23. Dovresti farti da parte
Olivier fu il primo a scendere dall'autobus. Aveva urgente bisogno di sgranchirsi le gambe dopo il viaggio in treno e il conseguente trasferimento allo stadio. Si avviò rapido verso l'imbocco degli spogliatoi senza aspettare i suoi compagni. C'era già un discreto assembramento di giornalisti in zona mista, lui tirò dritto pensando a quanto gli sarebbe piaciuto vedere Eleonora. Era trascorso solo un giorno da quando era andata a Roma per la presentazione del suo libro ma a lui sembravano molti di più.
Quelle sciocche regole che Eleonora aveva deciso di mettere gli avevano impedito di sapere come era andata, come stava, quando sarebbe tornata a Milano. Aveva ancora voglia di lei, di affondare la faccia tra le sue gambe e scoparla con la lingua, sentirla in bocca, sulle dita, dappertutto.
E poi la vide. L'ultima della fila dei giornalisti. Il microfono in mano e lo sguardo sul cellulare, alzò la testa proprio mentre Olivier si fermava davanti a lei. Che bella che era, lo aveva stregato completamente.
«Eleonora. Che fai qui?»
Lei sorrise. «Sto lavorando.»
Olivier gettò uno sguardo agli altri giornalisti e al compagno di lavoro di Eleonora e poi si avvicinò alla ragazza. Anche lei si fece più vicina, sporgendosi un poco oltre il nastro. «Pensavo restassi a Roma anche oggi. Come è andata?»
Lo sguardo di Eleonora si fissò un attimo sulle sue labbra. «Molto bene.»
Le mani prudevano dalla voglia di toccare i suoi capelli. Le infilò in tasca e si abbassò ancora un altro po' verso di lei.
«La prossima sarà quella del mio libro.»
Eleonora sollevò le sopracciglia a metà tra il sorpreso e il divertito. «Il tuo libro?»
«Ti stai tirando indietro?»
«Credevo che non ti interessasse più» fece lei, con gli occhi piantati nei suoi. Occhi in cui si poteva scorgere il riflesso di loro due che scopavano sulle lenzuola a fiorellini.
In quel momento passarono gli altri suoi compagni e Alexis Saelemaekers lo spinse un poco, sorridendo e scuotendo la testa quando i loro sguardi si incontrarono. Olivier tornò a guardare Eleonora.
«Certo che mi interessa. Iniziamo domani, a casa tua.» Avvicinò la bocca al suo orecchio. «Mi sei mancata» disse in un soffio, sfiorando il braccio di Eleonora.
Annegò per un istante nei suoi occhi, limpidi e sinceri. Portavano un sentimento che non avrebbero dovuto portare e lo toccavano con una trepidante delicatezza. Eleonora aveva aspettato il momento di rivederlo tanto quanto lui. Si allontanò consapevole di aver avuto addosso per tutto il tempo lo sguardo del cameraman che li aveva osservati attentamente.
Affondò i tacchetti nell'erba del terreno di gioco. Sembrava in ottime condizioni, quella sera, e l'atmosfera allo stadio era molto bella. C'era il tutto esaurito e dal settore ospiti i tifosi milanisti si facevano sentire forte.
Si misero in cerchio a fare stretching e Alexis si affiancò a lui. Quelli erano i momenti in cui cercava di raccogliere tutta la concentrazione e focalizzarsi sulla vittoria.
«Ancora non ti sei stufato di scopartela?» disse il compagno, accostando il viso al suo.
Olivier rise. Stufato? Lui l'aveva appena assaggiata. «E chi ti dice che me la sto scopando?» Non c'era bisogno di fare finta di non aver capito, dopo la sua pseudo confessione e dopo averli visti sul pianerottolo di casa sua, Alexis non aveva perso tempo per stuzzicarlo sull'argomento, ma Olivier era rimasto muto.
«I vostri sguardi» rispose il ragazzo, guardandolo negli occhi.
Lui lanciò un'occhiata a bordocampo, verso lei. Si era sforzato di non guardarla come se fosse un lupo affamato ma evidentemente non ci era riuscito.
«È brava a letto?» continuò Alexis. «Secondo me sì...»
Olivier cercò di chiudere il discorso. «La verità, amico mio, è che non siamo stati a letto insieme. Troppe complicazioni.»
«Beh, io tutte queste complicazioni non le ho. Ti da fastidio se ci provo io?»
Guardò l'amico e non poté non ridere, con quegli occhi vispi e allegri si stava prendendo gioco di lui. «Sei un ragazzino, credi davvero che lei voglia uscire con te?»
Alexis sollevò le spalle. «Sto imparando dal migliore.»
«Ok, allora facciamo questa scommessa: se riesci ad uscire con lei, ti pago una cena.»
«Nel miglior ristorante di Milano.» Saelemaekers allungò una mano verso di lui.
«Andata.» Olivier la strinse e quando tornò a guardare davanti si ritrovò addosso gli occhi di Samu Castillejo, posizionato proprio di fronte a lui.
Samu sorrise. «Scommetti che ci riesco prima io?»
E cavolo, lo sguardo di Samu gli diede fastidio, sentì la gelosia bruciare sotto pelle.
