UN RITORNO
Il ritorno al campus mi lascia un senso di amarezza. Non so esattamente cosa sia. La vita torna a scorrere normalmente. Scivola via logorante e io sono distratta. Mi riesce difficile concentrarmi su qualcosa che non sia Harry e il mio rapporto con lui.
Una notte mi alzo dal letto. Sono nervosa. Non riesco a dormire. Un orologio, in lontananza, suona le tre di notte. Chi diceva che è l'ora più oscura dell'anima? O qualcosa del genere. Noto solo in quel momento che Blasy è sveglia, sdraiata nel letto, un libro in mano, illuminato dalla debole luce di una torcia.
-Che fai?- le chiedo.
-Studio... tra due giorni ho l'esame- risponde, un ciuffo di capelli sul viso.
-Oh... stai ripassando?-
-In realtà è la prima lettura- okay, non supererà l'esame. I miei pensieri sono interrotti da un rumore.
Un fruscio. Mi avvicino alla finestra e sbircio fuori, un formicolio che mi corre lungo la schiena.
Qualcuno sta passeggiando sotto le finestre della sorellanza.
-Blasy!- chiamo a bassa voce.
La mia amica alza la testa dal libro. L'eyeliner le è colato lungo le guance. Le faccio segno di avvicinarsi e di fare silenzio. Lei mi raggiunge, il viso contratto in un'espressione curiosa. Quando guarda fuori dalla finestra aggrotta la fronte.
-Chi è?- mi chiede.
-Non lo so- ammetto.
-Dovremo avvertire la polizia?-
-Perché una ragazza vestita di nero cammina per il giardino del campus?- domando ironica.
-Credi che non lo prenderebbero sul serio?-
-Ne sono certa-
-Allora dobbiamo scendere noi-
-Noi?- non si ricorda quello che sta succedendo? Non ho nessuna intenzione di rischiare la vita. Sarebbe sciocco. E mentre sono persa in questi pensieri la ragazza scompare. Un brivido mi percorre la schiena. C'è qualcosa di sbagliato in questo. Di orrendamente sbagliato.
Il giorno seguente io e Blasy decidiamo di andare da Starbucks. Lo vedo non appena scendo le scale. Un mazzo di rose rosse a gambo lungo è appoggiato sul tavolo dell'ingresso. Il profumo, intenso e dolce, invade l'aria. Lo fisso con stupore. Jenny è piegata in avanti e le sta contando.
-Sono cento!- esclama –Cento rose rosse-
-Per chi sono?- chiede Blasy, balzando in avanti.
-Per una certa principessa- Jenny si gira verso di noi e ci fissa, curiosa.
Il mio cuore sobbalza. Principessa? Potrei essere io? Deglutisco e avanzo di un paio di passi.
-Principessa?- chiede Blasy.
-Sì- ci mostra un bigliettino dorato sul quale ci sono poche parole.
"Alla mia principessa. Ieri ti ho pensata. H."
Un gran numero di sentimenti si fa strada in me. Gioia, euforia, paura, malinconia, rabbia, fastidio. Cosa vogliono dire queste rose per me? Come si permette di non farsi sentire e poi di mandarmi queste rose? Eppure la felicità si fa strada, passando attraverso le crepe del mio cuore. Sì, sono felice e non posso fare a meno di sorridere.
Più tardi Blasy mi sta ripetendo il programma del suo prossimo esame. Io annuisco, la tazza stretta in mano. Starbucks è affollata questo pomeriggio. Non c'è neppure un tavolo libero. Io e Blasy abbiamo preso l'ultimo, vicino alla vetrata, sulla quale possiamo vedere la nostra immagine riflessa.
-Non imparerò mai tutto questo- mi dice la mia amica, affondando il viso tra le mani.
-Lo dici sempre- sorseggio il caffè. Ho un forte mal di testa. E gli occhi mi bruciano. Sbatto le palpebre, sperando che Blasy non si accorga che non la stavo realmente ascoltando.
