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22. Che ti sta succedendo?

Un sorriso dolce era disegnato sul viso di Matteo. Eleonora lo vide venirle incontro, all'uscita dell'aeroporto. Lasciò che la stringesse mentre il cuore le batteva forte e lo stomaco era ormai una palla piena di spilli. Aveva ancora addosso la sensazione delle braccia di Olivier che la sera prima l'avevano stretta. Lui si sfilò gli occhiali e la fissò nelle iridi.

«Ciao, amore.»

Eleonora si sollevò sulle punte e premette le labbra su quelle di Matteo. «Ciao.»

«Vieni», fece lui, prendendole la valigia. «Ti porto a fare colazione nel tuo posto preferito.»

Il suo posto preferito era un bar con una bellissima terrazza situata proprio di fronte al Colosseo. A Roma le temperature erano ancora quelle estive, il sole picchiava forte già di prima mattina e Eleonora si tolse la giacchina leggera e rimase in canotta.

Guardò il Colosseo, lì fermo immobile e maestoso, respirò l'aria della sua città. La amava profondamente, con tutti i suoi innumerevoli difetti. Bella e imperfetta, nascondeva tesori e meraviglie in ogni angolo. Le sarebbe piaciuto portarci Olivier. Ci sarebbe stato proprio bene a Roma, lui bello come un dio, immerso in quella bellezza senza tempo.

Matteo si accomodò accanto a lei e le poggiò davanti la tazzina di caffè. Cancellò in fretta i pensieri che stava facendo su Olivier e guardò il suo fidanzato. In macchina non avevano parlato molto, lui si era limitato a chiederle del viaggio e poi aveva ricevuto un paio di telefonate dai colleghi. Eleonora si era persa nel paesaggio, tra i palazzi a lei familiari e aveva cercato un modo per restare ancorata a quel momento e non volare via ai giorni appena trascorsi. Giorni pieni di baci, di graffi, di sesso. Si erano uniti e mischiati, si erano dati piacere. Avevano riso e parlato e poi ancora si erano morsi e accarezzati.

La mano di Matteo corse a stringerle le dita. «Come stai? Va un po' meglio ora che sei qui?»

Lei ricambiò la stretta, sentendo il cuore fare male. Matteo non poteva sapere che il suo malessere non aveva niente a che fare con la distanza. Voleva raccontargli tutto, perché era un peso troppo grande, ma allo stesso tempo non voleva fargli del male.

«Mi hai mai tradita?»

Matteo strabuzzò gli occhi, incredulo. «No, mai.»

Eleonora sfilò le dita dalla sua stretta e puntò gli occhi sulla tazzina di caffè. Afferrò pigramente la bustina di zucchero e lo osservò mentre veniva inghiottito dal liquido scuro.

«Pensi che io possa tradirti mentre sei via?» chiese lui. «Ti ho mai dato modo di dubitare di me?»

Eleonora spostò gli occhi in quelli di Matteo. Anche se erano coperti dalle lenti scure, sapeva che era sincero e lei non aveva mai dubitato di lui. Matteo si tolse gli occhiali e premette i palmi sugli occhi. Eleonora riusciva quasi a leggergli nella mente la confusione che si affollava. Probabilmente in quei giorni era stato a pensare a cosa potesse non andare nel loro rapporto e quell'ipotesi non lo aveva neanche sfiorato. D'altronde la gelosia non aveva mai fatto parte del loro rapporto, nemmeno all'inizio della loro storia, quando Matteo era attorniato da colleghe bellissime e pronte a tutto pur di fare carriera.

«Ho fatto qualcosa che ti ha fatto credere che potesse succedere?» continuò lui. Prese il telefono e glielo mise in mano. «Tieni. Controlla. Controlla dappertutto. Comportiamoci pure da ragazzini se questo serve a farti stare più tranquilla. Non ce la faccio più a sentirti così distante.»

Eleonora scosse la testa e gli occhi le si riempirono di lacrime. «No, non voglio controllare.» Batté le palpebre per ricacciare indietro le lacrime e guardò verso il Colosseo.

Matteo avvicinò la sedia alla sua e le prese delicatamente il mento, girandole il volto verso di lui. «Sei stata tu a tradirmi?»

Eleonora fissò quegli occhi carichi di angoscia e per un attimo accarezzò l'idea di dirgli la verità. «No.»

«Sei attratta da qualcun altro?»

«No» rispose decisa.

Lui rilassò le spalle. Le aveva creduto e lei si rese conto di quanto fosse facile mentire. Ma che senso aveva? Perché doveva tradirlo? Doveva lasciarlo e vivere la sua storia clandestina con Olivier da donna libera. Non era giusto. Tutta questa angoscia le si doveva leggere negli occhi, poiché Matteo le accarezzò il viso e le chiese se fosse stanca. Scosse la testa.

«Ho solo bisogno di una doccia.»

Il ragazzo annuì. «Vieni da me? O preferisci stare a casa tua?»