«Scommettiamo che vi sbatto in tribuna e faccio giocare i ragazzi della primavera al posto vostro?» Il mister li guardò uno ad uno e fece capire loro che l'unica cosa che contava in quel momento era la partita.
Così Olivier tornò a concentrarsi sul campo, svuotando la mente da tutto.
La partita stava diventando nervosa, loro non riuscivano a sbloccarla e gli avversari davano l'impressione di poter passare in vantaggio da un momento all'altro. A pochi minuti dalla fine del secondo tempo Olivier intercettò un pallone in area. Fu una frazione di secondo, alzò lo sguardo, vide la porta e caricò il tiro. Al momento dell'impatto con la palla, però, quella volò via, calciata da Samu fuori dallo specchio della porta.
Olivier si trattenne dall'afferrarlo per la maglia e scuoterlo. Che cazzo gli era saltato in mente? Guardò verso il cielo e si portò le mani al volto, poi corricchiò vicino a Samu.
«Che cazzo fai?»
Questi abbassò la testa. «Scusa. Pensavo di fare gol.»
Ingoiò la risposta velenosa che aveva sulla punta della lingua e continuò a giocare. Alla fine il gol arrivò, ma non fu lui a segnarlo. Poco male, l'importante era la vittoria. Non era molto soddisfatto della partita e in più non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione che Samu lo avesse fatto apposta. Tornò di fretta negli spogliatoi e si fiondò sotto la doccia.
Si unì ai compagni che ridevano e scherzavano, fece foto, video. Qualcuno pungolò Castillejo per quell'errore che aveva commesso e lui continuò a chiedere scusa.
Sul pullman, Olivier spostò Theo Hernandez che stava per sedersi accanto a Samu e si accomodò. Era arrivato il momento di chiarire una volta per tutte. Fino a quando Samu non gli rivolgeva la parola fuori o faceva battutine sarcastiche poteva sopportarlo, ma nel rettangolo di gioco dovevano dare tutto l'uno per l'altro. Quello che era successo proprio non gli andava giù e doveva finire in quel preciso istante.
Samuel si voltò un attimo a guardarlo, poi cercò le cuffie nella tasca. Olivier gli fermò la mano.
«Mi spieghi che ti prende? Perché stai facendo così?»
«Così come? Ti ho chiesto scusa per quella palla. Pensavo di fare gol.»
Olivier scosse la testa. «Non è per la palla, è per Eleonora.»
Samu poggiò la testa contro lo schienale e ridacchiò. «Ti da fastidio?»
Tantissimo. Ma non voleva ammetterlo. La sua voce si indurì, rendendo evidente il suo nervosismo. «Andiamo Samu, non ti interessa veramente.»
L'altro lo fulminò con lo sguardo. «Perché a te sì? Per te è solo un oggetto, un giocattolino di cui ancora non ti sei stancato. Me la scopo, non me la scopo, scopatela tu, facciamo una scommessa. Non pensi che meriti un po' di rispetto?»
Oliver serrò le labbra. Un lampo di ira attraversò le sue iridi chiare. Come si permetteva di parlargli così?
Si sentiva punto nel vivo, l'aveva davvero trattata come un oggetto da scambiare con gli amici, anche se stava scherzando con Alexis. Samu non poteva sapere quello che sentiva per Eleonora, non poteva sapere che il solo immaginarla ricevere una carezza dal suo fidanzato lo mandava su tutte le furie, non poteva sapere che la sentiva sua e soltanto sua.
Abbassò un poco lo sguardo. «Stavo scherzando prima, non penso che Eleonora sia un giocattolo. Io ci tengo a lei.»
«Sei consapevole del fatto che tra te e lei non ci potrà mai essere niente di serio, vero? Quindi se le chiederò di uscire e lei accetterà, dovrai farti da parte.» Fece per alzarsi, ma Olivier lo tenne fermo.
«Samu, per favore, lasciala stare.»
«Perché? È solo sesso per te, no?»
«Ho capito che sei ancora arrabbiato con me e mi dispiace, ti ho chiesto scusa. Cos'altro devo fare? Io non volevo farti fare la figura dell'idiota, avevo deciso di archiviare tutto, però poi... è successo e basta. Vuoi uscire con lei per ripicca? Vuoi farmela pagare? Va bene, fai pure... ti sei scopato pure l'amica, non ti è bastato?»
«Vuoi sapere cosa penso? Che sei un egoista del cazzo.»
Olivier sospirò piano. «Samu, te lo sto chiedendo con il cuore in mano...»
Samu lo guardò dritto negli occhi. Olivier era sincero, Eleonora gli era entrata dentro in modi che non voleva nemmeno comprendere. Quando arrivava quella consapevolezza la scacciava via come si fa con un pensiero cattivo che arriva a disturbare un momento bello.
Dopo un lungo momento di silenzio, Samu fece un cenno di assenso. «Solo... cerca di non farle del male. Mi sembra una ragazza delicata.»
Si alzò di scatto e uscì dallo spazio in cui lo aveva incastrato Olivier, andando ad unirsi agli altri ragazzi sul fondo del pullman.
Lui fissò per un secondo il vetro e il buio fuori, poi spinse via i pensieri e chiuse gli occhi.
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