Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

27. Autocontrollo

La sala era piena di giornalisti che parlottavano tra di loro in attesa dell'inizio della conferenza stampa. Olivier si sedette accanto al mister e guardò tra i presenti alla ricerca di lei. Era seduta in fondo, i capelli raccolti in una coda, una maglietta azzurro chiaro che si stringeva in vita, sui jeans a vita alta.

Dopo essere andato via da casa di Eleonora, la sera precedente, aveva dovuto fare i conti con sé stesso, essere onesto: non riusciva a fare a meno di lei. Avevano deciso di smetterla, ma fino a quando sarebbe durata? Persino in quel momento avvertiva il desiderio di essere dentro di lei, di respirarla e baciarla.

Domande su domande, alcune stupide, altre inutili, e lei non interveniva e nemmeno lo guardava. Aspettava trepidante il momento il cui Eleonora gli avrebbe fatto la sua domanda per poterla finalmente guardare negli occhi. Il suo sguardo era sempre stato trasparente per lui.

Quel momento non arrivò mai. Eleonora prese parola per fare solo una domanda al mister. Olivier la guardò tutto il tempo, ma lei non si lasciò distrarre neanche per un secondo. Quando non guardava il mister era china sul suo telefono a scrivere. Gli veniva da sorridere. La sua tenacia era invidiabile e irritante allo stesso tempo.

Quando finalmente quella tortura finì, Olivier si alzò ed uscì di fretta dalla sala. Eleonora era uscita poco prima e sperava di incrociarla nei corridoi.

«Come mai non mi hai fatto nessuna domanda? Non sei interessata al mio punto di vista sulla partita?»

Lei sussultò prima di girarsi a guardarlo. Olivier le sorrise, cercando di distendere l'atmosfera, ma lei non lo fece. «Ti avevano già chiesto tutto i miei colleghi.»

«Stai solo facendo finta che non esisto. Ma sai benissimo che non potrai ignorarmi per sempre.» Olivier si chinò su di lei fino a sfiorarle i capelli con la bocca. «I nostri corpi si desiderano...»

Eleonora si discostò brusca. Il petto si alzava e abbassava velocemente. Tenne gli occhi bassi. «Io davvero non so come fai.»

«A fare cosa?»

Finalmente si decise ad alzare lo sguardo su di lui. Olivier in quel momento avrebbe voluto accarezzarle il viso ma tenne le mani ferme.

«Non sono come te, non ce la faccio più a fingere» rispose a bassa voce. «Mi costa una fatica enorme dover mentire al mio ragazzo, non voglio più farlo, non se lo merita.»

«Infatti dovresti lasciarlo. È evidente che non è con lui che vuoi stare.»

Lei sospirò e scosse la testa, aggrottando la fronte. «E con chi vorrei stare? Con te? Tu non hai neanche idea di quello che voglio io veramente, Olivier. Tu non sai niente di me.»

Ti sbagli, avrebbe voluto dirle, so molte cose di te, so quello che tieni nascosto dentro, so quanto risuona con quello che tengo nascosto io. Si era detto che avrebbe smesso con quella stupida storia di sesso, eppure eccolo lì, davanti a Eleonora con il cuore che gli tremava per la paura di perderla. E continuava a sbagliare tutto, i modi, le parole. Voleva solo stringerla tra le braccia e tenerla vicina per un po'. Forse per sempre.

Lei dovette interpretare il suo silenzio come un assenso. Gli sfiorò il braccio. «Abbiamo preso la decisione giusta.» Si voltò e si allontanò da lui, per poi uscire fuori.

Olivier la seguì con lo sguardo, i lunghi capelli accarezzati dai raggi del sole, il passo deciso. Aveva preso la decisione sbagliata quando aveva creduto di poter gestire tutta la situazione.

