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17. Lasciati andare

Olivier buttò giù l'ultimo sorso di vino, poggiando il bicchiere sul tavolo. «Ragazzi, io me ne vado.»

«Aspetta, deve ancora arrivare il dolce...» obiettò Saelemaekers, seduto accanto a lui.

«Non lo voglio il dolce, sono stanco.» Il suo amico non poteva sapere che stava fremendo dalla voglia di andare da Eleonora.

«Andiamo, Oli, non te ne puoi andare. Tra poco è mezzanotte ed è il tuo compleanno. Dobbiamo festeggiare tutti insieme.»

«Siamo qui apposta.» Theo Hernandez, seduto di fronte a lui, gli sorrise.

I suoi compagni lo avevano incastrato con una cena e aveva dovuto rimandare l'appuntamento che aveva dato alla ragazza il giorno prima. In uno sgabuzzino di San Siro, quando ci era mancato poco che la scopasse; lì dentro, contro il muro sul quale l'aveva bloccata.

Era stato stupendo il modo in cui lei aveva reagito. Non era sicuro che lo avrebbe seguito quando le aveva sussurrato di raggiungerlo, ma aveva tentato lo stesso, preso da un desiderio fuori controllo.

«Ragazzi, veramente, io stasera avevo preso un altro impegno. Ed ora è tardissimo. Devo andare.»

«Un altro impegno con chi? Non conosci nessuno qui in città.» Alexis lo spinse col gomito.

«Sputa il rospo, dai.» fece Samu Castillejo.

Oli sospirò e guardò verso il soffitto. Poi guardò negli occhi i suoi compagni, uno ad uno. Stava legando con ognuno di loro, sentiva di potersi fidare. Tuttavia, quella era una faccenda troppo grossa. Doveva sputare il rospo, come aveva appena detto Samuel, o continuare a mantenere il segreto? Cercò di sondare il terreno.

«Con Eleonora, la giornalista.»

Osservò le reazioni dei suoi compagni con un nodo allo stomaco. Mike abbassò lo sguardo e scosse la testa. Samu sollevò lo sguardo dal telefono, Theo e gli altri compagni lo guardarono incuriositi. Si guardò le mani. Decise di sputare il rospo.

«Sentite, potrei raccontarvi la storia del libro che scriveremo, ma vi dirò la verità: sono attratto da lei.»

«Siamo un po' tutti attratti da lei» rispose Alexis.

«Parla per te» ribatté brusco Mike.

Olivier prese un respiro profondo. «L'ho baciata.»

«Cosa?» esclamarono in coro alcuni di loro.

«Wooo, ma allora è una cosa già avviata!» Saelemaekers gli passò un braccio intorno alle spalle, scuotendolo un po'.

Samu era l'unico rimasto in silenzio. Giocherellava col tovagliolo di stoffa, mantenendo lo sguardo basso.

Olivier continuò. A quel punto aveva bisogno di dire tutto. «Da quel giorno non riesco a togliermela dalla testa. Lei si è sempre tirata indietro, fino a ieri. Per questo le ho chiesto di vederci stasera. Per...» beh, non lo sapeva con esattezza. Sapeva di voler possedere il suo corpo con la speranza di archiviare tutto molto in fretta.

Samu alzò la testa e gli occhi di Olivier incontrarono quelli di lui. Era in collera. «Perché non mi hai detto nulla? Hai lasciato che facessi la figura del deficiente quando in realtà te la stai scopando tu.»

Lui si irrigidì. «Non me la sto scopando, Samu. Ho pensato che fosse più giusto lasciare la possibilità a lei di scegliere. E poi tu hai fatto serata con l'amica, no?»

Samu gettò il tovagliolo sul tavolo. «Lascia stare.» Si alzò e se ne andò dalla sala.

Mike lo guardò con un sopracciglio sollevato. «Complimenti, hai già creato casini e non te la sei nemmeno scopata.»

«Sta zitto, Mike.»

Olivier si alzò e raggiunse Samu, vicino al bancone della zona bar. «Samuel...»

Lui si voltò appena, aveva la mascella contratta. «Dovevi dirmelo, ok? Dovevi dirmelo che piaceva anche a te.»

Oliver abbassò la testa. «Hai ragione. Sai, è un po' complicato per me...» si schiarì la gola, a disagio. «Ho pensato di fare la cosa giusta. Ho sbagliato e mi dispiace davvero.»

«Posso farti una domanda? Quando è successo?»

