CAPITOLO 10 ~ parte prima
La mattina seguente mi svegliai nel letto di Luca. Sdraiato accanto a me, lui riposava sereno. Mi ci volle qualche secondo per capire dove mi trovassi e, quando ricordai la notte appena trascorsa, sorrisi a me stessa. Quanto avrei voluto allungare una mano di nuovo verso di lui e seguire con le dita il suo profilo perfetto, dall'attaccatura dei capelli, passando per quel bel naso dritto e le labbra carnose come un frutto maturo, fino a scendere sul mento ricoperto da quella sua barba scura, che risvegliava in me pensieri fino ad allora sconosciuti.
La sera prima Luca si era addormentato sul mio petto mentre gli passavo le mani tra i folti capelli neri e, anche se tra di noi non era successo nulla, nei nostri corpi così vicini avevo sentito più intimità di tutte le volte che ero stata con Ben. Poterlo toccare, stringerlo tra le mie braccia, ricambiata dal calore del suo corpo che si propagava in me, come un incendio in una foresta in cui non aveva piovuto per mesi, mi aveva suscitato sensazioni così intense da spaventarmi.
Nessuno, Rose, mi aveva mai fatto vivere niente del genere.
In quel momento il telefono di Luca vibrò, svegliandolo dal sonno profondo e io chiusi d'istinto gli occhi, fingendo di dormire.
Luca si mosse con cautela, cercando di spostare il suo braccio da sotto il mio fianco, accarezzandomi involontariamente col palmo della mano la schiena. Una scarica di brividi percorse il mio corpo dalla testa ai piedi e pregai che lui non si accorgesse che ogni singolo centimetro di me stava andando a fuoco.
Mi aspettavo che se ne andasse, ma invece rimase immobile per qualche interminabile minuto. Feci appello a tutte le mie forze per rimanere calma perché il mio cuore sembrava impazzito. Ero certa che non sarei riuscita a resistere ancora a lungo, ma quando fui sul punto di mostrarmi sveglia, sentii il suo respiro sempre più vicino al mio viso.
Iniziò ad accarezzarmi il volto con le dita, attento a essere delicato anche se, a ogni tocco, quella carezza aumentava di intensità, fino a quando la sua mano avvolse per intero la mia guancia, avvicinandola verso di sé.
Fu allora che sentii le sue labbra sulla mia fronte. Morbide, calde, decise nel lasciarmi sulla pelle il ricordo di un desiderio non raccontato.
Quanta sensualità poteva celarsi in un bacio così casto.
Il telefono di Luca suonò ancora, richiamandolo alla realtà. Si alzò per andare in bagno e, non appena fui certa che fosse sotto la doccia, presi in mano il suo cellulare. Sul display lampeggiava il promemoria di un appuntamento, ma non avevo idea di che cosa volesse dire in italiano quanto scritto nella sveglia. Quando, però, google translate mi rivelò il significato, mi chiesi che cosa ci stessi facendo in quel letto: quel pomeriggio il sarto lo aspettava per il suo abito nuziale. Dovevo andarmene da lì, il mio posto non era accanto a lui, era inutile che mi illudessi del contrario.
Si stava per sposare e io non potevo fare nulla per impedirlo.
Ricordi, Rose, la trilogia "I nostri antenati" di Italo Calvino che mi avevi regalato per i miei quindici anni? Fino a quel giorno avevo vissuto l'amore romantico attraverso le parole di Jane Austen e delle sorelle Brontë, ma quando mi avevi fatto scoprire il tuo autore italiano preferito mi ero resa conto che quel sentimento era ben più misterioso e potente di quanto pensassi.
Ero rimasta colpita da un passo in particolare: "Si conobbero. Lui conobbe lei e se stesso, perché in verità non s'era mai saputo. E lei conobbe lui e se stessa, perché pur essendosi saputa sempre, mai s'era potuta riconoscere così."
Non si trattava, dunque, soltanto di trovare un'anima che fosse uguale alla propria e di provare un sentimento così forte da esserne consumati, come Cathy e Heathcliff in Cime tempestose.