***

La giornata era stata più faticosa del previsto e all'arrivo in Inghilterra aveva scoperto che avrebbero alloggiato nello stesso hotel dei calciatori. Avrebbe voluto una tregua da Olivier fino al giorno successivo, quando entrambi sarebbero stati troppo concentrati per rivolgersi sguardi o parole. E invece se lo era ritrovato seduto al tavolo di fronte durante la cena, i suoi occhi non le avevano dato tregua, seri e bellissimi.

Quel giorno aveva cambiato pensieri una quantità innumerevole di volte. Olivier aveva ragione, i loro corpi si desideravano, si chiamavano come calamite. Eleonora era stanca di combattere contro i suoi stessi pensieri. Aveva preso una decisione ma sentiva vacillare la sua determinazione ad ogni occhiata che le rivolgeva Olivier.

Voleva scappare dalla sua stessa testa, non ne poteva più di sentirsi in trappola, in balia delle emozioni.

La stanzetta dell'albergo era calda e accogliente. Il bagno aveva una grande vasca che lei iniziò a riempire, svuotandovi all'interno l'intero flaconcino di bagnoschiuma.

Stava per sfilarsi la maglia quando udì dei colpi sulla porta.

Eleonora sbuffò e chiuse il rubinetto dell'acqua. Adesso chi diavolo era che andava a romperle le scatole? Spalancò la porta e si trovò davanti Olivier. Tuta da ginnastica, volto serio, occhi bellissimi che la guardavano con intensità.

«Che vuoi?» disse, scontrosa.

«Fammi entrare.»

«No.»

«Dai, fammi entrare. Devo parlarti.» Olivier guardò nervosamente da un lato e dall'altro del corridoio. Non sarebbe dovuto stare lì e lo sapeva benissimo.

Eleonora lo lasciò passare. «Che mi devi dire?»

Fece qualche passo dentro, osservando la stanza. «Non sto bene.»

«Che hai? Sei in ansia per la partita di domani?» Si avvicinò a lui, allungando le mani a toccargli le braccia.

Olivier scosse la testa. «È per te. Sei tu che mi fai stare male.»

Eleonora serrò le labbra e allontanò le mani da lui. «Olivier, abbiamo deciso di non vederci più...»

«Tu hai deciso di non vederci più, io ti ho chiesto solo una pausa» sbottò.

Lei sollevò le sopracciglia, incrociando le braccia sotto al seno. «Ah sì, una pausa. Per ripulirti la coscienza dai sensi di colpa?»

Olivier parve infastidito. Scacciò quelle parole con un gesto della mano. «L'ho detto solo perché... tu mi fai paura. Mi fai diventare irrazionale, mi fai fare cose che non avevo mai fatto prima. Anche il fatto che adesso sono qui... se ci vedesse qualcuno scoppierebbe un casino. Eppure sono qui lo stesso e non me ne frega niente perché ho bisogno di te. Lo capisci?»

Eleonora sentiva tutto il suo autocontrollo sciogliersi come cera. Lui aveva bisogno di lei? Non aveva nemmeno idea di quanto lei avesse bisogno di lui. Cercò di aggrapparsi all'ultimo pezzettino di razionalità che restava intatto.

«Per questo dobbiamo smetterla, Olivier. Finiremo per farci male e io non voglio... Non voglio rovinare tutto quello che abbiamo vissuto. Non voglio che mi rimanga solo un brutto ricordo di noi.»

Rimase immobile quando lui si avvicinò e le accarezzò il volto. Immobile, si lasciò annegare nei suoi occhi. Olivier passò il pollice sulle sue labbra.

«Mi manchi.»

«Anche tu.»

Prima che potesse aggiungere altro, lui la baciò.

Le labbra di Olivier si mossero delicate, baciandola come non era mai successo. Lentamente, assaporando ogni istante, senza nessuna fretta di toccarsi con le mani, senza l'urgenza del sesso.

Eleonora gli circondò la vita e lo baciò con la stessa delicatezza. Ad ogni battito il suo cuore si riempiva d'amore e si svuotava di tristezza. Olivier la strinse a sé, le mani scesero lungo i fianchi e la sollevarono da terra, portandola fino al letto.

