16. Post partita
Olivier correva verso la curva.
Il vento gli accarezzava la pelle sudata e il boato del pubblico gli rombava nelle vene. Batté il pugno sul petto più volte, guardando i tifosi che esultavano, prima di essere travolto dai compagni.
Lo avvolsero, togliendogli l'aria. Sgusciò via, non prima di essersi preso diversi schiaffoni sulle spalle e in faccia, e direzionò lo sguardo verso la panchina e il mister. Gli occhi però catturarono l'immagine di Eleonora che sorrideva. Sorrideva proprio a lui, partecipava alla sua gioia. Era così arrapante, con quei jeans aderenti e la camicetta sbottonata fino alla scollatura. Si eccitò, guardando le sue labbra muoversi vicino al microfono. Parlava e gli teneva gli occhi incollati addosso. Lui ammiccò e lei abbassò un attimo la testa, presa da un improvviso imbarazzo.
Corricchiò verso il centro del campo, rivolgendole un ultimo, rapidissimo sguardo prima di alzare gli occhi verso la tribuna, dove c'erano i suoi figli e Jen. Mandò loro dei baci, un attimo di connessione con sua moglie e poi di nuovo tutto il mondo intorno a lui scomparve, fagocitato dalla partita.
***
Era stato un bel gol.
Ancora più bello era stato Olivier mentre incrociava il suo sguardo. Oramai aveva rinunciato a toglierselo dalla testa, non voleva più combattere una guerra che avveniva nella sua stessa testa. Olivier era bello, lei ne era attratta, ma questo non doveva per forza compromettere tutto. Non era più una ragazzina, sapeva controllare i suoi istinti.
Stringeva nervosamente il microfono tra le mani mentre aspettava Olivier Giroud. La partita era appena finita e stava aspettando il calciatore a bordocampo. Dagli spalti provenivano le urla e gli schiamazzi dei tifosi, la chiamavano e la invitavano a girarsi per salutarli. Quasi tutta la squadra era scesa negli spogliatoi, Olivier camminava lentamente verso di lei, aumentando la sua agitazione. Intervistarlo la rendeva nervosa come la prima volta.
Quando le fu vicino le lasciò un lungo e lento sguardo su tutta la sua figura. Bastò questo a farla riscaldare. Doveva ammetterlo: quel gioco di sguardi le piaceva da morire. A patto che rimanesse tale, un gioco. Si lasciò andare a un sorriso.
«Ciao» fece lui.
«Olivier, complimenti per il gol. Oggi il tuo primo gol qui a San Siro, davanti ai tuoi tifosi. Come ti senti, che emozioni hai provato?»
Lui mise le mani sui fianchi, facendo aderire ancora di più la maglietta al suo busto asciutto e tonico. Il sudore gli imperlava la pelle del collo e delle braccia. Piantò gli occhi in quelli di Eleonora. Scintillavano di gioia e di qualcos'altro, qualcosa riservato solo a lei.
«Sì, sì, bellissimo, sto molto bene.»
Allargò le labbra in un sorriso che le fece vibrare il cuore e lo stomaco. Eleonora si perse. Non riusciva più a pensare. Le parole venivano fuori in automatico, dettate da anni di esperienza nelle interviste post gara. Olivier rispondeva, ma ogni volta era come se in realtà le stesse dicendo qualcosa di intimo, qualcosa destinato solo a lei e non ai milioni di tifosi che lo stavano ascoltando.
«Grazie, grazie mille Olivier» disse infine.
Olivier però non accennò ad andarsene. Restava fermo a guardare verso i pochi tifosi rimasti, li salutava con la mano. Eleonora si tolse velocemente l'auricolare e prese il cellulare. Giusto per mettere gli occhi da qualche altra parte, visto che non riusciva a toglierli dal corpo di Olivier.
Quando si accorse che il cameramen non stava più registrando, Olivier si avvicinò al suo orecchio. «Tra trenta secondi scendi le scale e segui il corridoio fino in fondo, poi svolta a sinistra. C'è una porta bianca. Io sarò lì.»