«Il giorno che è arrivata a Milanello.»

Samu curvò le labbra all'insù, un mezzo sorriso amaro e stanco. «Quindi Mike ci aveva visto giusto quella volta fuori da Milanello. Beh, buona fortuna.»

Si voltò in avanti. Olivier gli afferrò il braccio. «Ehi, Samu, è tutto a posto tra noi? Non voglio che ci siano problemi.»

«È tutto a posto» rispose lui, senza incrociare lo sguardo.

Olivier annuì e gli strinse la spalla prima di andare via. Che diavolo stava combinando? Poteva gestire la questione che riguardava sua moglie, quella era personale, l'avrebbe affrontata con sé stesso. Ma mettere casini nello spogliatoio no, non doveva permettere che accadesse.

Era sicuro che a Samu ormai non interessasse più Eleonora, ma ci era rimasto molto male e lui si sentiva in colpa. Non voleva che il ragazzo si sentisse tradito da lui, aveva agito davvero pensando di fare la cosa giusta. Quella donna lo rendeva avventato, e fino a quando non avesse soddisfatto la voglia che aveva di lei, avrebbe continuato a comportarsi da idiota.

Controllò l'ora: le undici passate. Infilò il cellulare nella tasca del jeans e si avviò verso la macchina.

***


Il campanello la fece sussultare. Eleonora stava quasi per addormentarsi sul divano. Si strofinò le mani sul viso e controllò l'ora. Quasi mezzanotte. Il cuore cominciò a battere forte. Si sistemò i capelli diede un'occhiata alla tuta larga che indossava.

Aprì la porta senza neanche controllare dallo spioncino, sapeva che era lui.

Olivier comparve sulla soglia come una visione. Il braccio appoggiato allo stipite e una mano sulla vita. Jeans e una maglietta nera. Bello come un dio. Le sorrise lascivo.

«Ciao.»

Lei lo lasciò passare. «Credevo che non venissi più.»

«Ho fatto tardi.»

Eleonora dovette spostare lo sguardo verso un punto imprecisato della stanza, gli occhi di lui erano infuocati. «Accomodati. Vuoi qualcosa da bere?» Incespicò nelle parole.

Olivier scosse la testa e si sedette sul divano. «Come stai?»

«Olivier, dobbiamo parlare.» Dovevano parlare di quanto accaduto sotto al tunnel di San Siro. Ci aveva pensato per tutto il giorno e aveva aspettato ansiosa il suo arrivo. Non aveva nemmeno cenato per la tensione nervosa.

«Vieni a sederti? O preferisci restare in piedi, a distanza di sicurezza?» Di nuovo le fece uno di quei sorrisi che avrebbe fatto sciogliere un intero ghiacciaio artico.

Cavoli, quanto si divertiva a vederla così vulnerabile. Eleonora si sedette, non troppo vicina ma nemmeno lontana. Avrebbe potuto scegliere la poltrona, sarebbe stata sicuramente più distante. Invece una forza invisibile l'aveva spinta verso di lui.

«Quello che è successo ieri non deve succedere più» disse seria, guardandolo dritto negli occhi.

Olivier fece schioccare la lingua e scosse la testa. «Succederà ancora e lo sai. È qualcosa più forte di noi.»

«Ma io stavo lavorando, Olivier. Non siamo animali, possiamo controllare i nostri istinti.»

«Non mi pare che tu lo abbia controllato più di me, però.»

Lei sbuffò e si portò due dita all'attaccatura del naso. «Il punto è...»

«Eleonora.» Olivier si spostò verso di lei e lei alzò lo sguardo. «Smettila di cercare scuse. Lasciati andare.»

Le mani di Olivier furono sul suo viso. I suoi occhi la incatenarono in quello che stava diventando un luogo troppo pericoloso. Era il posto in cui lo desiderava, il posto in cui tutta se stessa desiderava essere toccata da lui. Era un luogo dal quale sarebbe dovuta uscire prima che fosse troppo tardi, prima che la ragione potesse abbandonare completamente la sua testa.

Lo voleva, lo desiderava, le faceva male.

Perché doveva essere tutto così complicato? Perché un sentimento così intenso non poteva essere giusto?

Olivier era sereno. Per lui era un gioco, una sfida. Lui non aveva sensi di colpa. Le avrebbe spezzato il cuore. E lei lo avrebbe spezzato a Matteo. Chiuse gli occhi e si scostò.

«Avevamo detto mai più.»