Leggendo i libri di Calvino, avevo iniziato a chiedermi se l'amore fosse più di tutto questo. Solo vivendolo avrei conosciuto davvero me stessa?
Ma come era possibile?
Ti avevo chiesto spiegazione di quelle parole, Rose, e tu mi avevi sorriso, dicendomi che avrei compreso la risposta da sola quando avrei incontrato il mio Cosimo. Negli anni avevo ripensato spesso a quelle frasi così sibilline per il mio cuore acerbo, ma quella mattina non ebbi più dubbi: Luca era il mio barone rampante.
Me ne ero innamorata con tutta me stessa e, mentre uscivo dalla stanza cercando di non far rumore, la consapevolezza di quel sentimento mi investì in pieno.
Sgattaiolai in camera mia, sperando di non incrociare nessuno nel corridoio. Mi infilai sotto la doccia stando a rimuginare sul da farsi, ma più mi sforzavo di pensare a una soluzione, più mi tornavano alla mente immagini e sensazioni di quella notte trascorsa abbracciata a lui.
Cercai di concentrarmi perciò sulle attività che avrei fatto svolgere a Sole quella mattina, mi vestii e scesi per la colazione. Non vidi la bambina in camera sua, perciò pensai che fosse già al piano di sotto con le gemelle, ma nell'istante in cui arrivai in salotto incontrai, con mia grande sorpresa, Costanza. Non la vedevo da settimane, da quella prima presentazione durante l'aperitivo a La vite di Bacco, quando mi aveva scrutata dalla testa ai piedi come se fossi un insetto da schiacciare.
Si voltò verso di me a salutarmi ed ebbi ancora la stessa sgradevole sensazione.
Costanza era sempre impeccabile, vestita con un tubino blu e i capelli biondi a caschetto, perfettamente in piega. Mi diede una rapida occhiata, mentre continuava a controllare il suo telefono. «Come ti chiami già tu?» mi domandò con noncuranza.
«Il suo nome è Nicole.» Con un tempismo perfetto, Sole arrivò proprio in quel momento in mio soccorso. La bambina era agghindata in un vestito rosa cipria molto vaporoso che la faceva sembrare un piccolo bignè.
«Come ti sei conciata?» le chiesi ridendo.
«È colpa sua!» rispose a denti stretti, puntando il dito indice su Costanza.
La donna non si scompose e disse: «Ne abbiamo già parlato, Sole. Se vuoi fare la damigella al mio matrimonio questo è l'abito che indosserai, senza se e senza ma. Visto che tuo zio insiste a farti portare gli anelli, devi attenerti al dress code che ho stabilito. Se poi non ti va bene, ho sfilze di bambine ben più accomodanti di te, pronte a rimpiazzarti».
«Non mi importa un accidente di essere presente a questo stupido matrimonio. Perché zio deve sposare la strega dell'Ovest quando potrebbe scegliere Nicole?»
A quelle parole deglutii imbarazzata. Costanza sollevò lo sguardo per la prima volta dal telefono, si alzò dal divano e, avvicinandosi alla bambina come una tigre affamata dinanzi a una preda indifesa, con un movimento brusco e fulmineo le tolse il vestito di dosso.
«Non permetterò a nessuno di rovinare il mio giorno speciale, ricordatelo.»
Quel gesto mi fece ribollire il sangue nelle vene. Come osava rivolgersi a Sole in quel modo?
«Non ti sembra di esagerare?» le feci notare, prendendo in braccio la bambina.
«Tu impara a stare al tuo posto. Sei una dipendente, niente di più. Le questioni della nostra famiglia non ti riguardano» mi sibilò.
Sopraggiunto alle nostre spalle, Luca mi osservò dubbioso. «Che sta succedendo qui?»
«Ti comunico che tua nipote non sarà più la nostra damigella. Ora andiamo, abbiamo l'appuntamento col catering, il fioraio e il gioielliere per la scelta delle fedi.»
Sole si accoccolò tra le mie braccia, ma quando Luca si sporse per salutarla, lei nascose il viso nell'incavo del mio collo e si rifiutò di vederlo.
