29. Chiusure
Gli era capitato di immaginarla accanto a sé al suo risveglio, quando il letto era troppo freddo e lui solo, con il ricordo di quello che avevano fatto la sera prima. Si svegliava spesso con la voglia di averla ancora tra le braccia e cercava di riportare alla mente il suo profumo delicato. Assomigliava a quello di una violetta bagnata dalla rugiada.
Quando Olivier aprì gli occhi, quella mattina, lei non era un'immagine nella sua testa, era reale. Calda e morbida. La osservò qualche istante prima di avvicinarsi e stringerla a sé.
Eleonora stava dormendo. I suoi occhi si aprirono e, assonnati, lo cercarono. Sorrise.
«Buongiorno.»
«Bonjour.» Olivier la baciò sulla guancia, indugiando con la punta del naso sul suo viso.
Una volta Eleonora gli aveva detto che non avrebbero mai dormito insieme, che era troppo intimo. In quel momento aveva sorriso e non aveva dato troppo peso alle sue parole. Ora capiva cosa voleva dire. La bellezza del suo viso rilassato gli riempiva il cuore di emozione, vibrava delicata sotto la pelle e lo faceva sentire felice.
Le diede un bacio sulle labbra, poi un altro e un altro ancora. Le accarezzò la guancia.
«Devo andare.»
Eleonora si sistemò meglio nel letto, contrariata. «Te ne vai già?»
Olivier uscì dalle coperte. «Passo a casa a prendere le mie cose e poi vado al campo. Ci vediamo lì?»
Lei scosse la testa, accennando un sorriso. La notte prima erano andati a dormire tardi e lei aveva ancora bisogno di riposo, gli occhi erano pesanti. «Oggi sono libera.»
«Ah, signorina... dove te ne andrai oggi? A fare shopping o...»
«A Roma.»
Eleonora tenne gli occhi nei suoi ma Olivier non riuscì a sostenere a lungo quello sguardo. Lei voleva vedere la sua reazione e lui voleva nascondergliela. Non era bello quello che stava pensando. Era deluso e arrabbiato. Dopo tutto quello che avevano vissuto la sera precedente, Eleonora se ne andava dal suo ragazzo come se niente fosse.
«Quindi stasera non ci vedremo?» riuscì a dire, mentre si rivestiva.
«Torno domani.»
Dopo diversi attimi, si voltò a guardarla e cercò di distendere le labbra in un sorriso. «Va bene. Buon viaggio.» Si sporse per baciarla e poi andò a raccogliere le altre sue cose.
Olivier uscì proprio mentre il cellulare squillava. Attivò la videochiamata e sullo schermo comparve il volto della sua bambina, tutta sorridente.
«Papi, buongiorno!»
«Buongiorno amore di papà. Stai andando a scuola?»
«Sì.»
«Dove sei?» Era stata Jen a parlare, la vide comparire sullo schermo.
«Sto andando a prendere la macchina, vado a fare allenamento.»
«Così presto?»
«Devo vedere il fisioterapista prima.»
«Ti sei fatto male?»
«Un po' di fastidio al muscolo, non è nulla.»
«Va bene dai, fammi sapere. Porto i bimbi a scuola.»
«Ok, ci sentiamo dopo.»
Si infilò in macchina e prese un bel respiro.
Non riusciva neanche più a definirlo un casino tutto quello che stava vivendo. La sera prima Eleonora aveva parlato di ossessione ma non era di questo che si trattava. Era di più, era molto di più.
Era stato scritto nelle stelle che loro due si sarebbero incontrati. Eleonora riempiva una parte di lui che non sapeva nemmeno di avere fino a quando non l'aveva incontrata. Quel primo giorno a Milanello dentro di lui era scattato qualcosa e se non l'avesse incontrata avrebbe vissuto una vita a metà.
Jen non avrebbe mai compreso un discorso del genere e perfino lui non lo comprendeva fino in fondo. Razionalmente era difficile da accettare eppure lo sentiva nel profondo del suo cuore. Non avrebbe potuto rinunciare né all'una né all'altra, inevitabilmente una parte di lui sarebbe avvizzita.
Inevitabilmente, prima o poi sarebbe accaduto e lui non aveva nessuna intenzione di accelerare tale processo.
***
Quella di andare a Roma era stata una decisione maturata all'ultimo momento. Durante la notte aveva sentito Olivier accanto a lei, la pelle contro la sua, il respiro regolare, il suo odore dappertutto. Aveva pensato a loro due, alla piega che stava prendendo la loro relazione. Non c'era più niente che la tenesse legata a Matteo. Ora Olivier dormiva anche nel suo letto e non voleva cambiare nulla di quello che avevano vissuto insieme.
Matteo meritava una donna che lo amasse completamente, non una che pensava costantemente ad un altro.
Arrivò a casa di Matteo nel primo pomeriggio. La sua sorpresa fu grande, non si aspettava di vederla. La abbracciò stretta, facendo vacillare per un attimo la determinazione di Eleonora. Ma orami aveva preso una decisione e intendeva arrivare fino in fondo.
Poggiò la borsa sul divano e guardò il salottino con la malinconia nel cuore.
«Non mi aspettavo di vederti qui a Roma, pensavo che ti saresti riposata oggi.» Matteo la osservò, cogliendo subito la sua espressione. Perse il sorriso e rimase fermo vicino alla porta, aspettando.
Eleonora si fece coraggio. «Sono venuta per parlare con te.»
«Di cosa?»
