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20. Non si torna indietro

Eleonora rimase sul letto a fissare la porta chiusa per alcuni secondi prima di decidersi a infilare la maglietta. Era ancora parecchio confusa mentre, facendo attenzione a non fare rumore, lasciò la stanza di Olivier per tornare alla sua auto.

Man mano che avanzava, sotto gli ultimi raggi del sole, il desiderio forte che aveva provato sfumava lasciando spazio solo ad una rabbia cieca. Come si era permesso di lasciarla in quel modo? I piedi affondavano rapidi nella ghiaia, sollevando nuvolette di polvere. Spalancò la portiera della macchina e ci si fiondò dentro.

Aveva voglia di piangere. Strinse il volante e cercò di respirare lentamente per calmare il cuore. Compose il numero di Gabriella e mise in moto.

«Ele?»

La voce della sua migliore amica le diede sollievo, batté forte le palpebre, scacciando le lacrime. «Gabri sei sola? Possiamo parlare?»

«Sì, sì, certo. Sono a casa. Che succede?»

«Sono andata a letto con Olivier» disse con rabbia. Rabbia rivolta a lui, a lei, a tutta la situazione che si era creata.

Sentì Gabriella emettere un lamento. «Oh mio dio. Quando è successo?» Immaginò che si stesse premendo le dita all'attaccatura delle sopracciglia.

«Adesso!»

«Adesso?! Tu come stai? Come è stato?»

«Orribile.» Fantastico, era stato fantastico. Non aveva mai provato quel trasporto in vita sua. Fino a quando non si era fermato, e aveva distrutto tutta la magia.

«Oh.»

«Si è fermato sul più bello e mi ha detto che non vuole essere usato come un oggetto.»

«Che significa?»

«Mi ha dato della superficiale! A me, capisci? Lui è sposato e da a me della superficiale che vuole solo scopare!»

«Ele, adesso calmati. Dove sei?»

«Sto tornando a casa.»

«Per favore fermati. Non voglio che guidi così agitata.»

«Non sono agitata, Gabri. Sono incazzata. Voglio lasciare Matteo.»

«Sei impazzita?»

Eleonora deglutì, sentendo un forte nodo alla gola. Ci aveva pensato tutta la notte e per tutto il viaggio di ritorno a Milano, era la cosa più giusta da fare. Non meritava di essere tradito. «No» rispose con la voce che le tremava. «Non mi sto comportando bene con lui.»

«Ascoltami bene, Eleonora. Non ti azzardare a lasciare Matteo, hai capito? Qualsiasi cosa accada tra te e Olivier, non lasciare Matteo. So che adesso pensi che sia una cosa orribile, ma imparerai a gestirla. Con Olivier sarà una cosa passeggera, lo sai.»

«Tu però hai lasciato Salvatore.»

«Ma non per quello che è accaduto con Samu... eravamo diventati due estranei, ormai.»

Quel cambio di soggetto la indusse a pensare a Samuel e alla loro chiacchierata nel parcheggio prima che... strinse il volante. «A proposito... Come va con Samu? Oggi abbiamo parlato di te, mi ha detto che vi sentite... voleva sapere se c'è una possibilità che tu possa tornare a Milano, a breve.»

Gabriella rimase un istante in silenzio.«Samu è un caro ragazzo, ma... ora ho bisogno di stare da sola e lui lo sa. Davvero ti ha parlato di me?»

«Sembra che tu gli piaccia sul serio.»

«Anche lui mi piace, davvero. È solo che non me la sento di iniziare qualcosa adesso.»

Pensare a Samu e Gabriella la fece calmare un poco. «Lo capisco. Ora ti lascio. Sono arrivata a casa.»

«Sei sicura? Se vuoi possiamo parlare ancora un po'. La mia lezione di yoga inizia fra un'ora.»

Eleonora sorrise, sentendosi già meglio. «Sicura. Grazie, tesoro mio.»

«Ci sentiamo dopo.»

Staccò la chiamata e poggiò la testa contro lo schienale. Chiuse gli occhi.

Il ricordo delle mani di Olivier sul suo corpo, tra i capelli, le sue labbra, il suo sapore... e la sensazione che aveva provato quando era entrato dentro di lei, riaccesero il suo desiderio ancora palpitante. Olivier aveva ragione, lo aveva tagliato fuori dalle sue emozioni. Aveva dovuto farlo, per non perdersi completamente.

Ad un certo punto gli occhi di Olivier erano diventati troppo intensi e il desiderio sessuale si era materializzato in qualcosa di diverso. Ad un certo punto, si erano uniti al di là del corpo. Era come se tutto quel desiderio alla fine avesse trovato il posto per manifestare un legame più profondo. Due anime che si riconoscevano. Due anime che dopo tanto cercarsi si ritrovavano.

Non voleva rinunciare a Olivier. Non poteva più tornare indietro. E non poteva stare con Matteo perché lo amava e le faceva male fargli del male.

Prese la borsa e aprì lo sportello, mise un piede fuori... e poi lanciò di nuovo la borsa sul sedile e mise in moto.

Doveva parlare con Olivier, dovevano chiarire la situazione e dovevano farlo in quel preciso istante. Non avrebbe passato un'altra serata a tormentarsi inutilmente.

