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26. Basta

Olivier accarezzò la testa del suo bambino e poggiò le labbra sulla sua fronte. Dormiva sereno e la febbre era sparita.

Quando la notte prima Jen lo aveva chiamato, al suo rientro frettoloso a casa lo aveva trovato che vaneggiava e la paura lo aveva attanagliato fino a ridurlo ad un ammasso di pensieri nefasti, che non avevano mai fatto parte della sua personalità prima di allora.

Aveva pensato che era stata colpa sua, che aveva messo da parte la sua famiglia per infilarsi tra le gambe di una sconosciuta. Solo dopo aver portato il piccolo in ospedale e dopo che i dottori lo avevano rassicurato, era riuscito a pensare con più lucidità. Ma una eco del senso di colpa restava dentro di lui, quando abbracciava Jen, quando la baciava. La sua famiglia era a Milano per stare con lui e li aveva lasciati soli per stare con Eleonora.

Perché era diventata una presenza di cui non poteva fare a meno.

Jen stava mettendo a letto gli altri bambini, sentiva le sue parole dolci e i fruscii delle lenzuola. Poco dopo entrò nella stanza. Si accostò a Olivier e toccò la fronte del bambino.

«È fresco.»

Osservò il viso di sua moglie segnato dalla preoccupazione. Si alzò in piedi e la avvolse in un abbraccio.

«Domani ce ne andiamo» disse lei, scostandosi.

Olivier sentì un brivido corrergli lungo la schiena. «Jen, non puoi andare via con il piccolo che sta ancora poco bene.»

Lei fissò gli occhi nei suoi. «Oli, dov'eri ieri notte?»

Non poteva sopportare di vederla così triste e la colpa era solo sua. Cercò di prenderle una mano. «Te l'ho detto, da Mike...»

Jen si ritrasse. «Non ti credo. E per questo me ne voglio andare. Riflettici bene prima di fare qualcosa di cui potresti pentirtene. Un'altra volta non ti perdonerò.» Gli diede le spalle e uscì dalla stanza.

Olivier si lanciò nel corridoio. «Jen, non è come credi.»

Lei si fermò, lo guardò da sopra la spalla. «Sarà meglio per te. Vado a letto, buonanotte.»

Olivier strinse le mani e chiuse gli occhi, trattenendosi dal tirare un pugno contro il muro. Jen non era stupida, aveva capito tutto. Doveva parlare con Eleonora, dovevano smettere di vedersi. Almeno per un po'.

Quando si mise a letto e cercò un contatto con sua moglie, lei fece finta di dormire. Si distese sulla schiena e restò a fissare il soffitto in cerca delle parole giuste da dire ad Eleonora. Lei avrebbe capito, ne era certo. Lo sapevano fin dall'inizio che non potevano avere niente di più da quella relazione.

*

Alla fine Jen era andata via e a niente erano valse le parole di Olivier. Quando era tornato dall'allenamento la casa era silenziosa e si era sentito svuotato. Tutta la sua felicità era volata in Francia. Questo è quello che ti aspetta se rinunci alla tua famiglia, sembrava volergli dire Jen. Dopo aver passato un'ora abbondante in una totale immobilità, disteso sul divano, si fece forza e uscì per andare a parlare con Eleonora.

L'aveva vista di sfuggita quella mattina, non si erano nemmeno salutati. Lei stava lavorando e lui aveva preferito concentrarsi sull'allenamento.

Nel parcheggiò trovò il suo solito posto occupato da un'auto sportiva, un'auto che assomigliava in tutto e per tutto a quella di un suo compagno di squadra. Questo bastò a fargli ribollire il sangue nelle vene. Non si vedevano da un paio di giorni ed Eleonora lo aveva già rimpiazzato con un altro. Che stronza! E lui era un povero idiota che si sentiva in colpa per quello che era venuto a dirle...

Se una parte di lui gli diceva che era meglio così, almeno poteva lasciarla andare a cuor leggero, l'altra parte non riusciva ad accettarlo. Chi era lui per Eleonora, uno che poteva essere sostituito nel giro di ventiquattro ore?