«Vieni tu da me.»

La sua casa di Roma era molto diversa da quella che aveva a Milano. I colori dai toni caldi e le piante verdi disseminate in ogni angolo le davano un senso di protezione e di benessere. Controllò che il terriccio delle piante fosse abbastanza umido e si lasciò avvolgere dal tepore che permeava il salotto. Sapeva che le piante venivano regolarmente innaffiate da Matteo e appena lui fu davanti a lei lo circondò in vita e gli diede un bacio. Appoggiò la testa sul suo petto. Stargli vicino le faceva capire che lo amava e le loro vite erano così intrecciate che una parte di lei inevitabilmente si sarebbe strappata se si fossero separati. Ma era andata a letto con un altro e provava per quest'ultimo una frenetica attrazione.

«Pensi che ci sarà molta gente, oggi?» gli chiese, scostandosi un poco.

Lui la tenne tra le braccia, molto più felice di quando l'aveva abbracciata in aeroporto. «Penso proprio di sì. Sei agitata?»

Eleonora scosse la testa e accennò un sorriso. «Vado a fare la doccia, torno subito.»

Oltre allo smog, lavò via anche le ultime riserve. Gabriella aveva ragione, lei aveva bisogno di Matteo. Perché lui era il suo futuro, quello che con Olivier non avrebbe mai avuto.

Matteo sedeva al tavolo della cucina, con il computer davanti e un'altra tazzina di caffè. Ne beveva sempre troppi la mattina. Lei si avvicinò. Era una presenza confortante, dopotutto.

«Matti, che facciamo per pranzo? Non ho niente da mangiare qui.»

«Vuoi che andiamo a pranzo fuori?»

Girò attorno al tavolo e lo raggiunse. «No, voglio riposare per...» le parole le rimasero incastrate in gola quando vide un primo piano di Olivier Giroud sullo schermo del portatile di Matteo. Il cuore schizzò dal petto e le si seccò la gola. «Che stai facendo?»

Lui la attirò a sé e la fece sedere sulla sua gamba. «Stavo controllando le notizie, pare che Giroud parta titolare domani.»

«Già.»

Matteo infilò una mano sotto l'accappatoio e le accarezzò la gamba, risalendo fino ad insinuare il pollice tra le cosce, sfiorando la pelle delicata del suo sesso. Avvicinò il viso al suo e la baciò. Una sensazione di disagio la percorse tutta e si irrigidì, chiudendo la bocca con forza.

Matteo provò ancora a baciarla, lei aprì piano le labbra e lo accolse, reticente e rigida. Non sapeva neanche lei perché reagiva così, sentiva lo sguardo di Olivier addosso attraverso lo schermo, come se lui potesse vederla davvero in quel momento. Matteo si staccò e sospirò.

«Eleonora... mi dici che ti sta succedendo?»

Lei chiuse di scatto lo schermo e tornò a guardarlo. Gli prese il viso tra le mani e lo baciò con una foga eccessiva, si spostò a cavalcioni su di lui, portandosi le mani di lui sui seni. Gemette e lo baciò di nuovo. Armeggiò frenetica con la cerniera dei pantaloni di Matteo, ma si ritrovò i polsi bloccati.

«Ele, fermati.»

Guardò negli occhi Matteo, senza capire. Si alzò di scatto e si appoggiò contro il tavolo, richiudendosi svelta l'accappatoio e serrando le braccia intorno al corpo.

«Scusami. Pensavo che ti andasse.»

«Certo che mi va, ma non così! Un attimo prima mi respingi e quello dopo mi sei addosso con un'enfasi che non hai mai avuto. Non ce la faccio a non pensare a quello che mi hai detto l'altra sera. Sei strana, sei distante... vuoi una pausa, poi mi chiedi se ti tradisco... per favore, amore, dimmi cosa ti sta succedendo.»

Eleonora si strinse ancora di più nelle braccia. «È tutto così veloce... Il trasferimento, l'intervista, Olivier... non lo so cosa mi stia succedendo.» Si passò le mani tra i capelli, sull'orlo delle lacrime.

«Se non ti trovi bene a Milano posso farti ritornare qua.»

«No!» disse con forza. Per un attimo aveva visto la possibilità di non rivedere più Olivier e questo l'aveva sconvolta. Spaventata dalla sua stessa reazione si affrettò ad aggiungere: «Non posso arrendermi così.»

Matteo sorrise orgoglioso. «Qualsiasi decisione prenderai io sarò con te. Ora è meglio se vai a riposarti un po', penso io al pranzo.»

Si alzò, le sfiorò appena la fronte con le labbra e uscì di casa. Eleonora si passò le mani sul viso, frustrata. Bene, fantastico, era riuscita a farsi rifiutare da Matteo. Stava ingarbugliando tutto, e questo perché non voleva mentire ma non voleva rinunciare a niente.

Forse doveva fare una scelta netta tra i due, ma non in quel momento.

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