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Capitolo 11

Il gioco questa volta si chiamava "Orologio". Consisteva nel mettersi in riga, uno di fianco all'altro e la persona alla tua sinistra doveva dirti:
"È l'ora di.." e si inventava un obbligo. Tu dovevi eseguirlo entro un minuto, se non ci riuscivi entro quei sessanta secondi venivi eliminato, e il giro continuava fino a quando non sarebbe rimasto solo un ragazzo, che sarebbe stato il vincitore. Io avevo a destra un ragazzo che non conoscevo e a sinistra Sel. Per fortuna potevo scegliere io l'obbligo per lo sconosciuto, e non viceversa. Sapendo che eravamo in più di trenta ragazzi pensai che sarebbe durato tantissimo quel gioco, invece vuoi perché gli obblighi erano difficili, o perché i giocatori erano scarsi, prima di me furono eliminate più di dieci persone, ed io ero più o meno al centro della riga.
Arrivó il turno di Sel, e con questa scusa, la persona alla sua sinistra era cambiata.
Ed era diventata Mia.
Un brivido corse lungo la mia schiena. Sapeva di certo che se avesse eliminato Sel avrebbe poi avuto la possibilità di eliminare me, e quindi di prendersi la sua rivincita.
Non mi faceva paura.
Solo che non volevo che Sel venisse eliminato per colpa di un guaio in cui mi ero cacciata io.
Che poi non era proprio un guaio.
Solo una rottura di scatole che probabilmente sarebbe stata costante per tutto il mese.
Alla fine, dopo un momento di silenzio Mia disse:
"È l'ora di baciare la ragazza più brutta di tutto il campo".
Selyn anche se poteva sembrare un duro era un pezzo di pane.
Non lo avrebbe mai fatto.
Non voleva ferire nessuno.
Infatti piano piano il minuto passò e lui non si mosse. Prima di andarsene mi guardò e mi disse con aria triste:
"Mi dispiace Cry".
Poi si mise sotto un albero a guardare.
O meglio; a guardare me. Gli diedi un paio di occhiate e tutte le volte in cui lo guardai, lui aveva gli occhi già puntati nei miei.
A risvegliarmi fu la voce di Mia. Guardandomi con i suoi occhi orientali socchiusi, e facendo un sorrisetto soddisfatto mi disse:
"È l'ora di fare una corsa fino al quinto piano e tornare in giardino".
In meno di un secondo scattai. Entrai velocemente: feci le prime due rampe di scale, e il primo piano era andato. Da lì ne feci altre due per arrivare al secondo, due per arrivare al terzo e al quarto piano. Poi dopo tre rampe di scale arrivai al quinto piano. Era molto diverso dagli altri. Le pareti erano bianche e le porte di legno chiaro erano quasi tutte aperte a mostrare sgabuzzini. Una in fondo, era chiusa. Era di pietra grigia e sopra c'era incisa la scritta: "NON ENTRARE". Mi fermai qualche secondo a guardare quella porta al centro del corridoio. Per un momento mi dimenticai del gioco, poi però cominciai a scendere le scale. In men che non si dica arrivai in giardino. Il cielo era nuvoloso, e in lontananza si potevano vedere dei lampi.
"56 secondi" disse Denise.
Non avevo perso.
Mia mi guardò con aria schifata mentre Selyn e Axel sorridevano e le proprietarie parlavano tra loro. Quando finirono di conversare ci dissero che il gioco era finito lì perché stava per piovere, e che  l'avremmo continuato il giorno dopo.
Mia non aveva ancora vinto, perché io non avevo ancora perso.
E questo aveva reso la mia giornata degna di essere vissuta.

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