«Lo so. Ma non riesco a resisterti. Non neghiamoci quello che vogliamo entrambi.»

Lo guardò con aria supplichevole. Lei stava solo cercando di comportarsi in maniera corretta. «Oli...»

«Vuoi forse dirmi che in questo momento non stai sentendo il desiderio di baciarmi? Io sì, voglio baciarti ancora.»

Eleonora tremò sotto le mani di Olivier che le accarezzavano le braccia sopra la felpa leggera. Per un attimo tutto il mondo attorno a lei scomparve, tutti i pensieri si annullarono. Le labbra di lui erano sempre più vicine, sentì il suo respiro come una carezza delicata sulla bocca.

Poi tutto tornò ad essere fastidiosamente reale quando il cellulare di Olivier cominciò a squillare. Lui si allontanò con un sospiro e lo tirò fuori dalla tasca.

«Scusami.» Staccò la chiamata, ma dopo pochissimi istanti cominciarono ad arrivare varie notifiche di messaggi. Sorrise e la guardò da sotto le ciglia. «È mezzanotte. È il mio compleanno. Tolgo la suoneria.»

Lei, dopo un attimo di incertezza, sorrise. «È il tuo compleanno? Auguri, Olivier!» si sporse per abbracciarlo ma si ritrasse subito, in imbarazzo. C'era troppa tensione sessuale tra loro due, non potevano sfiorarsi se non volevano finire avvinghiati. Si alzò in fretta. «Aspetta, credo di avere qualcosa per brindare.»

Olivier fu altrettanto repentino. Le bloccò il braccio e la tirò verso di sé, stringendole la vita. «Non voglio brindare.» Infilò la mano tra i suoi capelli e la baciò.

Eleonora si lasciò sfuggire un verso estasiato e annullò tutte le resistenze. Lo baciò con la stessa sua urgenza. Le lingue si scontravano e danzavano veloci, le mani di Olivier si infilarono sotto la maglia e toccarono la sua pelle accaldata. Le dita percorsero la schiena lasciandole una scia di brividi infuocati.

Non doveva, ma era quello che voleva. Olivier. Tutto, senza freni, senza vestiti. Poi avrebbe pensato alle conseguenze. Poi.

Lui sembrò leggerle nel pensiero e le sfilò via la maglia. Eleonora lo spinse sul divano, mettendosi a cavalcioni su di lui. Olivier le tirò i capelli, leccando il collo, giù fino alla scollatura, tra i seni. La sdraiò sul divano, schiacciandola col suo peso. Lei mosse il bacino contro il suo, spinta dall'urgenza di sentirlo tutto.

Olivier la guardò per un attimo, sfiorandole la guancia e il labbro con il pollice. La baciò ancora, la mano stretta a coppa sul suo seno.

Eleonora sospirò, ma all'improvviso tutto intorno a lei prese a girare. Le mancò il respiro, si sentì soffocare. Matteo e la moglie di Olivier, più altri pensieri di ansia e paura. Fece pressione con le mani sul petto di lui per allontanarlo.

«Aspetta, Olivier.»

Lui si mise in posizione eretta, seduto sui talloni. «Che succede?» Negli occhi brillava il desiderio ardente che aveva di lei.

Cercò di sgusciare da sotto le gambe di Olivier che la tenevano intrappolata. «Ho bisogno di andare un secondo in bagno.»

Gli occhi sfuggirono al suo sguardo indagatore. Mise i piedi a terra e prese un respiro profondo. Si sentiva incerta sulle gambe e il bagno sembrava così lontano da raggiungere... si richiuse la porta alle spalle e accese la luce.

Dio, quanto desiderava Olivier. Un desiderio così forte da fare male. La terrorizzava il modo in cui si era lasciata andare pochi istanti prima. Non aveva alcun tipo di controllo su quella situazione, era completamente in balia del desiderio. Stava facendo una cazzata gigantesca, eppure ogni minuscola parte del suo corpo la spingeva ad aprire la porta e tornare da lui.

Chiuse gli occhi e li strinse forte. Il cuore batteva all'impazzata. Ok, facciamolo, si disse. spalancò la porta e tornò in sala.

Olivier non c'era.

«Oli?» provò a chiamare. Si guardò intorno, sbirciando verso la cucina. «Olivier?» Andò in camera da letto e accese la luce.

Vuota.

Si lasciò cadere sul letto e gettò la testa sul materasso.

Olivier se n'era andato.

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