«Di noi.» Guardò in basso, verso le punte dei piedi. «Non so più cosa voglio. Ho bisogno di stare da sola.»
Lui sbuffò, infastidito da quelle parole. «Hai un altro, non è così?»
Eleonora scosse energicamente la testa. «No.»
«Io credo di sì. È da quando sei partita che hai cominciato a comportarti in modo diverso.»
Aveva ragione, era dal giorno in cui aveva messo piede a Milanello che lei e Olivier non erano più riusciti a togliersi gli occhi di dosso. Si erano baciati e poi avevano cercato di non cedere a quella continua tentazione ma non ci erano riusciti.
«Matteo, io ti amo.» Lui la osservava senza lasciar trasparire nessuna emozione. Stava soffrendo e lei lo sapeva, si nascondeva sempre quando soffriva. «E proprio perché ti amo voglio che tu sia felice. In questo momento non posso darti quello che meriti.»
Matteo serrò la mascella e scosse la testa. «Non penserai certo che creda alla storia dello stress, del periodo complicato... ormai sei a Milano da due mesi, ti sei ambientata benissimo, al lavoro ti rispettano tutti, hai anche legato con alcuni giocatori e stai scrivendo un libro insieme a Giroud. Va tutto bene nella tua vita, sono solo io che non vado più bene, giusto?»
Eleonora sollevò una mano per fermarlo. «Aspetta un attimo. Non mi piace quello che stai cercando di dire. Tu sei una delle persone più importanti della mia vita, come puoi pensare che solo perché la mia carriera ora sta andando a gonfie vele io non voglia più stare con te?»
«Perché stai gettando nel cesso due anni di relazione con una leggerezza incredibile. O c'è un altro o sei la persona più superficiale che abbia mai conosciuto.»
«Preferiresti che restassi con te pur sapendo che non sento più quello che sentivo prima?»
Matteo chiuse per un istante gli occhi. «No, Eleonora. Dopo questo bel discorsetto non ho più nessuna intenzione di stare con te. Giusto cinque minuti fa hai detto che mi ami e ora dici che non senti più quello che sentivi prima...»
«Ti amo in modo diverso.»
«Oddio. Per favore smettila di parlare. Anzi, vattene. Tornatene a Milano, sparisci dalla mia vita per sempre.»
Le si formò un grumo alla gola, cresceva e faceva male man mano che tentava di trattenere le lacrime.
«Ho detto vattene, Eleonora. Non abbiamo più nulla da dirci.»
Si avviò verso la porta, non aveva nemmeno più il coraggio di guardarlo negli occhi. Un istante prima di toccare la maniglia Matteo rovistò nel cestino delle chiavi e le mise in mano qualcosa. Erano le chiavi del suo appartamento, Matteo se ne prendeva cura mentre lei era a Milano. Incontrò i suoi occhi. Erano così vicini in quel momento, eppure lontani anni luce. Lui era gelido, impenetrabile. Avrebbe voluto dire qualcosa, che le dispiaceva, che non immaginava che sarebbe arrivata a quel punto. Ma la bocca rimase chiusa e il nodo in gola sempre più grande.
Andò via senza dire niente e quando fu lontana permise alle lacrime di bagnarle il viso. Non era stato facile, né bello. Aveva sentito la sofferenza di Matteo come se fosse la sua.
Vagò per Roma senza fermarsi da nessuna parte. Camminò, confondendosi tra la gente, i turisti. Il peso sul cuore andava man mano alleggerendosi. Adesso non si sarebbe più sentita in colpa con Matteo, era libera di esplorare la storia con Olivier senza tormenti.
Sola, nel suo appartamento, prese il cellulare e scrisse un messaggio a Olivier.
- Che fai?
Lui rispose dopo qualche minuto.
- Sei già tornata?
Era una domanda lecita. Lei gli aveva imposto di non scriverle quando era a Roma con Matteo.
- No, sono ancora a Roma.
- Come mai non sei con lui?
Un'altra domanda. Olivier probabilmente era teso.
- L'ho lasciato.
Contò i secondi prima della risposta con il cuore a mille. E se lui fosse andato nel panico a questa notizia? Se l'avesse presa come una richiesta a fare lo stesso? Non ne avevano mai parlato perché non c'era niente da dire, Eleonora sapeva che Olivier non avrebbe mai lasciato sua moglie. Finalmente il telefono trillò.
- Ho voglia di abbracciarti. Torna presto a Milano, mi manchi già tanto.
Eleonora sorrise fissando il telefono. Anche lui le mancava tanto. Era incredibile come Olivier fosse diventato importante per lei. Sapeva ascoltarla e farla sentire protetta, nonostante la loro fosse una relazione clandestina ed era consapevole che non sarebbe mai stata la prima scelta di Olivier. E poi era dannatamente sexy, tutto in lui era sesso allo stato puro, dallo sguardo, alla voce calda e suadente, alle labbra che si arricciavano maliziose.
La voce della coscienza arrivò in fretta a morderla, facendole perdere il sorriso. Possibile che era così stupida da essersi innamorata di un uomo sposato? Possibile che era felice di essere un'amante?
Aveva appena chiuso una relazione sana per correre tra le braccia di un uomo che non le avrebbe mai potuto dare quello che meritava, quello che voleva davvero: una famiglia.
Ma che colpa ne aveva se si era innamorata di Olivier? Che colpa aveva se non voleva rinunciare a lui?
Emise un lamento e incrociò le braccia sugli occhi, cercando di scacciare quei pensieri.
Non ci riuscì.
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