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34. Abbiamo fatto un casino

Eleonora chiuse con forza gli occhi. Sentiva il cuore battere all'impazzata e il suo respiro corto, nella testa un'unica martellante domanda: e adesso? Si massaggiò la fronte e piano piano aprì di nuovo gli occhi, sperando di non aver visto bene... invece no, aveva visto benissimo e quel maledetto test era positivo.

Lo gettò nel cestino e andò a stendersi sul letto, fissando il soffitto. Era incinta, di Olivier. Fu assalita dal panico e per un attimo non riuscì a respirare. Le lacrime le appannarono la vista, per poi scorrere calde lungo le tempie. Quella storia era stata una pessima idea fin dall'inizio e adesso doveva pagarne le conseguenze da sola.

D'istinto, afferrò il cellulare e chiamò Matteo. Lui rispose immediatamente, senza neanche darle il tempo di realizzare quello che stava facendo.

«Eleonora?»

La sua voce la calmò per pochissimi istanti, poi tutto il peso della realtà tornò a schiacciarla. Si schiarì la gola. «Matteo, ciao. Che fai?»

«Sono al lavoro, perché? È successo qualcosa? Tu dove sei?» Sembrava sorpreso e un po' preoccupato.

«No, non è successo niente, sono a casa. Mi stavo solo chiedendo se ti andrebbe di venire con me alla cena per l'anniversario della fondazione del Milan.»

Dall'altro capo il silenzio si protrasse per un tempo interminabile. «Beh, se non ti va non c'è problema» si affrettò a dire.

«Non è quello, è che... vorrei sapere a che gioco stai giocando. Mi lasci e poi mi chiedi di accompagnarti alla serata del Milan. Io provo dei sentimenti per te, non sono pronto ad essere tuo amico.»

Eleonora si morse il labbro. «Non te lo sto chiedendo come amico.»

«Beh, questo cambia tutto.» Un sospiro, era certa che stesse sorridendo.

«Se non ti va lo capisco.»

«Ascolta, tra poco sono in onda. Ti va se ti chiamo più tardi e ne parliamo?»

«Certo. A dopo.»

«A dopo.»

Lasciò andare il telefono sul letto e fece scivolare la mano sulla pancia, tenendola lì. C'era un bambino sotto le sue dita, dentro di sé. Un esserino che sarebbe cresciuto a poco a poco. Era spaventata e inquieta all'idea di doverlo dire ad Olivier, soprattutto dopo la loro discussione. Sembrava fatto apposta, un ricatto per tenerlo legato a lei per sempre.

Non voleva dirglielo, ma se avesse deciso di tenerlo, prima o poi Olivier lo avrebbe saputo. Temeva che lui potesse chiederle di abortire, mentre quella era una decisione che spettava solo a lei e non voleva condizionamenti.

Matteo poteva rappresentare la sua unica salvezza e quel pensiero era andato formandosi nella sua testa man mano che parlava con lui. Voleva solo invitarlo alla cena appena aveva preso il telefono in mano. Non la spaventava diventare una mamma single, la spaventavano tutte le domande che sarebbero arrivate e con Matteo al suo fianco sarebbe stato tutto più semplice da affrontare, più lineare. Si erano lasciati per un breve periodo ma poi avevano deciso di tornare insieme e metter su famiglia. Poteva funzionare.

Dio, stava davvero prendendo in considerazione di tenere il bambino?

Matteo però doveva sapere che non era figlio suo, non era stupido, avrebbe fatto due più due. Le sarebbe stato accanto lo stesso, ne era certa, ma doveva sapere la verità. Mentirgli non era un'opzione da prendere in considerazione.

Aveva ancora un po' di tempo per decidere la strada da prendere, ma in ogni caso sapeva già che la sua vita non sarebbe stata più la stessa, lei non sarebbe stata più la stessa.

***

Fermo davanti alla porta dell'appartamento di Eleonora, Olivier fissava il campanello.

Che cosa stava facendo? Non era meglio lasciare le cose così e chiudere una volta per tutte? Tanto più che il giorno seguente sarebbe arrivata anche Jen con i bambini. Quale momento migliore per gettarsi tutto alle spalle...

Ma qualcosa lo aveva spinto ad andare da lei di nuovo, nonostante la sua chiara volontà di non rivederlo più. Sentiva di doverle parlare come non era stato possibile fare quella mattina. Suonò al campanello e attese. Sperava tanto che non gli sbattesse la porta in faccia.