«Ti sbrighi?» lo incalzò seccata Costanza. «Non dovresti assecondare i suoi capricci».
Abbozzai un sorriso verso Luca. «Le passerà... non ti preoccupare, tu va' ora...»
Lui indugiò ancora qualche istante, rivolgendomi uno sguardo interrogativo, e poi uscì dalla stanza con la fidanzata.
Una volta andati via, gli occhi di Sole si riempirono di lacrime di rabbia. «Quanto odio quella lì!»
Cercai di tranquillizzarla. «Non fare così, non ne vale la pena. Andiamo a vestirci ora!»
«Ti ha trattata malissimo...» borbottò, sedendosi sul divano con le braccia incrociate sul petto.
«So difendermi dalle streghe, non ti devi preoccupare per me» replicai, facendole l'occhiolino.
«Hai sentito cosa ha detto? Mi può sostituire con chiunque! Che cosa mi succederà quando saranno sposati?»
Mi chinai sulle ginocchia, ponendomi alla sua altezza per poterla guardare negli occhi. «Non ti accadrà nulla di male perché i tuoi zii e la tua bisnonna ti amano con tutto il loro cuore. Non dubitarne mai.»
«Resti con me per sempre, Nicole?» mi sussurrò lei, stringendomi forte e io ricambiai quell'abbraccio, desiderando di poterle dire di sì con tutta me stessa.
«Senti, perché non facciamo qualcosa di diverso oggi?» le proposi.
«Tipo?» mi chiese lei incuriosita.
«Ti porto al mare!»
«Non riesco a crederci che mi abbiate convinto a venire con voi!». Fynn tamburellava le dita sul volante al ritmo della musica proveniente dallo stereo, i finestrini abbassati mentre sfrecciavamo sulla superstrada, direzione Versilia.
Quella mattina Sole e io eravamo andate dal nostro pastore preferito a chiedergli di unirsi a noi per trascorrere una giornata in spiaggia. Quando la bambina si era allontana ad accarezzare gli agnellini, avevo raccontato a Fynn di quanto successo con Costanza: tutte le titubanze del giovane erano svanite non appena aveva incrociato gli occhioni supplicanti della sua piccola beniamina.
Salutammo le gemelle e Anna e montammo sul fuoristrada di Fynn, senza sapere ancora dove ci saremmo fermati.
Dopo un'ora circa arrivammo a Torre del lago Puccini. Qui percorremmo un lungo viale alberato che conduceva alla spiaggia, la cui rigogliosa e selvaggia vegetazione mi ricordava la giungla delle paludi della Louisiana.
In breve ci sistemammo sulla spiaggia vicino alla riva, riparati da un ombrellone che Fynn aveva recuperato al B&B e, dopo aver cosparso Sole con una dose generosa di crema protettiva, le diedi il permesso di tuffarsi in acqua.
Nel momento in cui Fynn rimase a torso nudo, mostrando le spalle larghe abbronzate e gli addominali definiti, notai che tutte le ragazze della spiaggia lo fissavano ridacchiando. Era davvero attraente, riusciva sempre a strapparti un sorriso con le sue battute comiche e, soprattutto, aveva un gran cuore. Peccato che l'unica donna che lui avesse mai davvero voluto non si rendesse conto di quanto fosse speciale.
«'Merica, che aspetti?» mi urlò lui mentre faceva tuffare Sole dalle sue spalle, risvegliandomi dai miei pensieri.
Mi feci coraggio, mi spogliai ed entrai piano in acqua.
«Gesù, quanto sei bianca, Nicole! Sei quasi trasparente! Ma non sei californiana?»
Lo guardai accigliata e, giunta vicino, gli infilai la testa sott'acqua, prendendolo alla sprovvista.
Ritornò in superficie, sputacchiando allibito. «Mi hai fatto bere!» urlò Fynn.
«Ma come? Non eri neozelandese tu? Dovresti aver imparato a nuotare nell'Oceano, no?» lo canzonai.