A quell'ora c'era un traffico pazzesco e lei era insofferente a tutto. Tamburellava con le dita sul volante, tormentava il cambio.

O ci sei al cento percento, o lasciamo stare.

E lei ora stava andando da lui per dargli il suo cento percento. Per dargli tutto. Le lacrime le rigarono le guance, la consapevolezza che si sarebbe fatta tanto male sgorgava fuori senza controllo. Ma non voleva vivere una vita di rinunce, non voleva rinunciare a quella sensazione, alle farfalle che le divoravano lo stomaco ogni volta che lui la guardava. Non voleva rinunciare alle sue mani, al suo corpo che la possedeva.

O tutto o niente.

Eleonora stava scegliendo tutto.

Lasciò la macchina sul marciapiede e corse verso il complesso residenziale che ospitava l'appartamento di Giroud. Il portone era aperto, salì le scale a due a due e arrivò davanti alla porta di Olivier con il fiatone. Sembrava una di quelle pazze scappate dal manicomio, il trucco ormai sbavato e di sicuro aveva dei capelli inguardabili. Cercò di riprendere il controllo del suo respiro, si passò le mani tra i capelli e suonò.

Furono i cinque secondi più lunghi della sua vita. Olivier comparve sulla soglia e sgranò gli occhi.

«Eleonora...» si richiuse la porta alle spalle e uscì sul pianerottolo. «Che ci fai qui?»

lei si guardò intorno. «Possiamo entrare? O dobbiamo parlare qui fuori?»

Quando lo vide esitare, Eleonora si sentì invadere da un profondo sentimento di vergogna. Olivier era un uomo sposato e probabilmente in quel momento nell'appartamento c'era sua moglie. Lei si era comportata da pazza ed era partita in quarta senza riflettere. Chiuse gli occhi e sospirò, sentendo una forte stretta allo stomaco. Fece un passo indietro.

«Scusami, non sarei dovuta venire.»

Olivier la trattenne per un braccio quando vide che faceva un altro passo indietro. «Aspetta. Cosa sei venuta a dirmi? Hai pianto?»

Eleonora scosse la testa, intrappolata in quegli occhi di ghiaccio bollente. «Quello che è successo prima tra noi...»

Olivier guardò nervosamente verso la porta. «Non volevo andarmene così, Eleonora, mi dispiace se ti ho fatto stare male.» Le sfiorò la guancia, percorrendola col dorso delle dita. «Però quello che ti ho detto è vero. Io non voglio una cosa a metà.»

«C'è tua moglie dentro?»

«No.» Olivier curvò le labbra in un sorriso sensuale. «Ci sono i miei compagni di squadra.»

Eleonora si irrigidì e si ritrasse da lui che stava per baciarla. «Ne riparliamo quando sei libero, allora.» Sorrise anche lei. «Buona serata.»

«Aspetta, Eleonora. Aspetta.» Olivier la trattenne ancora per un braccio. «Dimmelo adesso.»

Lei non resistette alla presa che quegli occhi avevano su di lei. «Avevi ragione, oggi. Ti ho chiuso fuori. Ma non per quello che pensi tu, non volevo usarti.» Spostò lo sguardo verso il pavimento in cerca delle parole giuste. Lui prese una ciocca dei suoi capelli tra le dita. Si fece più vicino. «Olivier... dopo non si torna più indietro.»

«Non si torna più indietro» sussurrò lui, a un soffio dalle sue labbra.

In quel momento la porta si spalancò ed entrambi si allontanarono di scatto. Olivier guardò verso la porta, Eleonora voleva scomparire. Le si leggeva in faccia che era colpevole.

«Ah. Buonasera Eleonora, non sapevo che stasera ci fossi anche tu.»

Eleonora alzò gli occhi verso il ragazzo che aveva parlato. Alexis Saelemaekers spostava rapido lo sguardo tra lei e Olivier e sorrideva all'amico come se già sapesse tutto. Si sentì le guance in fiamme.

«No.» Si chiarì la gola, poiché ne era uscito solo un suono stridulo. «No, sono solo passata a chiedere una cosa a Olivier.»

«Per il libro» aggiunse Olivier, infilando le mani nelle tasche della tuta e assumendo un atteggiamento totalmente rilassato. Guardò Alexis, il quale sollevò le spalle e sorrise.

«Ok. Ciao, ciao.»

Scomparve oltre la porta. Eleonora guardò Olivier e si morse il labbro. «È meglio che vada.»

«Prima dammi un bacio» fece lui, prendendole la mano.

Lei rise e scosse la testa. «No.»

Olivier la incastrò contro il muro e le prese il viso tra le mani. «Ho ancora troppa voglia di te.» Le sue labbra incontrarono quelle di Eleonora e  fu come gettare benzina sul fuoco. «Li mando via e vengo a casa tua.» La lasciò andare e Eleonora si leccò le labbra per sentire ancora il suo sapore. «Aspettami sveglia.»

Non ebbe la forza né la voglia di controbattere.

Olivier si avvicinò alla porta. «Tutto» le disse, sorridendo.

«Tutto» rispose lei.

I loro occhi restarono incollati, sorridenti e complici. Poi Olivier suonò al campanello e Eleonora scese le scale. 

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