Quella, però, rimase chiusa. Suonò di nuovo. Dall'interno non sentiva nessun rumore. Possibile che fosse uscita? Con Matteo no, lo aveva visto in televisione. Forse con la sua amica. Ma non aveva la minima idea di dove potessero essere andate e di certo non avrebbe atteso lì tutta la sera come un deficiente. Che poi lo era, un deficiente. L'aveva trattata in modo meschino solo perché ancora voleva credere di poter avere tutto. Non aveva tenuto minimamente conto dei sentimenti di Eleonora e ora che se ne era reso conto era impalato davanti alla sua porta per chiederle scusa, per tutto.

Tirò fuori dalla tasca il cellulare e aprì la schermata dei messaggi. Fu in quel momento che ebbe l'illuminazione. Si ricordò che dopo l'allenamento aveva visto Samu Castillejo uscire dalla macchina di Eleonora e qualche ora prima, quando Brahim aveva scritto nella chat di gruppo se c'era qualcuno per giocare online Samu aveva risposto che sarebbe uscito con degli amici. Aveva scritto anche il nome del locale dopo che qualcuno glielo aveva chiesto. Dopotutto sapeva che l'amica di Eleonora usciva con Samu, forse erano in quel posto. Avrebbe fatto un tentativo, dopodiché, se non l'avesse trovata neanche lì, le avrebbe scritto un messaggio chiedendole di poterle parlare.

Digitò sulla mappa il nome del locale e si incamminò.

Era un posto particolare, colori scuri sulle pareti, poco illuminato, ambienti pieni di colonnine, piante, statuette. La musica era abbastanza alta. Olivier si fece strada tra i tavolini e i divanetti fino a quando non individuò la ragazza che cercava in un angolo più appartato del locale. C'era anche un paravento che li nascondeva parzialmente alla vista degli altri avventori.

Eleonora era seduta accanto a Samu e ad un'altra ragazza che però non era la sua amica. Al tavolo c'erano anche altre persone, perlopiù ragazzi. In tutto erano una decina. Sembravano divertirsi. Proprio mentre sorrideva a una battuta di Samu, voltò la testa verso di lui e incrociò il suo sguardo. In un attimo la sua espressione cambiò e la sua mano corse sul braccio di Samu. Anche il suo compagno di squadra guardò verso di lui. Alzò la mano per salutarlo, sorridente, e poi di rivolse a Eleonora, parlandole mentre Olivier si avvicinava. Sembrava volerla trattenere.

Non riusciva a capire come facesse Eleonora a rapirlo così ogni volta. Sembrava che lo catapultasse in una realtà parallela dove esistevano solo loro due e niente più. Lui vedeva solo lei, voleva solo lei. Il cuore gli batteva come dopo una seduta di allenamento intensa. Si sentiva agitato, infilò le mani in tasca impacciato.

«Buonasera ragazzi» esordì. Udì un coro di saluti, Samu gli chiese qualcosa ma lui guardava solo Eleonora che stava raccogliendo il suo cappottino e la sua borsa. «Posso parlarti un attimo?»

Lei si alzò e gli fu vicina. «Sto andando a casa.»

«Ti accompagno io.»

Eleonora gli rivolse uno sguardo risentito. «Proprio non ne vuoi sapere di lasciarmi in pace, eh?»

Fece un passo in avanti ma Olivier le ostruì la strada. «Aspetta, per favore. Dammi solo un minuto.»

Eleonora serrò le labbra e sollevò gli occhi su di lui. La sua bellezza gli feriva il cuore. Lo odiava, senza ombra di dubbio. I suoi occhi erano ostili, si ritraevano sotto lo sguardo attento di Olivier. Annuì rapida e si incamminò verso un altro angolo del locale dove non c'era nessuno. Lui provò a sedersi ma lei rimase in piedi e incrociò le braccia, in attesa.

Oliver avrebbe voluto accarezzarle la guancia. La fissò per alcuni attimi.