A quelle parole, Sole scoppiò a ridere e gli si lanciò addosso, arrampicandosi sulla sua schiena come un piccolo koala.
Poco più tardi Fynn e la bambina si dedicarono alla costruzione di un mega castello di sabbia, con tanto di galleria sotterranea da cui poteva entrare l'acqua dal mare. Ben presto si radunarono intorno a quell'opera architettonica i bambini presenti in spiaggia, accompagnati, ovviamente, da madri, sorelle e zie, molto interessate ad ammirare Fynn in azione. Non riuscivo a smettere di sghignazzare, guardando quella scena e, di tanto in tanto, il mio amico neozelandese sorrideva sornione nella mia direzione, facendo spallucce, come se fosse inevitabile che attorno a lui si formasse quella folla femminile interessata ai castelli di sabbia.
Documentai la nostra giornata con foto e video che mandai nella chat, creata dalle gemelle, per far vedere loro quanto ci stessimo divertendo con Sole, ma non mi accorsi subito che nel gruppo vi era anche un numero che io non avevo registrato nella mia rubrica.
«Cambio! Ho bisogno di una birra!» esclamò Fynn che si sedette accanto a me sotto all'ombrellone, rovistando nella borsa frigo alla ricerca di una Moretti.
«Dopo me la faresti una foto con Sole?» chiesi porgendogli il cavatappi.
«Certo, scattiamola subito» mi rispose. «Uso il mio telefono però. Il tuo sembra uscito dalla macchina del tempo. Faresti delle foto migliori usando il culo di un piccione viaggiatore, lo sai, vero?»
Gli diedi una spallata, guardandolo accigliata, e mi sistemai accanto a Sole, ma una folata di vento mi fece cascare in avanti il cappello ampio che utilizzavo per riparare la mia pelle di luna. Mi sporsi per raccoglierlo e sentii ridacchiare Fynn.
«Che cosa ti diverte?» lo interrogai perplessa, rincalzandomi il cappello sulla testa.
«Ti ho scattato delle foto interessanti!» sghignazzò, ma il suo sguardo malizioso mi preoccupava.
«Mostramele, dai!» lo pregai.
«Le ho appena mandate nella chat così le vede anche Luca...» mi rispose.
«Luca?» domandai sopraffatta dall'ansia.
«Mi ringrazierà, stanne certa!» asserì lui.
Con orrore constatai che in pochi secondi Fynn era riuscito a fotografarmi nelle pose più assurde: il mio viso si vedeva molto poco, erano per lo più altre parti del mio corpo in evidenza.
«Io ti strozzo! Ma sei impazzito?» gli gridai.
Lo inseguii per la spiaggia cercando di strappargli il telefono dalle mani con l'intento di cancellare le mie fotografie mentre Sole rideva a crepapelle. In quel momento i nostri telefoni squillarono.
CorsiniTwins, Mer 17:05 Vi state divertendo! Bravi! Grazie per le fotografie... artistiche;)
Fynnthesheep, Mer 17:07 Come sei silenzioso, Luca! Perché non commenti?
A quel messaggio gli diedi una spinta, arrossendo al solo pensiero di essere stata così tanto esposta.
Fynn mi sorrise con la sua solita faccia da schiaffi, senza riuscire a distogliere lo sguardo dal mio seno. «Senti, se non si sveglia con queste foto non c'è speranza, Nicole. Non ci proverei mai con te perché ti rispetto troppo, ma è innegabile che tu abbia ehm... due buoni motivi per piacergli!»
Sole ci raggiunse e, sedendosi sulle gambe del neozelandese, iniziò a fissarmi; sapevo dall'espressione sul suo viso che stava rimuginando su qualcosa.
«Fynn...»
«Che cosa c'è, piccola?»
«Un giorno anch'io ne avrò due così grosse, vero?»
Senza darle il tempo di porre altre domande imbarazzanti, Fynn scattò in piedi e si caricò sulla spalla quello scricciolo biondo che riusciva sempre a strapparci una risata sincera.
«Bene, ragazze, direi che è proprio ora di tornare a casa!»
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