Eleonora accennò un sorriso a Ciro che la stava fissando, sapeva di essere avvampata e il caldo della serata settembrina non le era di aiuto. Respirò veloce una, due volte. Cosa doveva fare? Ah, sì, scendere le scale. Lasciò il microfono in mano all'amico e si voltò.
Ciro guardò il microfono, poi la ragazza, sbarrando gli occhi. «Ele, dove vai? Dobbiamo intervistare gli allenatori.»
«Arrivo subito.»
Scese di corsa le scale. Di Olivier non c'era traccia, vedeva solo qualche magazziniere e degli addetti alla sicurezza. Nessuno le disse nulla quando terminò il corridoio e svoltò a sinistra. La porta bianca c'era davvero e sul centro campeggiava la scritta "Vietato l'ingresso". Poggiò la mano sulla maniglia e l'abbassò piano. Dentro era buio e silenzioso, non vedeva niente. La sua testa le diceva di andarsene. Non avrebbe dovuto seguirlo. La curiosità e qualcos'altro l'avevano spinta a imboccare quel corridoio. Cosa doveva dirle Olivier di così segreto? Non poteva trattarsi del libro, di quello avrebbero potuto parlarne dopo, con calma... una mano la trascinò dentro e si ritrovò contro il muro.
La porta si richiuse e Olivier si schiacciò contro di lei. La maglietta fradicia di sudore bagnò la sua camicetta di seta. Il cuore accelerò, respirò più veloce, riempiendosi del suo odore intenso di maschio.
«Olivier, che stai facendo?» tenne le mani ferme contro il muro, nel tentativo di aggrapparsi a qualcosa di solido mentre tutto dentro di lei si stava sciogliendo.
«È che vederti così seria e professionale mi ha fatto ricordare il nostro primo incontro...»
Eleonora non riusciva a parlare, sentiva solo il martellare del suo cuore e il fiato caldo di Olivier sul collo e sulla guancia. Sentì la barba sfiorarle il mento.
«Quello che avrei voluto farti in quel momento» Olivier le sfiorò le labbra con le proprie. Due dita scivolarono lungo il suo collo, infilandosi nella scollatura della camicetta. «E quello che vorrei farti adesso.»
Si avventò sulle sue labbra. Eleonora perse completamente il controllo del suo corpo, tirò indietro la testa per poter accoglierlo meglio e infilò le mani tra i suoi capelli. Olivier si spinse tra le sue gambe e lei gemette, forte, scossa da un momentaneo sollievo e un'impennata ancora più forte di desiderio. L'erezione dura premeva sul suo sesso pulsante. Dio, avrebbe dato qualsiasi cosa per essere nuda in quel momento e sentirlo addosso, pelle contro pelle.
Olivier la baciò feroce, poi si staccò. «Domani sera, a casa tua. Parleremo del libro e finiremo questo discorso.»
Aprì la porta e la lasciò sola e tremante di desiderio. Ci mise qualche secondo a capire cosa era appena successo. Questa volta era stato ancora più incredibile della prima e lei non si sentiva affatto pentita. Aveva una voglia incredibile di finire quel discorso. L'aveva eccitata durante tutta l'intervista e con quel bacio aveva annientato tutte le sue resistenze.
Si aggiustò la camicetta e uscì di corsa, prese la scalinata che portava nella zona delle interviste e arrivò col fiatone accanto a Ciro.
Lui la guardò nervoso. «Ma dove eri finita?»
Riprese il microfono ed evitò di guardarlo. «In bagno.»
«Che hai fatto alla camicetta?»
«Come?» abbassò lo sguardo verso la camicia e la trovò chiazzata di scuro, nelle parti in cui il corpo tonico di Olivier era aderito al suo. «Mi è schizzata addosso un po' d'acqua.»
Ciro le toccò un braccio e lei lo guardò negli occhi. «Sei sicura di stare bene? Sei tutta rossa in faccia.»
«Sto bene, non è niente. Ho corso per le scale, pensavo di essere in ritardo. Oh, ecco il mister.»
Si sistemò l'auricolare, si schiarì la gola e cercò di riprendere il controllo del suo corpo. Il cuore batteva ancora troppo forte e il fuoco tra le gambe smaniava per essere domato.
Doveva fare sesso con Olivier, e doveva farlo prestissimo o lei sarebbe impazzita.
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