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CAPITOLO 4 ~ parte seconda

Passai la giornata seguente a Empoli, facendo un po' di acquisti per la mia lunga permanenza estiva, e ne approfittai per comprare una guida sulla storia di quei luoghi incantevoli che mi avrebbero ospitata per l'estate.

Seduta su una panchina in Piazza Farinata degli Uberti, chiamata dagli empolesi "Piazza dei Leoni" per le statue dei quattro grandi felini posti attorno alla fontana delle tre Naiadi, mi persi nella lettura degli aneddoti storici di quel posto, citato persino da Dante nella Divina Commedia.

A un tratto, sette rintocchi del campanile della Collegiata di Sant'Andrea mi ricordarono che l'ultimo autobus per Vinci sarebbe partito entro pochi minuti. Afferrai le buste coi miei acquisti e mi misi a correre a perdifiato per le vie del centro, con la speranza di raggiungere in tempo la corriera in partenza da Piazza della Vittoria.


L'autobus mi lasciò all'inizio della salita che conduceva al B&B e, lungo la fila di cipressi che costeggiavano la strada, notai un'insolita fila di auto parcheggiate. Varcata la soglia del casale mi ricordai all'improvviso dell'aperitivo a bordo piscina, di cui mi aveva parlato Fynn il giorno prima e, con un gesto fulmineo, girai su me stessa, pronta a rinchiudermi in camera per il resto della serata.

Tu, Rose, mi spingevi sempre ad andare alle feste, ma io mi sentivo ogni volta così inadeguata in quei contesti, un po' per il mio gusto orrido in scelta di abbigliamento, un po' per la mia mancanza di socievolezza, finendo puntualmente per trascorrere la serata seduta in un angolo, aspettando che l'amica di turno terminasse di pomiciare col proprio fidanzato.

Purtroppo Lucrezia si accorse della mia presenza e, sbracciandosi in mezzo alla folla, mi urlò: «Per fortuna sei arrivata, Nicole! Ci stavamo proprio chiedendo dove fossi. Hai avuto una buona giornata?»
Senza darmi il tempo di rispondere, la donna mi prese la mano libera dalle buste delle mie compere pomeridiane e mi condusse in mezzo al gruppo numeroso di ospiti.

Girato di spalle, intravidi Luca che chiacchierava con alcuni ragazzi e, prima che potessi scostare lo sguardo, i nostri occhi si incrociarono.

«Vieni, Nicole, ti presento i miei amici.»

Sorrisi alla comitiva che avevo dinanzi, tuttavia la mia attenzione era rivolta al nipote di Anna.

Quell'uomo aveva un'eleganza innata nei gesti, nel portamento, nel modo in cui parlava agli altri. Sprigionava uno charme naturale, che lo rendeva ancora più attraente ai miei occhi, perché accompagnato da una certa dose di compostezza che gli dava, a tratti, un'aria severa e di perenne autocontrollo. Un' immagine ben diversa da quella che avevo potuto ammirare la sera prima sul balcone ma altrettanto magnetica.

«Chi è la tua amica?»

Mi girai verso la ragazza che aveva appena parlato: era una giovane donna sui trent'anni, molto alta e magra, i capelli biondi a caschetto accentuavano i lineamenti spigolosi, esaltandone il fascino austero. Fasciata in un tubino bianco mono spalla, che risaltava la carnagione abbronzata, non potei evitare di notare come toccasse con disinvoltura il corpo di Luca e la cosa mi infastidì.

«Hai perso la parola, Amore
Non sapevo l'italiano ma conoscevo benissimo il significato di quella parola.

«Ehm, sì, perdonami. Lei è Nicole e si occuperà di Sole durante l'estate, e Nicole, questa è Costanza...»

«La sua fidanzata» aggiunse lei in italiano, scrutandomi dalla testa ai piedi. Quell'occhiata di disapprovazione mi fece realizzare in quel momento come il mio abbigliamento fosse del tutto inadatto: indossavo una canottiera bianca, pantaloncini corti di jeans e un paio di infradito; la tenuta perfetta dell'americana in vacanza!
Lanciai una rapida occhiata intorno a me e constatai, con orrore, che tutte le donne presenti sfoggiavano vestiti ricercati e decolleté che sfidavano le leggi della fisica. Come facessero a non sprofondare nella ghiaia con quei tacchetti così sottili rimane, per me, un mistero, Rose!

Non compresi quanto aveva detto Costanza e domandai: «Cosa vuol dire fidaseta

La giovane non disse nulla, ma con un sorriso compiaciuto allungò la mano sinistra su cui spiccava un solitario di notevole fattura.