«Non riesco a sopportare di vederti così. Sapere che è solo colpa mia se siamo in questa situazione...» Il silenzio di Eleonora fece crescere la sua agitazione. «Oggi mi hai dato dell'egoista e hai ragione. Sono un egoista perché non riesco a rinunciare a te anche se dovrei. Dovrei lasciarti andare alla tua vita, dovrei smetterla di desiderarti in questo modo. Ma non posso. Io sono innamorato di te, Eleonora.» Lei schiuse leggermente le labbra e abbassò lo sguardo, uno, due secondi. Quando tornò a guardarlo non c'era più astio nei suoi occhi, che però restavano tristi. Olivier si avvicinò di un passo. La guardò con ardore. «Tu mi hai strappato il cuore dal petto e lo hai fatto tuo. Non posso pensare di non vederti più, di non poter parlare più con te. Ora non vuoi vedermi e va bene, va bene. Sono costretto ad accettarlo. Però almeno perdonami per quello che è successo l'altra sera. Tutto quello che sento per te è vero, è forte e mi manda in confusione, per questo ho perso la testa. Non cerco una scusa, cerco solo il tuo perdono. Ti ho ferita e mi dispiace.»

Lei poggiò la testa contro la parete e sospirò, scuotendo la testa. «Vedi Olivier, con te ho sbagliato tutto dall'inizio. Non avrei dovuto lasciarmi andare, non avrei dovuto permetterti di entrare nella mia vita, di stravolgerla. Adesso ho il cuore a pezzi e nonostante tutto sei l'unico che vorrei al mio fianco.» Le sue labbra si curvarono in un sorriso delicato. Olivier sentiva l'urgenza di rubarle un bacio proprio lì. «Ma l'altra sera sei stato chiaro e quindi niente ha più senso per me» continuò, facendo scivolare le mani dietro la schiena, contro il muro. «Non posso continuare in questo modo.»

«Quindi era la speranza che volevi. Tu speravi che io lasciassi mia moglie.»

«No, Olivier, ho sempre saputo che prima o poi tutto questo sarebbe finito. È piuttosto il modo in cui mi hai fatto sentire. Avevi una rabbia negli occhi... come se io volessi portarti via tutto. Come se...» Le si incrinò la voce e si fermò un istante, per schiarirla. «Non voglio più provare quelle sensazioni. Magari tra qualche tempo riusciremo a parlare di nuovo e ad essere amici.»

Lui scosse energicamente la testa. «Non so se ci riuscirò mai.» Olivier si avvicinò ad Eleonora e con le dita le scostò i capelli dal volto facendosi sempre più vicino. Non poteva pensare di restare suo amico quando la desiderava in modo così forte, così carnale. Quando l'unica cosa che voleva era baciarla. Sì chino su di lei. «Non hai idea di quanto ti desidero in questo momento. È così forte questo desiderio e ho paura che non finirà mai. Hai ragione, forse non saremmo dovuti entrare in questa situazione. Io credevo che sarebbe finito tutto presto, che sarebbe sfumato tutto velocemente, invece sono qui, ora, più preso che mai, che ti desidero come la prima volta. Anzi, molto molto di più.»

Poggiò la fronte su quella di Eleonora e i loro sospiri si intrecciarono. Lei chiuse gli occhi, Olivier le sfiorò le labbra con le proprie.

Lo allontanò, umettandosi la bocca. Batté le palpebre, poi alzò gli occhi su di lui.

«Devo farti una domanda. Tu ami tua moglie?»

Olivier si rimise dritto e fece di sì con la testa, serio. «La amo. Capisco che sia difficile da comprendere, ma è così.»

Eleonora annuì.

«Posso fartela anche io una domanda? Sei tornata con Matteo?»

«No, ma... è complicato. Non è perché non voglio stare da sola o cose del genere.» Gli occhi vagarono per la stanza. «L'altra sera è venuto da me e mi ha fatto bene parlare con lui, respirare un po' di tranquillità. Probabilmente se io e te non avessimo discusso ci avrebbe trovati insieme... ma è arrivato proprio quando ne avevo più bisogno. E adesso è tutto così complicato e io non so come venirne fuori...» si fermò e si portò una mano alle labbra, tormentando un'unghia. «Abbiamo fatto un casino, Olivier.»

Lui le accarezzò le braccia. «Ehi, non dire così. Abbiamo fatto solo quello che volevamo.»

Ma Eleonora scosse la testa e gli occhi le si inumidirono. «Devo andare adesso» disse scontrosa, sottraendosi alle sue carezze.

«Ti accompagno io.»

«No.»

La trattenne per il polso. «Ele...»

«Olivier, non rendiamo le cose più difficili.»

I suoi occhi erano un misto di tristezza e malinconia. Dopo un lungo istante la lasciò andare e fece un cenno di assenso con la testa. La seguì con lo sguardo fino a quando non uscì dal locale, poi si sedette e ordinò da bere.

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