendere il numero di targa di quel bastardo.»

In un attimo di lucidità la sua mente le disse che nessuno avrebbe dovuto sapere che la moglie di Olivier aveva fatto una cosa del genere. Le conseguenze sarebbero state troppo gravi per Olivier e per i suoi bambini. Con uno sforzo immane, Eleonora gli strinse il braccio. «No.» Gli occhi allarmati incontrarono quelli confusi di lui. Parlare era doloroso, ad ogni respiro sentiva delle coltellate nell'addome. «Non darlo a nessuno.»

Il signor Mario le prese la mano e non nascose il suo turbamento. «Lo conosci?»

«La targa non darla a nessuno» ripeté lei convulsa, riuscendo a stento a buttare fuori le parole. «Per favore.»

«Va bene, va bene, va bene. Non agitarti, respira piano.»

Il dolore cominciò ad aumentare, la tempia e il viso bruciavano nei punti in cui aveva impattato con il parabrezza, ogni minimo respiro era una tortura, i crampi si irradiavano dal basso ventre fino alla schiena. Cercò di rimanere aggrappata alla voce del signor Mario che non smetteva di parlarle e di rassicurarla, cercò di tenere gli occhi aperti, ma la mente scivolò via e i pensieri divennero un garbuglio di paura di morire e voglia di continuare a vivere, fino a quando non perse i sensi. 

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