Feci loro le mie congratulazioni e, afferrando un bicchiere di vino, mi dileguai tra la folla.

«'Merica, sei scappata via.»
Fynn mi porse un altro calice e si sedette accanto a me, ai piedi del cipresso che si trovava dietro al B&B. «Ho visto la scena, Costanza adora mettere a disagio la gente, è l'unico modo che ha per sentirsi sicura» aggiunse sbuffando.

«Grazie, Fynn, io sto bene. Mi sono solo voluta allontanare per un po' da tutta quella confusione. Non sono proprio quella che si definirebbe l'anima della festa. E, comunque, ora devo andare in camera perché la mia serata in pigiama mi aspetta!» lo rassicurai, simulando un finto entusiasmo.

Il ragazzo scattò in piedi e mi prese la mano, facendomi alzare in un baleno.

«Non permetterò che tu trascorra il tuo primo sabato sera a Vinci standotene chiusa nella tua stanza!»

Lo guardai dubbiosa.

«Andiamo, 'Merica, hai bisogno di divertirti!»

https://youtu.be/XJQRs9zsBnQ


Fynn mi diede dieci minuti esatti d'orologio per farmi una doccia al volo e infilarmi un vestito decente. Forse aveva capito che, se avessi avuto più tempo a disposizione, avrei inventato una scusa per non uscire.

Ancora coi capelli umidi, salii nel pick up parcheggiato all'ingresso del B&B, dove il mio nuovo amico mi stava aspettando.

«Eccomi! Lucrezia non viene?»

«Lei non esce mai con me» mi rispose secco, ma subito dopo cambiò tono. «Quando sono giù, di solito mi aiuta giocare a biliardo, bere un paio di bicchieri e stare in compagnia.»

«E stai meglio?»

«Direi di sì, è un buon modo per non pensare... alla mia situazione. Comunque basta con le domande per stasera. Prova a liberare la testa e a vivere il momento.»

«Penso che seguirò il tuo consiglio!» risposi e, mentre lasciavamo alle nostre spalle il B&B, abbassai il finestrino, godendomi la vista degli ulivi arrampicati sulle colline di Vinci, che ci avvolgevano in un abbraccio verde.

Quel ragazzo ti sarebbe piaciuto, Rose.

Dopo una decina di minuti, il pick up si fermò davanti a una enoteca in prossimità del museo leonardiano di Vinci. L'insegna del locale catturò la mia attenzione e mi fece sorridere: una capra sedeva su una botte di vino con le zampe incrociate e un calice tra gli zoccoli, ammiccando agli avventori.

«La capra BRI-A-CA» lessi.

«Significa la capra alticcia» mi spiegò Fynn, ridendo.

«Mai nome fu più azzeccato» constatai non appena varcai l'ingresso del locale. La maggior parte dei clienti era su di giri e di ottimo umore.

«È colpa del vino, è troppo buono, ma tu non dirglielo mai perché altrimenti non ti molleranno un attimo e passeranno la serata a descriverti come fanno a ottenerlo così speciale» mi confidò Fynn, indicando un gruppo di ragazzi verso i quali ci stavamo avvicinando.

«Vi presento Nicole, è la sua prima serata fuori a Vinci perciò vediamo di farla divertire!»
Fynn mi fece sedere nel mezzo della compagnia e i giovani presenti alzarono i calici al cielo e brindarono: «A Nicole!»

Tutti bevvero generosamente, aspettando che facessi lo stesso.

«Ma sì, dai,» esclamai «il prossimo giro lo offro io. Alla bellissima Toscana!» e, mentre un coro di apprezzamento si levò di nuovo da quell'allegra combriccola, mi girai a cercare lo sguardo del mio amico.

«Si è messo subito all'opera» mi fece notare il ragazzo che mi sedeva accanto, indicandomi un punto dietro al nostro tavolo.

Seduta su un lato del biliardo, una ragazza teneva con le gambe avvinghiate a sé il corpo possente di Fynn.

«Sembra che gli stia mangiando la faccia!» notai divertita.

Il neozelandese non scherzava quando mi aveva detto che riusciva a liberare la mente giocando a biliardo, ma certo non mi aspettavo intendesse in quel modo.

Per un attimo Fynn si staccò dalla giovane, che pareva volergli risucchiare anche l'anima con quei baci così intensi, e mi chiese, gridando, se andasse tutto bene. Gli feci cenno di sì e lui si ributtò nell'abbraccio focoso della sua amica.