Credeva di essere stato chiaro con quel pezzo di merda di Samu. Voleva mettersi in competizione con lui? Bene, allora non avrebbe vinto; Olivier lo avrebbe annientato.

Davanti alla porta di Eleonora, Olivier provò a calmarsi. Aveva deciso di troncare, ricordò a se stesso, per il bene della sua famiglia. Perché non esisteva cosa più importante per lui.

Bussò. La porta si aprì e la ragazza spalancò gli occhi per la sorpresa.

«Ehi.»

Si infilò dentro, senza aspettare che lei lo invitasse ad entrare. «Possiamo parlare?»

Gettò lo sguardo sull'abbigliamento di Eleonora: un blazer lungo fino a metà coscia. Le gambe erano fasciate da calze leggere e sulle labbra aveva un rossetto rosso fuoco.

Eleonora non si mosse. Continuava a guardarlo con gli occhi spalancati. «Adesso?»

Sentiva un brusio di sottofondo provenire dalla sala, come se ci fosse la televisione accesa. «Stavi uscendo?»

In quel momento la risata di Castillejo giunse fino a loro. Olivier girò la testa in direzione della sala, poi guardò Eleonora negli occhi. Sembrava nervosa. «C'è Samu di là?»

«Sì, stiamo...»

Non sentì altro, partì a razzo verso il salottino e si bloccò quando si rese conto che il suo compagno di squadra non era l'unico presente. Matteo e Gabriella occupavano il divano grande e Samuel era seduto sulla poltroncina. Il compagno gli rivolse uno sguardo allarmato appena lo vide entrare, ma subito si ricompose, sorridendo.

«Ehi, fratello!»

«Ciao ragazzi.» Olivier cercò di assumere un atteggiamento rilassato e sorrise.

«Olivier, ciao! Che bella sorpresa.» Matteo si alzò per stringergli la mano. «Eleonora non ci aveva detto che saresti venuto anche tu.»

Se avesse saputo non sarebbe mai andato. Ma era stato avventato e non aveva minimamente considerato che Eleonora potesse essere occupata. «Sono passato solo per...»

«Dovevamo incontrarci per il libro, ho dimenticato di dirgli che avevo un altro impegno.» Intervenne Eleonora, sicura e decisa. Lo afferrò per un braccio. «Scusateci un attimo.»

Si infilarono in cucina ed Eleonora accostò la porta. Si appoggiò al tavolo e lo fissò con i suoi occhi grandi.

«Che mi devi dire?»

Olivier inclinò la testa, accarezzandola con lo sguardo. «Non sapevo che fosse qui.»

«Credevo fossi con tua moglie.»

«È andata via stamattina.»

Poteva vedere quanto la mettesse a disagio tutta quella situazione. Jen, Matteo, loro due chiusi in una cucina a fingere che non avessero scopato in tutte le stanze di quella casa. Forse mancava solo quel tavolo e lui la immaginò sbottonarsi il vestito e concedersi a lui. Immaginò Eleonora nuda, che allargava le gambe e lo accoglieva dentro, calda, bagnata, sensuale. La desiderava così forte, si sentiva impazzire.

Eleonora accavallò le gambe. «Come sta tuo figlio?»

«Eleonora... forse è meglio se non ci vediamo per un po'.»

Lo vide, il dolore che cercò di nascondere con un sorriso. Annuì. «Forse è meglio se non ci vediamo più.»

Accusò il colpo. Non credeva che ci sarebbe rimasto così male. L'idea di non vederla più... Faceva male. Coprì la distanza che li separava, le prese il volto e la baciò. Eleonora lo spinse via con forza.

«Olivier, che cazzo fai?» sussurrò. «Vuoi far scoppiare un casino?»

Lui infilò una mano dietro la nuca e le tirò i capelli. Eleonora emise un gemito, le mani arpionate sulla sua maglietta. Si insinuò tra le sue gambe. «Siamo già in un casino.»

Gli occhi di lei tradirono la sua eccitazione. «Per favore...»

Esitò un istante, poi la lasciò andare e aprì la porta.

«Ti fermi con noi?» chiese Matteo.

