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PAURA

L'ospedale è pieno di gente. Avanzo e chiedo informazioni.  Non appena mi dicono in che camera è Harry corro da lui.

Davanti alla porta mi fermo un attimo, il cuore in gola, un senso di panico che mi attanaglia all'improvviso. Non so come sta. Devo raccogliere tutto il mio coraggio per entrare. La stanza è piccola, con le pareti colorate di un bianco che tende al grigio. Lo vedo subito. Sdraiato sul letto. I capelli scuri cadono sul suo viso. Inchiostro liquido.

-Sei venuta per me?- mi chiede, un sorrisetto che gli piega le labbra.

-Come avrei potuto non venire?- ho le lacrime agli occhi –Per fortuna stai bene... da come mi aveva detto Louis pensavo che fossi ferito più gravemente-

-Forse gli ho detto di esagerare un po'-

-Cosa?- chiedo, sforzandomi di fingermi arrabbiata. Non è vero. Non riesco ad arrabbiarmi, sono troppo felice del fatto che lui stia bene.

-Sei corsa da me, questa è la cosa importante- sorride.

-La cosa importante sarebbe essere sinceri- mormoro –questo è uno dei motivi per cui litighiamo-

-Non sono delle vere liti- mi accarezza la guancia.

Sospiro stancamente. –Sì, sono delle liti vere e proprie- la mia voce però non sembra convincente. Appoggio la mia mano sulla sua e lui intreccia le dita con le mie.

-Siamo fatti per stare insieme, lo sai bene-

-Non sempre chi si ama sta insieme- la mia voce però è debole.

-Un ragionamento molto sciocco- si porta la mia mano alle labbra e la bacia sul dorso. Un leggero contatto che sembra quasi bruciare. –Cosa t'importa di ciò che succede di solito?-

-Eri tu quello che sosteneva che ero una bambina e non potevamo stare insieme- gli ricordo.

-Ho sbagliato- mi gira la mano e mi bacia il palmo. Piccoli e delicati baci.

-Devi restare in ospedale per la notte?- gli chiedo, per cambiare discorso. Provo a ritrarre la mano, inutilmente. Lui la tiene ben salda. La cosa mi fa molto piacere.

-I medici consigliano di sì, ma io voglio firmare per uscire-

-Assolutamente no-

-Non puoi costringermi... l'unica cosa che puoi fare è passare la notte con me, così potrai controllare che non mi succeda nulla-

Sospiro. –Quando fai così non ti sopporto, dico sul serio, sei davvero terribile-

Lui butta indietro la testa e ride. -Comunque ho intenzione di firmare il foglio per uscire-

-Cosa? Non è pericoloso?-

-Oh, molto, ma a me le cose pericolose piacciono-

A me no, ma non importa. Mi sento meglio.

Torniamo a casa. Lo aiuto io a camminare. Traballa. Lo sostengo come meglio riesco. È pesante.

-Ce la faccio- si lamenta.

-Appoggiati, non rischio certo di lasciarti cadere-

-Non cado, dovresti essere tu che ti appoggi a me- borbotta, mentre superiamo la soglia.

-Credo che sia meglio passare la notte qua sotto, sul divano-

-Pensieri lussuriosi?- mi prende in giro.

Scoppio a ridere. –In realtà penso che sarebbe un problema fare le scale-

-Hai ragione- ammette in un soffio.

Procediamo fino al divano, dove aiuto Harry a sedersi. Mi lascio cadere al suo fianco. Posso vedere l'ombra di un livido sulla sua guancia. Il pensiero che abbia avuto un incidente mi fa male, avrebbe potuto andare molto peggio. Gli tiro indietro i capelli.

-Sei bellissima, principessa- mi sussurra.

Sorriso. –Sono sicuramente gli antidolorifici che ti fanno parlare così- gli rispondo, sorridendo –sono spettinata e mi è colato il trucco, sono tutto tranne che bellissima-

-Tu sei sempre bellissima, non potrebbe essere diversamente-

Le sue parole riescono sempre a stringermi il cuore. Mi rendono euforica.

-Vieni- mi stringe a sé.

Lo avvolgo nel mio abbraccio. Harry ha rischiato di morire, io ho rischiato di perderlo per sempre. Ora però tutto è a posto.


Quando torno a casa, la mattina successiva, dopo che Louis si è offerto di stare con Harty, la vedo subito. Una ragazza ferma davanti alla porta. Indossa un nell'abito ampio. M'irrigidisco, un brivido che corre lungo la schiena.

Janet. È lei. La riconoscerei ovunque con quel suo portamento elegante. Mi fermo e lei si accorge della mia presenza. Si volta, un movimento fluido.

-Audrey- esclama, sorridendo. Un sorriso che mi fa paura. 

-Che ne dici di andare al bar?-

Non voglio stare sola con lei.

-Sì, perfetto- risponde, sorridente. Una bambola.

Ci accomodiamo vicino alla vetrina. Faccia a faccia. Parliamo. Non ricordo quasi cosa ci diciamo. È tutto sfocato, confuso, sbiadito.

E poi lo sento un profumo familiare. Arriccio il naso, mentre una folle consapevolezza si fa strada in me. Peonie, questo è il profumo di peonie. Una stretta mi chiude la gola. Janet si sta mettendo il rossetto. La fisso con attenzione.

-Hai cambiato profumo?- le chiedo, cercando di non svelare la titubanza nella mia voce.

-Profumo?- si volta verso di me, sembra sorpresa.

-Non ho mai sentito questo profumo- mormoro.

Lei fa spallucce. –Sì, è quello nuovo-

-Dove lo hai preso?-

-Non mi ricordo più... stai bene, Audrey? Hai una strana faccia-

-Sto bene- mento, mentre oscuri scenari si fanno strada nella mia mente. Cosa sta succedendo? Chi è veramente Janet? Quanto so davvero di lei? È comparsa nella mia vita praticamente dal nulla, dopo la morte di Susy, quando io ero persa in una città che non conoscevo, avevo bisogno di un'amica.

-Sei sicura?-

-Sì, io... voglio andare a casa... mi sono ricordata che ho una cosa da fare-

-Oh, subito?-

Annuisco, cercando di fingermi tranquilla. Ripenso a tutte le ragazze del campus che sono scomparse. Razionalmente non riesco a credere che Janet possa essere la responsabile, ma questo profumo di peonie mi confonde, mi turba. E poi ci sono le sue bugie. –Devo andare, ci sentiamo più tardi-

-Certo, chiamami quando vuoi-

Mi alzo e corro via senza risponderle. Voglio chiudermi in casa, dopo penserò a cosa fare.


NOTE DELL'AUTRICE:

Ciao!

Cosa ne pensate di questo capitolo? Mi scuso per eventuali errori, ma sto cercando di finire al più presto questa storia per pubblicare le nuove.

A presto!

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