La serata trascorse veloce tra risate, partite a biliardo e i racconti degli amici di Fynn.

I tre bicchieri di vino, che avevo bevuto senza aver cenato, mi diedero la disinvoltura sufficiente per azzardare anche conversazioni nel mio italiano stentato, che fecero morire dal ridere quel gruppo di toscani, in modo particolare un ragazzo mingherlino di nome Taddeo che mi riempiva di complimenti melensi ed esagerati.

Quando la barista alzò il volume della musica, molti dei clienti dell'enoteca si riversarono nel patio esterno a ballare, perciò colsi l'occasione al volo per staccarmi da quella presenza troppo appiccicosa.

Fynn mi raggiunse, offrendomi un altro bicchiere di vino.

«'Merica, accompagno la mia amica a casa e torno. Vive dietro l'angolo, tra mezz'ora sono qui. Tu stai bene? Posso lasciarti?»

«Mai stata meglio! Va' e divertiti! Ci vediamo dopo» gli risposi allegra.

Mi sentivo così leggera e, senza neanche accorgermene, iniziai a ballare a occhi chiusi. Tutto il mio corpo desiderava solo danzare fino allo sfinimento e, per una volta, non mi interessava minimamente il giudizio degli altri. Forse ero ridicola, o forse no, ma l'unica cosa che contava era che mi sentissi davvero bene.

Sorrisi a me stessa e riaprii gli occhi portando il bicchiere alla bocca, ma nel momento in cui rialzai lo sguardo vidi Luca in mezzo al locale che mi fissava.
Non dissi una parola e proseguimmo a guardarci tra la gente, fino a quando sentii due mani afferrarmi per i fianchi e mi ritrovai faccia a faccia con Taddeo, il quale per tutta la sera aveva cercato di fare colpo su di me.
Provai a scansarmi, ma lui mi prese il polso e, con l'altra mano sulla mia schiena, mi avvicinò a sé.

Luca percorse la distanza che ci separava in pochi secondi e, sibilando, gli intimò in tono perentorio di lasciarmi.
Il ragazzo era ben più alto di Taddeo e con la sua stazza lo sovrastava minaccioso.

«Ok, ok, non ti arrabbiare, sta' calmo, eh? Non è successo nulla...» balbettò, ma Luca continuava a fissarlo, trattenendo a stento la collera.

Appoggiai allora la mia mano sulla sua guancia, obbligandolo a guardarmi e, con dolcezza, lo rassicurai: «Va tutto bene. Io sto bene! Andiamo, dai».

La dicotomia tra l'uomo educato dell'aperitivo e quello furibondo, che avevo appena conosciuto, mi lasciò interdetta.

Presi per mano Luca e lo condussi fuori dal locale.
«Ma che ci fai qui?»

«Lucrezia mi ha detto che Fynn ti aveva portata fuori e Vinci, come avrai capito, non è una metropoli. Ti ho cercata dove so che ha una delle sue donne» mi spiegò lui, irritato.
«Sapevo che non era una buona idea, e avevo ragione, visto che ti stavi per cacciare in un bel guaio. Se non fossi arrivato in tempo...»

«Me la sarei cavata anche senza il tuo aiuto» finii la frase decisa.

A quelle parole, la rabbia scomparve dai suoi occhi e, ricomponendosi, disse: «Lo so...»

Luca si strinse nelle spalle e aggiunse a bassa voce: «Ma io dovevo assicurarmi che tu stessi bene».

Forse fu per la melanconia nei suoi occhi castani così profondi o per quel tono roco e basso nella sua voce, ma quella frase mi scaldò il cuore.

In quell'istante fummo raggiunti da uno dei ragazzi che avevo visto all'aperitivo. Il giovane, con un'espressione sollevata sul volto, diede a Luca una pacca sulla schiena, esclamando: «Finalmente ti ho trovato! Stiamo andando a Firenze. Vieni in macchina con me?»

«Nicole, lui è Ale» mi presentò Luca.

«Perdona la mia maleducazione, è un piacere conoscere la famosa Nicole!» si scusò, scrutandomi dalla testa ai piedi con un sorriso sornione.

Guardai Luca, imbarazzato, lanciare un'occhiataccia all'amico.

Facendosi serio all'improvviso, Ale lo implorò, congiungendo le mani in segno di preghiera:
«Senti, Corsini, io capisco tutto, ma tu devi venire. Costanza ci aspetta a Piazzale Michelangelo con gli altri. Era già nervosa perché non sei andato con lei prima! Ora fammi il favore di seguirmi perché poi mettete sempre me in mezzo alle vostre discussioni».