La adagiò sulle coperte, scostandosi da lei solo un attimo per guardarla negli occhi. La baciò ancora e ancora, le dita accarezzavano la pelle della schiena di Eleonora, il bacino premeva contro il suo e si muoveva ad un ritmo lento e costante.

Voleva che quel momento non finisse mai. Protestò quando Olivier si tirò indietro, avvinghiandosi a lui, cercando ancora le sue labbra.

«Lasciami dormire qui, stanotte.»

Eleonora gemette, costringendosi ad allontanarsi da lui. Si mise seduta, cercando di uscire dalla nebbia del desiderio. Non potevano dormire insieme in un hotel dove c'era tutta la squadra e tutta la stampa. A dirla tutta, Olivier doveva andare via da quella stanza immediatamente. Scattò in piedi.

«Oli, devi andartene. Se ci vedesse qualcuno...»

«Non ci vedrà nessuno.» La tirò per un braccio, ma Eleonora oppose resistenza.

«E se il mister venisse a controllare nella tua stanza e non ti trovasse?»

«Il mister non viene a controllare, si fida di noi.»

«No, Oli, non scherzare. Potremmo giocarci entrambi la carriera per una cosa del genere.»

Lui stava per protestare ma si accorse dello stato di agitazione di Eleonora e si alzò. Le strinse la mano. «Va bene, me ne vado. Però quando torniamo a Milano ci vediamo.»

Lei scosse la testa, mordendosi il labbro. Era così vicino che le sarebbe bastato un piccolissimo movimento in avanti per baciarlo di nuovo. «Non è una buona idea.»

«Parleremo di te, di quello che vuoi veramente...» le infilò una mano dietro al collo.

Eleonora chiuse gli occhi. «Tu non puoi darmelo.»

«Tu non sai quello che posso o non posso darti.»

Le labbra si trovarono ancora, più decise e voraci di prima. Olivier le sfilò la maglietta e conficcò le mani nella carne della schiena, stringendola forte a sé. Lei gli morse il labbro e gli tirò i capelli. Le mani di lui scesero sulle gambe e le sollevarono da terra, portandola fino al muro. Eleonora le strinse attorno ai suoi fianchi, slacciandogli la maglia della tuta.

«Devi andartene» disse, senza più alcuna convinzione.

Olivier la guardò negli occhi, facendole vibrare le corde del cuore. Era bello come un dio. «Tu mi fai impazzire, Eleonora.»

Colpi contro la porta. Forti, decisi. «Eleonora, ci sei?»

La ragazza si sentì gelare il sangue nelle vene. Guardò per un istante Olivier che restava immobile.

«Chi è?» chiese lui sottovoce.

«Ciro.» Si affrettò a rimettersi la maglia e lo spinse verso il bagno.

Altri colpi sulla porta. «Ele?»

«Entra qui e non fare rumore, ok? Lo mando via subito.»

Lui non sembrava agitato, le sorrise lascivo prima di chiudersi nel bagno. Eleonora invece sentiva le gambe molli e una paura irrazionale. Tremava quando aprì la porta.

«Ciao Ciro, tutto bene?»

«Sì... ti ho disturbato?»

Con gli occhi sbarrati, scosse la testa. «No no, stavo per fare un bagno.»

Ciro la guardò come se fosse fuori di testa e lanciò occhiate furtive nella stanza. Questo la infastidì. «Mi devi dire qualcosa?»

«Stiamo scendendo giù a bere qualcosa con gli altri. Vuoi venire?»

«No, grazie.»

La guardò ancora con fare indagatore. «Ok. Buonanotte, allora.»

Eleonora chiuse in fretta la porta e tirò un sospiro di sollievo. Le veniva da vomitare. Olivier sbucò dal bagno e le prese il viso tra le mani.

«Forse è meglio che vada, ma petite. Pensami più tardi, quando sarai in quella vasca.»

Le sollevò il mento e la baciò. Poi aprì la porta e se ne andò, lasciandosi dietro una scia di profumo e desiderio primitivo.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro