28. Resto
Olivier le sorrise con gli occhi prima ancora che con la bocca. Eleonora lo lasciò entrare sentendo il cuore a mille. Erano tornati a Milano e lei non era riuscita a dirgli di no quando le aveva detto che sarebbe passato per parlare.
Parlare. Lo sapevano entrambi che avrebbero fatto tutto fuorché parlare. E poi che senso aveva parlare con le parole quando erano i loro corpi a farlo?
C'era già tutto nei loro baci, nel modo in cui si toccavano e si guardavano.
Olivier si sfilò la giacca e la poggiò sulla spalliera della poltroncina. Continuò a guardarla mentre tirava fuori dalla tasca un pacchettino rettangolare avvolto in una carta nera satinata e un fiocchetto rosa antico.
Eleonora aggrottò la fronte. «Cos'è?»
«Ti ho preso una cosa.» Olivier le porse il pacchetto. «Aprilo.»
Lei esitò un istante prima di prendere il regalo, sfiorando le sue dita. Cercò di mascherare il tremore alle mani muovendole veloci, strappando la carta. Le si fermò il respiro in gola quando vide la preziosa custodia di una Montblanc. Alzò gli occhi su di lui prima di sollevare il coperchio.
«Mi hai regalato una penna stilografica Montblanc? Sei pazzo!» Tornò a guardare la penna. Era splendida, adagiata su un cuscinetto di velluto color panna. Nera, con rifiniture in oro e le sue iniziali incise sulla clip.
«Ti piace?»
«La adoro. Credo di non aver mai avuto niente di così prezioso.»
Olivier ridacchiò. «Ti servirà per firmare gli autografi sui libri.»
Le infilò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e seguì il profilo della mascella con le dita. Eleonora gli circondò la vita e lo baciò. Sentiva il cuore esploderle di una gioia infinita, come se avesse ritrovato l'amato che aveva temuto di perdere per sempre. Non doveva provare quei sentimenti per Olivier, lo sapeva. Ma spense il cervello e si abbandonò a quell'amore proibito che la faceva sentire di nuovo viva. Le lingue giocarono a rincorrersi per un po', riscaldando il sangue nelle vene.
«Grazie Oli, non avresti dovuto» disse, con le braccia ancora attaccate al corpo di Olivier.
Lui scrollò le spalle. «Mi ha fatto piacere.» Sciolse l'abbraccio e andò a sedersi sul divano. «Allora...non mi offri da bere?»
Eleonora percorse con lo sguardo tutta la sua figura, le gambe leggermente allargate, le braccia rilassate, le lunghe dita piegate pigramente su se stesse. Più che bere, lei voleva qualcos'altro.
«No.»
Olivier fece schioccare la lingua sul palato, sollevò le sopracciglia. «No? A Samu offri da bere quando viene a casa tua.»
«Mi spieghi perché ti preoccupa tanto quello che facciamo io e Samu?»
«Oh... quello che facciamo io e Samu. Non era la tua amica a fare qualcosa con Samu?»
Parlava in maniera lenta, con fare canzonatorio, e nei suoi occhi leggeva il desiderio di volerla provocare.
Eleonora sorrise e guardò in cielo. «Non sono affari che ti riguardano.»
«Vieni qui.»
Le gambe si mossero docili, arrivò davanti a lui e lo guardò dritta negli occhi prima di sedersi sulle sue gambe.
Olivier fece scorrere la sua mano grande lungo la schiena, fino a fermarsi tra i suoi capelli dietro al collo. «Tutto quello che fai tu mi riguarda.» Avvicinò la bocca alla sua, leccandole le labbra lentamente.
«Perché?»
«Perché sei mia.»
La tenne ferma per le braccia, impedendole di spostarsi. Eleonora voleva protestare, scappare dalla sua stessa pelle che a quelle parole aveva avuto un fremito di desiderio. Non era giusto che le dicesse che era sua. Non poteva essere sua. Perché Olivier non poteva essere suo. La inchiodò con lo sguardo al proprio, occhi negli occhi. Quelli di lui erano fermi, decisi. Roventi.
«La tua è ossessione, Olivier, e le ossessioni sono pericolose.»
Olivier le tirò via la maglia, gettandola a terra. «E la tua invece cos'è? Lo vedo che lo vuoi tanto quanto lo voglio io, i tuoi occhi non sanno mentire.» Passò la lingua sul suo collo, provocandole brividi in tutto il corpo.