«Le ho già scritto che non vengo. Rimango qui stasera.»

«Sei serio?» domandò incredulo, alzando gli occhi al cielo.

«Sì» concluse Luca con un tono che non ammetteva repliche.

«Settembre è vicino, non te lo scordare» gli ricordò Ale e, senza aggiungere altro, si congedò da noi con uno sguardo preoccupato.

«Cosa intendeva il tuo amico con la famosa Nicole?» gli chiesi, sollevando il sopracciglio.

Luca diede un colpo di tosse, prendendo tempo.

«Sei famosa perché... mmm... perché le gemelle si sono decise ad assumere una tata per Sole. Era più di un mese che scartavano ogni candidata.»

«Certo, capisco» risposi io, continuando a guardarlo di sottecchi.

Sentii, allora, vibrare il mio telefono e lessi il messaggio ad alta voce: Fynn mi aveva scritto per sapere se andasse tutto bene e per dirmi che si sarebbe trattenuto ancora un po' dalla sua amica.

«Lo sai che è perdutamente innamorato di Lucrezia?»

A quelle parole, Luca sbuffò scandalizzato: «Stai scherzando, spero? Ti immagini uno come lui con mia sorella? Figuriamoci!»

Quella reazione mi incuriosì.

«Perché? Che ci sarebbe di male? Mi sembra un bravo ragazzo, ha solo bisogno di una chance.»

«Che non avrà mai, Nicole. Tu non le conosci, ma le gemelle hanno una testa fuori dal comune. Ti dico solo che l'ultimo trattato di semiotica giapponese scritto da Tania e Lucrezia è ritenuto nell'ambiente accademico un vero e proprio capolavoro. Fynn e Lucrezia appartengono a due mondi agli antipodi che non hanno nulla in comune. Lui è rozzo, non so neanche se ha preso il diploma e puzza spesso di capra. Lucrezia è una donna con un animo gentile, un'intelligenza acuta ed è...»

«Tua sorella» risposi, prendendolo in giro.

«Sì, è mia sorella e spero per lei il meglio. E poi Fynn si è portato a letto mezza Vinci. Non ha nessuna possibilità con Lucrezia» sentenziò lui.

«Non ti facevo così snob. Secondo te, per uscire con una gemella bisogna aver conseguito almeno un paio di dottorati di ricerca?» domandai ironica.

Luca alzò le mani al cielo in segno di resa.

«Cambiamo argomento, per favore. Hai mangiato qualcosa stasera? Ti va un gelato?»

***

Seduti vicini sulle mura che costeggiano il castello di Vinci, dinanzi al Museo di Leonardo, guardavamo le colline attorno a noi sprofondate nel buio di quella notte d'inizio giugno.

«Allora ti sposi?» chiesi sottovoce a Luca.

«Sì, il 6 settembre» mi rispose lui, osservando l'orizzonte avvolto nelle tenebre.

«Il mio matrimonio doveva essere il 27 ottobre, invece» dissi giocherellando col tuo anello, Rose.

Luca voltò la testa verso di me, stupito dalla mia rivelazione.

«Che cosa è successo?»

«A febbraio ho sorpreso il mio ex a letto con una sua collega. Scontato, non credi? Pensa, avevo già organizzato tutto nei minimi dettagli. Avrei avuto la cerimonia perfetta, a ottobre, il mio mese preferito, quando i colori dell'autunno in California tingono tutto d'arancio e d'ocra.»

Inspirai a fondo e proseguii: «E invece mi ritrovo qui, dall'altra parte del mondo, e non so come riuscirò a mantenere la promessa fatta alla mia migliore amica. Lei era la mia famiglia, l'unica persona che mi abbia mai fatto sentire amata».

Mi fermai un momento, gli occhi colmi di lacrime.
«È morta tra le mie braccia un mese fa.»

Luca si alzò in piedi, frugando nelle tasche alla ricerca disperata di un fazzoletto per me. Me ne porse uno sgualcito, scusandosi.

«Io sono qui per lei» dissi, asciugandomi il viso.

«Mi ha chiesto di venire a cercare sua cugina, che vive a Vinci, e di portarle il suo diario.»

«Come si chiamava?» mi domandò Luca, preoccupato di vedere nei miei occhi i segni di un cuore stanco.

Feci una pausa e risposi tutto d'un fiato: «Il suo nome da ragazza era Rosa Nenciarini».

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