«No, grazie. Sto andando via.» I due si guardarono per qualche secondo. Poi lui si avvicinò a Samu e gli diede una pacca sulla spalla. «Ci vediamo domani, fratello.»

Eleonora si sedette accanto al fidanzato. «Ciao Olivier.» Non lo accompagnò alla porta.

Credeva di essere sicuro della decisione presa e invece Eleonora gli aveva ingarbugliato di nuovo il cervello.

Basta, si disse. Basta, non posso più vederla.

Lei lo rendeva troppo impulsivo, troppo irrazionale. Lo faceva sentire vivo.

Premette con forza le mani sugli occhi per scacciare l'immagine delle sue labbra dischiuse e dei suoi occhi pieni di desiderio.

Basta, ripeté di nuovo.

***

Eleonora rilassò le spalle quando sentì la porta di casa chiudersi. Non si accorse di aver trattenuto il rf fino a quel momento, un sospiro uscì leggero dalle labbra.

Sentiva ancora il sapore di Olivier sulla punta della lingua, l'eccitazione come lava tra le gambe.

Aveva capito ormai che i giorni con Olivier erano finiti, ma sentirselo dire aveva fatto male. La chimica tra di loro era fortissima, non riuscivano a resistersi, ma dovevano smetterla. In quel momento era fermamente convinta della decisione che aveva maturato in quei giorni.

Se non fosse stato Olivier a dire basta lo avrebbe fatto lei. Tutta quella passione li avrebbe distrutti.

Matteo le sfiorò un braccio, richiamandola al presente.

«Potresti andare a prendere un'altra bottiglia?»

«Certo.»

Guardò Gabriella e Samu. Sembravano felici di essersi rivisti. La sua migliore amica le aveva fatto una sorpresa insieme a Matteo e le era sembrato carino invitare anche Samuel, soprattutto dopo la loro ultima conversazione. Però si era presto resa conto di essere a disagio, con loro due che sapevano di Olivier e Matteo l'unico ignaro di tutto.

Voleva avere il coraggio che aveva avuto Gabriella a mollare tutto. Essere libera, senza più sentirsi in colpa ogni volta che vedeva Matteo.

«Che ti prende?»

Sussultò mentre richiudeva il frigorifero. «Cavolo, mi hai spaventata.»

Matteo la guardò per un attimo senza dire niente. Negli occhi traspariva tanta tristezza. «Che voleva Olivier?»

Eleonora tremò, spostò lo sguardo. «Niente, dovevamo vederci per il libro...»

«Ci vai a letto?»

«Che cosa? No!» Lo raggiunse. Matteo non era un cretino, lo sapeva che prima o poi se ne sarebbe accorto. Possibile che era stata così stronza ed egoista?

«Me lo avevano detto, ma io non ci volevo credere...»

Sentì il sangue defluire dal suo viso. «Che stai dicendo? Cosa ti avevano detto?» Ma soprattutto chi? Qualcuno che lavorava con lei a Milanello e li aveva visti? Freneticamente passò in rassegna tutti i momenti in cui lei e Olivier si erano baciati e non le sembrò di ricordare nessuno.

«Che mi tradivi!» scoppiò lui, alzando la voce.

Eleonora guardò allarmata verso la sala. «Matteo, non dire stupidaggini. Non vado a letto con Olivier. Per favore, calmati, abbiamo degli ospiti.» Poggiò la bottiglia sul tavolo e gli prese le mani. Cercò un contatto visivo con lui, sperando che non le si leggesse in faccia il senso di colpa. «Ne parliamo dopo, se vuoi. Però non è come credi.»

Matteo lascio andare un respiro lento. «Ti sento distante, ultimamente.»

«Lo so, mi dispiace. Non volevo ferirti.» Lo abbracciò, seppellendo la testa nel suo petto. Le braccia di Matteo la circondarono. «Ti prometto che mi farò perdonare.»

Eleonora sollevò la testa e incontrò lo sguardo di Matteo. Si era rasserenato un poco. Le diede un bacio sulle labbra.

«Torniamo di là.»

Gli rimase accanto per tutto il resto della serata, con il cuore che martellava nel petto per la paura e i sensi di colpa.

Lo amava e per lui avrebbe smesso di vedere Olivier.

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