«La mia è una febbre che si impossessa di me ogni volta che mi sei vicino.» Olivier sbottonò i suoi jeans, infilando le mani dentro, stringendole il sedere. «La mente si annebbia, il mio corpo è caldo e ti desidera...» Glieli tolse, stendendola sul divano.
«Anche io ti desidero» La baciò, mordendole il labbro. «Sempre, ogni istante.»
Le mani di Olivier le arpionarono i fianchi, affondò la faccia tra i seni, la baciò sulla pancia, tra le gambe. Sfilò via gli ultimi pezzetti di tessuto che la coprivano e le spalancò le gambe. La lingua calda la lambì nel punto più delicato e sensibile.
Eleonora chiuse gli occhi, perduta in quel piacere carnale che solo lui sapeva darle. La sua lingua la esplorava implacabile, le mani la stringevano possessive. Quando aprì gli occhi incontrò quelli di lui che la fissavano. La bocca si chiuse lenta attorno al suo bocciolo turgido e lei esplose in un orgasmo forte che la lasciò stordita. Olivier si tolse in fretta i pantaloni, scoprendo la sua virilità, la punta rosea e lucida scomparve presto tra le gambe di Eleonora, che si sentì sopraffatta da un'altra ondata di piacere.
Fu lei a dettare il ritmo, stringendolo a sé, sentendolo fino in fondo. Olivier le strinse una mano attorno al collo.
«Sei mia» sussurrò, nell'estasi del momento. «Mia» ripeté, prima di baciarla.
Sì, sono tua. Sono completamente tua. Non ci fu bisogno di dirlo ad alta voce, lui sapeva. Il modo in cui la guardò la fece tremare tutta. Desiderio e amore. C'era amore negli occhi di Olivier.
Si mosse contro di lui, avviluppandolo nel suo calore.
«Sì... dio sì, così.» Olivier gemette, gettando la testa indietro, poi affondò il viso nell'incavo del collo di Eleonora. Si mosse con urgenza, veloce. Lei gli conficcò le unghie nelle natiche, mentre entrambi raggiungevano il culmine, trattenendolo ancora un po'.
Olivier rimase su di lei, la testa poggiata sul suo petto e le braccia strette attorno alla vita. Lei gli accarezzò pigramente i capelli. Teneva gli occhi chiusi e sulle labbra rilassate faceva capolino un sorriso.
«Oli?»
«Mmh?» baciò la sua pelle accaldata senza aprire gli occhi.
«Non ti fa paura questo trasporto così forte che proviamo l'uno per l'altra?»
Olivier aprì gli occhi, fissando un punto indefinito nella stanza. «Sì.»
Il cuore di Eleonora batteva forte e sapeva che anche lui poteva sentirlo. «Forse non è sbagliato rallentare un po'.»
Lui alzò la testa e la fissò. «Io non voglio. Non posso...»
«Ma l'altro giorno sei venuto a dirmi che non dovevamo vederci più.»
«È vero, Jen sospetta qualcosa e io non voglio che soffra. È mia moglie, la madre dei miei figli.»
Olivier non aggiunse altro ed Eleonora sapeva benissimo cosa avrebbe voluto dirle, che non l'avrebbe lasciata mai. Tanto lei non avrebbe avuto il coraggio di chiedergli una cosa del genere. Però quelle parole le fecero male, più male di quanto si sarebbe aspettata.
«Anche Matteo sospetta di noi. Samu lo sa, se ne è accorto... e chissà quante altre persone lo hanno capito. Non possiamo rischiare che venga fuori e tu a volte ti comporti come se fossi libero. Dobbiamo smetterla, Olivier.»
Lo scostò, desiderosa di allontanarsi da lui. Il cambio di umore era stato brusco e Olivier la guardò per cercare di capire che stava succedendo dentro di lei. Cercò la sua mano e la strinse.
«Non farti prendere dal panico. Staremo più attenti, starò attento.»
Eleonora non sembrava molto convinta. Abbassò lo sguardo e vide i suoi vestiti sul pavimento. Si allungò per raccoglierli. Non voleva lasciarlo andare e allo stesso tempo voleva che se ne andasse e che la lasciasse sola con i suoi pensieri.
Lui le accarezzò la schiena. Si voltò a guardarlo.
«Resti stanotte?»
Olivier fermò la mano che stava scendendo lungo il fianco. «Non avevi detto che...»
«Ho cambiato idea. Voglio che resti» disse in fretta, prima di potersi rimangiare tutto.
Le labbra si allargarono in un sorriso stupendo. «Resto.»
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