-Questa volta è vero, non ci riuscirò mai-
Mi sfugge un sorriso. –Certo che ci riuscirai e... - la mia attenzione viene attirata dalla ragazza che è appena entrata nel locale. Alta, elegante, con un cappotto nero e un paio di stivaletti in tinta. –Janet!- esclamo, sorpresa.
La nuova arrivata si volta e riconosco senza ombra di dubbio la mia più cara amica di Parigi. –Audrey!- esclama, ridendo.
Io le faccio segno di sedersi accanto a noi. –Vieni-
Janet si avvicina, tenendo la borsa premuta al petto. –Non disturbo?- chiede e noto che posa lo sguardo, leggermente carico di disapprovazione, su Blasy. In effetti le amicizie che avevamo a Parigi erano molto meno gotiche.
-Per niente- dico –lei è Blasy- indico la mia compagna di stanza, completamente vestita di nero e con teschi ovunque –Blasy, lei è Janet-
Le due si scrutano con attenzione, quindi Blasy le porge la mano, ma Janet si limita a salutarla con un movimento delle dita. –Mi siedo qua allora- e si lascia cadere al mio fianco, sotto lo sguardo offeso di Blasy. Okay, le cose non stanno iniziando bene. Mi sforzo di trovare un argomento su cui entrambe potranno andare d'accordo. La moda? Beh, Janet sembra una bambolina, Blasy è decisamente più simile alla protagonista di una distopia. Il trucco? Stesso discorso. I ragazzi? Non credo che abbiano gli stessi gusti neppure riguardo a questo. Non che sia un problema, al contrario, se a entrambe piacesse lo stesso genere di ragazzo potrebbe finire male. Alla fine opto per il commento più banale al mondo, ma che almeno mi dà la possibilità di far rompere il ghiaccio.
-Non trovate che oggi sia proprio una bella giornata?- chiedo, la gola secca.
-Certo!- esclama Janet, raggiante –Il sole è bellissimo perfino qua! Credevo che non ci fosse un luogo al mondo bello come Parigi-
-Cosa ti porta qua, Janet?- interviene Blasy, sottolineando il suo nome, tanto che sembra quasi un insulto.
-In realtà i miei sono americani, per cui ogni tanto torno qua, così ho pensato di fare una sorpresa alla mia carissima amica Audrey- mi passa un braccio intorno alle spalle. Sento i suoi braccialettini tintinnare vicino al mio orecchio.
-Sono felice che tu sia venuta qua- e cerco un modo per dirle, con dolcezza, di smetterla di stringermi.
-Non avrei potuto non venire!- si tira indietro i bellissimi boccoli –Lo sai chi ti manda a salutare?- mi chiede, lo sguardo azzurro brillante.
-Un nostro amico di Parigi- tiro a indovinare.
-Oui, mon petite Audrey! Marcel, te lo ricordi?-
-Certo, il barman che lavorava vicino al nostro appartamento-
-Tres bien!- ride, la sua risata simile alla pioggia che cade dolcemente –Non vede l'ora che tu torni a Parigi-
-Audrey sta bene qua- interviene Blasy. Okay, ora la situazione sta sfuggendo al controllo.
-Oh... c'è qualcosa che non mi hai detto?- mi chiede Janet, lo sguardo brillante. Noto che ha cambiato ombretto, prima ne metteva uno azzurro, adesso è rosso.
-Nulla di nuovo-
-Io conosco questo sguardo, cosa mi nascondi?- fa schioccare la lingua –C'entra Harry, eh?-
-No, non c'entra Harry- mi affretto a dire. La curiosità di Janet mi mette in imbarazzo. Non sono certa di voler parlare di lui, così comincio a parlare nuovamente del tempo e spero che così di distrarla. Sempre che sia possibile distrarre Janet.
NOTE DELL'AUTRICE:
Ciao!
Ecco un nuovo capitolo!
Cosa ne pensate?
A presto
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